30 Righe di Raffaele Bonanni

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Coronavirus, allentare sì ma con prudenza

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Oggi si apre una nuova fase di allentamento alle redini della sicurezza anti pandemia per i cittadini in lockdown, ma già da qualche giorno le redini della sicurezza anti pandemia si erano almeno psicologicamente già allentate. Nei media non si sentivano da tempo gli inviti alla prudenza e l’imperativo categorico: ‘restate a casa’. Anzi ma mano che son passati i giorni, soprattutto i rappresentanti delle regioni, in un crescendo rossiniano, hanno incalzato le autorità nazionali, sotto sotto, accusati di eccessiva rigidità. Naturalmente, se il governo nazionale è stato vissuto con accuse talvolta velate e talvolta palesi come chi toglie libertà alle persone e toglie la possibilità ad ogni categoria di imprese e servizi di guadagnare, alla lunga la percezione generale porta alla convinzione che si sta esagerando e dunque bisogna assolutamente rompere gli argini. Ecco che allora ci siamo: si riaprono i negozi, la libertà di muoversi è maggiore, al mare ci si potrà andare ma alla condizione di distanze prescritte, così come nei bar, parrucchieri, alberghi, piscine e palestre. Ora prepariamoci a studiare tutti i regolamenti regionali che nella sostanza, per dirla con il Presidente del consiglio, stabiliscano quello che vogliono ma se il virus ringalluzzisce, si ritorna alle restrizioni iniziali. Penso che il problema sia proprio questo: come si governa una pandemia. Abbiamo imparato in questo periodo che i capi di governo nel mondo che hanno voluto inizialmente assumere un comportamento negazionista dei rischi, come Trump, Johnson e Bordonaro, si ritrovano tutti in capo alla lista nera dei paesi più contagiati, e dunque non c’è di stare tranquilli: allentare si ma con le redini salde in mano in modo tale da governare con attenzione ogni piccolo fenomeno da saper leggere rapidamente e sanare. Lo si potrà fare con 20 regolamenti regionali in funzione, quando la contiguità e la relazione, almeno per le nostre regioni è un dato di fatto? Ad esempio: se dalla Lombardia si fossero meglio sorvegliati coloro che partivano, molte altre regioni avrebbero avuto una diffusione del virus largamente inferiore. Diversi scienziati ci dicono in questi giorni che si può verificare una fiammata di ritorno della malattia, e stando alla esperienza di un secolo fa con la ‘spagnola’, la seconda fiammata fu molto più disastrosa della prima a causa del clima prematuro di fuoruscita dal problema vissuto dalle autorità e di conseguenza dei cittadini. Allora, credo, che pur allentando la briglia, la vigilanza dovrà essere davvero strettissima. Non dico certo di ricorrere alle norme draconiane delle autorità del Qatar, ma neanche di regolarci nei comportamenti solo seguendo gli umori di chi guarda al suo particolare e non sa vedere il quadro generale.

