La Barba al Palo di Italo Cucci

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“FAINA” MIHAJLOVIC FA SCATENARE IL BOLOGNA

Sinisa Mihajlovic non sempre è stato preso sul serio come meritava. Gli hanno attribuito spesso virtù – come dire? – parziali rispetto alle sue effettive capacità. A Roma, da calciatore, non fece grande effetto ai giallorossi e andò meglio con i laziali: però finí spesso per essere elogiato solo per le preziose punizioni che realizzava. Da allenatore lavorò bene all'Inter ma – cosa volete – era solo il secondo di Mancini. Poi si disse che era la reincarnazione del vecchio sergente di ferro e alla fine tutti d'accordo che fosse un tecnico avveduto, scaltro, per dirla "alla tifosa" furbacchione. Sono sicuro che a Bologna – una volta esonerato il tenero Pippo Inzaghi che faceva male al cuore (?) vederlo cosí incerto e indifeso – Sinisa l'abbiano preso per tutte le mezze virtù che proponeva ma in particolare – dicevo a me stesso e ai tifosi felsinei disperati – per la rinomata scaltrezza che me lo ha fatto ribattezzare "il Faina". Appena sbarcato a Bologna – dov'era già stato dieci anni fa, poi sostituito dall'appuntato di ferro Papadopulo – ha capito che aria tirava: Pippo non sapeva, in poche parole, che i "suoi ragazzi" lo stavano praticamente licenziando timorosi che li stesse trascinando in B. La solidarietà, nel calcio, non c'è più. Ammesso che sia mai esistita. Cosí Sinisa ha avuto buon gioco dando una strigliatella ai pigri malvolenti mentre minacciava severe reprimende a todos. E magari punizioni monetarie. E cosí, quando arrivano a Milano per affrontare l'Inter eternamente alla ricerca di se stessa e pronta a ingaggiare un Diogene (un mago esotico?) che le trovi finalmente un Uomo, i bolognesi si scatenano, giocano la partita della vita (loro) e della depressione (altrui). Passi per il portiere Skorupski che doveva riparare a tutti i costi lo svarione che aveva facilitato il doloroso 4 a 0 del Frosinone a Bologna, ma gli altri, chi avrebbe mai pensato di trovare una squadra di ex coniglioni diventati leoni e dunque in grado di fornire un'esibizione brillante mettendo sotto la titolatissima Inter, i suoi tremebondi titolari e il suo ideologo sfuggito alla strage, Luciano Spalletti? Un chiaro episodio di ipocrisia calcistica, quando si fa cadere un buon tecnico approfittando della sua inesperienza o peggio del suo anche involontario asservimento ai voleri della società. Sinisa ha cominciato a risolvere il problema del Bologna che vuole solamente essere salvato; all'Inter, dove serve uno che la porti in Champions, aspettano invece che si pronunci Marotta, ma i giocatori hanno già sfiduciato Spalletti, checché lui ne dica. Più fortunato – o anche lui scaltro – il buon Di Francesco che nel mezzo dell'incendio tifoso ha trovato non solo il pompiere ma il soldato che sa farsi generale per salvare la squadra, Daniele De Rossi, il magnifico leader che, tornato da una lunga assenza, ha ridato vigore alla squadra. Né DiFra né Spalletti possono dirsi esentati da atroci dubbi mentre corrono alla conquista di un posto in Champions, ma il tecnico della Roma ha tutori importanti, quello dell'Inter no. I signori Zhang hanno fatto una figuraccia mentre preparavano in patria i fuochi d'artificio (invenzione cinese) per il loro capodanno. A qualcuno dovranno farla pagare. Ma cerchino – come dico loro da tempo – anche la Costante Negativa, quel membro del Club che ha celebrato il Triplete e dopo ha fatto soli danni…

