Anche se l’Inter ha già superato le Colonne d’Ercole è giusto rispettare la prudenza di Antonio Conte che prima di esplodere nell’urlo vittorioso vuole la certezza dei numeri. Ma anche il faticato successo con la folgore di Darmian sul Cagliari, dice quanto sia cambiata la Beneamata sprecona, confusa e velleitaria da quando ha trovato il modulo “italiano” nitido e verticale che tanto dispiace agli estetisti: il 3-5-2 è gran lavoro, aggressione continua, tranello pronto…E sento stridor di denti ogniqualvolta risuona nell’etere o appare in pagina la parola CONTROPIEDE, ma in realtà l’antico…vizio italico sta contagiando un pò tutti. Leggevo, nei giorni scorsi, le giuste celebrazioni del prepotente risalire della Ternana attraverso la fiera affermazione in C e m’incoraggiavano nella mia battaglia (contro gli incompetenti) le parole di Cristiano Lucarelli, uno che avendo fatto l’editore accetterei volentieri come opinionista: i primi anni da allenatore – ha detto in parole povere – gli piaceva ispirarsi a Guardiola, ma dopo sconfitte e esoneri ha scelto di giocare anche per vincere… E ha vinto.
Il che mi ha fatto ricordare un amico perduto, Corrado Viciani, con la sua Ternana in massima serie e il suo Gioco Corto che anticipavano di secoli il Barça di Guardiola, in teoria non in pratica perchè “le Fere” avevano sì Orlando Rozzoni e Franco Liguori ma non Xavi e Messi.
Alle Belle Giornate di Milano (calcistiche ovviamente), si associa il Milan di Pioli che ha tuttavia ben altra vocazione e preferisce farsi bello lontano da San Siro, in stadi “nemici” dove ha raccolto quaranta punti, record europeo. Pioli non è in testa alla lista dei “giochisti” che gli avrebbero preferito un “chimico” tedesco; proprio come il Gattuso che molti napoletani sciccosi vorrebbero sostituire con qualche imbonitore sofisticato perchè è vero, confessiamolo, “Ringhio” è troppo…popolare, da scetavajasse, putipù e triccheballacche, strumenti indigeribili per gli adoratori dei Righeira, fermi a Sarri e Benitez; proprio come il Fonseca maschera d’amarezza da fado, pura concretezza per una Roma che ritrova lampi di gioco e di felicità.
Peccato sia in ritardo per la sfida tricolore – lo dico per lo spettacolo, non per altro – la Juve che tutto s’aspettava, all’inizio del torneo, fuorchè il protagonismo negativo per scelte sbagliate. D’altra parte, a chi preferisce fare a meno di Dybala e addirittura l’umilia in panchina, è giusto offrire l’occasione di meditazioni e ripensamenti. Sta facendo di tutto, Pirlo, per la Zona Champions, ma un Ronaldo forse pentito avrà ancora voglia di rischiare una figuraccia?
(ITALPRESS).
DA CONTE A LUCARELLI, L’ANTICO E VINCENTE VIZIO ITALICO DEL CONTROPIEDE
L’INTER E’ FORTE, MA LE ALTRE LAVORANO PER LEI
L’Inter non ha bisogno di imprese clamorose per vincere lo scudetto atteso da un decennio. Ha la forza e la qualità per gestire l’abbondante vantaggio in classifica eppoi – come se fosse tornata finalmente Beneamata – c’è chi lavora per lei. E non dico tanto dell’onesto Bologna, avversario generoso che ci prova a rivivere il passato ma deve cedere oggi a Lukaku come un tempo – nella sua favola più bella del dopoguerra – dovette inchinarsi prima a Corso poi a Jair (ricordo – perchè c’ero- quel Bologna-Inter 1-2 della “Pasqua di sangue” del 29 marzo 1964, diventata “Pasqua di lasagne” e tuttavia sconfitta anticipatrice di uno storico scudetto). Il Bologna d’oggi fa la sua parte: perde con dignità giocando una bella partita. Fanno più effetto – e più scudetto nerazzurro – il pareggio casalingo del Milan con la Samp e quello della Juve con il Toro in un derby della Mole resuscitato a Pasqua per solo merito dei granata al cui cuore (cuore t’Oro – diceva Frassica) ha imparato a parlare Nicola dopo anni di mestizia.
