Sono un lavoratore sollevato. Non dall’incarico. Nello spirito. Hanno deciso una data per l’inizio del campionato di Serie A, sabato 13 giugno. Hanno deciso che potro’ tornare a lavorare. Finalmente. Sono soddisfatto “quasi” come il mio barbiere che tornera’ a lavorare lunedi’. Il primo santo lunedi’ della sua vita, immagino: il Coronavirus ha fatto anche questo. Sono soddisfatto – dicevo – moderatamente. Perche’ nel Regno del Forse non si sa mai. Coi tempi che corrono mi hanno consigliato una diversa antica formula: “Chi vivra’ vedra’”. Per lunghe settimane ho temuto di restare senza il compagno di una vita, il foglio sportivo (ne ho frequentati tre su quattro, mi manca il “Tuttosport”) cui sono legato perche’ li’ ho cresciuto tanti…figli, dal 1975 a ierlaltro. Ci si puo’ affezionare al proprio mestiere, al pezzo di terra da coltivare, alla pagina da riempire di notizie e opinioni ogni giorno. Dunque non ero tanto preoccupato per me – io scrivo soltanto – ma per le centinaia di lavoratori – giornalisti compresi – che mandano in edicola i quotidiani sportivi: la “Gazzetta” dal 1896, il “Corriere dello Sport” dal 1924, “Tuttosport” e “Stadio” dal 1945. Nei giorni scorsi avevo lanciato un appello, avevo visto i dati di vendita di quei giornali. Dimezzati. Dopo che gli anni avevano gia’ fatto danni enormi su tutti i quotidiani, giganti compresi, mantenendo piuttosto in vita quelli locali, come sono andato predicando da tanto tempo; da quando il Glocale ha prevalso sul Globale. Gli scienziati in ritardo l’hanno scoperto da tre mesi, da quando il piu’ grande evento globale ha fatto migliaia di vittime proprio dove il Globalismo ha ottenuto il maggior successo, nelle Capitali: New York, Londra, Madrid, Milano…
Questo vuol dire tornare a giocare a pallone. Rivivere. Senza tante storie. Con un comunicato semplice e intellegibile, cosi’ diverso – per forma e sostanza – dai decretini quotidiani del Palazzo. L’Assemblea della Lega di Serie A, per quanto riguarda la ripresa dell’attivita’, ha indicato “in ossequio alle decisioni del Governo e in conformita’ ai protocolli medici a tutela dei calciatori e di tutti gli addetti ai lavori, la data del 13 giugno per la ripresa del campionato”. Ossequio a parte, fa effetto la coincidenza con il parere espresso dal ministro Spadafora alla Camera dei Deputati:”Ho ricevuto una lettera del Presidente della FIGC, Gabriele Gravina, in cui ha reso noto che la Federazione Italiana Giuoco Calcio ha accolto tutte osservazioni del Comitato Tecnico-Scientifico, riadattando il protocollo e consentendo senza altre difficolta’ di riprendere gli allenamenti a squadra dal 18 maggio”. Leggeremo i dettagli. Nel frattempo segnalo l’opera dei pragmatici e scrupolosi dirigenti tedeschi, i primi che hanno detto si’ alla ripresa del campionato: “La Lega calcio tedesca ha stilato 35 pagine di norme che regoleranno tutto: dall’arrivo allo stadio che i giocatori di casa dovranno effettuare con i mezzi privati fino alle conferenze stampa post-partita, che si terranno online. Nell’impianto non piu’ di 300 persone e sugli spalti sara’ possibile mettere delle sagome di cartone al posto dei tifosi”. Cartone. Questo mi sta bene. Manca un dettaglio: chi segnera’ il primo gol?
