30 Righe di Raffaele Bonanni

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Salari, la politica dallo “sguardo corto” non funziona

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ROMA (ITALPRESS) – Cresce l’occupazione, aumentano un pochino di peso le buste paga, anche se l’area dei salari cosiddetti poveri si allarga progressivamente. Si dirà che allora le cose vanno bene, al di là della incresciosa situazione di un milione di lavoratori che vivono con un salario al di sotto della sussistenza. Ma non è così. Fino a che nel nostro Paese non si conclude la stagione in cui ci si occupa dei temi di importanza vitale con lo sguardo corto e lo scopo furbetto di passare la giornata nel solo intento di rifornire i media con i dati svantaggiosi o vantaggiosi a seconda dei propri interessi di bandiera, la situazione continuerà a peggiorare. E infatti l’economia si riesce a dominare, ponderandola ragionevolmente e predisponendo il suo governo con tempi medio lunghi. Prendiamo ad esempio il fenomeno inaspettato della crescita dell’occupazione che ancora continua a darci segnali positivi. Esso è la risultanza non della crescita del benessere economico, bensì della interruzione di operazioni errate come il reddito di cittadinanza che ha distolto per anni dalla attività lavorativa circa 3 milioni di persone. Alla fine di questa e di altre storie le persone sono state spinte al lavoro dall’indebolimento della condizione economica delle famiglie a causa di nuovi pesi provocati dalla pandemia.
E invece la gelata demografica determinata dalla scarsissima prolificità degli italiani e dall’esodo costante dei giovani che si recano a lavorare in altri paesi europei ed extra europei per ottenere più remunerazione e più stabilità, ha provocato la disponibilità delle imprese ad aumentare l’offerta di lavoro, per ottenere più collaboratori nelle aziende dopo la rarefazione della domanda. A testimonianza di questa dinamica per accaparrarsi con certezza la manodopera, le imprese hanno offerto contratti a tempo indeterminato, come risulta dai dati Istat, sconvolgendo ogni pronostico a fronte dei presupposti valutativi precedenti. Dunque si può dire che la lieve crescita salariale è dovuta alla riduzione del cuneo fiscale momentanea, che perciò ci riporterà ai dati negativi precedenti ancor più se non cambiano le cose, per il fatto che i miliardi che ha richiesto sono stati finanziati con il debito pubblico. Mentre l’occupazione accresciuta, certamente non proviene da una maggiore espansione dei nostri prodotti industriali e servizi nei mercati internazionali e nazionali o da particolari investimenti pubblici.
Anzi riguardo alle esigenze delle imprese mancano più di mezzo milione di qualificazioni alte a causa del mal funzionamento dei sistemi formativi, di orientamento, di culture devianti che influenzano le famiglie rispetto al tipo di preparazione da scegliere per i propri ragazzi. Ma c’è da credere che se vogliamo occupazione e salario in più, cioè elementi essenziali che testimoniano la stabile e duratura salute di un paese, bisognerà che molto presto si cambi verso. Passare dalle cose da far sembrare all’essere concreto. Cioè abbandonare definitivamente i paradigmi del passato sui salari e su come si generano i posti di lavoro. La questione produttività allora dovrà diventare il perno delle relazioni industriali e dei contratti collettivi se vogliamo che crescano davvero. Gli obiettivi di maggiore produttività, definiti insieme da imprenditori e lavoratori, riducono i margini della inefficenza e migliora la redistribuzione della ricchezza prodotta.
La buona e più copiosa occupazione dipende dalla aderenza delle buone qualificazioni dei lavoratori con le esigenze accresciute di professionalità in grado di far fronte al ritmo e qualità che la rivoluzione digitale richiede. Se è così tutto l’apparato della istruzione e della formazione dovrà essere riconvertito radicalmente per raggiungere standard culturali avanzati almeno pari alla dotazione di tecnologie che già possediamo per l’industria ed i servizi privati e pubblici. Benedetta allora sarà la riconquista della lungimiranza e dal senso della realtà che ci farà avanzare verso la prosperità.

Raffaele Bonanni

(ITALPRESS).