Sarebbe stata paradossalmente utile, alla Juve, la sconfitta costruita da Sanabria e evitata nel finale drammatico dal Ronaldo ch’era stato acquistato per vincere la Champions e invece fa il tappabuchi. Dico – seguendo la memoria spero non ingannevole – che un’umiliazione avrebbe portato all’esonero di Pirlo che dopo aver lasciato per strada Champions e scudetto rischia addirittura di tenere la Juve fuori dall’Europa. Voglio dire che quando successe a Maifredi, nel campionato 1990/’91, e a Delneri, nel 2010/’11, i due Gigi furono rimossi (la Signora non licenzia, rimuove, con cortesia tutta piemontese). Fa effetto, nel confronto fra le Due Nemiche, non tanto il dettaglio tecnico-tattico, ma lo stile di gioco. Ne parlo come se fosse – chessò – una sfida fra l’armonia di Armani e la fantasia di Versace. Perchè fa moda. La Juve persegue il sogno guardiolesco e s’impantana prima in un sarrismo mal corretto, e tuttavia sanato dai gol di Ronaldo, affidandosi alla inesperienza di Pirlo che ancora non ha dato idea del suo gioco, in progetto indicato con queste parole:”L’idea fondante del mio calcio è basata sulla volontà di un calcio propositivo, di possesso e di attacco, un calcio totale e collettivo…”. Boh.
L’Inter, invece, pescando a piene mani nel suo passato herreriano e murignano, finisce per ritrovare in un Conte pentito della immaginata furia vincente di Vidal – ma soprattutto nella potenza di Lukaku, nella duttilità di Eriksen e nella durezza di Hakimi – un felice, appassionante contropiede e lo stile italico. Lo stesso che ispira Mancini e la sua Nazionale vittoriosa. A proposito dell’Invenzione di Guardiola, la promozione in B ottenuta dalla Ternana di Lucarelli mi ha fatto tornare in mente l’impresa di Corrado Viciani che nel 1971 portò gli umbri in A con il suo “gioco corto”, modello perfetto per la “novità ” che a Barcellona è stata rivelata dal Pep e ribattezzata TikiTaka. Per chi lo sa, nel calcio ormai non s’inventa più nulla. Viciani ha vinto quel che poteva (poco) con Mastropasqua e i suoi coraggiosi compagni. Se avesse avuto un Messi…
CROLLO JUVE, SI E’ PERSA CERCANDO DISPERATAMENTE IL BEL GIOCO
Mi sottraggo al dovere di annunciare che il campionato è finito. Il crollo della Juve – meno sorprendente di quel che si pensi, visto che la Morbidona di Pirlo le prende un pò dappertutto, preferibilmente dai deboli veri o presunti – vale da solo un titolo di prima pagina; e soprattutto non me la sento di vivere le dieci partite che verranno fingendo di emozionarmi alla ricerca di chi finirà in Zona Champions. Questa – l’abbiamo capito nei dibattiti seguiti alla cancellazione delle italiane dalla Champions che si gioca – è un danno per il nostro calcio, il contentone degli sconfitti “senza titulo” che vanno solo a grana, senza più dignità sportiva, senza onor di bandiera, perchè quella che esibiscono somiglia al vessillo degli sconfitti, con la scritta “tengo bilancio” come nel dopoguerra “tengo famiglia”.