TORNARE A GIOCARE SIGNIFICA RIVIVERE
SENZA OFFESA, LA FERRARI OGGI SOMIGLIA AL MILAN
Da vecchio innamorato della Ferrari (e amico del Drake, Ingegnere, Commendatore cui ho dedicato un libro che ricorda i nostri tanti incontri confidenziali) capita che ogni tanto qualcuno mi ponga l’eterno interrogativo:”Come va il Cavallino?”, che non vuol dire solo il risultato della pista ma la fusione del Rosso sulle due sponde, quella produttiva e quella sportiva. Fingendomi il Vecchio – cosi’ lo chiamavo nei miei pezzi, non Grande Vecchio, non voleva: quello era Licio Gelli – oso una risposta a modo suo, in modenese: “L’e’ schiu’r coma’ n bo’ca. E’ buio come in bocca”. Il “no Vettel” e’ l’ennesima mossa sbagliata della Ferrari sportiva che ha deciso di puntare tutto su Leclerc, un giovane talentuoso e ben introdotto (il suo procuratore e’ figlio di Todt) che ha un curriculum mediatico straordinario ma non ha vinto nulla; e gli metteranno accanto Sainz, zero vittorie ma sara’ ubbidiente, non contestera’ come Vettel che ha vinto quattro mondiali. In Red Bull.
E’ vero, Seb e’ uscito da una pessima stagione ma al di sopra dell’insuccesso sportivo c’e’ un’altra storia: la morte di Marchionne. Era il suo pupillo e lui vivente non avrebbe mai patito lo sgarbo di essere sacrificato ai capricci del francesino. Soprattutto non sarebbe mai stato liquidato per frizioni contrattuali unite a una aperta sfiducia dello staff, sapendo che la Mercedes e’ pronta a ingaggiarlo se Hamilton, come ha annunciato, cambiera’ bandiera.
Si deve tuttavia a Marchionne se oggi a Maranello “l’e’ schiu’r coma’ n bo’ca”. Il reinventore della Fiat, meritevole di beatificazione, commise tuttavia un errore quando disse “un manager Ferrari non si giudica solo per i risultati commerciali ma anche per quelli sportivi”, assumendo entrambi i ruoli. La sua Ferrari e’ arrivata a vendere anche piu’ di tremila auto (e il Vecchio non l’avrebbe mai permesso, lui che aveva creato un’auto preziosa non una bella “popolare” come la Porsche) ma sul piano sportivo dal 2014 non solo non ha piu’ vinto ma neppure ha conteso il titolo alla Mercedes fino all’ultimo gp, cosa che succedeva nella precedente gestione. Sport e finanza non vanno bene insieme e senza offesa la Ferrari oggi somiglia al Milan. Una volta somigliava alla Juve, e dico della gestione Montezemolo (che in verita’ non vinse in bianconero…). Con Luca presidente c’erano Todt, Ross Brawn, Domenicali, una leadership potente con un leader nato in Ferrari; la Ferrari d’oggi ha un presidente, John Elkann, abile e forte ma piu’ appassionato di editoria che di automobilismo, un CEO che viene dalle sigarette e Binotto al posto di Todt, come dire Stramaccioni al posto di Mourinho. Nata e cresciuta con Enzo Ferrari – un uomo solo al comando – la Rossa e’ tornata in alto quando ha trovato la combinazione vincente: uno per tutti – Montezemolo – tutti per uno. Idem.
Non so cosa succedera’, nelle prossime puntate. Al momento l’inizio Formula 1 e’ fissato per il primo weekend del mese di luglio con l’appuntamento in Austria. Ma i giochi veri si faranno nel 2021. Quando la Mercedes cerchera’ di vincere il Mondiale con un pilota tedesco – Seb Vettel, quattro volte mondiale – liberato dalla Ferrari dove e’ appassito senza tituli.
CHIELLINI, BALOTELLI E IL “VERO UOMO”
L’operazione e’ riuscita. Prim’ancora che uscisse in libreria la biografia di Chiellini e’ come de l’avessero letta tutti. Un bel lancio, diciamo la verita’. “Io, Giorgio”? “Massi’, e’ quel libro dove Chiellini dice che Balotelli e’ un cretino”. E chi gliela toglie questa fama nel Paese in cui si comprano pochi libri che non si leggono?
Ma no – mi dicono – non esser caustico, e’ un libro i cui proventi andranno tutti in beneficenza alla fondazione creata da Giorgio per assistere ragazzini sfortunati. Bene – dico io – allora diteglielo, a quei ragazzi, che gran parte dei soldi li devono a Balotelli.
Siamo in una radio, la difesa del libro e’ forte, interessata anche. Ma si butta acqua sul fuoco: son cose che si dicono, dai,…come l’odio per l’Inter, e’ un modo di dire…. Poi il conduttore chiama la voce del popolo, e la voce arriva: “Sono d’accordo con Chiellini, Balotelli e’…”(Immaginate). E un altro: “Per sapere che Balotelli e’ una mela marcia non c’era bisogno di Chiellini…”. E ancora: “Finalmente uno che dice quel che pensa”.
