Il pallone racconta di Franco Zuccalà

Home Il pallone racconta di Franco Zuccalà

PRIMO KO NAPOLI A MILANO CON L’INTER, ORA MILAN A -5

La vittoria dell’Inter (gol di Dzeko) sul Napoli, alla prima delusione stagionale, ha (forse) riaperto il campionato. Il Milan è a -5, la Juve a -7 e l’Inter a -8- Ma la domandona è questa: come reagirà la capolista a questo risultato?Si apre (forse) un’altra fase del campionato. Allora avevano ragione quelli che dicevano che alla ripresa, dopo il Mondiale, le cose sarebbero andate diversamente, rispetto alla prima parte della stagione, dominata dalla squadra di Spalletti ? Certamente il fatto che a breve termine la capolista dovrà affrontare Juventus e Roma, altre pretendenti ai posti d’alto rango, potrebbe comportare altri sussulti al vertice. Certamente, qualcosa potrebbe cambiare. La partita era stata preceduta da polemiche complottiste per la designazione di Sozza di Seregno. Detto che le polemiche ci sarebbero state comunque, il designatore Rocchi avrebbe potuto evitare, conoscendo i suoi polli. Ed era successo anche l’anno scorso (23 aprile) in Inter-Roma 3-1. Per fortuna l’arbitro se l’è cavata. Il Milan a Salerno ha vinto in un quarto d’ora con Leao e Tonali: Ochoa ha capito che da noi sarà dura, anche se nel finale ha fatto miracoli. E comunque il successo rossonero è andato oltre i gol. Nonostante le assenze, una prova maiuscola, anche se Bonazzoli ha reso difficile la vita ai campioni nel finale. Il Napoli sa di avere un avversario tosto, anche perchè ci sono tante partite. La Juventus a Cremona non ha mostrato il proprio volto migliore, anche per le molte assenze. Nella ripresa Allegri ha inserito Chiesa, Kean, Rabiot e Paredes. Ma Dessers e Felix hanno colpito due pali e la Juve ha rischiato. Milik al 91′ su punizione ha dato tre punti alla Vecchia Signora che ora più tornare in corsa. Settima vittoria bianconera non sappiano quanto meritata. La middle class del campionato, dove lottano Roma, Lazio e Atalanta, ha fornito sorprese. I giallorossi sono andati quasi subito in vantaggio contro il Bologna con un rigore di Pellegrini, a segno dopo 290 giorni. Una vittoria non larga, ma che ha riportato la squadra di Mou nei paraggi della zona Champions. Acciaccato Zaniolo. Abraham in extremis ha salvato la Roma sulla linea. La Lazio, secondo ko di fila, è stata agganciata dai “cugini”. A Lecce, Sarri ha ritrovato Immobile, andato a segno dopo la lunga assenza per infortunio, ma il pareggio di Strefezza e il raddoppio di Colombo hanno dato un colpaccio alle velleità della squadra di Sarri, gratificando i salentini, alla terza vittoria consecutiva e sulla via della salvezza. Per l’Atalanta, pari in extremis. Messa sotto dallo Spezia, non è andata a…Picco, recuperando dallo 0-2. Buona reazione finale della squadra di Gasp. Piccolo passo verso la salvezza degli spezzini. L’Udinese contro l’Empoli è andata subito sotto (Baldanzi), ma alla lunga ha pareggiato con Pereyra. La Fiorentina che ha ritrovato Castrovilli, contro il Monza in cui si è rivisto Pablo Marì, inizialmente entrambi in panchina, ha pareggiato. Un fulmine di Cabral ha incenerito il Monza. Carlos Augusto ha poi pareggiato in un buon secondo tempo “rischiando” persino di vincere. Il Torino ha affrontato l’ultima della classe, il Verona, che ha venduto cara la pelle, anzi ha segnato per prima con Djuric. La squadra di Zaffaroni ha dato segni di riscossa. Gran pareggio di Miranchuk. A proposito di bassofondi, la Samp sul campo del Sassuolo ha fatto il colpo grosso: una bella rovesciata di Gabbiadini e la replica di Augello sono valsi tre punti che fanno ben sperare. Al rientro, Berardi ha segnato su rigore, ma il gol non è bastato al Sassuolo. Il cerino è rimasto in mano al Verona, nonostante il pari di Torino. Nel prossimo turno testa-coda Samp-Napoli e bello scontro fra Milan e Roma. Insomma, una ripresa in grande stile.

