La Barba al Palo di Italo Cucci

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FINISCE UN CAMPIONATO STRAORDINARIO MA ANCHE FALSATO

Finisce un campionato straordinario. E non dico per valori tecnici o di spettacolo, essendo questo svanito – dobbiamo pur dirlo – con l'addio di Sarri. No, è straordinaria la Juve con i suoi otto scudetti consecutivi – mai nella storia del calcio europeo più evoluto – che dirige in solitario la danza, arrivando a concepire certe partite di campionato come accessorie a quelle di Champions, tanto ormai a chi interessa, lassù dove nasce il Po, vincere o perdere con la Spal? È tutto molto semplice, per il Vincitore, e cosí è semplice il calcio giocato come vuole Allegri che con tutta semplicità rifila 17 punti di distacco a Ancelotti, 24 a Spalletti, 32 a Gasperini e 34 a Mazzarri, roba da ripresentarsi a Coverciano per gli esami di riparazione. O per chiedere alla Juve – come ho proposto tempo fa – di rinunciare a partecipare. A pagamento, naturalmente. Come fece la Gazzetta quando invitò Binda a rinunciare al Giro d'Italia che vinceva sempre. È tuttavia, questo, anche un campionato falso. E vi spiego perché.

Tutto cominciò il 5 aprile del 1946 quando si giocò la prima schedina della Sisal, quella con l' 1-X-2. L'aveva inventata il giornalista Massimo della Pergola con due colleghi mentre…soggiornavano in un campo profughi in Svizzera. Erano ebrei. Lavorammo insieme a "Stadio", con Massimo, nei Sessanta, io appena arrivato, lui prestigioso collega. Era un signore affabile, cortese, sempre sorridente e quando gli chiesi della sua invenzione che nel frattempo il Coni aveva fagocitato e rinominato Totocalcio, mi parlò di quei giorni di quasi prigionia e del calcio unica distrazione. Del gioco, che nel frattempo aveva fatto ricchi, anzi milionari, alcuni personaggi, e aveva sollevato qualche scandalo, mi disse soltanto:"Va maneggiato con cura". Già: qualcuno lo aveva maneggiato con spirito truffaldino, furono identificati addirittura alcuni arbitri stranieri impiegati nel nostro campionato- slavi o tedeschi dell'Est – che concordavano i risultati per puntarci sopra. E mentre Brera s'inventava l'apocrifo Guicciardini "non fidarti mai delli italiani" furono stabilite alcune regolette per far fronte al gioco, alle trasmissioni radio, a tutto ciò che intersecava la partita di pallone. Le partite si giocavano sempre tutte alla stessa ora, la radio trasmetteva solo il secondo tempo e, una volta arrivati a fine torneo, si sospendevano le radiocronache per impedire che si verificassero imbrogli in zona retrocessione. Il sospetto era più che legittimo ma con l'avvento del calcio business, delle pay tivù, delle partite giocate ogni giorno a tutte l'ore, DELLE SCOMMESSE ADDIRITTURA IN CORSO DI GIOCO, si è persa ogni remora morale assommando agli antichi brogli (i famosi accordi di spogliatoio in cui caddero anche famosi allenatori) i suggerimenti truffaldini delle nuove tecnologie. Non solo: anche davanti a risultati scandalosi trovi gli addetti ai lavori pronti a rispondere con arroganza che la squadra la fanno loro ed è sicuramente la migliore possibile, come pretende il regolamento. Ebbene: se qualcuno in Lega o Federazione si prendesse la briga di ricostruire anche il campionato corrente secondo le norme disattese, scoprirebbe che si tratta in un torneo falsato. Sano in testa grazie alla stravincente Juventus, già discutibile nella Zona Champions che vale milioni, scandaloso in coda. Così va a morire il calcio, infestato di cialtroni come ogni grande attività istituzionale di questo "Mondo di ladri" – parole e musica di Antonello Venditti. E dove si ha addirittura l'arroganza di inventare marchingegni ipoteticamente garanti della regolarità di un match mentre non si è mai data una risposta a un quesito storico: chi controllerà i controllori?