Vero, ma per favore passate anche quella battuta di Balotelli che risponde a Chiellini:”Non hai il coraggio di dire le cose in faccia, da vero uomo”. Ohibo’. “Vero uomo” e’ un richiamo storico, ricorda Bobo Vieri che, rivolto a molti giornalisti (e giornaliste) disse senza timore “Sono piu’ uomo di tutti voi messi insieme”, come ricorda Stefano Bartezzaghi nel suo libro “Non se ne puo’ piu'” dedicato ai “logori stereotipi della chiacchiera”. E Berlusconi che defini’ Mario “mela marcia?”. Di li’ a poco il Milan dei bravi ragazzi divento’ una mela avvelenata che fa ancora vittime…
L’operazione marketing e’ riuscita, d’accordo, l’editore ha passato ai media quell’anticipazione “audace” e l’hanno ripresa tutti, moi aussi. Bene per il libro, peccato per Giorgio. Non voglio rammendare lo strappo – lui e’ dottore, mi suggeriscono, sapra’ difendersi da solo – voglio dire che non me la sento di condannarlo per una battuta infelice che gli hanno fatto indossare come uno smoking, non con la divisa da campo che rende leciti anche certi suoi interventi “assassini”, come si diceva un tempo quando non esisteva l’ipocrisia del politicamente corretto. Killer? Spaccagambe? No, semplicemente “rude difensore”. Che a me sta bene in tutte le salse, calciatore e uomo, insomma, che non e’ un ossimoro.
Sentite cosa dicevo di lui in queste pagine il 30 marzo scorso: “Giorgio e’ il vero capitano della Juventus…ma i gradi conquistati sul campo anche come guida dei compagni non sono tutto: il rude difensore – ah ah – bianconero che ha partecipato alla conquista di otto scudetti consecutivi e di plurime coppe nazionali e europee ed e’ prossimo all’abbandono dell’attivita’ per raggiunti limiti d’eta’ (36 anni) sta gia’ mutandosi in abile dirigente al punto di meritare un pur immaturo confronto con Giampiero Boniperti”. Boniperti?!?!? Boccaccia mia statti zitta! – gridava tal Provolino cinquant’anni fa. Dovrei imitarlo. E invece ricordo che Benito Lorenzi lo battezzo’ “Marisa” non perche’ fosse un angelico pedatore ma proprio per sbugiardare quei cronisti “angelici” che evitavano di cantare le imprese di quel pedatore biondo che picchiava come un fabbro.
Giorgio, scusami: quando puoi, quando te la senti, fai una carezza a Mario Balotelli. Lui, ne son sicuro, ti vuole bene. E l’apprezzera’, restando se stesso. Ahilui
CALCIO SPORT TELEVISIVO, DUNQUE SI GIOCHI
Il calcio e’ un affare di Stato, come ho sempre sostenuto. Mi sono informato (google, mica la CIA) e ho scoperto che i leader europei tifano tutti per una squadra, alcuni – come Giuseppe Conte – anche per la Roma, tipo Macron e Timmermans. Probabilmente una ruffianata. Mentre Edi Rama, premier albanese, si dichiara ultra’ juventino e due anni fa s’e’ fatto addirittura un selfie con Ronaldo allo Stadium.
Boris Johnson, lo strabiondo d’Inghilterra, non si compromette e cerca di cavarsela – nel Paese piu’ calcistico del mondo – dichiarando di essere tifoso delle squadre di Londra. E uno si chiede: Arsenal, Tottenham o Chelsea? No, tutte, e lui ch’e’ stato sindaco di Londra le conosce come io conosco le porte di Bologna; dopo le tre grandi, altre nove: West Ham, Fulham, Crystal Palace, Charlton Atletic, Millwall, Queen Park Rangers, Brentford, AFC Wimbledon, Layton Orient (gia’ di proprieta’ dell’italiano Francesco Becchetti, quello che lancio’ una tivu’ in Albania – Agon Channel – e porto’ a giocare a Londra Mauro Milanese e Fabio Liverani).