ADDIO PELE’, UNICO A VINCERE TRE MONDIALI E SEGNARE 1000 GOL

La morte di Edson Arantes do Nascimento, detto Pelè, impressiona il mondo. E’ stato uno dei personaggi indimenticabili del secolo scorso. E’ stato l’unico calciatore a vincere tre Mondiali e a segnare mille gol, come ricorda un francobollo emesso dalle Poste brasiliane. Celebre l’antagonismo con Maradona, asso di un’epoca diversa. “O rey” ebbe un ruolo preciso, quello di simbolo del calcio mondiale e recitò la parte in maniera perfetta. Gli rese fior di milioni: bastava che si presentasse. I giornalisti gli chiedevano sempre le stesse cose, del resto: cosa avrebbe dovuto dovrebbe rispondere?
Ogni volta che arrivava in un posto, anche il più sperduto, c’era sempre un cronista locale che gli domandava delle sue origini e se in giro esistesse un suo erede, magari un carneade di Trinidad o del Mozambico. Lui con pazienza dava un contentino a tutti: “Il calcio è cambiato dai miei tempi, è difficile fare paragoni. Ci sono giocatori molto bravi nel mondo, ma si gioca in maniera diversa, rispetto a quando in campo andavo io”. Come dire: io mi tengo stretto il titolo di re del calcio, voi pensate quel che vi pare. Poi, su input del suo ufficio stampa, magari faceva il nome di qualche carneade, campioncino locale, mandando in brodo di giuggiole gli astanti. Pelè era il re e tutti sono stati suoi sudditi, nel calcio.
La vita è stata generosa con lui. A Tres Coracoes (Brasile), nello stato di Minas Gerais, il piccolo (e povero) Edson Arantes do Nascimiento seguì le orme del papà (Joao Ramos, giocatore del Baurù), fece il ciabattino e abbandonò la scuola dedicandosi al calcio. Lo vide De Brito, ex del San Paolo, e gli insegnò l’abc del pallone. A 14 anni era già un asso. Fece fiasco al primo provino importante, poi il Santos lo prese per una cifra equivalente a 12 degli attuali euro al mese. Esordì in prima squadra, compì mirabilie e a 18 anni divenne campione del mondo col Brasile in Svezia. Nel suo palmarès personale tre titoli mondiali (1958, 1962, 1970) e due Coppe Intercontinentali col Santos, 1012 gol (96 col Brasile), 1500 partite giocate (110 in Nazionale), e un contratto con l’Inter di Angelo Moratti che restò a lungo nella cassaforte del presidente nerazzurro nella vana attesa dell’apertura delle frontiere, per tesserarlo. Lo vedemmo giocare in amichevole diverse volte, nelle sue tournèe col Santos. La gente andava allo stadio solo per lui, l’asso che “non si poteva infortunare”. Per contratto quindi gli avversari dovevano trattarlo con i guanti bianchi. E così era perchè Pelè doveva solo far vedere qualche bella giocata. La gente tornava a casa contenta e buona notte.
Ma ai Mondiali no, ai Mondiali entravano tutti duro e ci ricordiamo che in Inghilterra, nel 1966, il Brasile fu eliminato perchè Pelè fu fatto fuori dai portoghesi, a Liverpool il 19 luglio. Era una partita decisiva e il direttore del nostro giornale decise di mandarci a seguirla, mentre a Middlesbrough l’Italia lo stesso giorno, venne battuta dalla Corea del Nord con il gol dell’odontotecnico Pak Doo Ik. Insomma, non ci accorgemmo nemmeno della storica sconfitta, che i nostri erano già a casa.
Il successivo 15 aprile 1975 a Milano avemmo la possibilità di stare un pò con Pelè, per un’intervista esclusiva: ci confidò di amare molto l’Italia, il cinema italiano e in particolare le attrici Sophia Loren, Claudia Cardinale e Virna Lisi. Aveva appena inciso un disco, stava girando un film in Messico, avrebbe dovuto parlare di affari con Gianni Agnelli.
Ci capitò una volta, negli USA, di parlare con un personaggio eminente dei Mondiali 1994, Steve Ross, che era chairman della Warner Communications -celebre in campo cinematografico-: ci disse che quando venne deciso di disputare i mondiali negli USA, con la conseguente copertura della futura Coppa del Mondo da parte delle tv americane, furono assunti registi che capivano il “soccer”, il calcio, sport semi sconosciuto negli USA. Sbellicandosi dalle risate, ci disse che non sarebbe mai più capitato di oscurare un gol di Pelè con i Cosmos per mandare in onda la pubblicità, come era successo in occasione del gol n.1000 di Pelè. E ricordò che le poste brasiliane avevano fatto una emissione speciale nel 1969: un francobollo per celebrare il gol n.1000 di Pelè, oscurato dalla tv americana.