La Juve di Pirlo – ma ancor più di Agnelli – è la classica Case History da studiare (nel dizionario analisi dei modi in cui un’impresa può far fronte a problemi di gestione da seguire o delle strategie da adottare). Perchè fino a oggi la Juve è sempre stata segnalata per l’ottima organizzazione e la quasi perfetta simbiosi fra Tecnica e Capitale. In un fiat – ci sta, no? – ha perso tutto. Fuorchè l’onore, già discusso in altri tempi. Dice: nove scudetti le hanno dato alla testa. Dico – non da ieri – che si è persa cercando disperatamente il Bel Giuoco. Che non esiste, è solo una speculazione di tardi e ipotetici reinventori del calcio, scaltri prendingiro di presidenti sempre più “ricchi scemi” secondo citazione onestiana. Verrebbe voglia di dir loro “gioca come mangi” e tuttavia fa effetto notare che ai vertici del calcio italiano (fino a ieri?) c’è un club che, per vedere se Pirlo poteva essere contrabbandato per Guardiola risparmiando un mucchio di soldi, ha rinunciato al recordman degli scudetti, Allegri, per l’illusione Sarri fino a Pirlo, al cui nome non affiancherò più attributi insolenti, chè non li merita per il glorioso passato nè per la penosa odierna vicenda. Meritava ben altro, a partire dall’onorevole gavetta. Il fatto che l’abbia sconfitto Pippo Inzaghi è significativo: il calcio non è sempre un’avventura ma soprattutto, banalmente, lavoro, esperienza, competenza guadagnata, non innata. Se non fosse che le colpe di Agnelli e Paratici prevalgono sui suoi errori, fossi un Pirlo mi dimetterei. E chi, al suo posto? Allegri. Non per vincere subito ma ridar vita alla Signora Omicidi, oggi più che mai Vecchia Signora.
Italo Cucci ([email protected])
RISPOSTA A SUON DI GOL A CAGLIARI, RONALDO LOGORA CHI NON CE L’HA
La battuta è fin troppo facile: uno, due, tre gol e in mezzora Ronaldo ha fatto la Sardegna bianconera. Ma il Cagliari non c’entra. Immagino Leonardo Semplici: stava facendo un buon lavoro: s’è visto, nonostante il pessimismo di Giulini, la squadra ha assunto una fisionomia credibile, triangolazioni efficaci e in velocità, recuperi dinamici, tutto inutile, purtroppo, perchè gli è arrivato addosso un uragano. Meglio: gliel’hanno indirizzato con rara precisione tutti i media – diciamo così – che in settimana, dopo Juve-Porto, hanno tentato il tiro al Cristiano, dipingendolo come una sorta di ricco parassita incapace di vincere – da solo, naturalmente – quella Champions che la Juve tenta inutilmente di riacchiappare dopo un quarto di secolo, nonostante un continuo spiegamento di forze sensazionale. Nel frattempo ha vinto 13 scudetti – nove consecutivi – anche con Ronaldo, tuttavia obbligato – questo si è detto – a conquistare l’Europa. Per un motivo semplice: è costato tanto, troppo, e la Juve si fa buttar fuori dalla Champions addirittura dal nuovo Ajax, dal Lione e dal Porto.
E non bastano i pareri degli opinionisti in libertà (e anche di critici esperti), perchè è arrivato anche il sondaggio che ha suggerito con una maggioranza schiacciante di mandar via CR7 appena finito il campionato. Non hanno interpellato – immagino – solo juventini e il vasto consenso alla cacciata del divo portoghese, mi fa venire in mente la risposta data ierlaltro a un lettore che mi chiedeva lumi: “Ronaldo logora chi non ce l’ha”, gli ho detto, parafrasando il Divin Giulio. Il superpallone d’oro è ben noto, è uno che si accende non tanto per i milioni che incassa (per lui il passaggio dalla lira all’euro non ha comportato problemi), ma per rispondere alle provocazioni dei pisquani. Non bastava che gli ricordassero che a Cagliari non aveva mai segnato, no, si sono anche dimenticati che a marzo il CR7 segna col pallottoliere: lo hanno criticato come un pedatore qualsiasi dimenticando in un fiat – si dice così – che pochi giorni prima, sbrodolando parolette fiorite, l’avevano incensato per avere superato a suon di gol Pelè, clamorosa balla cinese. D’altra parte, bisogna capire la sostanza di quel presunto record attribuito a Ronaldo: è in realtà un modo come un altro per ridimensionare il vero unico Re del Gol (il veritiero confronto con la bravura di Maradona è un’altra cosa).
Perchè costì piace molto e da sempre tirar fango contro i vincitori, oggi poi con il contributo dei social affollati di rabbiosi sconfitti è il festival dell’insulto. Pieno di rabbia e di voglia di rivincita era anche lui, e lo si è visto nel fallo su Cragno che ha tuttavia soccorso subito influenzando l’arbitro Calvarese che l’ha solo ammonito. La Ronaldeide a questo punto ha un solo significato…narrativo: far pensare che la gara con l’Inter per lo scudetto è ancora incerta. Come ha detto Pirlo “vedremo tutto alla penultima…”. 16 maggio, ore 20.45. Non prendete impegni…
Italo Cucci ([email protected])
(ITALPRESS).