Partecipazione dei lavoratori, la Cisl ci riprova

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ROMA (ITALPRESS) – I riformatori hanno tentato più volte di dare attuazione legislativa all’articolo 46 della Costituzione sulla partecipazione dei lavoratori alle decisioni nelle aziende dove sono impiegati. Sono passati più di settant’anni, eppure la Repubblica fondata sul lavoro non ha mai potuto fare un passo avanti su questo importante tema.
L’alleanza di fatto tra liberisti e sinistra radicale sinora è riuscita sempre a ostacolare l’attuazione della perla più splendente della cultura sociale europea, pilastro della economia sociale di mercato. Persino Enrico Mattei fu fermato da costoro con subdole e palesi opposizioni nel proposito che aveva di inserire un operaio ed un impiegato scelti dai lavoratori nel cda dell’Eni che dirigeva, ispirato com’era dalla dottrina sociale della Chiesa e dalla Costituzione.
Questa innovazione del lavoro l’attuarono invece in Germania già negli anni sessanta. Attraverso essa hanno potuto responsabilizzare i lavoratori con la partecipazione alle decisioni aziendali al punto da raggiungere l’apice della più moderna ed efficiente potenza industriale del pianeta.
Anche la Francia ha proceduto più di 10 anni fa a legiferare. I nostri cugini d’oltralpe e i tedeschi si sono limitati ad applicare la normativa alle grandi e medio grandi aziende, per semplificare il sistema di gestione e con questa influenzare la crescita dello spirito collaborativo. In questo modo hanno dato forza alla produttività maggiore ripagata da maggiore salario orario, e dalla partecipazione alla redistribuzione dei maggiori utili.
Ora a riportare in campo l’art. 46 sta provando di nuovo la Cisl, da sempre alfiere della partecipazione. E sembra che il governo Meloni abbia intenzione di far proprio il proposito. Alcuni, tra oppositori e scettici della operazione, già storcono il muso; ma si sa, sono sempre stati contrari alla partecipazione e collaborazione.
Hanno sempre pensato alla rappresentanza politica del lavoro senza rappresentanti dei lavoratori. Ma questa riforma si allinea benissimo con le importanti riduzioni di tasse sui salari di produttività, e se si dovesse decidere di incentivare con il fisco anche il possesso delle azioni dei lavoratori nel poterli anche farli contare collettivamente negli assetti societari, si potrà cambiare la faccia dell’Italia.
I lavoratori avranno spazi e ciò potrà far crescere la loro responsabilità. Cioè il modo migliore per mettere all’angolo mestatori e demagoghi che da tempo hanno pericolosamente deviato il cammino di un grande Paese come il nostro.

Raffaele Bonanni

(ITALPRESS).

Ex Ilva, obiettivo limitare i danni

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ROMA (ITALPRESS) – Pare che la situazione ingarbugliata di Arcelor-Mittal volgerebbe verso soluzioni, seppur problematiche, che potranno limitare i danni e non far del mega opificio tarantino il dramma sociale e di immagine in un mondo che va ad investire dove è conveniente e semplice farlo. È stato detto che gli indiani che ora detengono la maggioranza delle azioni, pur indisponibili ad investire per rilanciare la produzione, cederebbero controllo azionario e leadership alla parapubblica società Invitalia.
Si potrebbe così coltivare il proposito di ricreare le condizioni necessarie per interessare nuovi investitori, ricominciando, si spera, una fase radicalmente nuova e positiva. Per questo obiettivo, assai importante per le tante migliaia di persone che vi lavorano, occorre certamente avere qualcuno che conduca le produzioni con poteri che per semplicità possiamo definire commissariali, e con pesanti provviste finanziarie.
E tuttavia non basta a rilanciare l’ex Ilva dal manicomio più grosso che si sia mai visto in una industria. In primo luogo la permanenza nel board di Arcelor-Mittal, che seppur ridotto, non credo avrà l’interesse a produrne acciaio in grandi quantità in Italia per farsi da sola concorrenza ai danni dei grandi quantitativi in produzione in India. A tale proposito bisognerebbe accertare quale è stato lo spirito ispiratore di chi li ha introdotti nelle produzioni italiane, come il rifiuto di concedere lo scudo penale sul pregresso. L’altro tema riguarda il costo dell’energia, datosi che sono produzioni altamente energivore. In Italia ricordo che per scelte scellerate soprattutto di coloro che si battono il petto per la perdita di posti di lavoro, l’energia ci costa di più per l’abbandono del nucleare. In aggiunta, doppio salto, bisognerebbe abbandonare in larga parte altiforni a carbone e produrli con forni elettrici che non credo renderà concorrente il nostro acciaio nel mercato internazionale e nazionale.
Altro nodo riguarda i magistrati che entrano ed escono nella fabbrica, come è accaduto giorni fa nel pieno dei guai. Qualcuno dovrà pur spiegare, che non può essere una variabile continua nelle vicende economiche, pur nel rispetto della indipendenza, ma non di autonomia rispetto ai poteri della Repubblica a partire da proprio Ministero per ottenere soluzioni di compatibilità tra occupazione ed ambiente. Questi quesiti vanno posti e chiariti da ora con un accordo tra parti sociali e governo. Infatti troppi governi passati hanno scambiato interviste televisive per gestioni di politiche industriali, ed alcuni sindacalisti in ambientalisti giustizialisti, invece di occuparsi di salari, dei fattori dello sviluppo, dunque di competitività da cui si ottiene stabilità lavorativa.