Per non compromettersi ulteriormente, Boris ha appena detto quello che io sostengo da anni e ho fortemente ribadito in questi giorni: il calcio e’ uno sport televisivo, dunque si giochi. A porte chiuse, ovviamente. Cosi’ e’ praticamente certo che la Premier partira’, assumendosi la responsabilita’ della sua scelta, concordando con gli scienziati il protocollo adeguato, con i calciatori e i tecnici le misure protettive necessarie. Sembrerebbe – ma non e’ – un affare di Stato. “BoJo” – come lo chiamano – ha altri pensieri, si tiene ben altre responsabilita’. Prima il popolo. Dicono che sembra Trump ma ha una diversa e superiore cultura politica. Ed e’ anche – per paradosso – personalmente fortunato, se si puo’ dire: faceva lo sbruffone, con il Coronavirus, poi se l’e’ beccato, ha rischiato di morire (“I medici erano gia’ pronti per la conferenza stampa” – ha detto appena salvo) e ha cambiato idea. Mica come molti nostri politici e scienziati che hanno cambiato idea due tre volte cosi’ per fare.
Grazie, “BoJo”, della tua fiducia che spero verra’ imitata dai nostri tremebondi; e’ vero che ogni giorno c’e’ qualche calciatore positivo (e asintomatico): ma e’ verissimo che l’unica tragedia vera e’ quella di Andrea Rinaldi, il ventenne del Legnano ucciso da un aneurisma dopo un allenamento in casa, no virus. E’ vero che per molti e’ stupido rischiare la vita “per un gioco” ma chi lo dice e’ un pressappochista che sottovaluta o ignora il ruolo dei professionisti del pallone che vogliono tornare a lavorare, proprio come gli impiegati, gli operai, i bagnini, i pizzaioli. I medici e gli infermieri. Come vorrebbero, ma non possono, tutti quei calciatori delle serie inferiori, della Lega Pro che amo, ricca di squadre della mia terra le cui gesta ho cantato dalla C alla A, comprese quelle che militano nella D mio primo banco di prova. Sara’ un campionato televisivo, lo stesso che la maggioranza degli italiani conosce da anni con la paytv. Vedremo la Bundesliga, la Premier, la Liga (tutti i giorni per cinque settimane). Adelante, Italia, con judicio.
RISPETTARE I LIMITI IMPOSTI COME RINGRAZIAMENTO AL DESTINO
Il mare e’ in fondo al viottolo, basterebbe incamminarsi e tuffarsi. Piu’ in la’, dieci minuti d’auto, c’e’ una grotta con sauna naturale. Altri dieci minuti e il porticciolo di Gadir, sotto casa di Armani, offre mare, piscina naturale temperata e le antiche pozze romane con l’acqua caldissima dove si curavano i soldati feriti. Tutto questo e’ disponibile ma vietato. A me, a tutti e’ vietato. Off limits. La liberazione e’ in arrivo ma fino all’ennesimo decreto imposto e revocato ognuno sta al suo posto. Ordinati e prudenti, fin troppo forse, qui a Pantelleria. Ma c’e’ una spiegazione, o almeno me la do io: quando una tragedia cosi’ grande come il Coronavirus non ti ha neanche sfiorato pensi che sia doveroso rispettare i limiti imposti, anche se sono esagerati e sminuiscono il tuo diritto alla liberta’. Una sorta di ringraziamento al destino.
Eppure, sono tanti quelli che si fanno beffe delle regole, li vedi in tivu’, gagliardi esibizionisti di fisici sformati che corrono in citta’ la maratona dei fessi vestiti alla burina, come ha osservato Vincenzo De Luca, puntando gli occhi soprattutto su anziani in fuso’, forse a conoscenza della sentenza di Giorgio Armani “I cretini non sono mai eleganti”. Li vedi buttarsi in mare a Mondello o in Adriatico, i contestatori, i rivoluzionari dell’ultim’ora, i liberi pensatori dal pensiero debole. Li leggi anche.
Ieri, ad esempio, un’intervista a Novak Diokovic, sul Corsera, illuminante fin dal titolone che segnala i suoi gusti: “La pandemia e’ un periodo eccitante”. Gia’ detto da Fazio. Una fesseria. Precisa, il serbo:”Sono contrario alla vaccinazione contro il Covid-19 e non vorrei essere costretto a vaccinarmi per poter viaggiare”. Bene: mentre lo ringrazio per essere spaventato dal vaccino che non c’e’ nel quale tuttavia evidentemente crede piu’ di tanti agnostici, noto il modificarsi nel tempo del Campione da paladino delle genti normali che gli affidavano il loro destino a banali componenti di classifiche; oggi su domani giu’. E me la faccio anch’io, una classifica, la classifica dei cretini che imperversano, con o senza titoli, dai media e dai social. Come Diokovic, appunto.