FIRENZE INDIGESTA PER IL NAPOLI, JUVE-SCUDETTO: PRATICA RISOLTA

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Vincono tutti. Tranne il Napoli. La Roma strapazzando il povero Chievo, l'Inter con un colpo di Lautaro che gli restituisce l'onore, la Juve esibendo a Sassuolo un Ronaldissimo, il Milan che si è messo in testa un'idea meravigliosa. Il Napoli no: Firenze non gli va giù, i viola hanno fermato la rincorsa, i bianconeri sono il Volo. Non terzi, primissimi. Ma il riferimento al Napoli, se permettete, è il plus di una domenica abbastanza scontata che ha messo in scena la partita più cinicamente gustosa: Manchester City-Chelsea 6 a 0. Con Sarri che cade rovinosamente dal trono degli Eccellenti e diventa barzelletta per i crudeli tabloid inglesi. Ricordate le sviolinate a lui e Guardiola "figli di Sacchi". Figli sí, ma ieri Caino e Abele. E Abele Sarri l'ha preso male, il ceffone, negando a Pep la stretta di mano. Forse temeva che gliela mordesse. Ci va di mezzo, ovviamente è incolpevole, anche il Pipita Higuaín che ho visto girare smarrito per il campo con l'aria di chiedere aiuto mentre anche il Grande Hazard mendicava palloni d'oro.

Detto questo, è facile arguire che lo scudetto resterà a disposizione della Juve fino a maggio. Una pratica risolta.

Adesso è Champions. E allora diciamo la verità: la Juve di Sassuolo, come quella delle ultime settimane, non mi sembra in grande spolvero come vorrebbero dire i gol che segna e le vittorie che porta a casa. Da Bergamo è cambiata. Stenta a fare partita. Poi, com'è successo con il Sassuolo, dopo avere rischiato il pareggio e cincischiato calcio approssimativo, passa a forza di Ronaldo, grandissimo, e con le fatiche di Ercole Mandzukic. Parlo di due straordinari professionisti che mortificano le imprese di divi e divetti tipo Neymar. Ma la Champions è un'altra cosa. Sono convinto – ad esempio – che con l'Atletico Allegri non potrà tenere Dybala su un seggiolino, come fece con Bonucci. E il Dybala d'oggi è un'ombra della Joya rivelata due stagioni fa: umiliato e offeso scorre la lunga lista delle offerte che gli arrivano da mezza Europa. I conti con Allegri li farà a giugno. E il mister deve vincere il Coppone, sennò a ramengo ci va lui.

UN POSTO IN CHAMPIONS NON SI NEGA A NESSUNO

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Gerard Ernault, antico giornalista dell'Èquipe, ha fatto sapere a amici, colleghi, lettori e appassionati che se n'è andato ai pascoli del cielo Jacques Ferran, il Grande Creatore di eventi calcistici. Aveva 98 anni e fino all'ultimo ha seguito e amato le sue creature: la Coppa dei Campioni, nata Coppa Europa nel 1948, quando Jacques lavorava all'Èquipe, e diventata Champions League; il Pallone d'Oro, lanciato quand'era il leader di "France Foitball", nel 1956. Non è vissuto di onori (anche se gli hanno assegnato la Légion d'Honneur) ha lavorato tutta la vita fino a veder tornare il suo "Ballon d'Or" fra le braccia di "France Football" dopo l'iniquo passaggio in Casa Fifa.

Dico di Jacques perché sto dedicandomi agli ottavi di Champions che da stasera, con Roma-Porto, torneranno a dare peso e qualità al calcio europeo com'è purtroppo oggi, sorta di permanente Mercatone dei Piedi in cui si trattano contratti disattesi, valori presunti e bufale reali.

Dico di Jacques perché quando l'ho conosciuto, trentasei anni fa, a una cena in ricordo di Grace Kelly, a Montecarlo, ed ero seduto fra lui e il mitico Jean Borotra, uno dei Quattro Moschettieri del tennis francese, mi disse ch'era preoccupato del futuro della Coppa dei Campioni: "L'Uefa vuol farla tutta sua, con regole tutte sue contrarie alla tradizione". Il tempo ha dimostrato che le sue paure non erano astratte. Se l'aspettava, il Cambiamento, me l'aspettavo anch'io. E mi spiacque che Platini – tre volte Ballon d'Or per generosità di Ferran – non avesse mosso un dito per salvare I CAMPIONI, storici protagonisti di quel torneo, forse perché dominato dal Real Madrid, forse perché dal 1955 al 1993 i francesi non l'avevano mai vinto (Olympique-Milan 1-0).

Se ci fate caso, fra cronache radiotelevisive e cartacee, di questi tempi in Italia non si dibatte tanto sull'esito finale della Champions – inseguita da stasera fino al 13 marzo da sedici club, compresi Roma e Juventus – ma di quale squadra conquisterà il QUARTO POSTO per la prossima edizione. Non bastavano il secondo e il terzo a dequalificare il trofeo dalle Grandi Orecchie, ormai s'arriva verso la metá della classifica per "movimentare" gli affari. Un posto in Champions, insomma, non si nega a nessuno, come la speranza di vincerla, impresa riuscita anche a un modesto Chelsea di Roberto Di Matteo nel 2012. Impresa mai troppo ammirata.