FINALE DA FAVOLA, RIAVVOLGIAMO IL NASTRO MONDIALE

Ora che il Mondiale è finito, rivediamo le pagine più importanti dell’avventura nella finale del Qatar. Detto che i campioni dell’Argentina avevano cominciato male e hanno finito in bellezza, c’è da aggiungere che i personaggi maggiormente in positivo del campionato del mondo sono stati due, Messi e M’Bappè, ma anche se il francese ha segnato più dell’argentino (8 gol) e ha tirato meno rigori, la “Pulce” ha dominato ed è stata accostata addirittura a Maradona, che ha vinto un solo Mondiale, come lui. Attorno a Messi bisogna ricordare Alvarez, autore di quattro gol, Di Maria che ha contribuito notevolmente alla vittoria in finale e il portiere Martinez che ha salvato parecchie situazioni difficili e ha parato il rigore di Coman. Naturalmente tutti i componenti della formazione (anche Dybala che ha giocato poco) hanno dei meriti nell’affermazione dell’albiceleste. E un grande applauso va anche al tecnico Lionel Scaloni, di origini marchigiane, che ha vinto la Coppa America, prima del mondiale.
Fra i vinti francesi, la stella è stata Kylian M’Bappè che ha segnato otto gol, superando Pelè, e ha fallito per poco il bis mondiale come il milanista Giroud, autore di quattro gol. Deschamps avrebbe potuto uguagliare Vittorio Pozzo con due titoli consecutivi, ma non vi è riuscito. Altri personaggi di rilievo in questo Mondiale sono stati i giocatori croati, con Luka Modric in testa, che sono andati fino in fondo dopo il secondo posto di Mosca nel 2018. Anche il gruppo del Marocco di Walid Regragui ha fatto bene ed è andato oltre ogni aspettativa, portando per la prima volta l’Africa fra le primi quattro. Una splendida sorpresa. Le grandi delusioni sono stati il Brasile di Neymar che sembrava addirittura favorito; la Spagna che aveva cominciato con un 7-0 al Costa Rica che l’ha illusa, tanto da farsi buttar fuori dal Marocco ai rigori; male anche la Germania che, come gli spagnoli, aveva investito miliardi nei vivai, nelle scuole calcio, è si è vista defenestrata dal Giappone nei gironi. Anche il Portogallo ha fatto un tonfo, nonostante Ronaldo e forse proprio per la sua figura divisiva. Perdere 1-0 contro il Marocco nei quarti è stata una dèbacle sanguinosa, per i lusitani.
L’Olanda ha perso contro l’Argentina campione del Mondo, l’Inghilterra contro la Francia giunta seconda, cioè le più forti e ci può stare. Luci e ombre. Anche la Polonia di Lewandowsli e Zielinski ha fatto cilecca. Una discreta figura per l’Australia, gli Stati Uniti e la Corea del Sud. Insomma, al tirar delle somme si può dire che -a parte le emozioni della finale – non è stato un gran Mondiale. L’invocato gioco offensivo si è visto a tratti, forse si è giocato più a non prender gol, come la rivelazione Marocco. Si sono visti arbitri non all’altezza (vedi lo zambiano Sikazwe) che il designatore Collina ha dovuto mandare in campo per ragioni di geopolitica. La lieta sorpresa è arrivata dalla presenza della signora Stephanie Frappart, che ha diretto benissimo Costa Rica-Germania e poi è stata inghiottita dal nulla. Abbiamo visto stadi pieni, con qualche spettatore finto, regie tv internazionali che hanno nascosto qualche episodio di protesta, come quello di qualche raro invasore, e una foto ha rivelato che la formazione della Germania si è messa la mano davanti alla bocca per far capire che non si poteva dire nulla per non disturbare il manovratore. Ma ormai sembra palese che il calcio sia in vendita a chi ci mette i soldi.