Raffaele Bonanni

Il rilancio? È un problema di qualità

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Ormai si aspetta che il Dl ‘rilancio’ si possa analizzare e considerare appena esce in Gazzetta Ufficiale; ma da quello che si avverte, come spesso accade per le importanti decisioni, bisogna ancora attendere per ritocchi e modifiche. Certamente i provvedimenti annunciati non bastano a sostenere una situazione economica del paese che la pandemia ha aggravato e che mostrava già grandissime debolezze: le più pesanti tra i paesi OCSE. Tutti i nostri dati economici presentano negatività molto vistose, come l’indebitamento pubblico che arriva a superare il 160% del Pil toccando le vette più alte del mondo; il costo del lavoro per unità di prodotto unico tra i paesi industriali ad avere avuto nel ventennio un progressivo aumento che ha minato pericolosamente la nostra competitività a causa di gravi inefficienze di sistema; una riduzione sensibile della produzione industriale; carichi fiscali inefficienti e insostenibili per famiglie e imprese che certamente non risultano agevolate nella competizione di mercato. Insomma ora con la crisi da domanda, che si somma a quella della offerta per il fermo delle attività di produzioni durato più di due mesi e che comunque per un lasso di tempo non tornerà a pienissimo regime, la situazione se non si dovesse affrontare con politiche economiche molto mirate, potrebbe degenerare. Ecco perché le misure economiche che occorrono devono avere il carattere della strategicita’ e nel contempo utilizzate intensivamente, innanzitutto per la inesistenza di finanze di riserva, e perché quelle che chiederemo in prestito, pur a costi contenutissimi, dovranno essere restituiti e assommate alle altissime quote finanziarie da destinare al vecchio debito. Il Dl certamente non può per adesso disporre di somme maggiori di quelle annunciate, ma può certamente selezionare meglio gli interventi dando ad alcuni di essi valore economico, pedagogico e di semplificazione. Per quanto riguardo le agevolazioni sarebbe meglio usare il criterio usato per l’Irap (per il 2020 è stata praticamente cancellata): in questo caso si rimuove la tassa, che ha l’effetto di sostenere chi è già e sarà ancora nel mercato, salta ogni procedura e lungaggini burocratiche, evita truffe e malversazioni. È certamente positivo confermare ed ampliare gli incentivi all’edilizia con il super bonus, ma proprio in questo caso le risorse dovranno essere molto più ingenti. Noi abbiamo bisogno di effetti economici immediati, ed è l’unico settore che restituisce in entrate pubbliche molto più di quelle che si investono, nel mentre gli effetti sulla occupazione sono grandissimi. D’altronde si sa: investire in edilizia significa far girare le ruote economiche in più di trenta settori merceologici. Con il varo del reddito di emergenza sarebbe stato molto più raccomandabile cambiare radicalmente la logica del cosiddetto reddito di cittadinanza, ma bisogna dire che il movente è identico. Bisognerà pure inaugurare una nuova stagione, che pur confermando l’attenzione di sostegno economico alle persone che hanno bisogno, preveda che i beneficiari dovranno essere obbligati a sostenere i bisogni pubblici: ad esempio nelle necessità innumerevoli nei servizi delle Città. Quanto alle assunzioni, si dovranno pure assumere docenti, ma di alto valore tecno-pedagogico. Nella crisi di questi tre mesi abbiamo ben constatato come la scuola si sia dimostrata nell’insegnamento a distanza un colosso dalle gambe d’argilla. In conclusione, c’è ancora spazio per modificare la qualità dell’intervento? ci sarebbe, se anche l’opposizione politica, più che chiedere di più (che è l’esercizio più banale in politica), spingerà per la qualità di intervento nei settori strategici. Infatti se il governo finanzia vacanze e biciclette, bisognerebbe rispondere: “No banda larga, perché siamo molto indietro come abbiamo visto, nell’uso efficiente dell’on line in ogni settore vitale per la vita del paese”.

Raffaele Bonanni

L’intervento sull’Irap scavalca la burocrazia

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Appena conosciuti i contorni più leggibili di interventi sull’IRAP, gli imprenditori hanno dato un giudizio positivo, datosi che da anni ci si aspettava un intervento su questa tassa, ritenuta da sempre la più odiosa tra tutte che pur sono cresciute sensibilmente nell’ultimo ventennio, ormai piombi molto condizionanti per la nostra permanenza nei mercati come soggetto efficacemente competitivo. L’esclusione del 100% del versamento del saldo dovuto dell’IRAP per il 2019 e della prima rata al 40% dell’acconto dovuta per il 2020 alle imprese ed ai lavoratori autonomi, rispettivamente al volume dei ricavi e dei compensi compresi tra 5 milioni di euro fino a 250 milioni, purché l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 sia inferiore ai 2 terzi dell’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2019.

Dunque il corrispettivo oggettivamente va bene almeno per questi motivi: l’aiuto avviene scavalcando ogni burocrazia; viene tolto a chi vuol fare clientelismo o distorsioni; si aiuta esclusivamente chi è stato davvero inserito nel mercato e ha programmi futuri di investimenti. Circa poi le critiche in generale alle decisioni del governo per la ripresa che non ancora rende chiara la linea degli investimenti e della giusta rivendicazione di scalare vigorosamente le tasse d’impresa e dei lavoratori, credo debbano misurarsi con tempi necessari che vedano il governo annunciare nei minimi dettagli gli investimenti quando è chiara la posta concreta che si può subito mettere in campo. Abbiamo già visto con delusione l’annuncio a favore dei lavoratori di casse integrazioni con tanto rumore ma di soldi finora non se ne sa nulla.

