Milano canta “Parlami d’amore, Girù”. Il suo gol è musica. Il Milan che si era portato ai vertici della classifica cauto e misurato, con un Pioli attento a non liberare totalmente le potenzialità offensive per non patire dolorosi contropiede, ha accettato la sfida di un Napoli tempestoso e lo ha domato con una prova a mio avviso sorprendente, rivelatrice di un calcolo strategico. Ne ho viste tante, di esibizioni rossonere al San Paolo, in particolare nelle stagioni in cui Napoli e Milan si giocavano gli scudetti: questa, realizzata al “Maradona”, è forse la più bella. E porta un dettaglio particolare, una dedica al gruppo con l’ingresso all’89’ di Ibra 40 per Leao 22. Napoli-Milan ha risposto a chi dice “povero campionato” avendo visto chissacosa chissadove. Allo stadio Maradona – anche in suo onore, dopo la chiamata benedicente – ecco una grande partita, da scuola, almeno per chi ama il calcio vero – senza deviazioni perbeniste o intellettuali – il calcio realista cui l’Italia ha dato una dimensione planetaria. La lucidità tecnica, l’impegno agonistico, il ritmo da gran finale hanno nobilitato lo spettacolo, quello vero, non qualunquista, interpretato dai protagonisti veri, i calciatori, più che dagli strateghi. Spalletti e Pioli hanno preparato bene i “ragazzi”, il milanista ha saputo manovrarli meglio nella ripresa, con le sostituzioni. Ma tutti hanno risposto da campioni, tutti meritevoli di sognare il tricolore. Segnalo – fra i vincitori, pur rispettando la coralità di entrambi gli schieramenti – l’inarrestabile Hernandez, uomo chiave della manovra rossonera; Leao, propositore di affondi mirabili con la complicità dell'”assistente” Maignan, capace di ripetute esibizioni di abilità nel sottrarsi alle marcature azzurre che meritavano il premio del gol; e ovviamente Giroud, il ricco di classe esecutore al 49′ di un gol a freddo, epperciò feroce, suggerito con destrezza da Calabria. Bello anche il Napoli, la sconfitta lo ferisce ingiustamente, nel primo tempo è stato alla pari del Milan e quello zeroazero faceva pensare alla partita perfetta predicata da Annibale Frossi. A titolo personale – ormai è un predicozzo inutile – avrei utilizzato meglio Ciro Mertens. La scuola Italiana mostra nello stesso giorno la sua magia, l’altra faccia della vittoria, con l’apparentemente modesta esibizione della Juventus – quattordicesimo risultato utile consecutivo contro lo Spezia – che la porta al quarto posto, in quella Zona Champions che doveva essere il traguardo stagionale dopo un inizio infelice e “scandaloso” imposto ai bianconeri dalle sturmtruppen dell’Empoli e del Sassuolo, dalla Dea e dai sorprendenti veronesi, ora pronti a ripresentarsi come i peggiori nemici del Napoli. Come sostengo da tempo, Allegri non si accontenterà del minimo disponibile per salvare la stagione, nonostante lo sostenga con finta decisione, e l’acquisto di Vlahovic mi è venuto in soccorso: scudetto e Champions sono ancora aggredibili e sarà difficile tenere a bada tifosi e dirigenti che già assaporano il sollazzo. Alla realistica, praticissima esposizione del gioco juventino, privo anche della luce di Dybala, non saranno indirizzati gli applausi e gli oooh di stupore toccati a Milan e Napoli ma la sostanza non cambia: vincere è l’unica cosa che conta.
P.S. Non ho visto la Var. Che goduria!