Ricordo Fruttero e Lucentini, “La prevalenza del cretino” che diventa “dominante e inguaribile quando la maggior parte della societa’ e’ stupida”. Apocalittici. Il prof Carlo Maria Cipolla, docente a Berkeley, piu’ propenso a un ‘analisi politica, andava ai fatti: “1) gli stupidi danneggiano l’intera societa’; 2) gli stupidi al potere fanno piu’ danni degli altri; 3) gli stupidi democratici usano le elezioni per mantenere alta la percentuale di stupidi al potere”. Ho cercato il miglior commento all’intervista di Diokovic e suoi simili e l’ho trovata in Schopenhauer (che va sempre bene) quando dice che “di fronte agli sciocchi e agli imbecilli esiste un modo solo per rivelare la propria intelligenza: quello di non parlare con loro”. Fine dell’intervista.
Ringrazio tuttavia il saggio anonimo napoletano che ci muni’ del piu’ potente amuleto mentale: “Cca’ nisciuno e’ fesso!”.
I VECCHI NON VANNO ABBANDONATI MA DIFESI
Sbalordiscono anche me, cronista sportivo, le classifiche mondiali del Coronavirus. Le classifiche dei morti, naturalmente. C’e’ sempre qualcuno, in tivu’, che recita con una certa compiacenza, una sorta di tifo al contrario: “Il maggior numero di vittime della pandemia e’ negli Stati Uniti, seconda l’Inghilterra, l’Italia e’ terza ma in Spagna crescono i morti…”. In genere basta toccarsi. Ma un paio di ragionamenti vanno fatti. Un mio amico da Orlando, Florida, vecchio siciliano americanizzato ma sintonizzato su Rai International, o come si chiama adesso, mi telefona per avere notizie (e darmene di sue, poco buone) e mi dice: “In Italia dicono che in Usa stiamo peggio di tutti, settantamila morti, ma non dicono mai che se l’Italia ne ha “solo” trentamila e’ perche’ ha una popolazione molto inferiore: voi siete sessanta milioni, noi trecentocinquanta…Ce l’avete con Trump?”. E giu’ una risata. Rosario e’ un buon italiano ma gli girano quando noi ce l’abbiamo con gli americani dimenticando che Trump e’ il presidente che si sono scelti. E Rosario aggiunge “se voi avete le regioni noi abbiamo gli Stati e per somigliarci non basta che i vostri presidenti regionali si facciano chiamare governatori, come i nostri…”.
Prendo nota – ma non e’ una novita’ – che gli italiani trapiantati all’estero sono grati e fedeli al Paese che gli ha dato ospitalita’ ( dovevate vedere che aria triste c’era nel 2006 al ristorante “Calabrone”, calabrese naturalmente, a Monaco di Baviera la sera che l’Italia ha battuto la Germania: prima tutti tifosi dell’Italia, dopo imbarazzatissimi…). C’e’ di piu’: Rosario, che evidentemente vota repubblicano, mi dice che abbiamo accusato Trump di avere proposto iniezioni antivirus di disinfettanti. “Fake news!”- protesta. Che dirgli? Lo sapevo. Lo ha rivelato uno dei giornalisti arruolati dal governo per combattere le fake news in questa delicata incombenza, Riccardo Luna: era la domanda di un giornalista, non la risposta di Trump. Pazienza. Solo che a forza di accusarlo di ogni turpitudine poi quello si sveglia male e una mattina dice che il Coronavirus gliel’ha portato in America l’Alitalia. Vedete dove si va a finire?