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Bellanova, lacrime simbolo di slancio e umanità

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Un vecchio adagio dice “Nessuno è un fallito finché non dà a qualcun altro la colpa dei suoi guai”. Non capisco dunque perché noi dovremmo prendercela con gli altri, addirittura con le persone più deboli e sventurate. Questo ho pensato delle dichiarazioni di chi se l’è presa con la ministra delle Politiche agricole Teresa Bellanova, per il solo fatto che l’ex sindacalista, ora ministro, si sia visibilmente commossa comunicando che la sua battaglia umanitaria, civile ed economica per la regolarizzazione dei lavoratori immigrati ed anche per nostri connazionali impegnati nei campi in nero, è stata finalmente vinta grazie al suo impegno. Il suo comportamento è stato stigmatizzato per la supposta incuria a danno degli italiani, per la sola ragione di occuparsi anche di lavoratori immigrati, che fornendo loro permessi di soggiorno, li si libera dal lavoro nero. Infatti con la regolarizzazione di queste persone al lavoro ma invisibili agli occhi dei più, si dà un colpo deciso a favore di tanta povera gente che peraltro svolge un lavoro ingrato e pesante che gli italiani che ormai in larghissima parte non intendono fare.

Costoro molto spesso non solo devono sottostare a retribuzione al di sotto di ogni livello di dignità ma devono subire l’umiliazione di essere indicati come indesiderati, quando non di essere considerati meno di niente e additati come reietti. Non fa bene allo spirito di umanità ed alla coesione sociale questo continuo ricorso alla argomentazione che gli italiani sarebbero danneggiati da persone che vengono in Italia a lavorare. Quando si perde il senso della giustizia per qualsiasi persona lo si perde per tutti. Questa è una verità che non dovremmo mai nascondere a noi stessi. Stimavo da tempo Teresa Bellanova, ora l’ammiro anche per la sua combattività nel continuare anche da ministro la sua battaglia per la civiltà del lavoro, e di farlo con la umanità e lo slancio migliore delle donne del Sud.

Raffaele Bonanni

Decreto maggio, serve una manovra per il lavoro

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Non è rassicurante la discussione presente nel governo che si sta esercitando a come ‘aiutare’ imprese e lavoratori sfibrati dalla inattività di questo bimestre è sicuramente per i mesi che verranno, a causa della pandemia che alimenterà sicuramente nuovi problemi. E intanto si parla di stanziamenti a fondo perduto a favore di imprese in difficoltà e di ‘reddito di emergenza’ per lavoratori. Prima di ogni considerazione, occorre assolutamente ricordare che qualsiasi risorsa il governo vorrà impiegare, sono quantitativi di denaro da prendere in prestito che peraltro si sommeranno al monumentale debito pubblico che già ci fa superare uno degli esclusivissimi primati a livello mondiale tra i paesi più pericolosamente indebitati con l’economia stagnante da almeno 20 anni. Va ricordato, un debito che da un decennio circa che non è stato mai assottigliato e che anzi ha conosciuto solo progressivi ingiustificati aumenti.

L’altra considerazione è che chi come noi è nelle condizioni di forte indebitamento (oramai stiamo raggiungendo il 160% del PIL), ogni euro che dovrà spendere dovrà strettamente avere il carattere di investimento e non di assistenza. Questa teoria, applicata all’Italia, non soltanto rispecchia una limpida posizione di scuola economica, ma è soprattutto una raccomandazione necessaria a che non si arrivi a esporre il paese ad un drammatico rischio di default dello Stato. Altra cosa è la logica di prestare soldi alle imprese, responsabilizzandole circa il progetto economico finanziario che verosimilmente permetterà loro di poter navigare nei mari in tempesta della competizione di mercato. Invece l’eventuale fondo perduto per le imprese, potrà solo pericolosamente tramutarsi in una operazione che aumenterà il numero dei navigli che non sapranno stare in mare per ragioni persino troppo ovvi. Riguardo al reddito di emergenza, che dire se non rifarsi al detto arcinoto latino “Errare humanum est, perseverare autem diabolicum”. A scanso di equivoci, le persone vanno aiutate, ma devono lavorare e formarsi realmente a lavorare. Le nostre città hanno giardini, alberi, strade, musei, archivi, e tantissimi altri interessi pubblici incustoditi; se si vuole aiutare con soldi pubblici persone bisognose, esse devono essere utili ai bisogni pubblici.

Il governo quindi stia attento al carattere rigorosamente produttivo da dare ad ogni manovra che dovrà rassegnare al Paese. Ma stia molto attento anche a non dare ragione ai tanti altri paesi europei, convinti che i governi italiani, appena possono, dissipano risorse pubbliche prese in prestito per farsi belli agli occhi dei loro clientes, e non invece a costruire premesse concrete per il rilancio di una economia italiana già palesemente boccheggiante.