IL MILAN CANTA “PARLAMI D’AMORE, GIRU'”
GLI AGGUATI DEL NAPOLI E LA SIGNORA JUVE, IL THRILLER E’ APPENA INIZIATO
Questa settimana lo scudetto può vincerlo il Napoli, ma penso che Spalletti e i suoi abbiano giocato la partita chiave del campionato, quella che apre la porta alla vittoria finale. Lo dico perchè ho finalmente visto una bella partita, giocata anche sui nervi, ma soprattutto a farsi degli agguati. E Spalletti è stato premiato dalla continuità dei suoi ragazzi, che non si sono arresi neanche dopo il gol killer di Pedro. Segnalo ai suoi persecutori di sempre, noti Tafazzi del Golfo, che Insigne è cuore napoletano. Vi mancherà. Meritava quella doppietta, ma la Var…
Parliamone. Quelli che “la Var garantirà la giustizia sul campo” stanno accusando importanti diserzioni. Oddio, ci hanno già provato un pò tutti, scusandosi col dir che gli era scappato il nervoso, e aggiungevano “ma bisogna conservarla”, timorosi di essere castigati dagli arbitri. La Var – lo dico da sempre – è un prodotto del politicamente corretto, dell’ipocrisia istituzionale; è invisa al popolo e – ne sono certo – agli stessi arbitri, continuamente esposti al ridicolo, imbarazzati e imbarazzanti, monopallici.
Tutto questo dico da anni e all’improvviso mi danno ragione in pochi giorni e in magica sequenza – per questo ne parlo – Spalletti, Sarri, Gasperini, Pioli e Inzaghi. Il meglio del calcio. Ci sarebbe anche Mourinho ma lo Specialone, si sa, fa gara a parte; prende il telefonino, fa due mosse, tira in ballo la Juve (che ci sta sempre quando si parla di arbitri), prende due turni di squalifica che sono come le sanzioni a Putin eppoi deve pure ringraziarla, la Var, che gli permette di battere lo Spezia. Tutto succede in un momento delicato, quasi a denunciare l’irregolarità del torneo. Finiamolo, questo campionato, caro Trentalange, poi facciamo il punto. Tutti. Calciatori, dirigenti, tecnici, giornalisti. E arbitri, naturalmente.
E’ stata anche la settimana dei piccoli che hanno fatto piangere i grandi (vedi sopra). L’Udinese che ferma il Milan, il Genoa che congela l’Inter, l’imbizzarrito Cagliari che doma il Toro e lo batte restituendoci la grinta del Mazzarri di Maremma che s’era addormentato non sugli allori ma sui dolori. Se c’è stata una partita bella davvero questa è Empoli-Juventus, Allegri contro Andreazzoli non a chiacchiere ma a suon di gol/sberleffi, maledetti toscani, ricordando l’umiliazione che la Signora aveva patito all’andata. La Signora Juventus.
E’ vero, lo so che il giornale il mattino dopo serve a incartare il pesce, eppure io son sicuro che qualcuno si ricorda cosa vado dicendo da settimane della Juve. E lo dicevo prima che conquistasse Vlahovic: per me Allegri ha sempre pensato di riprendersi e i rinforzi glieli hanno presi per vincere subito qualcosa. Uno scudetto? Dipende dalle milanesi ciapanò. Poi i conti col Napoli. Max si è fatto un baffo di Benitez, di Sarri, di Ancelotti e Gattuso, con Spalletti può essere più dura. E vincere subito una Champions? Il thriller è appena cominciato.
Italo Cucci ([email protected])
(ITALPRESS).
AZZURRO SASSUOLO E L’AUTOSTRADA BLOCCATA, PROVINCIALI PERICOLOSE
Sono contento per il Sassuolo, sono un vecchio provincialotto, mi piace sempre quando Davide frega Golìa. E quest’anno è stata una goduria: ha battuto la Juve, il Milan e ora l’Inter. Alla grande. Senza fregare, come si dice delle vittorie “sporche”. Pulitissime invece. Ma sono contentissimo per Mancini. Ricordate quando la sua trionfante Italia veniva definita in leggerezza “la Nazionale del Sassuolo”? Arieccoli Raspadori, Berardi e Scamacca, dove li mettiamo? In prima fila, gran gioco, grandi gol. Azzurri da Mondiale. E Mancio lo sa già. Non ci faccia perdere il Qatar.
