30 Righe di Raffaele Bonanni

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MENO LAVORO, UGUALE SALARIO. L’ESEMPIO FINLANDESE

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La trentaquattrenne nuova premier finlandese, Sanna Marin, affronta con decisione il problema della riduzione dell’orario di lavoro, proponendo 24 ore settimanali con sei ore al giorno, per quatto giorni di lavoro. La sua tesi è che la forte robotizzazione e digitalizzazione dei mezzi di produzione, permette agli imprenditori di avere buoni margini di guadagni, in grado di mantenere inalterati i salari anche ad orari ridotti. La sua tesi è che persone che possono trascorrere più tempo con la famiglia e dedicarsi maggiormente ai propri hobby, sono più produttivi perché più felici e rilassati. In Finlandia le ore medie lavorate sono già a trenta ore, dunque più facili da ridurre ulteriormente. Che dire? Di fronte a tale prospettiva con motivazioni per nulla infondate, si può affermare che il primo ministro finlandese ha proposto un grande ed impegnativo programma di governo. D’altro canto la condizione economica del paese è buona ed è ben collocata nella Unione Europea: il Pil si aggira sul 2,5%, la disoccupazione è sul 5,5%, il reddito pro capite è superiore il 16% della media europea, il debito pubblico si aggira a circa la metà del prodotto interno lordo di un anno, industria e servizi avanzati sono i suoi punti di forza. Insomma un esperimento fattibilissimo. Ma questo tema non può riguardare solo i finlandesi: è il tema che riguarda e riguarderà ogni popolo con una economia avanzata; riguarda innanzitutto l’Europa, Italia compresa. Ci sono molte ragioni per porsi un obiettivo così cruciale per rivedere ordine economico e sociale. Lo sviluppo digitale ha pervaso ogni attività umana, così come la organizzazione del lavoro ed i rapporti tra utili ed investimenti dell’impresa. Ma i contratti e le leggi, oltre alla cultura del lavoro, sono rimasti ancorati al tempo passato. Fa parte dell’ordine naturale delle cose prendere atto del cambiamento e ridurre gli orari a parità di salario. Ma nell’era digitale, calcolare il lavoro per ore lavorate, sarà sempre più una pratica dalla improbabile efficacia, in quanto la velocità ed intelligenza applicata ad operazioni operate on line, aldilà di spazio e tempo, ci riporta all’epoca pre fordista, con la valutazione dell’ opera svolta in se; come un lavoro svolto da un artigiano: infatti non si calcola il valore per ore, ma per il valore che rappresenta il lavoro svolto. Prendiamo ad esempio il lavoro prodotto in regime di ‘smartworking’. Non è un caso che è sviluppatissimo in Italia nel rapporto di lavoro autonomo, mentre risulta molto residuale in Italia nel lavoro dipendente. Questo non significa che nel lavoro dipendente non sia possibile; il problema è che non è ancora sufficientemente regolamentato e contrattato. È vero che ci sono lavori e lavori, ma le questioni di cui stiamo parlando, sono già adesso molto presenti nella realtà; nel futuro prossimo sarà la modalità più diffusa. Quindi se l’impresa dovrà cambiare per organizzarsi e per essere più efficace, i lavoratori dovranno potenziare ed aggiornare continuamente la loro professionalità ed istruzione. Inoltre il caso finlandese dice al nostro legislatore, associazioni imprenditoriali e di lavoratori, di saper guardare avanti nel prospettare soluzioni congrue per i tempi che viviamo.

Raffaele Bonanni

(ITALPRESS).