Stasera si gioca dunque Roma-Porto, invocando un successo che ringalluzzisca non solo i giallorossi ma la stagione depressa dallo strapotere juventino; ma la lotta si fa dura – ammesso che Napoli e Inter continuino a reggere lo strascico alla Signora che dorimpoi chiamerò Divina, soprannome di Wanda Osiris – fra Milan, Roma, Lazio e Atalanta. Giuro che mi piacerebbe veder incoronata la Dea, l'unica squadra emozionante portata a livello di Grande Europa da Gasperini. Ha il gioco più "reale", aggressivo come le consente la giovinezza dei suoi uomini guidati dal Papu Gomez che da bizzarro fromboliere s'è trasformato in leader. L'Atalanta ormai merita non solo applausi ma trofei. Per ora nazionali, poi si vedrà.

IL NAPOLI ALLO SCUDETTO NON CI PENSA PIU’

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Il Napoli si è fermato ancora, stavolta davanti alla squadra coraggiosa guidata dal tecnico che ha costruito il sogno napoletano, Walter Mazzarri. Quanto lo hanno sottovalutato, gli esteti che con Sarri credevano di aver toccato il cielo con un dito. L'ho detto e scritto più volte, il sarrismo è utopia. Il mazzarrismo una realtà che ha aperto agli azzurri le porte dell'Europa e ha offerto il vero divertimento. Quando vidi la prima volta il magico affiatamento fra Hamsik, Lavezzi e Cavani li battezzai, affascinato da un concerto di gioco, i Tre Tenori. Mi mancano ancora. Il Napoli allo scudetto non ci pensa più. La Juve è troppo lontana. Stia attento, ora, a Inter e Milan.

Se si degnassero di confermarsi protagoniste, le Milanesi potrebbero dare tono anche al campionato juventinizzato, creando un'alternativa a Napoli e Roma per quel torneo di consolazione che si chiama Champions League. L'Inter è riuscita a battere un'onesta Sampdoria con il gol della domenica di Nainggolan scaturito da una botta di fortuna; ma che la vittoria sia stata firmata dal Ninja ha assunto un significato speciale: il cattivo redento è stato salutato dai cinquantamila di San Siro con una ovazione indirizzata di sponda a Bonnie e Clyde, Wanda e Maurito, nascosti e impellicciati in tribuna e tuttavia rivelati dal maxischermo giusto per beccarsi una solenne fischiata. Si tratta di capire se il posto in Champions l'Inter vorrà cercarlo con Icardi che i suoi nove gol li ha fatti o con quelli che Lautaro Martinez e i nemici di Maurito sognano. Qui si parrà la virtù di Marotta che dopo aver rotto il fastidioso accordo di Lui & Lei dovrebbe ora aggiustare una squadra che non ha ha alternative di gol, almeno per questo torneo. Per il futuro si vedrà.

In questo momento sembra più vivo, compatto e solidale il Milan che con l'impresa di Bergamo non solo fa una classifica insperata ma ci offre il destro per chiedere scusa a Rino Gattuso per non aver creduto in lui come raffinato tecnico: l'uomo vissuto a lungo nello spogliatoio rossonero conduce la squadra con la disinvoltura di chi sa di essere a casa sua. A Milano si sta ricreando – fatte le debite proporzioni – un duello di panchinari come ai bei tempi di Herrera e Rocco: Spalletti è l'Habla Habla di turno, peraltro troppo filosofeggiante, Gattuso il Paroncino tutta pratica, paternalismo e concretezza. Ci sarà da divertirsi.

La Juve vince, osserva distaccata gli improbabili inseguitori e cerca di costruire l'edizione vincente del suo sogno europeo dopo aver ritrovato – se Allegri non si pente – la coppia mascherata, Ronaldo e Dybala.