Il Sassuolo non conquisterà l’Europa (del…mondo ho già detto, se arriveremo a Doha), ma sicuramente si fa arbitro del campionato proprio quando le tre signore si perdono nella fase più delicata della corsa allo scudetto. Dico della Juve per onor di firma, ma il pareggio del Milan con la Salernitana (forza Nicola!) aveva subito fatto dire che si apriva un’autostrada per l’Inter: ahi ahi, traffico diabolico, nonostante il ritorno di Barella – ormai definito uomo squadra – Inzaghi ha avuto grossi problemi di guida. Nebbia.
A partire da Dzeko, confinato con una svista in panchina, mentre Lautaro e Sanchez erano in “cotta”; quando Edin è entrato ha trovato una squadra disfatta. Ha provato a segnare, ha fatto assist pennellati. Inutilmente. L’uno/due Raspadori-Scamacca ha mandato in panico i nerazzurri, tutti, colpevoli di errori tecnici banali, di movimenti sconclusionati, di personalismi dannosi; mentre raramente ho visto giocare un calcio così veloce, pratico, eppur semplicissimo, come ha fatto il Sassuolo: tutto di prima, scambi a misura, avanzate da orchestra affiatata, conclusioni con assist felici e colpi personali non andati a segno per sfortuna, quando la difesa dell’Inter era ridotta a tenere un libero alle spalle di Handanovic o a chiedere a Skriniar e Dimarco botte e pedate all’antica (e non m’offendo, il calcio è anche battaglia senza complimenti). Grazie ancora al Sassuolo per aver messo pepe..nella grande sfida tricolore che a questo punto vede favorito il Napoli. Sempre che Spalletti non voglia cercare guai con il Cagliari di Mazzarri. Anche lui – come Allegri, Pioli e Inzaghi – sa come sono pericolose le Provinciali.
Italo Cucci ([email protected])
(ITALPRESS).
IL PLACIDO PIOLI, LE DRITTE DEL CAVALIERE, LA JUVE E LA VOCE DEL PADRONE
Il Napoli che non sa mantenere il vantaggio dopo avere dato prova che l’Inter si può domare e la Signora che deve ricorrere ai miracoli per contenere la strapotenza fisica dell’Atalanta, rivelano la qualità del lavoro del placido Pioli, il tecnico spesso snobbato dai super critici che adoravano Giampaolo. Sul fronte rossonero si è presentato anche un grande amico, il Cavaliere. Ho sempre rispettato la competenza di Berlusconi, non per le imprese di presidente/allenatore dell’Edilnord, testimoniate anche da Vittorio Zucconi, non per la carriera milanista che lo ha reso “il presidente più vincente del mondo” (io però ho conosciuto anche Santiago Bernabeu). Competenza vera. Da sabato il rispetto è diventato ammirazione perchè ho anche trovato un sodale tecnico eccellente: a Monza, mentre il suo nuovo amore (calcistico) demoliva la Spal, ha fatto lezione spiegando il suo fastidio per il gioco “dal basso”, perdita di tempo e di qualità; quel che vado dicendo dai tempi in cui il fastidioso gioco veniva praticato anche dalla Juve di Buffon.
Il Milan caro a Silvio ha esibito il disegno berlusconiano, realizzando con Leao, dopo solo otto minuti, il gol ideale che gli ha dato il primo posto in classifica: lancio perfetto di 60 metri di Maignan, Leao da sinistra brucia Bereszynki e batte Falcone con un tocco magico. Amen. Il calcio non è prodotto di alchimie tattiche e ne ha fatto per l’ennesima volta le spese l’allenatore più raccomandato del mondo, Marco Giampaolo, seduto sulla panca della Sampdoria, pronto a incassare una sconfitta inflittagli proprio dal suo sostituto dopo la breve esperienza alla guida del Milan (da luglio a ottobre del 2019, dopo lo storico incontro con i suoi padrini, Sacchi e Sarri; poi Stefano Pioli). Milan primo, dicevo, anche se l’Inter deve recuperare una partita (con il Bologna, e temo di sapere come finirà). Sento dire che il Milan potrebbe trarre vantaggio dall’impegno europeo dei nerazzurri, che l’Inter, tutta tesa a conquistare il secondo scudetto consecutivo dopo anni di magra, potrebbe snobbare la Champions che fra poche ore le presenta a San Siro lo spaventevole Liverpool. Non credo che Inzaghi sia come Sarri che a Napoli per “curare” lo scudetto perse anche le partite a briscola e a tressette. La Beneamata ha un blasone a prova di sportività.