JUVE, CONTRO IL PORTO SERVE UMILTA’ E CONCENTRAZIONE
Andrea Pirlo dovrebbe essere trattato secondo l’insegnamento di un antico maestro di giornalismo, Lamberto Sechi: i fatti separati dalle opinioni. Queste sono sicuramente influenzate, fin dall’inizio del campionato, da quel che sappiamo del nostro eroe, come si dice nei romanzi. Eroe, appunto, meritevole di attenzione e comprensione non per quello che è – un inesperto condottiero della Juventus – ma per quello che è stato: un campione. Personalmente mi sono stancato di doverlo giudicare dai fatti, che spesso lo tradiscono, altre volte lo esaltano, perchè in un certo senso non gli appartengono: vincere o perdere, giocar male o bene (quando sembra Allegri) è un problema che riguarda Agnelli, Paratici e Nedved – che lo hanno voluto, pur privo d’esperienza ad hoc – e certi giocatori/guida, in particolare Ronaldo. Ho sentito elogiare Pirlo perchè ha lasciato in panchina CR7 nel tentativo di trovare una squadra “indipendente”; senza mancargli di rispetto, sono invece convinto che la scelta – azzeccata – sia frutto della Cooperativa Juventus. Ronaldo compreso. Le mie opinioni su Pirlo, a questo punto, diventano opinioni sulla Juventus tout court. Per dire che i fatti fin qui registrati – soprattutto gli ultimi – raccomandano di affrontare il Porto con la stessa umiltà e concentrazione – e lo stesso Morata – dedicati alla Lazio. E come Ronaldo che finalmente dovrebbe recitare la parte per cui è stato chiamato a Torino: non per vincere la classifica marcatori in campionato o superare i gol di Pelè – cosa da statistici privi di fantasia o male informati, il mio amico Pelè vola a mille – ma per conquistare la Champions che manca alla Juve dall’altro secolo. Un modo – fra l’altro – di onorare il centenario della nascita di Gianni Agnelli che fra i tanti amori al vertice della passione ha messo la sua Signora, non le altre bellezze incontrate sul jet-set. Come racconto da una vita, vincere aiuta a vincere e un cammino vittorioso in coppa agevolerebbe un inseguimento serio di Inter e Milan per lo scudetto. Un pensiero lo dedico anche al Milan coraggioso di Pioli che nuota controcorrente. La critica ufficiale lo dà per finito, lo critica in Coppa anche se va avanti, lo critica in campionato anche se gioca e vince senza Ibra e i migliori. Gli ha preparato il boccone avvelenato – la Fatal Verona – come se la sconfitta fosse inevitabile. E invece la fatale resta delle sue antiche onorevoli vittime, Rocco e Sacchi.
IL MIRACOLO DI SANT’ANTONIO, IL LUKAKISMO E L’ANTICA SFIDA MILANESE
La rinuncia della Juve a farsi protagonista cincischiando un calcio che prima o poi farà esplodere Ronaldo – i cui gol per ora servono soltanto (per chi ci crede) a cogliere un presunto record alla faccia di Pelè – fa rinascere l’antica sfida fra Milan e Inter. Dico antica perchè ripropone (pur se in misura ridotta) la storica carica agonistica nerazzurra contro una certa ordinata eleganza dei rossoneri (spreconi, come s’è visto iersera a Roma, tacco…sanremese di Ibra compreso). Il bello è tuttavia da venire ma intanto l’attenzione se la prende l’Inter, trascinata dal solito Lukaku, ma animata da un Conte ritrovato che, proprio costruendo Romelu a immagine e somiglianza della propria intensità, sta realizzando un’impresa straordinaria che finalmente gli farà guadagnare l’amore dei tifosi. Il miracolo di Sant’Antonio? Semplice: mentre sta crollando l’impero Suning sotto il diktat del governo cinese, il tecnico tanto discusso (a cominciare dalla sua odiosa juventinità) manda un messaggio al potentissimo leader cinese Jinping. E’ come se dicesse: voglio vedere se avete il coraggio di demolire questa grande Inter come avete fatto con lo Jangsu di Nanchino la cui chiusura è stata annunciata ieri dalla famiglia Zhang. Si dice spesso che le avversità creano il coraggio e la forza per abbatterle, ma il più delle volte è letteratura. Nella triste stagione del Covid Conte ha rischiato in più di una occasione di smarrire la certezza di battersi per lo scudetto, sua ultima chance dopo essere uscito dalle Coppe: il blocco degli acquisti che pretendeva per avere una squadra strapotente, l’irritazione dei padroni, l’equivoco Eriksen, gli eccessi caratteriali, tutto ne suggeriva il fallimento. E invece eccola, la Beneamata, farsi Inter davvero, forse imprendibile, certo dotata delle qualità vere che vanno ben oltre il chiacchiericcio dei presunti esperti, annichiliti da un gioco felicemente italico grazie in particolare al Contropiede ritrovato e riverito anche dai propugnatori del gioco estetizzante di volta in volta chiamato Guardiolismo, Giampaolismo, Sarrismo e fantasie varie. Il Lukakismo riporta – come dicevo – ai fasti nerazzurri d’antan, a Mazzola e Jair, con la precisazione che Romelu li interpreta entrambi.