LA POLITICA E L’IMPEGNO A PROMUOVERE IL LAVORO

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Impegnarsi a rendere maggiore ogni possibilità di offerta di posti di lavoro, è il compito della politica in ogni paese. Infatti, nei paesi più industrializzati, governi e parlamenti si occupano di rendere più competitive le produzioni nazionali, per ottenere la crescita del potere di penetrazione commerciale nei mercati aumenti le commesse da parte dei compratori, in modo tale che le aziende possano avere la naturale esigenza di coinvolgere nel lavoro più lavoratori pur di essere in grado di soddisfare le attese dei compratori. I gangli vitali della capacità competitiva sono costituiti principalmente da: costo dell’energia; flat tax; infrastrutture materiali e immateriali efficienti; sistema istruzione e formazione avanzato; giustizia rapida e risolutiva; servizi e pubblica amministrazione efficienti e basso costo. Orbene in Italia questi fattori di contesto sono tutti malconci e sempre peggiori dall’incuria, e tuttavia governi e parlamento da anni pur di dare l’impressione di fare qualcosa per il lavoro, sfornano leggi per incentivare le assunzioni con sgravi contributivi.
Dunque, puo’ accadere che lasciano peggiorare per ignavia o per scelte sbagliate i fattori essenziali di contesto per le nostre produzioni, mentre si impegnano a dare la sensazione che si faccia qualcosa per accrescere i posti di lavoro. Anche l’attuale governo non ha cambiato l’approccio sbagliato avuto in questi anni con la manovra economica varata in questi giorni. Ed ecco varati ancora nuovi incentivi previdenziali, che si aggiungono a quelli già esistenti, per le nuove assunzioni. Dunque, con i due incentivi in legge di bilancio salgono a dieci le principali agevolazioni destinate a chi assume nel 2020 giovani, lavoratori in cassa integrazione, donne o disoccupati. Ecco quali sono: 1) Un sostegno alle micro imprese: Ai datori di lavoro fino a 9 dipendenti – il target sono le imprese artigiane – che dal 1° gennaio 2020 assumono apprendisti di primo livello spetta uno sgravio del 100% dei contributi dovuti nei primi tre anni di contratto. Resta salvo il livello di aliquota del 10% per i periodi contributivi maturati negli anni di contratto successivi al terzo. Viene così incentivata l’alternanza scuola lavoro per gli studenti che intendono ottenere: a) la qualifica e il diploma professionale; b) il diploma di istruzione secondaria superiore; c) il certificato di specializzazione tecnica superiore.
2) Sgravio triennale per i laureati “eccellenti”: Sempre dal 1° gennaio 2020 l’assunzione dei laureati con 110 e lode – e per dottorati previsti per i datori di lavoro privati – beneficerà di un esonero dei contributi a carico del datore di lavoro fino a 8mila euro per un massimo di 12 mesi e seguirà le regole procedurali dello sgravio triennale per gli under 35. Con la nuova procedura e la gestione dell’incentivo in capo all’Inps – come per l’esonero triennale per gli under 35 -, il governo punta a rendere il bonus eccellenze un’opzione realmente praticabile (nel 2019 è rimasta un’agevolazione sulla carta).
3) Assunzioni under 35 (restyling di norme già presenti): Per le assunzioni di under 35 l’incentivo ha una durata massima di 36 mesi ed è pari al 50% della contribuzione a carico del datore di lavoro nel limite massimo di 3mila euro su base annua. L’incentivo spetta anche in caso di conversione di contratto a termine.
4) Assunzione under 35 al Sud (norma non ancora operativa): In caso di assunzione nel Mezzogiorno di under 35 con contratto di lavoro a tempo indeterminato, il datore di lavoro ha diritto all’esonero dal versamento del 100% dei contributi previdenziali per 12 mesi fino a 8.060 euro, ma per l’operatività della norma è necessaria l’emanazione di un decreto da parte dell’Anpal.
(ITALPRESS).