MBAPPE’ EROICO MA IL RE DEL MONDO E’ MESSI

Finale indimenticabile. Ha vinto l’Argentina ai rigori, dopo emozioni che solo il calcio sa regalare. Tutti eroi. La vittoria dell’Argentina, unica squadra in campo per gran parte della gara, sembrava inevitabile e strameritata. Partita sbloccata, nel nome di Maradona, dal re del mondo Leo Messi e messa apparentemente al sicuro dal principe Di Maria, autore del raddoppio. La “Pulce”, con sette gol in questa edizione ma primatista di presenze ai Mondiali con 26 partite, è stato poi superato nello sprint finale per la classifica cannonieri da Mbappè (tripletta, totale otto reti), che ha riacciuffato una finale che sembrava persa. La Francia dell’imbufalito Deschamps, bersagliata dall’influenza alla vigilia, con un finale incredibile ha infatti cambiato le cose sul campo, cadendo poi ai rigori, dopo aver sfiorato il miracolo. Allo stadio Lusail di Doha si è così concluso con tante emozioni un mondiale che in generale sul piano tecnico e della moralità ha lanciato segnali non del tutto positivi. Gli idealisti si son resi conto che ormai quello del calcio è un mondo pronto a vendersi a chi vuol farne un veicolo di consensi. Ma con tante emozioni, il calcio giocato ha fatto dimenticare quello “politico” e affaristico.

Tornando alla finale e alle risultanze dell’appuntamento decisivo del calcio, sul campo si era visto il tramonto di qualche certezza che sembrava già acquisita e una Francia che sembrava caduta dal trono e poi era risorta, per pochi minuti. Certi dogmi sembrano sconfessati: partite come questa fanno dimenticare (quasi) tutto, compresi i tempi del “futbol bailado” dei brasiliani, da Pelè in poi; quelli del calcio totale all’olandese dell’era Cruyff, della Germania dei Beckenbauer, dell’Argentina del genio di Maradona, dei miracoli dell’Italia di Bearzot e Lippi, e quello più recente del tiqui-taka spagnolo: sembrano ormai tutti elementi da antiquariato. Abbiamo fatto, novelli Fleming, la grande scoperta (come la penicillina) che per vincere ci vogliono i campioni veri e il dominio incontrastato di Messi sembrava ineluttabile, finchè non s’è scatenato Mbappè. Sono stati gli eroi della partita, ma ha vinto il primo. L’Argentina aveva praticato del resto un calcio veloce e affidato alla tecnica dei propri primattori. La Francia è risorta nel finale, ma non ce l’ha fatta. Più che altro ha dominato “Eupalla”, cioè la fortuna, come diceva Brera, rifacendosi a una misteriosa divinità che ispira e indirizza le cose del calcio. I teorici del pallone, si sa, vedono sempre cose che i comuni mortali non colgono. Eupalla ha deciso, per esempio, che Dembelè facesse un ingenuo intervento da rigore su Di Maria in area, e che l’Albiceleste passasse in vantaggio, raddoppiando poi grazie allo stesso, decisivo Di Maria con un’azione in velocità.

E poi sarà intervenuta nella lotteria dei rigori che ha detto bene ai sudamericani, aiutando il portiere Martinez a essere decisivo. La Francia, che nel primo tempo non aveva fatto un tiro, ed era rimasta l’ombra di se stessa anche nella ripresa, poi aveva pareggiato in maniera inattesa grazie a Mbappè. Ha perso ai rigori, ma l’Argentina ha meritato e Messi potrà chiudere la carriera da campione del mondo. Così i circa cinquantamila argentini arrivati a Doha, sfidando disagi, prezzi proibitivi e i problemi economici di un Paese col cinque per cento di inflazione, se ne sono tornati in trionfo a casa cantando “Muchachos”, l’inno dell’Albiceleste. La vittoria farà dimenticare tutto. I francesi, con l’ombra di Benzema, il virus dell’influenza in casa e il presidente Macron in tribuna, hanno affrontato la quarta finale della loro storia, perdendola, il che acuirà le tensioni. Adesso probabilmente si scopriranno gli inconfessabili retroscena e i veleni di un Mondiale particolare, giocato in un posto con poche tradizioni calcistiche, in un periodo dell’anno che non è stato accettato da molti. Ma il calcio è una zecca che stampa banconote di grosso taglio, più o meno false, ma che tutti accettano in pagamento…sulla fiducia.

