La rapidita’ esibita dalla Juventus nel “taglio” degli emolumenti dei suoi giocatori perdurando lo stop all’attivita’ ha ricevuto solenni encomi dalle istituzioni di settore come dal contesto sociale. Esclusi i social, dove i teppisti del web hanno diffuso veleni d’ogni genere, in particolare becera demagogia: togliere novanta milioni di euro a un gruppo di milionari – dicono – e’ procurargli un sacrificio ridicolo. Da’ fastidio, a certi tifosi, il fatto che il club degli Agnelli sia risultato primo anche in questa azione non solo economica ma etica promossa – questo e’ il punto – non dal padrone ma da un dipendente, Giorgio Chiellini.
Giorgio e’ il vero capitano della Juventus, componente fondamentale prima della premiata BBC (Barzagli, Bonucci, Chiellini) oggi dell’erigenda BCD (Bonucci, Chiellini, De Light). Ma i gradi conquistati sul campo anche come guida dei compagni non sono tutto: il rude difensore bianconero che ha partecipato alla conquista di otto scudetti consecutivi e di plurime coppe nazionali e europee ed e’ prossimo all’abbandono dell’attivita’ per raggiunti limiti d’eta’ (36 anni) sta gia’ mutandosi in abile dirigente al punto di meritare un pur immaturo confronto con Giampiero Boniperti. Chiellini e’ diventato definitivamente juventino nel 2005, allenatore Capello che lo fa esordire il 15 ottobre in sostituzione di Nedved, l’altro che studia da dirigente – anzi lo e’ gia’ – piu’ che altro d’immagine. Chiellini no, e’ concretezza: pur giocando ha studiato e ha conseguito la laurea specialistica in Business Administration con lode dopo quella in Economia, una sul modello economico juventino e l’altra sul bilancio della societa’.
L’Operazione Tagli va considerata, a mio avviso, non solo come uno spot a favore dell’immagine di una Juve sempre concreta, organizzatissima anche sul piano aziendale, ma un deciso passo verso un futuro piu’ sicuro, visto che nel presente accusa difficolta’ di bilancio e in Borsa. Non si sa quando l’attivita’ potra’ riprendere ne’ risulta gestibile comunitariamente il calendario del campionato e delle Coppe: e’ probabile che il calcio italiano patisca danni superiori ad altre nazioni europee e che l’Uefa finisca per dividersi proprio come sta facendo l’Europa, non in buoni e cattivi ma in sani e malati, con le federazioni del Nord decise a separare l’attivita’ da quelle del Sud, Italia, Francia e Spagna in primis. Mi piace sottolineare, in questo frangente, mentre la navicella dell’ideale europeo rischia di sfasciarsi sugli scogli dell’egoismo nazionalistico, il commovente gesto di solidarieta’ dell’Albania nei confronti dell’Italia. Fummo generosi con i nostri dirimpettai ai tempi della grande crisi di Tirana dopo il crollo del regime comunista: i barconi scaricavano a centinaia sulle coste pugliesi i migranti che spesso indossavano – come per essere subito riconosciuti amici – le magliette della Juventus, dell’Inter, soprattutto del Milan di Silvio Berlusconi. Oggi ricambiano con aiuti sul piano sanitario, fornendoci tecnici e infermieri. Guarda caso, dopo avere ottenuto pochi giorni fa – il 24 marzo – dal Consiglio dell’Unione Europea il via libera all’apertura dei negoziati di adesione all’Europa dopo un decennio di attesa dovuto ai ripetuti “no” di Francia, Olanda e Danimarca. La Francia si e’ appena accorta che ai tempi del Coronavirus per quelli del Nord vale quanto la Povera Italia. Tutto questo si riflettera’ – vedrete – anche sull’attivita’ calcistica e sui contratti dei calciatori che sicuramente saranno gestiti adeguatamente dagli avidi procuratori. La Juve si mettera’ avanti anche con i rinnovi per evitare perdite di giocatori, ovvero di capitale. Puo’ sembrare fantascienza, questa, ma un mondo come quello del calcio che macina miliardi non potra’ estraniarsi dai problemi della futura azzoppata Europa.