Raffaele Bonanni

L’Italia e la sindrome di Calimero

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In Italia spesso si va alla ricerca del nemico internazionale: ora c’è chi boicotta e prende di mira la nostra agricoltura, ora chi ci scippa le aziende strategiche acquistandole, ora chi si avvantaggia dell’Europa per imporci un ordine monetario a noi sfavorevole, e così continuando per ogni guaio che ci assilla. Ogni tegola che ci arriva in testa, ecco che si scatena la polemica contro il paese reprobo che succhierebbe il nostro sangue vitale: nei talk show, nelle interviste dei leader politici, nei social; tutto viene mosso in una sola direzione nel spiegare le nostre difficoltà: e’ colpa di quel paese. Gira e rigira, ogni volta che si creano condizioni di svantaggio, ecco che la sindrome di Calimero: il pulcino preso di mira da chi non lo rispetta perché piccolo e nero, ed è per questo che è sventurato. L’ultimo paese nel tempo che secondo questo modo di vedere ci rovinerebbe, è l’Olanda. Contro il paese dei mulini a vento l’accusa di essere un paradiso fiscale. Per tale ragione ci succhierebbe molte grandi aziende ed anche alcune multinazionali di origine italiana che assumono sede legale fiscale li, abbandonando la penisola.

Ma siamo davvero sicuri che in un mondo attuale, mai così animato da mercati, sbaglierebbe l’Olanda? Questo paese, che come noi non ha materie prime, e che ha un retaggio storico d’eccezione per aver mercanteggiato in ogni parte del globo con successi straordinari, almeno dal 500 al 700, ha in verità piena coscienza che il successo si coglie riuscendo ad insinuarsi tra le inefficienze altrui e offrire condizioni di vantaggio per ottenere un proprio profitto. Tant’è che se molte aziende italiane la scelgono come sede fiscale, la ragione semplice risiede nel fatto inconfutabile che la tassazione per le imprese è così alta in Italia da ricercare una più vantaggiosa e di diritto europeo: appunto i Paesi Bassi. Ma la scelta avviene anche per altre ragioni: anche per norme più vantaggiose per società per azioni, a causa di normative farraginose nostrane, che nei contenzioni eventuali, esporrebbe magari di più le società. Ma poi, come mai la ‘perfida‘ Olanda che nel welfare e nei servizi in generale destinati ai cittadini e generosa non meno dell’Italia, riesce ad organizzare un fisco più basso dell’Italia? Si può allora solo sperare che questo reset (voglia Dio) che ci impone la pandemia, serva a rivedere ogni disfunzione e inefficienza per riprepararci a cammini nuovi di successo: abbandonando la scomoda figura del Calimero tutto nero, ed assumendo la veste di un paese che nei secoli, al pari ed oltre gli olandesi hanno saputo essere protagonisti occupando ogni spazio offerto dal mondo in cambiamento.

Raffaele Bonanni

Primo Maggio in emergenza, nuove sfide per il lavoro

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Nella ultracentenaria storia dei Primo Maggio, più generazioni di lavoratori l’hanno celebrato in momenti di grandi conquiste sociali e democratiche, di semplici momenti di festa spensierata, ma anche affrontando tanti momenti di perdita di libertà, di persecuzioni, di guerra, di attacchi di avversari ai diritti dei lavoratori. Anche in questa occasione, il primo Maggio si commemora in un clima cupo e di preoccupazione per la salute di se stessi e dei propri cari, la condizione incerta del lavoro, i rischi economici dell’Italia. Ma anche i lavoratori della attuale generazione, sono sicuro, manterranno lo stesso carattere di quelle passate nell’affrontare le difficoltà. Non diserteranno certo il campo del loro protagonismo, non inseguiranno certamente i propositi di opposizione alle nuove circostanze problematiche che la storia pone con cruda sollecitudine. È vero che in un battere di ali ci si trova davanti a nuove esigenze di organizzazione del lavoro: o a casa in regime di smart working, o in modalità del tutto nuove presso le fabbriche, nei cantieri, nei campi, negli uffici, nelle scuole, ed ospedali. Certamente le sfide saranno tante: la quantità di lavoro che avrà ripercussione sulla occupazione; disagi e rischi nuovi.