A FERRARA LA CHIAMANO VARGOGNA

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A Ferrara la chiamano VARGOGNA. Paron Mazza buonanima non avrebbe usato calembour: dal fondo del suo ufficietto avrebbe indirizzato il suo sdegno al mondo arbitrale, alla Federazione, alla Lega e al ministro estense per eccellenza, Luigi Preti, invocando giustizia. O almeno l'applicazione della Regola 18, quella non scritta, che recita: "In circostanze eccezionali usate buonsenso". Ma il commendator Mazza – ct aggiunto delle Nazionali da Brasile 1950 a Cile 1962 – parlava agli uomini, non alle macchine. Si sarebbe rivolto anche al decano e patron degli arbitri, il bolognese Giorgio Bernardi, chiedendo solidarietà. E l'avrebbe ricevuta. Perché un tempo gli arbitri usavano buonsenso. E sembra una sorta di contrappasso il fatto che oggi una insensatezza meccanica sia gestita da due ex arbitri proprio bolognesi, Pierluigi Collina e Nicola Rizzoli.

La VARGOGNA è ampiamente riconosciuta da tutti – esclusi i fiorentini, come sempre da coloro che ne traggono vantaggio – anche se la scelta dell'uomo Var Mazzoleni, soccorritore vedente del malvedente Pairetto jr, risulta nel contempo legittima. I commentatori più generosi consentono un "dura lex sed lex", sentenza rigettata anche da Claudio Lotito, l'unico latinista del calcio meritevole perciò – a mio avviso – di esser nominato ministro.

Mi disturba dover ricostruire ciò che è avvenuto a Ferrara, domenica, all'ora solitamente dedicata ai cappellacci di zucca, ma oportet: al minuto 72'46" risulta al Var un pestone dello spallino Felipe al fiorentino Chiesa in area di rigore ferrarese, non se ne avvede l'arbitro Pairetto jr. che consente il prosieguo del gioco fino a quando Valoti realizza, al 73'20" il 2-1 per la Spal. È in quel momento, proprio dopo le scene di gioia, mentre i calciatori vanno festosi verso il centro del campo per ricominciare, che Mazzoleni e il suo assistente Vincenzi convocano per auricolare Pairetto jr. e gli chiedono la review, termine che sollecita un ripensamento; al 74'53", dopo due abbondanti minuti dal presunto pestone a Chiesa, Pairetto jr. si riguarda e si ravvede: annulla il gol della Spal e al 76'35" assegna il rigore alla Fiorentina: è il 77', sono trascorsi quattro minuti, il risultato invertito, da 2 a 1 a 1 a 2, dà inizio alla dèbacle ferrarese. Il resto è VARGOGNA, checché ne dicano i commenti e i titoli dei giornali che hanno dimenticato il bello del calcio, la sua emozionante incertezza, la sua logica imperfetta che alla fine elegge una seconda vittima dell'infernale macchinazione: Federico Chiesa, accusato del più antico peccato pallonaro, la simulazione, e recidivo per quel che tempo fa gli capitò con l'Atalanta. Chiesa è onesto, recidivi sono gli arbitri e i loro precettori e padroni che pretendono di edificare con l'opera meccanica a loro sovrapposta il Tempio della Giustizia, rovinando il Calcio Antico mentre imperversa il Calcio Nuovo: quello della impari lotta fra un club onesto di gloria, l'Internazionale di Milano, e una signora Wanda consorte e agente di Maurito Icardi; quello di Cuneo-Pro Piacenza 20 a 0 sul quale si avventano i moralisti e i responsabili istituzionali a scoppio ritardato, essendo ben nota la situazione che avrebbe portato allo sconcio in una categoria – la C – allo sbando. Al disopra, in A, una storia ferrarese che non dimenticheremo mai. Detto senza calembour, una vergogna.

PROVE DI CHAMPIONS MA ROMA E JUVE NON BRILLANO

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La Champions logora chi ce l'ha. E' evidente che, quando c'è di mezzo la coppa dei sogni, la testa vada altrove e condizioni le giocate, appesantendo gambe e mente. La Juventus e la Roma lo dimostrano. E i risultati vittoriosi non ingannino. I bianconeri, aggrappandosi alla ritrovata vena realizzativa, hanno sconfitto il Frosinone prima e il Bologna dopo la disgraziata serata di Madrid contro l'Atletico. Ma senza brillare, specie al Dall'Ara contro un ritrovato e mai domo Bologna, che con Sansone ha sfiorato l'impresa nel finale, fermandosi al palo. La Roma ha battuto il Porto e poi superato tra mille difficoltà gli stessi avversari: il Bologna (con un Olsen fin qui mai così protagonista in positivo) e sabato sera il Frosinone, con uno Dzeko di nuovo lucido in zona gol. Dopo la settimana dedicata alle semifinali d'andata di Coppa Italia (Lazio-Milan e Fiorentina-Atalanta), tornerà di nuovo a suonare la musichetta: come ci arriveranno?