Resta da capire che parte reciterà la Juventus sul doppio fronte italiano e europeo. Non credo che la notevole distanza da Milan, Inter e Napoli possa suggerirle una condotta troppo audace per realizzare il sogno del decimo scudetto di Andrea Agnelli; mentre arrischio l’ipotesi che dopo il derby col Toro, quando il 22 affronterà in Spagna il Villarreal, rivelerà le sue vere intenzioni: conquistare subito la Champions per la quale si è dotata – spendendo il super prezzo della speranza – di Vlahovic e Zakaria. Questo ha chiesto a Allegri e Arrivabene – per salvare stagione e faccia – John Elkann. La Voce del Padrone.
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(ITALPRESS).
IL FASCINO SLAVO DI VLAHOVIC E LA NOTTE DA…BRIVIDI DI GIROUD
Far tardi per assistere al trionfo sanremese di Mahmood e Blanco sarà da molti juventini paragonato alla lunga attesa per celebrare la gloria di Vlahovic e Zakaria, infine salutata soprattutto per merito di chi già c’era, in quella squadra: Paulo Dybala. Ma si sa, visto che vincere è l’unica cosa che conta (mi associo) nella festa dell’Allianz Arena può capitare anche dì credere che la Juve abbia giocato bene. Ma non ditelo a me. Se succederà, le imprese di Vlahovic le ammireremo in Champions perchè è per quella che Elkann ha autorizzato la spesa, e non per ottenere quel quarto posto che la concede, ma per vincerla subito. Per ora, la situazione tecnica e tattica nuova non è leggibile, siamo nella fase speculativa dove si vince perchè si può aver tutto. A Roma dicono “Articolo Quinto chi ha i soldi ha vinto”. Allegri realizza il paradosso: vince giocando male come sempre, ma gli estetisti resteranno travolti dal fascino slavo di Dusan Vlahovic e diranno che finalmente la Juve gioca bene. Si realizza ancora una volta la legge di Mourinho, ritenuto bravissimo perchè si fa comprare i migliori (anche Quaresma, talvolta), mentre i nostri grandi allenatori non hanno mai amato condividere i propri successi con un campione.
I nomi? Vi dico solo che i Baggio non sono mai stati troppo amati. Così come Allegri non ha mai amato Dybala. Ma la squadra l’ha fatta il padrone…
Per tornare a Sanremo, un solo campione mi ha fatto vivere una notte da…Brividi: l’altra sera nel derby Olivier Giroud, giocate e gol di una volta. La sua partita, i suoi gol mi hanno riportato al calcio d’antan, nelle arene dove contemporaneamente si dava spettacolo e si faceva scuola. Fortuna ha voluto che un arbitraggio decoroso abbia impedito alla Var di cancellare il bellissimo primo gol di Olivier realizzato dopo uno scontro forse falloso. Mentre a Roma un arbitro chiamato Abisso consentiva al Var di annullare un gol bellissimo (e vincente) di Zaniolo. Ci avevano garantito più giustizia. Guardate come siamo ridotti…
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LA JUVENTUS STA TORNANDO E NON SOLO PER LA CHAMPIONS
Un titolo lo offre questa partita che tanti archivieranno come deludente. Per me avverte il popolo del calcio che la Juventus sta tornando. Direte: per un posto in Champions. Dico: non solo, aspettiamo la primavera, come succedeva col Trap. Ho visto l’ultima Juve e mi è venuto in mente un altro illustre panchinaro, Arrigo Sacchi. Non perchè volessi immaginarmi un suo parere, semplicemente perchè la Signora ha esibito una grande “Umiltè”, virtù che non le conoscevo; a memoria dovrei tornare a qualche impresa trapattoniana (Furino, Benetti, Cuccureddu, Boninsegna a mettere peso e sostanza dove Bettega metteva eleganza). Il Trap doveva riportare la squadra fra le grandi, proprio come oggi Allegri soprattutto per il ritardo provocato dal folle ripudio di CR7.