PRESTIGIO E 40 MLN DOLLARI, TANTO VALE TITOLO MONDIALE

Il prestigio mondiale e quaranta milioni di dollari: tanto vale il titolo di campione mondiale che Argentina e Francia si giocheranno domenica.. Si può dire che finora i risultati dei Mondiali abbiano rispecchiato il rendimento delle squadre e i valori in campo. Le finaliste Argentina e Francia hanno mostrato di aver meritato la finale. Hanno segnato più di tutti (12 gol l’Argentina nei tempi regolamentari e supplementari, 13 la Francia), le difese sono state all’altezza (5 gol subiti) e l’unica differenza è stata che i “bleus” non hanno mai perso e non sono andati neppure una volta ai supplementari mentre l’Argentina è stata sconfitta dall’Arabia Saudita all’esordio ed è andata all’overtime e ai rigori contro l’Olanda. Quindi i numeri parlano leggermente a favore della squadra di Deschamps. I giocatori simbolo delle due squadre, Messi e M’Bappe, sono compagni nel PSG e hanno segnato cinque gol ciascuno (la “Pulce” tre su rigore) e al secondo posto della classifica dei cannonieri con quattro reti ci sono Alvarez (Argentina) e Giroud (Francis). Quindi si può parlare di un equilibrio quasi assoluto che metterà sullo stesso piano le due finaliste che sono alla pari anche in fatto di titoli vinti, due ciascuno, ma non si sono mai affrontate in finale. Per la partita di domenica, Scaloni potrà disporre di Acuna e Montiel, che hanno saltato la semifinale per squalifica. Volendo fare un esame di quanto visto finora, bisogna dire che le due semifinaliste sconfitte, Croazia e Marocco, che disputeranno la finalina per il terzo posto, hanno fatto anch’esse un percorso simile. Hanno perso una sola partita: la Croazia contro l’Argentina, il Marocco contro la Francia in semifinale. Hanno già giocato nello stesso girone iniziale e hanno pareggiato 0-0. Ma mentre il Marocco ha raggiunto la semifinale grazie alla sua forte difesa, la Croazia è andata avanti due volte grazie ai rigori, contro il Giappone e il Brasile; il Marocco una volta contro la Spagna. Anche qui, un certo equilibrio, come si vede. Tornando alla finale fra Argentina e Francia, secondo tutti gli esperti, i sudamericani hanno il punto forte e l’epicentro del gioco in Leonel Messi: non è la scoperta dell’America che sulla “Pulce” converga il gioco dell’albiceleste e che se gira lui, gira la squadra che ha anche altre individualità di spicco come il goleador aggiunto Alvarez e i dinamici De Paul e Fernandez in mezzo al campo; anche Mc Allister si è distinto molto e Di Maria è stato finora mezzo servizio, mentre Dybala ha giocato pochi minuti. La Francia dà l’impressione di essere più squadra, anche perchè molti “blues” giocano insieme da parecchio tempo. A parte i citati goleador M’Bappe e Giroud, l’uomo che fa il lavoro più importante di raccordo fra i reparti è Griezmann, coadiuvato da Konatè, Fofana e Tchouameni. La finale, insomma, si presenta equilibrata. Deschsmps potrebbe eguagliare il record di Vittorio Pozzo, che conquistò due Mondiali di seguito, nel 1934 e 1938. Inoltre l’ex juventino è fra i pochi tecnici (gli altri sono il brasiliano Zagallo e il tedesco Beckenbauer) ad aver vinto i Mondiali da giocatore e da allenatore. Gli argentini hanno il calcio nel sangue. I francesi sono un Paese multietnico che può contare su atleti molto forti fisicamente. Si è giustamente parlato di crisi dei centravanti, a questo Mondiale: significa che qualcosa sta cambiando nel ruolo, forse che si sta tornando a un gioco più difensivo. La Francia non ha potuto schierare l’infortunato Benzema. Ma l’argentino Alvarez e il francese Giroud hanno fatto la loro parte e tanto basta, alla vigilia della finalissima di Doha. Tutti sono famosi, ma i vincitori saranno anche più ricchi.