Contemporaneamente. Con un pò di Aurelio Milani, il bomber.
Certo la storia non finisce qui, c’è il tempo – si dice sempre – per rivedere una Juve più ambiziosa e concreta mentre Roma, Napoli e Atalanta giocheranno – immagino – il solito campionato minore che si chiama Zona Champions, destinato non tanto alla conquista di gloria ma di soldi per tirare avanti.
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(ITALPRESS).
INTER PAZZA GIOIA, DERBY VINTO LEGITTIMAMENTE E SENZA STRAFARE
E’ giusto che l’Inter sia finalmente…pazza gioia. Non solo pazza. E’ giusto che il Milan mostri la faccia della saggezza, e Pioli dica che il Derby è solo un episodio, la lotta continua. Ma prima di convalidare il Duello Milanese per lo scudetto fatemi aspettare, vedere e raccontare quel che succederà stasera all’Agguato del Lunedì, che non è una trasmissione tivù ma Juventus-Crotone. Esagero? Il Crotone, poverino…L’ultima Juve vista in Champions può farsela sotto con tutti, così come tutti potrebbe battere se non cadesse in ingenuità imperdonabili come “la costruzione dal basso” che sarebbe stata impedita da dirigenti competenti, a partire dal Geometra Boniperti.
Vedremo, dunque, e intanto rivivremo il Derby che l’Inter ha legittimamente vinto ma senza strafare – come direbbe il risultato firmato da Lukaku e Lautaro, i nuovi gemelli del gol (quota trenta) – mettendo in chiaro situazioni pubbliche e private (si fa per dire). Antonio Conte, l’abile Conte che abbiamo conosciuto sulla panchina della Juve, ha tramutato in oro il piombo che gli era arrivato da Shanghai, proiettili potenti da ammazzabufali, con quell’accenno di Mister Zhang agli impegni aziendali “Irrilevanti”. “Boss, questa è l’Inter Irrilevante, la faccia vedere in tutto il mondo, è sicuramente più fascinosa dei suoi elettrodomestici”: non l’ha detto, Conte, forse neanche lo ha pensato, ma sembrava leggerla negli occhi la sua rivincita, certo condivisa dai “ragazzi”. Sembrava schierato anche Eriksen, fate voi. Il danese non è una figurina qualsiasi, è il primo indizio della conversione contiana da perseguitato a persecutore: il Milan è caduto nella sua rabbia, incapace a controllarla, tanto che di Ibra sì dirà – gossip crudele – che era già a Sanremo. Morbido com’è – un panettone pieno d’uvetta, uno squadrone pieno di Ragazzi del Novantanove – il Milan non esce dal Derby stravolto, nè ridimensionato: solo brutalizzato dalla rabbia di Conte. E dovrà distribuire meglio fra i “ragazzi” le tante responsabilità affidate a Ibrahimovic o da lui pretese. Ci fosse solo l’Inter ad accusare complicazioni rossonere, Pioli potrebbe parlare di incidente occasionale. E invece c’è anche lo Spezia, esordiente irrispettoso e precedente sospetto. A proposito, l’Agguato del Lunedì lo sogna – pur afflitto dai pronostici – anche il Crotone.