In ordine cronologico, la Roma – che ha anche un derby da preparare – sbarcherà in Portogallo a inizio marzo con un vantaggio limitato: il 2-1 dell'Olimpico non offre garanzie, anche perchè il Dragao sarà una bolgia. Di Francesco attende con ansia gli esiti dell'infortunio di Manolas: il greco è uscito molto dolorante alla caviglia e, non è un caso, il Frosinone ha banchettato, trovando il 2-2 con Pinamonti e sfiorando il clamoroso 3-2 con Trotta (riscatto di Olsen dopo la 'papera' su Ciano) dopo la sua uscita in barella. Prima del guizzo bosniaco che ha restituito serenità a un ambiente sempre sul filo del rasoio. Di Francesco naviga a un solo punto del lanciatissimo Milan di super Piatek, il polacco dalle medie gol spaziali. Gattuso lo sogna, il ritorno in Champions. E questo Milan ritrovato ha tutto per arrivarci.

E si torna alla Juventus. Le scorie della serataccia di Madrid erano ben evidenti per almeno un tempo a Bologna, al quale Mihajlovic ha dato un'anima battagliera oltre a un gioco apprezzabile. Allegri ha messo decisamente mano alla formazione, rivoluzionandola negli uomini e nello schieramento. Fuori Dybala, dentro Bernardeschi, Cancelo più avanti. Esperimenti da rimonta, il 12 marzo non è poi così lontano. Non è andata granchè bene, fatta ovviamente eccezione per il risultato che avvicina sempre più l'ottavo scudetto consecutivo. Servirà un altro Ronaldo, certo. Come servirà un altro Mandzukic per coltivare speranze di quarti contro i ragazzi del Cholo. Per vincere in Italia è bastato un guizzo di Dybala, appena subentrato ad Alex Sandro. Poi anche la sorte ha contribuito, con il palo di Sansone (bravo Perin) a tempo quasi scaduto. In serie A è sufficiente, in Champions no. Allegri ormai lo ha capito. E anche se c'è un Napoli da affrontare tra pochi giorni al San Paolo, sta già cucendo l'abito per la grande serata.

CALCIO MAI TANTO VOLGARE E RISSOSO

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Il calcio e' bello perche' e' vario. Sono cresciuto in un calcio immobile nella sua secolare bellezza fissata in un'opera memorabile di Desmond Morris, "La Tribu' del Calcio", pubblicata nel 1981. Zoologo e etologo, Morris ha immortalato storia, regole, vizi, virtu', realta' romanzesca e favole del gioco piu' amato del mondo. Poche norme sono cambiate dalle origini "civili" di fine Ottocento. Solo 17 le regole. Poi i maestrini ci hanno spiegato che quello era il calcio dei secoli bui, con l'ignoranza e la tracotanza di chi continua a definire il Medio Evo stagione di arretratezza umana e culturale. E sono arrivati i riformisti incompetenti. Non e' incompetente – ha semmai accusato altri difetti – Michel Platini che da presidente dell'UEFA nel 2008 ha introdotto nella competizione il logo RESPECT per promuovere il rispetto dentro e fuori dal campo. M'e' piaciuta, quella campagna, ancorche' fortemente retorica, che accompagna da anni l'evento Champions League, e il calcio in genere, direi, anche se l'erede della favolosa Coppa dei Campioni e' presentata dall'UEFA con parole non degne del massimo rispetto:"La Champions – leggo – la competizione piu' bella del Mondo riparte per la stagione 2018-2019, trova le migliori quote e gioca su https://casino.netbet.it/".

Senza andar lontano – ho gia' perso tempo nella dotta introduzione – mi chiedo quanto RISPETTO abbiano mostrato di recente sul campo Simeone, col suo gesto cafone a fine Atletico-Juventus, e Maurizio Sarri con la sceneggiata improvvisata per redarguire Kepa, il disubbidiente portiere del Chelsea (e dico del Sarri che poco rispettosamente tempo fa parlo' con Mancini). In realta' il calcio non e' mai stato tanto volgare e rissoso. Ricevendo un valore aggiunto dalla VAR, inventata da affaristi ammantati di purezza per dare al calcio Giustizia e Pace, due virtu' contraddette da sempre da uno sport nato con contenuti spesso volgari, ma da diatriba da Bar Sport, non da Tribuna dei Giusti.