OPERAZIONE TAGLI DELLA JUVE DECISO PASSO VERSO UN FUTURO SICURO
VINTA LA LOTTA CI SARA’ BISOGNO DI ALLEGRIA
“Le Olimpiadi di Tokyo 2020, rinviate a causa della pandemia di Coronavirus, si terranno dal 23 luglio all’8 agosto 2021. Dopo le anticipazioni dei media giapponesi, e’ arrivata la conferma da parte del presidente del comitato organizzatore dei Giochi Yoshiro Mori”. Ah, questi giapponesi, sempre pratici, precisini, organizzati. Non c’e’ terremoto che li distragga. Non c’e’ Coronavirus che li scoraggi. Via un’Olimpiade, eccone un’altra, nella stessa data, ora piu’ ora meno. E per non cambiare la storia e soprattutto per evitare di rifare tutti i materiali informativi sara’ comunque l’Olimpiade 2020 che avra’ il gradimento dei signori del Cio, ringiovanendoli. E noi, poveri italianuzzi, che ci stiamo massacrando nel tentativo di dare una data al campionato di casa e alla Champions, a quella desolante Europa League che accusa, fateci caso, la stessa confusione, stanchezza e noia dell’Europa frantumata dalla paura e dall’egoismo. Gia’: e’ come quand’ero ragazzino e andavo al campetto a giocare a pallone e il pallone era di quello che poteva permetterselo, diciamo il ricco del quartiere: con lui si cominciava, con lui – quando voleva lui – si finiva; e a volte diceva anche “no tu no” a qualcuno che voleva entrare in partita. Cosi’ fanno con l’Italietta, oggi, Germania, Olanda, Danimarca, Finlandia. Le schizzinose. Dice Prodi:”A chi venderanno i tulipani, gli olandesi”. Dico io, visto che sono di Rimini, la citta’-mare dove ho vissuto i migliori vent’anni della mia vita per quel che riguarda liberta’, divertimento e amore: dove andranno a prendere il sole e l’amore? Forse sulla spiaggia di Mamaia, sul Mar Nero, o nelle isole greche che stanno facendo morire? Oddio, non e’ un caso che ci si riconosca non dico fra poveri ma fra bisognosi e infatti arrivano a soccorrerci i nostri amici albanesi, si’ quelli che dicevamo fossero cattivi e invece avevano solo fame. Come noi fra poco…
Ma penso – tornando all’inizio – se c’e’ veramente bisogno di consumare ogni minuto le celluline grigie (ove esistano) per indovinare – dico indovinare, come fossimo tutti Spadafora – le date del campionato da finire e di quello da cominciare, per non dire del resto, le Coppe che forse non saranno piu’ europee e magari sara’ rivalutata la Mitropa, la dimenticata Coppa dell’Europa Centrale che vinceva il mio Bologna.
Il il mio calendario l’ho gia’ dato: ogni mese e’ buono per ridare vita al calcio. Vinta la lotta per la vita ci sara’ bisogno di allegria. Cercare di capire quando sara’ e’ fonte continua di pena, come quando quel signore della protezione civile dice “sabato ci sara’ il picco…torneremo dopo Pasqua” e ha gia’ cambiato data sei volte, aumentando lo scoramento dei malati e dei sani. Io sono con Dino Zoff che dice “Comprendo il dispiacere dei tifosi e la preoccupazione dei club, ma ora non ha proprio senso ragionare sulle date, sui calendari alternativi, eccetera. Non e’ il momento, non ci sono le condizioni. Siamo circondati dalla tristezza”.
GIORGIO CHIELLINI L’UOMO DELLA DOMENICA
Mi sono accorto che dopo una vita mi manca l’Uomo della Domenica, quello in azione, il vero finale di partita. L’altra domenica l’ho dedicata a Gianni Mura, un triste finale di vita. Vorrei tanto tornare, chesso’, al bomber del giorno, all’azione piu’ bella, al gesto atletico prodigioso, alla parata decisiva. Dal passato la memoria mi restituisce al proposito Beppe Savoldi, guarda un po’ uno di Bergamo, il giorno del ’75 in cui gli dedicai un pezzo perche’ un raccattapalle di Ascoli, un ragazzino di nome Domenico Citeroni, gli aveva rubato un gol vero respingendo in campo un pallone uscito dalla rete; e ancora il gol di Diego agli inglesi a Mexico’86: mai visto nulla di meglio, credetemi; e la rovesciata-gol immortale dell’interista Youri Diorkaeff alla Roma il 5 gennaio del’97; e Zoff – un nome come un sospiro – che intercetta il pallone di Oscar a un minuto dalla fine di Italia-Brasile (in realta’ il 5 luglio dell’82 era un lunedi’, il meglio comunque).