DEBITO, CAMBIAMENTO QUANDO SI TOGLIERANNO PESI ECONOMICI SU FAMIGLIE

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Noi abbiamo un debito che in rapporto al pil è in negativo, il secondo nel mondo. Insomma un convitato di pietra che pregiudica ogni programmazione di nuovi investimenti per le necessità italiche, qualora si volesse farli. Un debito, bisogna ricordarlo, procurato da sperperi elettoralistici da parte dei governi, anziché procedere ad assottigliarlo per abbassare almeno il conto degli interessi. Un cane che si morde la coda, meccanismo che se non dovesse interrompersi, porterà la Nazione nello sfacelo completo. Dunque, gli interessi che paghiamo finanziano lautamente banche e agenzie di finanza internazionale che come sanguisughe sono attaccate alla condizione che, per nostra sciatteria o malgoverno, noi stessi provochiamo. Ora vediamo come stanno le cose per il primo paese che ha il debito doppio rispetto a noi: il Giappone. Nella terra del sol levante praticamente il debito è quasi tutto finanziato dai risparmiatori Giapponesi; esattamente come facevamo noi fino al periodo della cosiddetta Prima repubblica: i risparmiatori compravano Bot ben remunerati, cosicché erano le famiglie a guadagnarci accrescendo il loro potere di acquisto con ricadute benefiche anche sul Pil. Un circuito virtuoso che non solo alimentava una dinamica benefica, ma ci risparmiava anche declassamenti delle agenzie specializzate che spingono verso una spirale sempre più in basso, ed in aggiunta le rampogne con relative penalizzazioni europee. Se le cose stanno in questo modo, tutti coloro che hanno governato fino ai nostri giorni, perché non hanno preso in considerazione queste verità? Eppure il risparmio degli italiani, nonostante in questi anni si è in parte dilapidato, è ancora il più alto del mondo, e raggiunge un monte che è il doppio del nostro debito pubblico. In simili circostanze chiunque abbia del buon senso, abbia amore per la patria, abbia senso di responsabilità, abbia a cuore gli interessi popolari, cambierebbe rotta. Ma finora la rotta è sempre la stessa; ci sarà qualcuno che si porrà l’obiettivo di farlo? Finirà la situazione incresciosa che in politica si litiga continuamente su cose di poca importanza, e sulle cose vitali non si fiata nemmeno? Secondo me il cambiamento in Italia ci sarà quando si lavorerà per togliere i pesi economici che incombono sulle famiglie, e non al contrario concorrendo ad appesantirli. Si una rivoluzione da fare da parte di chi ha le mani libere.

SULLE CONCESSIONI MENO BIZANTINISMI E PIÙ CONFRONTO

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Grillo ha tuonato forte contro Benetton per rimuovere le concessioni autostradali, e facendolo apre una grande questione, sapendo quali interessi economici si vanno a toccare. Sembrava che dopo il gravissimo crollo del ponte Morandi tutto fosse sopito, ingoiato come avviene per ogni altra notizia importante o non dalla ruota degli accadimenti, che al momento che si propongono sembrano tenere banco per lungo tempo, ma un’altra notizia presto prende il suo posto e chi si è visto si è visto. Ma il nodo autostrade, con accadimenti uno dopo l’altro, dimostra tutta la sua drammaticità. Tempo fa alcuni tecnici di aziende subappaltatrici delle concessionarie sono stati incriminati per aver nascosto nei dossier di verifica dopo sopralluoghi nelle infrastrutture, la condizione pietosa di alcuni viadotti e ponti, facendo risultare le ispezioni come positive. Poi in questi giorni un’altro clamoroso crollo inaspettato alla A6, ed ecco che l’alzo zero contro Autostrade per l’Italia da parte di Grillo e arriva al massimo dello scontro. Va ricordato che Autostrade per l’Italia ha sottoscritto qualche anno fa concessioni di durata per ben 39 anni con pedaggi tanto alti da non avere pari nel mondo; motivati secondo i contraenti dal fatto che si fornirebbero manutenzioni e costruzioni di altre corsie o nuovi tronchi autostradali. Ma da quello che succede si vede che non è sempre così. E intanto il costo del pedaggio è arrivato a superare il costo del carburante impiegato per il viaggio nella stessa tratta. Si spera che davvero i cittadini vengano informati per filo e per segno, e vengano informati su ogni dettaglio riguardante le concessioni. Chissà perché si fa un gran discutere di sovranità popolare, ma da quello che vedo questo concetto si usa solo per la fuffa. Il tema autostrade riguarda il buon uso di un bene statale, un fattore di di grande sviluppo e di rilievo per le tasche dei cittadini; più recupero di sovranità su un tema di questa importanza non ne vedo. Se tornassimo indietro nel tempo, il costo dei pedaggi, quando era gestito dallo Stato, era tantissimo meno e il ricavato copriva benissimo la restituzione dei denari occorsi per costruire quelle infrastrutture: comprese le manutenzioni; tant’è che lo Stato non impiegò una lira. Non capisco dunque quale è il vantaggio per i cittadini per questa giostra messa su con le concessioni. E poi: carburanti, generi di ristoro, oggettistica e quant’altro si vende nei caselli, hanno prezzi degni dei più lussuosi negozi dei centro città. Eppure i flussi di viaggiatori sono enormi, almeno quanto gli affari di chi gestisce questi servizi. Chi ha pensato almeno a riparare i viaggiatori da questi esosi prezzi? Chi ha pensato a un sistema di calmieraggio dei prezzi nella concessione stipulata con privati da parte di rappresentanti dello Stato proprietario della infrastruttura autostradale? Spesso mi sono chiesto a cosa pensassero i governi mentre sottoscrivevano queste pattuizioni? Comunque questa vicenda segnala nel paese la presenza di un groviglio di interessi su cui è necessario fare trasparenza. Penso a tutte le utenze di servizi regolate da regimi concessori di comuni regioni oltre dello Stato che nessuno conosce, in molti casi da funzionamento opaco e farraginosi: tutti a scapito dei cittadini. Sarebbe una grande rivoluzione se qualche realtà politica se ne intestasse la realizzazione. Ci guadagneremmo in civiltà, in risparmio, ed anche in serietà del dibattito politico. Insomma meno fumi bizantini, più confronto politico sugli interessi vivi dei cittadini.