– foto: Agenzia Fotogramma –
(ITALPRESS).

C’è un gran parlare di Mes, ma gli italiani vengono informati?

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ROMA (ITALPRESS) – C’è un gran parlare di Mes, ma raramente ci si impegna come servirebbe a spiegare agli italiani come stanno le cose. Sarà che sono questioni che hanno bisogno di un minimo di riflessione, sarà perchè si è più interessati a seguire il facile solco delle polemiche tra schieramenti politici, ma intanto in tale dimensione si ingenera quella confusione che non permette ai cittadini di comprendere decisivi dossier per il proprio avvenire. Non correggendo questo andamento delle cose, si favorisce l’affermarsi di tesi sbagliate che attecchiscono nel clima di sfiducia e diffidenza, che vede in ogni cosa che non si conosce la radice del complotto: imbrogli orditi da altri popoli, dimenticando che viviamo in un mondo villaggio. Dunque un mondo che dovremo comunque vivere e condividere attraverso convenzioni e trattati, se non vogliamo pagare i costi altissimi dell’isolamento autolesionista.
Il MES (European Stability Mechanism) e’ una sorta di “assicurazione”, per paesi nelle condizioni dell’Italia, schiacciati da grandissimi debiti, con il rischio di incappare nel gioco predatorio che può scatenarsi nel mercato finanziario, soprattutto quando si chiedono nuovi crediti in condizione di debolezza. Infatti in tali congiunture si pratica il rincaro dei tassi di interesse a compenso del maggior rischio che il prestatore potrebbe correre. Si sa, gli interessi calano o si alzano a secondo della affidabilità del debitore. Il debitore incallito, è stupido negarlo, rischia di trovarsi nella drammatica condizione di in un gioco senza fine, vittima di impennate di tassi, al punto da rimanere incastrato tra le esigenze di pagare comunque i suoi creditori, e la necessita irrinviabile di far fronte alle proprie esigenze di vita giornaliera.
Ad esempio, un privato ad un certo punto può rischiare di vedere i suoi averi sequestrati all’asta e perderli del tutto a favore dei creditori che chiedono di essere pagati, consegnando la propria famiglia ad una vita futura grama. Uno Stato che e’ nella medesima condizione, rischia nello stesso modo per il futuro dei propri cittadini. D’altronde gli italiani hanno un debito mai ridotto nell’ultimo quarto di secolo, giungendo a 2.000 miliardi di Euro, che ci costano ormai più di 80 miliardi all’anno di interessi. A questi pesi se ne aggiungono altri che ci fanno percepire molto deboli: la demografia in netta discesa; tasse alte che ostacolano i redditi e gli investimenti; produttività in sensibile discesa da molti anni; inefficienza dei sistemi di servizi. I risparmi, qualora si fossero fatti in tempo, avremmo potuti ben investirli per avere più occupati o più sanità ed istruzione, anzichè dissiparli in bonus di ogni tipo, fino a giungere in nome della povertà ad esporsi agli interessi dei costosissimi furbi.
Il Mes dunque è nato dalla libera associazione dei paesi europei, accomunati dalla comune esigenza di premunirsi dall’eventuale default degli Stati più deboli. Una mutua assistenza che interessa naturalmente gli indebitati, ma anche chi non lo è. Se un solo paese europeo viene interessato da default finanziario, in qualche modo trascina in basso anche gli altri. Ma va detto che se in un paese si radica l’idea che i debiti non si pagano mai, come si può dire del nostro, e che anzi si possono aumentare senza sosta e senza darne conto a nessuno, è certo che le soluzioni sottolineate non si comprenderanno mai. Dunque chi è a favore del MES lo sia davvero e non a parole, mettendo al primo punto la riduzione del debito con le soluzioni conseguenti. Chi è contro e vuol liberamente far da solo, responsabilmente dovrà emulare la filosofia di un grande statista della Destra Storica che superò i rischi di default finanziario della nascente italia risorgimentale con la politica economica che in Parlamento passò come “economia sino all’osso” per risollevare l’Italia e prepararla a destini nuovi di grande Nazione.