Come avevo largamente previsto la macchinosa VAR e i VAR suoi operatori hanno beatificato l'Ingiustizia e istituito la Rissa Continua, santificando infine Ipocrisia, Incompetenza e Sospetto.

Mai nome piu' efficace poteva partorire il destino se non quello dell'arbitro di Fiorentina-Inter, Abisso, che ha anche rivelato – si fa per dire – l'incontinenza verbale di Spalletti. Per restare in tema, l'ho sempre rispettato anche nelle sue tormentose vicende romane e non l'avrei "fotografato" nelle intemperanze fiorentine se non fosse uno che va eternamente filosofando sulla ineluttabilita' delle spesso confuse vicende del calcio; uno che per assecondare l'ipocrisia del politicamente corretto ha approvato la VAR-GOGNA che ha disabilitato gli arbitri esponendoli al pubblico ludibrio, indignandosi – come altri mister – solo quando gli conviene. Sa parlare eccome, l'uomo di Certaldo, e vorrei che si rivolgesse una volta per sempre ai media nel suo bell'italiano parlandoci dell'Inter e Icardi, dell'Inter e Perisic, dell'Inter e delle sue perpetue debolezze e anche della VAR. Lui che non e' volgare come Simeone, giovane arnese del vecchio impudente gioco del pallone, che almeno vince, non assecondando lo slogan juventino mal interpretato da Allegri ma perche' ha costruito una macchina da guerra a sua immagine e somiglianza capace di coinvolgere anche un esemplare calciatore come Antoine Griezmann.

CONTANO ZONA CHAMPIONS E ZONA DISPERAZIONE

L'amatissimo "ex" del Napoli che salva la panca grazie ai gol di due "ex" del Napoli è più di una favola: è il segno dei tempi. È la globalizzazione del calcio. Sarri, Higuain e Jorginho, tre personaggi ancora "nostri" nonostante oggi rappresentino un ricco club londinese, il Chelsea, che ogni tanto ha bisogno di darsi un tocco di italianità, prima con Vialli, con Zola, Mancini, Di Matteo (che Champions!), poi Ancelotti: non solo per cambiare tattica – com'era successo fino a Carletto – ma per innovare, per portare nella patria del calcio il Verbo Nuovo; qualcuno dirà "seminuovo" perché a Manchester c'è Guardiola, giovane…maestro di Sarri, ma in verità il bizzoso toscano posa soltanto a allievo del Pepp perché in realtà è lontano dal tikitaka, cerca qualcosa di nuovissimo, la pietra filosofale del calcio, ovvero la perfetta fusione fra offensivismo e difensivismo. Ma c'è dell'altro, nella partita con il Fulham, c'è l'uscita di scena dalla Premier, forse per sempre, di Claudio Ranieri: un altro elemento per dire quanto ormai siamo europeizzati (e non tratto, per ora, i contatti con Spagna, Germania e Francia). In questa chiave, a casa nostra, ci si sta appassionando più alla Champions che al campionato, ormai un…peso anche per la stravincente Juventus.

Il fine settimana è stato particolarmente interessante sotto questo punto di vista, a cominciare dalla sconfitta dell'Inter a Cagliari che ha subito trovato una lettura – negativa – europea, ribadita e drammatizzata dalla vittoria del Milan sul Sassuolo; e per fortuna la Roma è stata affondata dai tre siluri laziali, sennò avrebbe strillato anche il silenzioso Zhang che assiste, forse scandalizzato, alle deplorevoli vicende di Spalletti e Icardi, di Marotta e Wanda (unicuique summit). La Zona Champions e la Zona Disperazione (quest'ultima pronta a divorarsi il glorioso Bologna) sono il vero campionato che conta ma è evidentemente il minitorneo europeo quello che affascina, tant'è che Torino e Atalanta, a quota 41 come la Lazio, a -3 dalla Roma e a -6 dall'Inter, hanno cominciato a pensare alla Champions: atteggiamento molto positivo perché se ti va male è pronto il paracadute Europa League, la coppetta di consolazione che porta anche soldi. In attesa delle battaglie decisive, un giudizio tecnico: la squadra che gioca il calcio più brillante e fascinoso è l'Atalanta, grazie soprattutto a Zapata e Papu Gomez, attaccanti d'una volta, protetti da una difesa Italian Style.