Raffaele Bonanni

FORZE POPULISTE HANNO VITA BREVE

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La evidente crisi profonda del Movimento 5 Stelle, è la conferma che le formazioni politiche populiste, o quelle che assumono spesso quei comportamenti, hanno vita breve: si sviluppano a dismisura grazie alle promesse mirabolanti ai cittadini, poi nella impossibilità di  compiere ciò che affermano,  si spengono con la stessa rapidità con cui si sono formate. È accaduto a Berlusconi, a Renzi, ai Cinquestelle; accadrà anche a Salvini se non dovesse convertirsi a un profilo diverso. Ma sarebbe sbagliato analizzare questi fenomeni, prescindendo dalle cause principali che vedono le fortune politiche di questi soggetti politici, usurarsi così rapidamente. Se principalmente lo devono al sovraccarico di promesse, accade anche  a ragione di un sistema politico regolato da un sistema elettorale maggioritario spinto, che priva il cittadino di scegliersi il proprio rappresentante territoriale.
Infatti i partiti con il maggioritario, hanno negato ad ogni posizione culturale di esprimersi autonomamente i propri rappresentanti in Parlamento, alimentando la disaffezione al voto, ha spostato l’asse dalla rappresentanza plurale nei partiti a quella del leader con la conseguente personalizzazione. Essendo svuotato il bacino della partecipazione, che  responsabilizza maggiormente i vari soggetti concatenati nella filiera della rappresentanza nei partiti, il baricentro di potere è stato sostituito da un singolo leader che per avere successo deve promettere molto, senza poter contare nei momenti difficili, su quella infrastruttura del consenso che può esserci solo in un gioco largo di coinvolgimenti che solo la partecipazione continua e costante può rendere efficace. Dunque, in Democrazia senza partecipazione si è dannati a un risultato sempre a somma zero. Ed intanto l’Italia soffre in economia, in moralità, in democrazia.
(ITALPRESS).

INSEGUIRE SOLO IL CONSENSO FRENA L’ECONOMIA

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Il nostro Paese si sta spegnendo lentamente, stretto da una competizione politica priva di freni inibitori, che ha pressoché coinvolto ogni partito alla ricerca di successi elettorali. Così si spiegano i tanti provvedimenti costosi, come ad esempio le decisioni governative gravosissime per le esangui casse dello Stato sul “reddito di cittadinanza” e “quota 100”, elargiti al di fuori di ogni criterio economico e di equità. Soldi che si potevano investire per ridurre le tasse ai cittadini per vivacizzare il mercato dei consumi interno, e per offrire pesi fiscali vantaggiosi alle imprese che investono. Ma in ogni occasione, non si governa secondo buon senso e in coerenza con obiettivi economici concreti, ma secondo l’interesse di assecondare i “clientes”, per consolidare il proprio consenso. I dati economici italiani molto negativi di questi giorni, segnalano una persistente condizione di decadimento, perché a nessuno interessa caricarsi sulle spalle operazioni impopolari, che non comportino vantaggi elettorali immediati.