L’Uomo della Domenica, stavolta, e’ Giorgio Chiellini, un pisano alla livornese (ossimoro perfetto) ch’e’ riuscito a dare un felice ritocco all’immagine del calcio maggiore involgarita dal litigio permanente e scandaloso sui soldi fra capi e capetti e ominicchi. E’ partita da lui l’Operazione Sacrificio (per carita’, senza sangue sudore e lacrime, piu’ forma che sostanza, 90 milioni…) che ha suggerito alla Juve il taglio degli stipendi accettato dai calciatori senza contrarieta’. Verrebbe voglia di dire “stile Juve”, una performance da tempi bonipertiani; e tuttavia l’odiamata Signora, pur avendo acquisito nel tempo ben diverso stile, riesce a essere prima in classifica anche quando c’e’ da prendere decisioni civili, intelligenti, popolari. Altrove chiacchierano o fanno stigmatizzati tentativi di far allenare i giocatori perche’ si guadagnino gli stipendioni che ricevono. A parte tutto, quella che impressiona e’ davvero la figura di Chiellini, capitano senza retorica, calciatore senza ritocchi graziosi, solo forza, generosita’, bravura in senso tecnico e tattico. Un campione d’antan. A me fa venire in mente l’uomo Bulgarelli, concentrato di professionalita’ e intelligenza. E forse, a ben conoscerlo, anche ironico com’era Giacomino. Il Vernacoliere e’ uscito dalle edicole ma Livorno e Pisa sono ben rappresentati.
IN QUESTI TRAGICI GIORNI MANCA “L’UOMO SOLO AL COMANDO”
“Un uomo solo al comando” e’ il piu’ bell’incipit di cronaca mai detto. E’ stato anche ripreso – e dunque scritto – da molti giornalisti, uno dei quali, il celebratissimo Dino Buzzati, ne ricavo’ un pezzo memorabile. Ma la battuta e’ – e sara’ per sempre – di un grande radiocronista, Mario Ferretti, un nostalgico sicuramente ispirato dalla storia, che canto’ con quelle alate parole l’impresa di un compagno di gioventu’: “Un uomo solo e’ al comando, la sua maglia e’ bianco-celeste, il suo nome e’ Fausto Coppi”. La radio – come spesso accade – scrisse la storia e con quelle parole scolpi’ nelle sue pagine un’impresa destinata a diventare, senza il suo cantore, cosa egregia solo per gli intenditori di ciclismo:”La Cuneo-Pinerolo del 10 giugno 1949, vinta da Coppi, era lunga 254 chilometri, con salite e discese da alcuni dei piu’ alti passi alpini: Maddalena, Vars, Izoard, Monginevro e Sestriere…”. Leggo e mi riappassiono a quell’evento, perche’ c’ero e perche’ la radio era la stessa che pochi giorni prima, il 4 maggio, mi aveva detto che il mio Torino era morto. Ma non c’entra con quello che volevo dire: cioe’ che in questi tragici giorni manca fortemente “l’uomo solo al comando”. Comincio dal meno importante, tuttavia significativo per il mio mondo, quello del pallone: troppi a parlare, troppi a non decidere e al tempo stesso troppi a sbagliare le rare decisioni. Due italiani (Federazione e Lega), uno sloveno (Uefa), uno svizzero (Fifa): sembra il classico inizio di una barzelletta, ma in realta’ il desiderio di Gravina (giocare il campionato fino in fondo) non coincide con quello di Dal Pino, Ceferin e Infantino, per non dire dei presidenti, dei sindacati di calciatori e allenatori, procuratori, sponsor e editori. Manca lui, l’uomo solo al comando. Un grande manager. Una mente e una voce per tutti. Pagato, non gratificato di applausi o condannato alla gogna. E’ emergenza, questa, ed e’ lecito prendere decisioni forti e precise. Non vi sembra che manchi, un personaggio del genere, anche all’Italia divisa fra indecisionisti nazionali, regionali, provinciali e comunali, ognuno rivolto al proprio interesse politico ? E in Europa? A Bruxelles, a Strasburgo, in Lussemburgo non si fa la storia, neanche la cronaca dell’EU, e ogni giorno e’ tradito il motto “unita nella diversita’ “. Piuttosto “divisa nelle avversita’”. Non mi allargo al mondo – Trump, Xi Jinping, Putin – e’ troppo per me, sono soltanto un vecchio cronista sportivo che ha conosciuto e stimato l’uomo solo al comando – Coppi – pur essendo tifoso di Bartali.