Ma c’è anche del buono come lo smart working, che ci farà guadagnare più tempo libero per la famiglia ed i nostri svaghi, e che ci esporrà meno a stress, all’inquinamento, e ci farà lavorare anche meglio. Dunque, credo che sia importante affrontare con fiducia e speranza questo tempo nuovo. Tutti i cambiamenti hanno visto i lavoratori sempre sostenere la ruota della storia che spinge in avanti, e si può essere sicuri che si troveranno soluzioni nuove a problemi nuovi con il fattivo contributo nell’indicare le strade più idonee per lavoratori e società in generale, grazie alla preziosissima esperienza e motivazioni ideali mantenuti sempre vivi. Si intensificheranno le richieste di confronto con i governi centrali e locali ed imprenditori, per le soluzioni migliori da adottare. Si richiederanno nuove normative contrattuali configurabili alla situazione nuova, e salario nuovo con legami ancora più saldi tra produttività e salario, sostenuto anche da un fisco premiante per migliori produzioni in qualità e quantità. Questi obiettivi, saranno ancor piu necessari per dare soluzioni alla economia del paese, ormai a pezzi. Ed allora bisogna produrre meglio è di più e far crescere il reddito di chi lavora, occorre spendere meno e meglio i denari pubblici. Sono sicuro che anche in questi frangenti difficili si saprà trovare la via più concreta e più vantaggiosa per il paese.

Raffaele Bonanni

 

Fase 2, il Parlamento sia centrale

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C’è un forte sentimento che pervade una parte significativa dei politici. La richiesta insistente, quasi liberatoria, di sciogliere il vincolo del lockdown. Devo dire che l’impressione che ricevo nell’apprendere queste pressioni non è rassicurante. A chi si rivolgono costoro nel chiedere di allentare la quarantena, di ripristinare le consuetudini che abbiamo dovuto abbandonare per così dire “per forza maggiore? Prima di pronunciarsi, dovrebbero consultare ad esempio i tanti tecnici delle diverse task force, che peraltro loro stessi hanno contribuito a nominare. Dovrebbero sapere che esprimere tali opinioni a mezzo media, possono confondere i cittadini che finora (almeno loro) hanno avuto una condotta esemplare nell’applicare le sin troppe e talvolta contraddittorie disposizioni promulgate dallo Stato centrale e prescritte e dettate da Regioni e Comuni. A pensar male, si può dire che si rivolgono ai cittadini per accrescere il loro consenso, contando sul loro sentimento di stanchezza, a causa di un periodo di tempo vissuto in modo surreale. Eppure taluni politici in particolare, li abbiamo visti rapidamente cambiare opinione sui comportamenti da avere: si erano vestiti da castigamatti e ben presto sono diventati più che tolleranti. Credo allora, che la seconda fase da gestire, la dovremmo condurre con più sangue freddo, attraverso una programmazione mirata a esaltare ogni precauzione che possa risparmiarci un ritorno di fiamma della pandemia. All’inizio del contagio, se si fosse stati più cauti e meno presuntuosi, ci saremmo risparmiati molti lutti e sofferenze e maggiori propagazione della malattia su scala nazionale.

Dunque nessuna ripetizione di azioni in ordine sparso: ci possono fare solo un gran male. La seconda fase ha bisogno di una attenta preparazione, ed una volta decise le direttive, il buon senso dovrà obbligarci a far valere le disposizioni per l’intero paese. Ad esempio, il varo di piani dettagliati per i vari settori produttivi e poi configurati per le singole aziende; come per la scuola, l’università e il sistema formativo tutto dovrà regolarsi nei minimi particolari; l’utilizzo dei vari servizi pubblici disposti razionalmente allo scopo di evitare nel svolgere un compito così essenziale gli assembramenti nocivi; così come turismo e nella ristorazione; svaghi; negli incontri pubblici in genere. In tal senso il monitoraggio dei cittadini si rende indispensabile per permetterci di convivere con il Coronavirus senza rischi. L’”app Immuni” che il governo intende allestire credo sia assolutamente necessario per salvaguardarci. È già acceso il dibattito sulle libertà costituzionali, ma il nostro diritto non può solo riguardare la libertà di non essere tracciati, ma anche quella di non subire danni da persone che o inconsapevolmente o consapevolmente possono attentare alla nostra salute. Ecco perché la nostra libertà dovrà reggersi su un equilibrio che peraltro la stessa Costituzione prevede.

Lo Stato, questo deve essere certo, dovrà affidare il compito di gestire il contenitore dei dati a personalità di grande caratura scientifica e morale, con una normativa assai rigorosa sulle procedure di gestione e sulle trasgressioni che possono mirare a usare i dati per finalità non pubbliche. Per regolare una materia così delicata toccherà al Parlamento e solo al Parlamento darci una legge.

Raffaele Bonanni