Ma ne ho un’altra di storie, e questa personalizzata. I soliti maniaci delle classifiche vanno dicendo da giorni – con una certa soddisfazione – che a proposito di morti l’Inghilterra ha il record europeo che e’ stato a lungo il nostro. Il confronto si puo’ fare con il Regno Unito, circa sessanta milioni di abitanti. Ne ho parlato – ne parlo spesso – con mio fratello che vive a Londra da mezzo secolo e ha novant’anni. Potete immaginare: due vecchi che si sono presi una gran paura quando il Coronavirus si e’ dedicato a loro in particolare, mentre i nostri scienziati dicevano ch’e’ normale e Boris Johnson ch’era giusto (poi si e’ quasi pentito). E ogni mattina la mia telefonata: “Come va Tony?”. E lui: “Tutto bene!”, con quell’accento ormai da stanlioeollio. Poi mi fa:”Anche oggi sono venuti a trovarmi!”. “Chi!!!” – dico io preoccupato di contatti pericolosi. “Quelli dell’assistenza sociale. Sanno che sono vedovo, vivo da solo, sono vecchio e un po’ scalcinato. Prima passa uno a dirmi come vanno le cose a Londra e come sto io, poi un altro che mi procura cose di cui ho bisogno, medicine eccetera…”. “Bene bene – dico io – che la Regina ti conservi…”. Lo segnalo alle istituzioni italiane competenti. C’e’ chi i vecchi non li abbandona: li difende.
COMPLIMENTI A CHI PRENDE DECISIONI
Ricreazione. A proposito di decisionismo, approfittando dell’emergenza virus L’International Football Association Board (IFAB) ha deciso di autorizzare alla ripresa dei campionati la sospensione del VAR, lo strumento che combatto dalla (sua) nascita negandogli utilita’ e legittimita’, considerandolo solo un capriccio perditempo voluto non dagli arbitri, che anzi la macchinetta ha umiliato e ridimensionato, ma dal business che prima o poi la confraternita arbitrale dovra’ precisare. L’aggeggio doveva sancire l’Infallibilita’ arbitrale nel tempo in cui lo stesso papa’ Bergoglio fa scarsissimo uso della sua. La mia battaglia giornalistica – sostenuta da pochi illuminati – sembrava perduta fin dall’inizio, poi, visto che l’appetito vien mangiando, molti arbitri affamati di visibilita’ e novita’ hanno cominciato a chiedere modifiche ai regolamenti gia’ violentati mostrando che in realta’ la fallibilita’ del giudizio arbitrale era aumentata dando ulteriore spazio all’Indecisionismo. E’ di novantasei ore fa una polemica velenosissima derivata dall’arbitraggio di Inter-Juventus dell’aprile 2018 per un dettaglio equivoco suscitato dal VAR e da un ex dirigente inesperto e pasticcione. Nonostante il silenzio invocato dall’autorevole ex arbitro Rizzoli, il caso non e’ chiuso ma la decisione del vertice arbitrale ha subito costretto il designatore italiano e il suo presidente pietrificato, Nicchi, a ribadire l’impiego del VAR visto che viene ancora consentito a chi ci crede. “L’IFAB – recita il suo profilo – ha il potere di stabilire qualsiasi modifica e innovazione delle regole del gioco del calcio a livello internazionale e nazionale, vincolando alla loro osservanza tutte le federazioni, organizzazioni e associazioni calcistiche, che svolgono il calcio a livello professionale e dilettantistico, escluso il solo livello amatoriale”: dunque, se ha preso una decisione per favorire soluzioni d’emergenza vuol dire che il chiacchiericcio dei fischietti in corso d’opera non e’ sacro ne’ intangibile. Sara’ divertente – per me e i miei pochi seguaci – conoscere il seguito della vicenda che doveva registrare un’agevolazione e invece manterra’ le due complicazioni nonostante le difficolta’ gia’ rappresentate dal protocollo sanitario. Nel frattempo, visto che c’e’ chi si propone di semplificare la ripresa del gioco, va sottolineata la decisione dell’IFAB di consentire fino a cinque sostituzioni visto che oltre cento partite dovrebbero essere giocate in tempi brevi, sottoponendo i giocatori, gia’ danneggiati fisicamente dalla lunga sosta inoperosa, a impegni sfiancanti.
L’idea dei cinque sostituti e’ partita da un allenatore di fama, Claudio Ranieri, stimatissimo nel mondo anglosassone dove in genere si prendono decisioni nel mondo del calcio (all’altro mondo ci pensa la Germania) e dall’ex arbitro Paolo Casarin. Nell’attesa di sviluppi, complimenti a chi ha il potere di prendere decisioni. E le prende.