GUARDIAMO ANCHE ALLA SOLIDARIETA’ DEI CAMPIONI
Dite quel che vi pare, ma i calciatori non sono i peggiori cittadini di Coronacity. Eppure i benpensanti, smarriti nel deserto della paura, tendono a scaricare sulle loro spalle le piccole/grandi iniquita’ umane di questi giorni infami. Umane? Sovrumane! Cos’e’, il Ronaldo che posa in palestra seminudo mostrando i muscoli perfettamente lavorati alle donzelle che lo circondano e ai milioni di followers di Instagram, se non un Superman narcisista viziato, egoista, che appena ha potuto se l’e’ svignata a Madeira con la scusa di mamma con l’ictus? E a proposito di mamma, cos’e’ Higuain se non un vile milionario che, goduto del tampone per Vip, e’ fuggito in Argentina con aereo privato con la scusa che mamma ha il cancro!? Dico di due juventini in fuga e allora ci aggiungo il terzo che invece e’ si’ colpevole, ma di essere “restato a casa” con la morosa, favorito dal tampone privilegiato. Poi c’e’ Neymar, ci sono anche modesti gregari che sono scappati, ma fanno effetto i vip e quelli che sono andati lontano: “usciti” mentre dovevano restare e comunque autoesentatisi del “modulo da passeggio” giunto alla sua sesta o settima edizione (io ce l’ho per fare la spesa in un luogo dove non si vede un’anima e il controllo me lo faccio da solo parlandomi davanti allo specchietto retrovisore). Trovo molto piu’ cialtroni quei signori che son tornati da Madonna di Campiglio senza controllo e hanno fatto sbroccare il sindaco di Messina, gentaglia vip – leggo – meglio rappresentata da un medico che e’ andato subito in sala operatoria e ha impestato un intero reparto. Peggio tutti quelli che sono tornati a casa, al Sud, non portando la colomba pasquale ma il virus letale. Si’, cari: sono questi gli infamoni, insieme a tutti quelli che evadono i controlli, fuggono davanti alle responsabilita’ e moltiplicano i contagi. Ai campioni che fuggono – dico io – ponti d’oro. E ai pedatori che restano non fategli la guerra, non aiutate i loro presidenti dalle belle braghe bianche che pensano solo alle palanche e dopo averne sperperate montagne per i loro tesorini adesso gli vogliono andare in tasca a recuperarle. Guardate, piuttosto, a quanta solidarieta’ riescono a esprimere, da Ronaldo in giu’: lui ha regalato milioni, gli altri sono protagonisti di mille iniziative benefiche che se fossi uno del sindacato calciatori reclamizzerei abbondantemente alla faccia del motto evangelico “non sappia la sinistra cosa fa la destra”. A parte il fatto che l’opposizione contesta la nota del Matteo Evangelista (6, 1-4) visto che la destra non sa nulla di quel che decide la sinistra (dicono) in questo caso, a tutela del buon nome dei calciatori, sempre e comunque migliori dei loro datori di lavoro, alcune paginate che documentano la loro generosita’ pubblica e privata ci solleverebbero lo spirito dopo le vergognose prove di ostilita’ – altro che solidarieta’ – esibite dall’Europa del Nord nei confronti dell’Italia malata.