– foto: Agenzia Fotogramma –
(ITALPRESS).

Per il lavoro un 2024 all’insegna delle sfide per la modernizzazione

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ROMA (ITALPRESS) – Gli eventi che hanno segnato positivamente la questione del lavoro nel 2023 costituiranno la base della sua modernizzazione nel 2024. Ed infatti tanti sono gli elementi nuovi che non progredivano da anni, ostacolati dai cascami di vecchie impostazioni ideologiche.
E’ stata una benedizione la scelta fatta dal governo in accordo con alcune parti sociali nell’anno che si conclude. Riguarda i premi di risultato corrisposti in esecuzione dei contratti collettivi aziendali o territoriali in relazione agli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, come le somme pagate a titolo di partecipazione agli utili. Essi, ed era ora, godono del privilegio di tassazione al 5%. Così come le somme riguardanti le ore straordinarie prestate, che ormai sono tassate mediamente tre volte in meno del passato. Scelte queste impensabili fino a poco tempo fa. Gli incrementi di produttività come gli straordinari vengono valutati da ambienti della sinistra politica radicale e sindacale, responsabili della mancata espansione del lavoro. Ma avviene proprio il contrario come ormai acclarato nei mercati del lavoro operanti nelle economie con regimi di concorrenza efficienti. La esigenza di maggiore coinvolgimento di persone in cerca di occupazione avviene con facilità nelle aziende dove grazie alla produttività alta, aumenta la quantità e la qualità delle produzioni. Si realizzano dunque potenzialmente le condizioni di produzioni con livelli interessanti di qualità-prezzo in grado di soddisfare i committenti che avranno convenienza a stabilizzare e ad incrementare le commesse. Così come gli straordinari che in tali situazioni non fanno altro che implementare i fenomeni qui descritti. Ma spiega anche il perché nei paesi democratici regolati da economia sociale di mercato, retti da sistemi sociali avanzati orientati alla professionalizzazione nel corso della vita professionale, regolati da un ordine di concorrenza efficiente ottengono salari e condizioni di lavoro eccellenti che hanno potuto ottenere salari più del 30%. Il contrario che in Italia invece i salari rimasti tali e quali a 30 anni fa, mentre costo della vita ed obblighi familiari sono cresciuti sensibilmente. Allora l’augurio al mondo del lavoro per il nuovo anno è quello di abbandonare gli scioperi più o meno generali aprendo prospettive nuove, credibili, e concrete. Un ricompattamento che spinga ed incentivi il governo a ritornare alla logica dei patti sociali. Si parta anche dalla istruzione, dalla formazione, dalle coordinazioni necessarie tra chi governa la filiera istituzionale dell’education, con le parti sociali per colmare la mancanza di rispondenza tra le esigenze di professionalità delle imprese ed la capacità del sistema scolastico e di formazione universitaria in grado di farvi fronte. Dunque chi vorrà occuparsi di migliorare la condizione dei lavoratori e delle imprese sa quello che deve fare. Il contrario è una diserzione dal campo del lavoro per servire chissà quali altre finalità.

Raffaele Bonanni

(ITALPRESS).