Per questa ragione la nostra economia non si riprende al contrario di altre. Basti vedere gli ultimi resoconti riguardanti il PIL della verde Irlanda fino a pochi anni fa ridotta peggio di noi, per quest’anno si prevede il 5,6% in più grazie a varie politiche tra cui quella di riduzioni fiscali. Così sta decidendo il governo greco con il varo di un pacchetto fiscale per rilanciare gli investimenti con una legge che sarà sottoposta al Parlamento di Atene nella seconda metà di novembre. Il provvedimento prevede un taglio della corporate tax dal 28 al 24% e un dimezzamento della tassa sui dividenti dal 10 al 5%. Come si nota, i pesi fiscali rispetto a quelli da noi praticati, partono già molto più bassi, e tuttavia li alleggeriranno ancora di più. Le autorità greche, in questo modo, non fanno altro che decidere quello che molti altri paesi hanno già previsto per incrementare posti di lavoro con nuovi investimenti, per aumentare il reddito dei lavoratori. Noi invece il reddito lo produciamo per legge: con i soldi presi in prestito per il reddito di cittadinanza. La riduzione fiscale dovrebbe essere al primo posto delle decisioni, ed invece in ogni documento annuale di economia e finanza governativo, ci sono immancabilmente le premesse per un aumento in più a causa di elargizioni privi di ogni senso.

Raffaele Bonanni

GLI UTENTI SMARRITI NELLA GIUNGLA DEI SERVIZI

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Non mi rassegnerò mai nel voler comprendere del perché i cittadini generalmente sono così indulgenti verso accadimenti anomali seriali che riguarda pressoché ogni erogazione dei servizi per le famiglie italiane, senza che media, governanti e oppositori, abbiano sufficiente attenzione e protezione nei confronti dei cittadini sottoposti ad angherie se non a situazioni somiglianti a truffe. Prendiamo i contratti da stipulare! Si sottopongono alla firma decine di fogli di carta dalla scritta piccolissima e fittissima con linguaggio strettamente tecnico, che neanche un esperto avvocato potrà raccapezzarci qualcosa.

L’utente più puntiglioso, dopo uno sguardo preoccupato per così tante clausole criptiche e incomprensibili precisazioni, firma e passa oltre, pur nel dubbio di incorrere in qualche condizione non favorevole che riguarda il suo interesse. Molti servizi come acqua, gas e di elettricità e cose similari, frequentemente recapitano bollette prendendo a riferimento il picco di consumo anche di anni prima, ad esempio di un periodo del tutto eccezionale per le abitudini della famiglia; per correggere l’evidente svantaggio, se non si va di persona presso l’azienda erogatrice, le bollette arriveranno sempre con la stessa cifra: naturalmente con quella storicamente più alta.

Anche i servizi di telefonia fissa, e soprattutto di quella mobile si prestano a forti equivoci, se non ad una condotta deplorevole per non dire altro. Può accadere, ed accade, che persino contratti già molto discutibili, come si sottolineava prima, possono essere cambiati in corso d’opera con una sola telefonata di avviso da parte della azienda telefonica. Ma quello che ha davvero dell’incredibile è la circostanza che ti possono affibbiare ulteriori contratti di discutibili servizi, senza che il povero utente possa rendersi conto di sottoscriverli, durante l’arrivo a raffica di sms che inavvertitamente e facilmente possono essere abilitati. In questo caso se protesti, leggendo la fattura lievitata anche 4 volte il costo del contratto, con gentilezza ti spiegano che puoi far bloccare da loro il servizio nei fatti abusivo, come se non l’avessero provocato loro stessi a monte.

Allora mi chiedo, tutte le numerosissime autorità (costosissime per il contribuente) fatte nascere appositamente per tutelare i cittadini, cosa ci stanno a fare? E la politica che ci propone sussidi, vantaggi, e quant’altro (sempre a spese del contribuente), perché non ci tutela da questi inconvenienti. Eppure questi servizi sono ammessi nel mercato nazionale previa concessione di governi nazionali, regionali, comunali. Perché al posto di promettere mari e monti a ciascuno di noi (a spese del contribuente, cioè noi), non si occupano di riportare ordine in queste tristi realtà? Non vorremmo che nei talk show e nei comizi nel parlare dei vari mali si sembra tigri, mentre su questi temi reali si appaia docili gattini. Sempre che su questi temi qualcuno ne parli pubblicamente e faccia davvero qualcosa. Molti si chiedono del perché la gente è lontana dalla politica; la risposta è semplice: si nota ad occhio che gli interessi delle famiglie, difficilmente vengono vigilati come dovrebbe essere. Eppure nel cambiamento che vogliamo qualcuno dovrà farlo.