QUI CI VUOLE LA SISAL
Ho vinto 25 euro al Superenalotto. Ho fatto due. Non sono mai andato oltre. Due pacchetti di sigarette, ci compro, e il resto a colazione: con un cannolo appena nato. Ma stavolta niente. “Il gioco e’ chiuso – mi dice il tabacchino – le macchine non rispondono…Ci vediamo dopo il virus…”. Gia’, dimenticavo, avevo sentito quel sindaco che si lamentava del gioco, ho letto anche di quello che mancandogli la macchinetta ha ammazzato il gestore poi si e’ ucciso: non aveva il coronavirus, era semplicemente matto, come quei due che a Palermo e a Roma sono andati a passeggio nudi nati e dubito che, senza tasche, li abbiano fermati per chiedergli il modulo con l’autorizzazione. E’ vero che siamo messi male economicamente, e’ vero che i duemila miliardi di dollari stanziati da Paperone Trump mi fan sentire morto di fame rispetto ai miliardini di Paperino Conte, ma un gioco, cos’e’ un gioco? Una parentesi rosa fra le parole “ho paura”. Ci s’e’ messo anche il calcio, a far paura, mostrando bilanci in rosso a ogni livello, anzi il Milan addirittura il piu’ rosso, niente nero, e la Juve la piu’ indebitata, le piace esser prima. Comunque. E quando un giorno si dovesse stilare l’atto fallimentare fra le voci del dissesto comparirebbe il mitico “Decreto Dignita’” che ha contribuito – vietando la pubblicita’ dei giochi – a sgonfiare il pallone (e i giornali sportivi). Ripenso ai tempi del proibizionismo, anni Venti-Trenta, a Al Capone che si arricchisce con il contrabbando e lo fermano solo quando gli Intoccabili decidono di far sul serio. Adesso siamo qui, in Italia, nella fase “chiacchiere e distintivo”, piu’ che dignita’ s’e’ prodotta miseria. Come fare, domani? Chi dara’ il segnale della rinascita?
Nel Dopoguerra di cui tanto si parla – e del quale si perdera’ memoria umana se continueranno a morire tanti vecchi – insieme a tanti Piani, il Marshall/Fanfani per cominciare, un contributo alla rinascita economica lo diede la Sisal, con la mitica schedina nata nel 1945 dall’idea del giornalista sportivo Massimo Della Pergola che, insieme al giornalista scrittore nonche’ produttore cinematografico Fabio Jegher, e al radiocronista Geo Molo, realizzo’ il primo concorso a pronostici, legato al calcio. Vergogna? Qualcuno lo disse, gli ipocriti esistono da sempre, ma visto il successo “d’incoraggiamento” direi, non tanto il vincere quanto il sogno di vincere, la Sisal fu presto “moralizzata” dallo Stato: divento’ Totocalcio e ci aiuto’ a sorridere. Massimo Della Pergola, l’inventore “rapinato” dell’Idea, lavorava con me, a “Stadio” (io in redazione, lui in viaggio, sempre…) e seguiva preferibilmente le partite lombarde extra San Siro, Brescia, Bergamo, Mantova, Como, Cremona…Lo immagino li’, adesso, in quella terra fertile di progetti, ricca di lavoro e dignita’ ridotta alla disperazione, pronto a suggerire “Italo, ci vorrebbe un’idea. Come la Sisal”.
IL DANNO MAGGIORE DI QUESTA PESTE E’ L’ABOLIZIONE DEL MONDO
Mi ha scritto un lettore:”Seguo le sue esternazioni giornalistiche sulla tragedia che viviamo ma non ho mai letto che le manchino le partite di calcio. Come vive la crisi della sua passione?”. La mia passione e’ il mio lavoro e che questo coincida in buona parte con lo sport, il calcio in particolare, mi sembra da piu’ di mezzo secolo un colpo di fortuna che comincio’, invece, con una condanna: un famoso direttore, Giovanni Spadolini, non gradiva la mia irrequietezza e mi sbatte’ a scrivere di sport. Scoprii una inesauribile riserva di umanita’ e – come ho scritto in un libro – potei conoscere il mondo intero viaggiando a spese altrui. Ho letto in alcuni accorati saluti a Gianni Mura che non era giusto ricordarlo come giornalista sportivo, meritava di piu’, come Brera. Ricordo che quando qualche ruffiano definiva Gioann “giornalista scrittore” per elevarlo lui commentava con il solito “l’e’ un pirla”. Confortato da un antico compagno di viaggio, Giovanni Arpino, uno dei piu’ grandi scrittori italiani, che volle farsi giornalista sportivo anche per vedere il mondo. Gli autori di alcuni di quei coccodrilli non hanno evidentemente esperienza di viaggi che io ritengo il primo livello di cultura. La globalizzazione – che secondo gli scienziati ci ha offerto anche il Coronavirus – non affligge gli uomini con la valigia, quorum ego, ma quelli che stanno fermi e ti dicono di correre, e come. C’e’ una versione maligna che riguarda il mio mestiere, firmata dal genio assoluto Leo Longanesi:”Un vero giornalista spiega benissimo quello che non sa”.