Dall’innovazione contributo importante per preservare la biodiversità

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ROMA (ITALPRESS) – Dovremmo considerare di più il ruolo della biodiversità nella nostra vita. Rappresenta lo stato di salute della Terra ed è fondamentale per il funzionamento degli ecosistemi. Ogni forma di vita ha un ruolo unico e contribuisce alla stabilità e alla resilienza degli ecosistemi. Per esempio, le piante svolgono la fotosintesi e forniscono ossigeno, le api e altri insetti sono importanti per la fecondazione delle piante, i predatori mantengono il controllo delle popolazioni di erbivori, e così via.
Purtroppo, le attività umane legate alla deforestazione, all’inquinamento, alla distruzione dell’habitat e allo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali, contribuiscono a causare danni alla biodiversità. Da questi fenomeni negativi, è emersa l’urgenza prioritaria di preservare la biodiversità per garantire la sostenibilità ambientale e il futuro del nostro Pianeta.
A tal proposito, il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) ha finanziato (per 320 milioni di euro, periodo 2023-2025) l’istituzione del centro nazionale di ricerca dedicato alla biodiversità (NBFC), con il compito di svolgere un’attività di importanza strategica nell’ottica di contribuire a raggiungere i traguardi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile.
Prima di immergerci nel cuore della rivoluzione tecnologica, è essenziale comprendere il ruolo e gli obiettivi del National Biodiversity Future Center. Situato in Italia, il NBFC è un’istituzione di riferimento nel campo della ricerca e della conservazione ambientale. Con l’obiettivo di proteggere la biodiversità e promuovere l’uso sostenibile delle risorse naturali, il Centro si impegna in studi avanzati, progetti di conservazione e iniziative di sensibilizzazione pubblica. In particolare, il National Biodiversity Future Center (NBFC) abbraccia le più recenti innovazioni in campo tecnologico: l’Intelligenza Artificiale (AI) e l’Internet delle Cose (IoT). Questi strumenti promettono di trasformare il modo in cui monitoriamo e proteggiamo i nostri ecosistemi. Ad esempio, è possibile ricorrere all’utilizzo di dispositivi IoT avanzati (dotati di sensori) per raccogliere dati ambientali in tempo reale. Questi dati vengono poi elaborati da sofisticati algoritmi di AI, che identificano modelli, prevedono cambiamenti ecologici e segnalano potenziali minacce alla biodiversità. Non va trascurato il fatto che queste soluzioni consentono a chiunque di poter accedere ai dati raccolti dai sensori, aumentando la consapevolezza ambientale e incentivando la partecipazione attiva nella conservazione della biodiversità e, di conseguenza, al bene comune.
In conclusione, l’utilizzo dell’intelligenza artificiale e di internet nella conservazione ambientale non è più un concetto astratto, ma una realtà tangibile che sta contribuendo significativamente alla protezione della biodiversità. Grazie a queste soluzioni intelligenti, è possibile pensare ad una società che si pone all’avanguardia nella difesa degli ecosistemi, dimostrando che la natura (e la sua conservazione) non può prescindere dall’innovazione tecnologica.
-foto Agenzia Fotogramma –
(ITALPRESS).

Storica decisione via a negoziati per adesione UE di Ucraina e Moldavia

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ROMA (ITALPRESS) – E’ storica la decisione del via libera del Consiglio Europeo ai negoziati di adesione con l’Ucraina e moldavia a Bruxelles. Ci si aspettava una riunione lunga e difficile per l’opposizione dell’ambiguo magiaro Viktor Orban, ma è andato tutto bene. Ha preferito abbandonare il consesso per non essere l’unico ad opporsi tra i 27 paesi aderenti. La velocità impressa in pochi mesi alle procedure di adesione, sono legate alla situazione particolare dell’Ucraina invasa illegalmente dalla Federazione russa e dalle provocazioni che i Moldavi subiscono da Mosca. Dunque una decisione cruciale che si manifesta come un deciso out out a Putin: o mette fine alle aggressioni o si trovera’ contro tutto il continente per proteggere i suoi popoli. Volodymir Zelenski e Maia Sandu hanno esultato per questo felice accadimento. Entusiasti anche i tre paesi baltici, la Polonia, ed i paesi scandinavi; due dei quali si sono aggiunti agli altri 2 nella adesione alla Nato. Questi paesi aderenti all’Unione Europea, avevano da tempo messo in guardia dai rischi futuri, consapevoli della spregiudicatezza mostrata in passato e recentementere dai russi, pagata da loro a caro prezzo.
Anch’essi hanno tribolato le invasioni sovietiche e nel presente subdoli stratagemmi di infiltrazioni nella politica e nei media condotti dai servizi manovrati da Putin. Taluni sono preoccupati dalla politica di accellerazione delle adesioni UE di paesi in passato costretti a stare nella “cortina di ferro” sovietica, ed ora nel mirino di improponibili disegni neo imperiali putiniani. Ma quale identità, consistenza, affidabilità avrebbe l’Europa rispetto ai propri popoli ed ai principali Stati del mondo se si dovesse sottrarre ai propri doveri naturali? Negherebbe essa stessa il proprio futuro di entità morale politico-giuridica in grado di unificare il continente in un solo Stato e di guidarlo per concorrere con i paesi democratici del mondo a rafforzare lo stato di diritto rivolto alle libertà individuali e collettive,
e dunque alla convivenza pacifica dei popoli in un quadro di tutela dell’esercizio delle proprie sovranità sulle scelte politiche e di salvaguardia dei loro territori di appartenenza riconosciuti dalle convenzioni ed organismi internazionali. Una decisione così importante inoltre darà forza piena istaurazione delle basi per giungere al traguardo della istaurazione degli Stati Uniti d’Europa, nel solco della costruzione delle condizioni di convivenza con la Russia e nel quadro dei nuovi equilibri mondiali.
Questi equilibri sono indispensabili per gli europei per evitare scenari cupi gia vissuti di incoraggiamento all’azione degli autocrati con la ricerca astratta di pace. Ed infatti la cultura della pace attraverso la cooperazione economica ed il riconoscere i diritti altrui, prospera solo tra realtà democratiche orientate dalle culture dell’umanesimo. Gli altri, quelli che praticano la violenza per sottomettere persone e popoli, sono comunque soggetti con cui dialogare e costruire l’interesse alla convivenza pacifica, ma per evitare disastri morali e materiali, devono sempre essere certi che gli europei ed altri popoli ancora, tanto amano la libertà che per essa sono disposti a tutto.