Farà fatica, questa Juve, ma il nuovo atteggiamento è giusto e lo dimostra il ritorno energico del Bentancur già smarrito, l’applicazione spasmodica di Cuadrado, il migliore dei bianconeri, l’entusiasmo di Locatelli, l’abnegazione senza lamenti del Chiello, la diligenza di De Sciglio. E per finire – alla Sacchi – l’Umiltè di Dybala, bandiera di una Juve che affida la sua voglia di rinascita non all’artista ma al competente. Fa soffrire, vederlo affrontare l’uno-contro-uno quasi sempre a rischio figuraccia; impegnato in un ruolo operaio contro natura eppure rispondente al contratto da divo; e trovarlo a ridosso dei difensori che quando riescono a togliere il pallone all’avversario chiedono a Paulo di nasconderlo un attimo, non come sapeva fare Zidane e tuttavia con l’innegabile carisma del campione che sa far magie. Perchè spesso, quando la sfera finisce su altri piedi diventa un pericolo: passaggi sbagliati mettono in moto un Milan in costante agitazione, un Milan che non sa capacitarsi della modestia infusa nella Juve dal solitamente ambizioso Allegri. Vero è che è cambiato anche lui, Max, non sembra proprio Mister Cinque Scudetti, anzi, lotta per un posto in Champions come se fosse l’Atalanta, oggi la concorrente più fastidiosa. Di fatto, potrei dire che non ho visto uno zeroazero bello e emozionante come Atalanta-Inter ma una brutta partita, se non altro perchè le era stato affidato il clou di un turno ricco, importante, già qualificato da un’Inter irresistibile e da un Napoli festoso. A queste ultime parole aggiungo una lacrima dedicata al mio amico Gianni Di Marzio. E stato bello vivere una quarantennale storia di calcio volendosi bene anche quando facevamo teatro da rivali.
LA DEA DEL GASPERSON E LA SERENITA’ DI…INZHANG, BEL CALCIO A BERGAMO
Dopo l’impresa del sabato di Dybala, una partita nobilitata da uno sguardo, retorica e gossip a piene mani, finalmente grande calcio. Atalanta-Inter, che partita! Un antico emozionante zeroazero pieno di gioco, come si diceva una volta. Il match di Bergamo era stato presentato come un test scudetto. Per due. Legittime infatti – come si è visto – le aspirazioni della Dea, l’avversaria stagionale più brillante e coraggiosa della ambiziosa Beneamata. Confermatasi leader anche se ora il Milan ha l’occasione di scavalcarla affrontando lo Spezia.
Le due nerazzurre non si amano, son sempre vissute, fino a poco tempo fa, in due mondi diversi per importanza tecnica, ma giocano volentieri insieme. Il loro derby – con l’ultimo di iersera – è andato in scena in 135 occasioni, 72 volte ha vinto l’Inter, 27 volte ha vinto l’Atalanta, 36 sono stati i pareggi; 235 i gol fatti dagli interisti, 124 quelli fatti dai bergamaschi. ATALINTER, dunque, grazie alla crescita prodigiosa dei bergamaschi, è diventato un classico. L’autore prestigioso delle imprese miracolose della Dea, Gasperini, è stato ripudiato nel 2012 – con dolore – dal Moratti che cercava disperatamente un Mourinho 2 e si era già giocato Benitez e Leonardo.
Più disperati di lui, i critici meneghini trattarono Gasperini come “Gasp”, ignorando la lingua universale del fumetto che a quelle quattro lettere attribuisce un significato indiscutibile: è un singhiozzo. A Bergamo Gasperini è tornato Gasperson, un maestro, un grande allevatore di talenti appetiti da ogni grande club. Come Bastoni, il “muro” dell’Inter e della Nazionale.