IL PALLONE A PORTE CHIUSE NON E’ LA MORTE DEL CALCIO
Tra una settimana, se non avete altro impegno, mettetevi davanti alla pay tv e godetevi la prima partita del dopo lockdown, Fase 2. Vi consiglio Borussia-Dortmund-Shalke 04. Non vedrete Ronaldo, in quarantena piemontese, ma Herling Haaland, quel ragazzone biondo che fabbrica gol a occhi chiusi e dovrebbe restituirci, con i suoi prodigiosi vent’anni, la voglia di sorridere, di sentirci un po’ stupidi’ ma felici, dopo tanta pena. Gli ultra’ tedeschi non volevano ricominciare. Valli a capire. Non li credevo stupidi come gli stupidi nostrani ma evidentemente c’e’ una solidarieta’ internazionale ch’e’ tornata di moda. Molti anni fa gli ultra’ romani mi invitarono a dibattere sul tema “Valore culturale del tifo”. Sede, il Palazzo delle Esposizioni. “Socc… – mi dissi – fanno sul serio”. E fecero sul serio, almeno fino a quando invece dei ragazzi prese la parola un adulto convinto di essere un leader colto. Una macchietta che si trasformo’ in belva non appena contestai alcune sue libere interpretazioni della liberta’ di espressione. Un ragazzo si alzo’: “Guardi che e’ un professore!”. “Non e’ detto che un cretino non possa diventare professore” – risposi. E me ne andai. Tempo prima avevo avuto uno scambio di idee con un famoso ultra’ della Curva Sud, Geppo, che non era professore ma intelligente e preparato a discutere di violenza negli stadi. Lamentava, Geppo, la speculazione degli adulti sul mondo ultra’. E dunque non mi stupisce, oggi, che il ministro Spadafora abbia corroborato in Parlamento la sua tesi abolizionista (del calcio) con l’identico parere espresso da alcuni ultra’ giallorossi anche con striscioni pseudo poetici che mi hanno fatto pensare a quell’antico professore.
Non molto preparato sulla storia e i costumi del calcio, il ministro sara’ stato impressionato nell’apprendere che deputati e senatori hanno si’ fondato nelle rispettive Camere club giallorossi, bianconeri, rossoblu’, nerazzurri, biancocelesti eccetera non solo per autentica passione – so’ ragazzi – ma per ravvivare in particolare il lento riprender l’opera il lunedi’ mattina, spesso battendosi contro un arbitraggio “dittatoriale” o giustificando le malefatte da stadio di tifosi della loro stessa…religione.
Eppure, anche se l’appello ultra’ alla chiusura permanente degli stadi rivela chiaramente la volonta’ di certi ambienti che lucrano sul tifo e paventano danni dalle partite a porte chiuse, e’ indiscutibile il danno sportivo che stanno subendo tutti i campionati, dai dilettanti alla A, soprattutto in mancanza di decisioni che producano programmi di lavoro. Il mancato apprezzamento dei lavoratori dello sport- meritevoli di tal qualifica anche se milionari – ha gia’ prodotto danni tecnici alle prodigiose “macchine umane” del pallone. Se la quarantena ha arrotondato la mia pancia o quella di tanti divanisti poco conta ma se Dybala e compagni salutano il ritorno alla liberta’ col fiatone e il giro vita da pascia’ e’ un problema aziendale tipo “mamma mi si e’ ingrassato il centravanti”. Cosa che non riguarda Higuai’n che appena arrivato a Torino sara’ messo in quarantena non solo per il virus ma per smaltire i chili presi a Baires a forza di asados. Riguarda tutti gli altri che per fortuna, liberati da alcuni presidenti di regione, han potuto mettersi a correre per smaltire il peso e le tossine accumulate.
E per favore non date retta a chi vi dice che il calcio a porte chiuse – forse inevitabile preludio all’attivita’ totale – e’ la morte del calcio.
I milioni di appassionati che seguono le partite con la pay tivu’ hanno rinunciato da tempo al “vitale apporto dei tifosi” che raramente vengono inquadrati”, preferendo i registi – giustamente – offrire volti di fanciulli o belle donne. E evitare di mostrare stadi vuoti. Nel frattempo, da anni i tedeschi – forse antipatici ma pieni d’idea – hanno escogitato le presenze virtuali di sagome formato uomo-in-poltrona; come di recente a Trieste; come Sabato 16 maggio, alle 15:30, Borussia Dortmund – Schalke 04.