Raffaele Bonanni

DOPO LE PAROLE DI TRUMP L’UE RECUPERI IL TEMPO PERDUTO

Le ultime dichiarazioni di Donald Trump contro l’Unione Europea, dovrebbero sollevare più interrogativi sul perché, da un po’ di tempo, il “Tycoon” si esprime sempre più contro la UE. Recentemente, a Londra, si è rivolto ai cittadini del Regno Unito incitandoli ad applicare la Brexit e di non preoccuparsi degli scompensi economici che tale operazione comporterebbe, in quanto l’amministrazione statunitense è pronta a compensarli con un apposito piano economico. In queste ore poi è tornato sull’argomento, in qualche modo deplorando il fatto che la Brexit sia ancora rimasta ancora inattuata e che il primo Ministro Boris Johnson abbia pattuito una soluzione che non slega del tutto gli inglesi dal vecchio continente sul piano commerciale.

Poi, contestualmente, nella stessa intervista rilasciata al programma della emittente radiofonica britannica Lbc parlando di Brexit, torna a rispolverare l’ipotesi di una Italexit, affermando che l’Italia farebbe bene a fare come gli inglesi, uscendo dall’euro e dall’Unione. Personalmente sono stato sempre molto vicino al sodalizio ormai storico Italo-americano dovuto alla presenza in quello Stato di svariati milioni di persone di origini italiane, all’aiuto militare ed economico per la sconfitta del nazifascismo e al piano Marshall per la ricostruzione, all’aiuto indimenticabile nell’appena dopoguerra, per non farci precipitare dalla dittatura nera a quella rossa come è capitato alla Polonia, Ungheria e Cecoslovacchia.

Ma al cospetto di tali affermazioni lesive della nostra autonomia, interessi e sicurezza, il sentimento così lungamente consolidato, stenta a non vacillare. La portata delle improvvide dichiarazioni, potrebbero equivalere, nel caso tornassimo indietro nel tempo di circa 150 anni, al caso che un paese tradizionalmente alleato degli Stati Uniti, avesse voluto incitare i vari ‘States’ ad aderire ai secessionisti della confederazione del sud. Ecco perché la cattiva azione contro di noi è estremamente grave e foriera di avvenimenti comunque nefasti: incita gli euroscettici italiani a ulteriormente ad incrementare la loro opera autolesionista con inviti così tanto sfacciati. In questo clima è scontato che chi è sensibile a queste sirene si prodigherà ancor più ad azioni autolesioniste, anche forti di ‘vari contributi’ che in verità da tempo vengono elargiti.

Ma è bene fare chiarezza sul contendere di queste pressioni: molti anni fa avvenivano attraverso piani portati avanti con iniziative che solo particolari ambienti potevano comprendere; ora invece, in una condizione di grande indebolimento del nostro paese (che è bene ricordare essere insieme alla Germania, il più convinto della costruzione di uno Stato europeo), più palesemente alla luce del sole, pur di non avere una entità politica di prim’ordine nel panorama mondiale.

I cittadini dell’Unione sono piu di mezzo miliardo e sono per preparazione culturale e tecnica tra i più avanzati del mondo, così come il know how tecnologico-digitale che non è inferiore a nessuno; la produzione industriale e dei servizi già potentissima, se dovesse esprimersi dentro un ambito di maggiore integrazione politica continentale, sconvolgerebbe ancor più gli assetti di potere economico-commerciale, non di meno la potenza militare. Questa è la motivazione dell’interesse a debilitare la UE.

Detto ciò, queste argomentazioni però dovrebbero essere in cima ai pensieri almeno della classe dirigente continentale per superare indugi e piccoli interessi, per dare alimento a motivazioni supreme. Infatti se gli avversari si danno molto da fare per rovinarci, lo fanno anche perché coloro che hanno potere, oggettivamente assecondano gli avversi con comportamenti non consoni alla posta in gioco. Ora si vuole sperare, sia venuto il tempo di agire e di recuperare il tempo perduto.