FORZA E DEBOLEZZE DEI MONDIALI DALLE GRANDI SORPRESE

Il calcio ha “scoperto” il Marocco e il calcio africano, confermando a questi Mondiali la propria imprevedibilità. Sulla cresta dell’onda il tecnico Regragui, Ziyech, il viola Amrabat, l’ex interista Hakimi, il portiere Bounou. L’imprevedibilità è forza del calcio: i favoriti che vanno a casa (Brasile, Germania, Spagna) sono segno di vitalità di uno sport che ha molte sfaccettature, anche negative. Vedi gli incidenti scoppiati in alcune città che evocano un razzismo latente e generalizzato. Il calcio è anche un leviatano che ha bisogno di essere sempre alimentato da robuste dosi di danaro per tenersi in vita e prosperare, cedendo pure sul piano morale a chi può fornirgli occasioni di guadagno, anche a costo di medievali censure. E c’è stato pure uno scandalo a livello di politici europei, a rendere più cupo il panorama. Tutti avevamo magnificato la saggezza di potenze calcistiche mondiali come Germania e Spagna, che avevano speso miliardi per creare scuole calcio, centri sportivi per lavorare sui giovani: tedeschi e spagnoli, con la nostra invidia, credevano di poter raccogliere presto i frutti degli investimenti fatti. Hanno fallito, confermando che la razionalità spesso non si sposa con questo gioco. Il che ci dispensa dal fare qualsiasi pronostico. Ci eravamo entusiasmati per il “futbol bailado” del Brasile, gran favorito che è andato a casa, come altri (tiki-taka ecc.), per mano di una Croazia che dal punto di vista demografico è uno sputo (quattro milioni) in confronto al grande paese sudamericano (218 milioni) e ha diverse tradizioni pallonare. Al tirar delle somme, è rimasta in lizza per le semifinali l’Argentina, che aveva cominciato male e sta fruendo delle prodezze di Lionel Messi, suo simbolo: affronterà la Croazia (Modric, Livakovic, Perisic) che non godeva dei favori del pronostico: ci sarà un altro scontro fra Davide e Golia dagli esiti incerti. Certo, gli argentini non si son fatti molti amici, col loro comportamento, dopo aver sbeffeggiato gli sconfitti olandesi. Francia-Marocco rievocherà invece vecchie rivalità storiche fra un paese colonialista e uno colonizzato, ora capace di sfidare i suoi vecchi “padroni”. Un altro fattore preponderante in questo mondiale è stato il comportamento degli arbitri. Non sappiamo quanto sia rimasto contento il designatore Collina di certi fischietti, anche perchè ha dovuto fare i conti con la geopolitica, mandando in campo direttori di gara a volte non all’altezza. Molti sono stati già spediti a casa -come da prassi- ma i dubbi restano. I lunghi recuperi stanno annunciando che il tempo effettivo è alle porte, anche perchè l’uso del VAR a volte allunga a dismisura le partite. Forse la realtà più positiva è stata quella fornita dalla presenza femminile, nella persona della signora Stephanie Frappart, apprezzata per la sua sobria direzione della partita Germania-Costarica, delicatissima contesa che ha decretato l’eliminazione dei tedeschi. Chissà che la finale non tocchi a Orsato. Quanto alla tv, le riprese della regia internazionale sono state spesso contrassegnate da ridicole censure perchè le cose non viste sono state messe maggiormente in rilievo dalla stampa proprio dal fatto di essere state oscurate, come la Germania imbavagliata che ha fatto il giro del mondo attraverso una foto. L’impressione, più in generale, è che chi non è stato chiamato alla tavola imbandita ed è rimasto a digiuno, adesso rosica.