foto: Agenzia Fotogramma

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Gli Stati Uniti d’Europa per tutelare sovranità e identità

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ROMA (ITALPRESS) – Negli ultimi 3 anni si sono accavallati tanti eventi sconvolgenti che hanno messo alla prova la nostra resilienza, abituati come siamo stati a dare per scontato che ad ogni conquista positiva se ne sarebbero aggiunte altre ed altre ancora in uno svolgersi sempre più vantaggioso e migliorativo della nostra vita al di là del nostro impegno e vigilanza. Ed in effetti dal dopoguerra non abbiamo conosciuto epidemie e carestie, nè guerre e nè privazioni. La nostra idea prevalente che le libertà collettive ed individuali potevano essere condizionate solo dal desiderio di possederle, senza alimentarle con il rigore che esse richiedono. Ed invece ecco che siamo stati costretti ad una pandemia che inizialmente non sapevamo come fronteggiarla al pari di altre subite secoli fa, con tanto di untori e ciarlatani alla Dulcamara; guerre scoppiate in Europa ed in Medio Oriente; addensamento sempre più di stati canaglia o di altri in cerca di spazi vantaggiosi, nell’alleanza con le 2 autocrazie più influenti nel mondo.
Credo che sia inquietante che non sempre riusciamo a percepire questi accadimenti legati ad un filo rosso di continuità ad altri che hanno procurato alle nostre generazioni del passato prossimo ferite morali e fisiche profondissime. Ed infatti nella sanità abbiamo già dimenticato la necessità di cambiare l’assetto delle nostre strutture da orientare alla prevenzione ed alla ricerca. E poi la illegale aggressione di Putin ai danni degli ucraini. L’occupazione Ucraina non ci ha ricordato la stessa logica illegale e brutale delle aggressioni Hitleriane. Ecco, si può dire che ritroviamo le stesse dinamiche passate ed anche le stesse parole d’ordine. Gli autocrati di oggi dichiarano le democrazie degenerate “plutocrazie”, da sostituire con un nuovo ordine mondiale (i russi e cinesi usano gli stessi termini nel presentare i loro obiettivi). Le democrazie dal loro canto sembrano immobilizzate sul da farsi, frastornate da una parte della loro pubblica opinione manovrata internamente dagli stessi autocrati attraverso reti mediatiche e di ambienti vari assoldati per fiaccare internamente le eventuali reazioni come accadde piu di 80 anni fa.
Alcune associazioni sociali e politiche arrivano persino a manifestare per la democrazia e per i diritti della donna, ma poi li ritroviamo a sostenere Hamas ispirata al patriarcato più esasperato ed a modelli politici che negano lo stato di diritto e le libertà individuali e collettive. Se le cose stanno così, dovremmo aprire una profonda discussione, se non vogliamo perdere la nostra sovranità, la nostra identità di democratici, le stesse nostre libertà collettive ed individuali. La riflessione dovrà riguardare la necessità immediata di costituirci in Stati Uniti d’Europa per tutelare sovranità ed identità e la necessità di una difesa europea come secondo pilastro della Nato. Da queste necessarie decisioni dipenderà pace e progresso. Troppe infatti sono le ambiguità nel nostro paese, e dobbiamo svelarle e combatterle se vogliamo davvero vivere ancora nella prosperità e nella libertà.

– foto: Agenzia Fotogramma –
(ITALPRESS).