Lo spettacolo l’ha fatto più l’Atalanta dell’Inter e Simone Inzaghi si è permesso di lasciarle spesso l’iniziativa forte di una difesa impavida prima di tentare nella fase finale l’assalto a un ottimo Musso. Bastoni – già detto – Skriniar, D’Ambrosio e Darmian (poi Dumfries) hanno ricevuto il costante aiuto di Barella, Perisic e Brozovic, sembrava di vedere all’opera la leggendaria difesa dell’Inter del Mago. E Handanovic? Qualche pirla lo contesta, io lo seguo incantato fin dai lontani giorni del Rimini, rare le sue pause nei lunghi anni nerazzurri, ieri sera tre parate che hanno consentito all’Inter di far diventare utile uno zeroazero: al 49° miracolo su Pessina, all’80° su Muriel, all’86° su Pasalic. E ha anche ‘direttò la squadra nei momenti più difficili.
Non ho visto cedimenti fisici da parte dell’Inter nonostante il dispendioso impegno in Supercoppa che ha confortato lo splendido lavoro di Simone Inzaghi. L’ho visto, mentre alzava la Coppa, scambiare sorrisi e strette di mano con il giovane Zhang, il presidente impegnato a riprendere il cammino vittorioso dopo gli ostacoli…bancari. Marotta ha fatto un bel lavoro. Dopo le furie di Conte, la serenità di…Inzhang. ([email protected])
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PER QUALITA’ DEL GIOCO QUESTO MILAN MERITA LO SCUDETTO
La mia domenica è finita con Roma-Juventus che mi gioco subito per favorire chi ama il calcio spettacolo e i qualunquisti anche se il match dell’Olimpico non ha riproposto le gesta dell’Ajax di Crujiff o del Liverpool di Keegan ma le sequenze crudeli e buffe di un western all’italiana. Con Max Allegri e Josè Mourinho opposti alla maniera di Clint Eastwood e Lee Van Cleef. Controfigure, naturalmente. Gli errori tecnici, le fregnacce tattiche, gli sbandamenti iperbolici arricchiti dagli interventi della Var hanno garantito un divertimento grossolano sotto gli occhi di un Totti sbalordito. Protagonista serio e efficace, Szczesny pararigori. E tuttavia non escludo che vi sia chi parlerà di resurrezione della Juve. Di un miracolo. Non di Allegri ma di Mourinho, il catenacciaro in pensione. Naturalmente insoddisfatto dell’arbitro. Come noi di lui.
Ci sarà tempo per parlare di scudetto. Se il titolo valesse la qualità del gioco avrei già trovato la squadra cui assegnarlo: il Milan. Non vedevo giocare così bene dalle prime sortite di Spalletti con un Napoli rigenerato e ambizioso, fin troppo bello, tant’è ch’è durato fino a quando le pippe dialettiche e un funesto “arrivi e partenze” non l’hanno ridimensionato. Assecondando i sapientoni che ormai hanno perduto il senso tecnico del calcio per esaltarne la quota psicologica. Succedeva anche ai tempi di Gino Palumbo quando, al vertice della scuola napoletana, raccontava la Squadra del Comandante Lauro – lui sì leggenda, lui sì capace di misurarsi con gli Agnelli – come una favola all’eterna e inutile ricerca di un lieto fine. Ovvero il titolo della bellezza, non quello della concretezza. Il Napoli è come quelle compagnie teatrali ricche di talenti geniali che ogni sera reinterpretano il copione e recitano a soggetto, ch’è anche bello, ai fini dello spettacolo, ma inutile se vuoi vincere un titolo.
Il “titulo 22”, se contasse davvero la lezione di calcio offerta dal Milan contro il Venezia, sarebbe giusto lo vincessero Stefano Pioli e il suo complesso che attraversano il campionato come fossero in tournèe. A Venezia hanno goduto anche una clamorosa visita dei Pink Floyd e non cerco un simile blasfemo confronto; dico di un calcio ordinato, pulito, con un minimo di errori tecnici, con giocatori istruiti a dovere per non strafare, uniche licenze d’evasione per l’ottimo Theo e l’ovvio miracoloso Ibra.
Ecco, questa è la prevalenza del calcio in una giornata di feroce pandemia che suggerisce ai soliti disfattisti chiusure di stadi e altre sentenze contro l’unico mondo – quello del calcio – che si offre consolatore degli afflitti.
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