AL VIA MONDIALE IN QATAR DA MILLE E UNA NOTTE

Un mondo, anzi un Mondiale, da favola, da mille e una notte. Con una birra in mano (non quella che sponsorizza il calcio, che ha pagato 75 milioni di dollari per essere scacciata dagli stadi) e cantando festosamente “Hayya Hayya” (“Insieme è meglio”), l’inno del Mondiale, abbiamo assistito alla cerimonia inaugurale. Nella grande tenda beduina-stadio Al Bayt, costruita da una ditta di Pordenone, abbiamo visto una cerimonia in cui si è celebrata una cultura che conosciamo poco: si son visti cammelli, ballerini, guardie reali e si è capito il fascino del deserto. Le coreografie hanno illustrato un mondo diverso dal nostro. L’Oscar del cinema Morgan Freeman, dopo aver dialogato con un giovane qatariota affetto da una malattia che gli ha impedito la crescita degli arti inferiori, ha introdotto la cerimonia e ha detto che “Quel che ci unisce è più di quel che ci divide”. Abbiamo visto le mascotte del passato e quella del presente, “Làeeb”, una specie di fantasmino vestito da arabo. L’emiro Tamim bin Hamad Al Thani, dopo essere apparso in un vecchio film da giocatore (quando era bambino) nel deserto, si è espresso con enfasi nell’augurare il benvenuto a tutti e ha detto che “è stato fatto un grande sforzo per il bene dell’umanità”.
Frase che verrà commentata variamente, dopo quello che è successo per la costruzione degli stadi. In realtà, l’emiro spera di poter organizzare pure le Olimpiadi. E il Mondiale sarà un biglietto di presentazione. Un Mondiale da 300 milioni di dollari e 15.000 telecamere che ci hanno fatto vedere i bellissimi stadi “usa e getta”, dove non manca l’aria condizionata. E già, perchè tutto, in questo caso, è condizionato. C’erano anche i calciatori, da qualche parte. Ma non il “Pallone d’oro” Benzema, infortunato dell’ultim’ora. Le attenzioni erano tutte concentrate sul citato emiro Al Thani e la sua corte, sul presidente della FIFA Infantino che con grande abilità hanno portato alle casse pallonare sette miliardi di dollari. La volta scorsa erano stati più di cinque, i miliardi. Ci sforzeremo di non far capire quanto siamo invidiosi. Quattro anni fa, a Mosca, si era presentato anche il caro Vladimir Putin in persona, a salutare tutti e portare una parola di pace. Si è visto com’è finita. Che succederà stavolta ? Il Qatar ci venderà il gas ? Qualcuno ha detto che in futuro sarà il nostro termosifone. Certo, queste cerimonie sono indimenticabili e sono organizzate da noi italiani, esperti coordinatori come il gran cerimoniere Marco Balich.
Tutto denota la nostra presenza, meno il calcio, se si eccettua qualche dirigente e Daniele Orsato, l’arbitro della partita inaugurale. E gli sbandieratori di Faenza. Mentre Mancini si macerava davanti alla tv per l’occasione perduta, a Doha la nostra impronta si è vista. Mancava solo la squadra azzurra, ma ci sarà chi sbandiererà qualcosa. Ci hanno pensato qatarioti e ecuadoriani, a inaugurare la festa del pallone senza di noi. In seguito vedremo iraniani e sauditi, ghanesi e australiani. Chissà cosa succederà in USA, Canada e Messico dove si giocherà (forse) fra quattro anni se sopravviveremo a guerre e pandemie. Per ora l’occhio compiacente della Tv ci ha mostrato un mondo di ricchezze, dove tutto è perfetto. Se qualcuno si aspettava proteste, manifestazioni di intolleranza, è rimasto deluso. I tifosi (veri o a pagamento, secondo alcuni) sono arrivati felici da tutto il mondo “a miracol vedere”. Ah, vero, c’era pure il calcio giocato, imbarazzante ospite del Barnum qatariota. A parte il dollaro, vincitore indiscusso del Mondiale, il titolo andrà a qualcuno fra Francia, Brasile, Argentina, Germania, Spagna e Portogallo. Ma non vogliamo far torto a nessuno. Qatar e Ecuador hanno cominciato a mulinare le gambe. Intanto un bel cin cin al Mondiale con birra analcolica: senza alcol è permesso.