Si’, viaggiare. Ecco la risposta al quesito del lettore: il calcio mi manca ma non troppo; le partite spalmate su cinque giorni della settimana mi hanno abbondantemente sfamato, i signori del calcio business scoprono adesso i danni che hanno fatto e spero che il ritorno alla vita comportera’ ravvedimenti. Mi mancano invece i viaggi, mi addolorano le immagini degli aeroporti vuoti, non quelle degli stadi deserti. Questa e’ la mancanza di liberta’, non “io resto a casa”. Il danno maggiore di questa peste e’ l’abolizione del mondo, la resa all’unico libero e impunito e inarrestabile viaggiatore che non conosce confini, neanche quelli austriaci: il Coronavirus.
CHIEDO MENO ENFASI NEL DIRE “I GIOCHI NON SI FANNO”
Come previsto, i Giochi non si faranno. Gia’ chiamarli Giochi – con l’aria che tira – comportava un rischio: quello che certi benpensanti ne parlassero come di una cosa futile, stupida. Solo per aver riflettuto su tempi e modi per salvare l’Olimpiade 2020 Bach, presidente del Cio, e’ stato trattato come un avventuroso imbecille. Lo conosco, dopo tante figure impegnative per fama, gransignori come Samaranch, finalmente un dirigente senza baciamano, un organizzatore senza snobismi aristocratici. Ma no, italian first. Come!? il calcio di Dal Pino, Lotito, Cellino, Zhang e Agnelli e’ riuscito a rimandare il campionato italiano in corso e i “parrucconi” del Cio – si dice cosi’, parrucconi – non riescono a fermare un evento ancora in cantiere, partenza il 24 luglio? Ceferin dell’Uefa e’ riuscito a mettere d’accordo l’Europa e ha sospeso le Coppe mentre si giocavano e questo Bach mena il torrone di Tokio quando gia’ gli atleti hanno detto no, stiamo a casa!? Cosi’ i criticonzi, che poi sono gli stessi che quando non capiscono due piu’ due hanno bisogno di rivolgersi a consulenti preziosi che gli dicano quattro e si sono pure inventati gli intrattenitori calcistico-finanziari che nulla sanno di pallone ma trattano i pedatori come merce di lusso e pontificano di fairplay, borsa, plusvalenze. Gli stessi che dicono “il calcio sesta impresa nazionale per fatturato” e non si sono accorti ch’e’ diventata almeno decima cosi’ come il Quarto Potere – noi giornalisti – non conta piu’ nulla e nulla puote. A costoro in particolare e ai lettori in generale vorrei chiedere di immaginare – senza che gli fornisca dati – quanto costera’ al Giappone, al Cio, ai singoli comitati olimpici, compreso il nostro, e agli stessi campioni, la rinuncia alla data e un semplice rinvio dei Giochi. Glielo dico io, all’ingrosso: miliardi di miliardi.
E i lavoratori che dovranno restare a casa mani nelle mani, disoccupati senza compenso, dove li mettiamo, chi nutrira’ le loro famiglie, chi aiutera’ i loro figli? Il virus assassino un giorno scomparira’, ne sono certo, ma resteranno i fallimenti, i debiti, la paura di rimanere soli un’altra volta e milioni di persone che guarda un po’ riescono a vivere – e bene – grazie allo sport e senza ne potrebbero morire.
Ecco perche’ vorrei chiedere agli annunciatori – giornalisti, mezzibusti, politici, governanti sciolti e a pacchetti – di usare meno enfasi nel dire “i Giochi non si fanno!” cosi’ come hanno detto del Campionato, della Champions, del Mondiale in Qatar. Difendiamo innanzitutto la vita, oggi, mentre il virus cerca di portarcela via, ma difendiamo anche il futuro, cercando di salvare il salvabile. Soprattutto la convinzione di tutelare un bene inalienabile. Ci sto alla battuta “piuttosto che lavorare faccio il giornalista” e la presto anche agli atleti, a tutti coloro che hanno un lavoro divertente avvertendoli tuttavia che quando lo perdi e’ una tragedia doppia. E dunque speriamo di ritrovarci presto, gregari, campioni, narratori, artisti e operai. Si e’ capito che stavamo vivendo un dramma epocale quando si e’ fermato lo sport, capiremo ch’e’ tornata la vita quando si ricomincera’ a giocare.