Si consuma, nel frattempo, il destino di Gattuso. Immaginabile. Ma meglio lasciare l’ultima parola a De Laurentiis, il più creativo dei presidenti. Solo un’opinione: se è capace di pentimento richiami Sarri; se ha orgoglio e senso pratico, richiami Mazzarri. E Reja?
LO SPEZIA DI ITALIANO E’ UNA REALTA’
L’Inter è arrivata in testa con merito anche se deve ringraziare il perfetto suicidio del Milan a La Spezia provocato più da occasionale deconcentrazione che da narcisismo. Di più: stroncati dal ritmo dei liguri i rossoneri hanno rivelato la peggiore delle stanchezze, quella mentale che frena le gambe. Mentre Conte, liberatosi con la confessione ai media del Dito Medio rivelatore di inquietudine, ha opposto alla Lazio una squadra serena, organizzata meglio del solito, ordinatamente aggressiva. La Var l’ha aiutata solo a rivelare la verità e il Laukaku dormiente s’è risvegliato lucido e potente firmando due gol. Grande, la Beneamata, anche nel saper rintuzzare la rete di Gonzalo Escalante con un bellissimo gol preparato da Romelu per Lautaro: 3 a 1. Grande la coppia, ma che difesa, che Brozovic, che Barella. Che contropiede. La prossima volta il fuoco, il derby Milan-Inter. Da scudetto.
Fra i tanti dubbi che rendono appassionante questo campionato, ricco più di emozioni che di gioco, uno s’è cancellato da solo sabato sera: lo Spezia è una realtà. Già da qualche tempo se ne parlava con un certo rispetto per le vittorie sul Napoli, la Sampdoria, la Roma, ma era pressochè inevitabile commentare le sue imprese come tradizionali colpi di fortuna dei novizi, detti in calcese con una sola rotonda e chiapputa parola. Poi è arrivato l’umiliante schiaffo al Milan – diciamo pure due sonori ceffoni – e lo Spezia è diventato uno squadrone, un pericolo pubblico. Non solo: gli opinionisti del sarrismo, dell’allegrismo, del piolismo e del contismo (il pirlismo è ancora materia di studio) scoprono l’Italiano. Non una lingua, sempre difficoltosa: un uomo. Un tecnico con la maiuscola. E finalmente si parla di calcio. Vincenzo Italiano è un quarantenne alla sua terza stagione nel calcio professionistico. L’ho visto lavorare ai tempi del Trapani nel 2018-’19, dalla C alla B, ma non dirò mai che lo conoscevo bene, sapevo solo ch’era sulla buona strada di Boscaglia ma poi, portando in A gli spezzini, ha cominciato a scrivere una sua storia particolare nella quale si parla anche di una tesi di…laurea nel corso Master UEFA-Pro, che coinciderebbe – secondo chi l’ha letta – con alcuni principi enunciati nella stessa occasione da Andrea Pirlo: vi si parla di calcio propositivo e aggressivo.
Per stare ai fatti più recenti, visti la Juve contro il Napoli e lo Spezia contro il Milan, vien da pensare che Italiano sia avanti a Mastro Pirlo non solo per l’aggressività – non tanto psicologica quanto fisica – ma per organizzazione, ritmo e coraggio. Nella tesi – immagino – non si parla di Ronaldo. Neanche di Ibrahimovic. Parola di Italiano sul campo: basta fermarlo. Sembra facile, ma difatti dopo un pò Zlatan sembrava già a Sanremo. Milan in grave calo? Non credo. Forse stanchezza. Forse prove d’orchestra per la seconda parte del Festival del Pallone dopo esser stato brillante protagonista per venti giornate. Protagonista umano, in assoluto – e non è la prima volta, vuole l’Oscar per la migliore interpretazione – Rino Gattuso vincitore con dedica amorosa di Lorenzo Insigne che s’era preparato a tutto: a tirare e segnare un rigore – quando sembrava che gli sarebbe stato impedito per i precedenti errori – e a mostrare al popolo che non l’ama più la maglietta di San Valentino. C’è qualcosa di più bello e spettacolare del calcio?