IL NAPOLI HA FATTO IL VUOTO, LAZIO SECONDA CON IL MILAN

Se il campionato finisse oggi, il Napoli vincerebbe lo scudetto con otto punti sul Milan e sulla Lazio, ma non si tratta di record perchè nell’era dei tre punti il primato è dell’Inter che nella stagione 2006-07 conquistò il titolo con 22 lunghezze sulla Roma, seconda. In quella stagione la Juve era in B e in nerazzurro c’erano Julio Cesar, Maicon, Zanetti, Stankovic, Adriano, Cambiasso, Crespo, Figo, Ibrahimovic, Recoba e Stankovic. L’allenatore era Roberto Mancini. Il Napoli (38 punti) ha fatto meglio di Barcellona e Bayern, per dirne una. Ai tempi dei due punti, il “grande Torino” vinse nel 1948 con 16 lunghezze di distacco sul Milan. La squadra di Spalletti ha segnato 34 gol (otto Osimhen), quella di Mancini ne fece 80 in totale. Ma siamo solo alla 14.ma giornata e la media dei partenopei è di 2,4 a partita: alla fine potrebbe superare i 91 gol, se continuerà di questo passo. Ricordiamo che il Torino nel 1948 (21 squadre) segnò 125 gol. Ora la sosta porterà…consiglio e vedremo se dopo i Mondiali ci saranno novità e sarà lo stesso campionato.
L’imbattuto Napoli (dieci successi di fila, 12 in tutto) contro l’Empoli ha stentato nel primo tempo, poi un “rigorino” gli ha permesso di sbloccare e vincere la partita. Ora dovrà affrontare l’Udinese che ha pareggiato a La Spezia e che non vince da sei giornate. I liguri rischiano di farsi inghiottire dal fondo classifica. Il Milan non è riuscito a passare a Cremona per le grandi parate di Carnesecchi, ma anche per gli errori dei suoi attaccanti: hanno pesato le assenze di Giroud e Hernandez. Leao è entrato, ma senza far miracoli. Nell’ultimo turno pre-Mondiali i rossoneri ospiteranno la Fiorentina. In questo melodrammatico campionato, mentre si sono sgonfiate Atalanta e Roma, si son ben posizionati in attesa del secondo tempo del film, in gennaio, Lazio, Juve e Inter. La squadra di Sarri, che ora è attesa sul campo della Juve, ha acciuffato il Milan al secondo posto battendo a stento il Monza (Petagna gol di tacco annullato) con il primo gol del baby Romero. Ma i brianzoli hanno giocato bene. Nel finale è entrato Immobile. La rimaneggiata Juventus (imbattuta da cinque partite) ha subito a lungo il Verona nella turbolenta partita del Bengodi, con un rigore dato e poi negato ai gialloblu, dopo la visione allo schermo.
Un gol di Kean ha portato i bianconeri in zona Champions. Espulso Alex Sandro. Verona sempre più ultimo.
L’Inter è una squadra esagerata che passa con disinvoltura dalle stalle alle stelle: dopo il ko di Torino, ha stritolato il Bologna (abbonato agli 1-6 a San Siro), ma l’aspetta a Bergamo un’Atalanta arrabbiata per la seconda sconfitta consecutiva a Lecce. Dimarco (doppietta) è la rivelazione interista dell’anno: un terzino che fa gol è un tesoro. Gasp ha parlato di squadra ingenua a proposito dei suoi. Per i salentini prestazioni e punti importanti. La Roma vive momenti difficili. Mourinho ha accusato i tradimenti di qualche giocatore (Karsdorp chiederà spiegazioni) mentre i risultati vanno e vengono, Abraham ha ricominciato a segnare, ma c’è anche chi accusa il tecnico, quando la squadra va male, esaltandolo se vince. La partita col Torino potrebbe far scattare qualcosa in casa giallorossa. ll Sassuolo ha (quasi) dimenticato le recenti difficoltà, recuperando Berardi. I granata di Juric hanno spinto verso il basso la Samp. Stankovic espulso. Il Toro è sempre nel secondo gruppo, come la Fiorentina (Jovic decisivo) che ha vinto la terza di fila, ma è ancora lontana dalle Coppe. La Salernitana, dopo qualche buon risultato, ha ricominciato a zoppicare. In coda, nell’anticipo, la Cremonese a Empoli a caccia del primo successo stagionale.
(ITALPRESS)