FILOTTO JUVE, MAI VISTO

Filotto. Mai visto. E ne ho avuto, del tempo, da quando ragazzo conobbi le adorabili follie di Omar Sivori. E per fortuna (juventina) filotto con vittoria, sofferta ma aderente allo slogan bonipertiano che pare faccia soffrire tanti re-inventori del calcio. Sì, vincere è l'unica cosa che conta, altro che la voglia rabbiosa di infiltrare anche nel gioco del pallone l'insopportabile, ipocrita principio del politicamente corretto. Criticano, ridacchiano a denti stretti – come succede da otto campionati – solo i perdenti, quegli squadroni che in agosto erano da scudetto e adesso si spacciano per "aspiranti partecipanti alla Champions", grassa consolazione economica per quelli che non sono riusciti a infastidire la Juve di Conte – l'amatissimo che ne ha vinti tre, di scudetti – e di Allegri, lo sgradito, prima trattato da infiltrato eppoi – dopo cinque trionfi – appena sopportato. Perché ha perso la Coppona nonostante il mega acquisto di Ronaldo che non ha migliorato il trend, non in Europa, neppure in Italia, nonostante il clamoroso azzeramento di Higuaîn e quello subdolo (ma non troppo) di Dybala.

Massì, viene spontaneo cercare di trovare un mucchio di difetti alla Vecchia Signora, e tanti sono quelli che le raccomandano un profondo lifting come se fosse un rudere e invece da cent'anni onora il nome che le diedero i Padri Fondatori: Giovinezza. Eterna, sembrerebbe. Proprio grazie a quelli che non la sopportano più e osano definire "povero" questo campionato. Ma cos'hanno fatto per fermarla il Napoli, l'Inter, il Milan, la Roma, la pluricelebrata aristocrazia ridotta come quei mitici Circoli della Caccia che chiudono i battenti perché non c'è più chi paghi esagerate quote? Cos'hanno messo in campo per contrastare la più democratica dittatura di tutti i tempi? Quali campioni hanno ingaggiato per ferire l'avversaria che ne ha acquistati tanti, dunque accusata – è l'ultima moda – d'ingiusto superfatturato, quando lo scudetto nel gran finale se l'è conquistato addirittura con i gol di Kean e impiegando ragazzotti che confermano l'Eterna Giovinezza? Se la Juve ha sofferto – ed è vero – è solo colpa sua. Ha sbagliato l'incontro con l'Ajax non solo per merito dei baldi olandesi oggi portati alle stelle ma perché ha fatto investimenti esagerati per offendere e sottovalutato la necessità di ricostruire la superdifesa che dall'Ottantadue al Duemilasei, fino a ieri, da Gentile, Cabrini, Scirea a Barzagli, Bonucci, Chiellini ha garantito trionfi azzurri e bianconeri. Ho scritto che la presenza di Cristiano Ronaldo è stata azzerata dall'assenza di Chiellini. E per fortuna il guerriero inventato da Marcello Lippi è stato presente nel tempo ch'è servito per vincere otto scudetti consecutivi. Questo è lo scudetto numero 35, per gli ultrà presenti anche al vertice 37, compresi quelli versati a Calciopoli, e vien voglia di dire chissenefrega se li contano come buoni, tanto chi può contendere alla Signora le stelle e i tricolori che la fan sembrare arrogante? Ho vissuto stagioni, con i Moratti e Berlusconi, in cui si respirava aria di sfida, voglia di lottare contro gli Agnelli e la loro supersviluppata creatura; stagioni irripetibili da quando i nobili decaduti combattono per un posto in Champions senza essere Campioni d'Italia. E s'accontentano. Perché i soldi contano più della gloria.

Signora Juventus, non dimentico di averti vista pareggiare, a Rimini, esordendo il 9 settembre 2006 nel campionato di Serie B – mortificata ma non distrutta – riprendere il cammino della ricostruzione di una storia ineguagliabile. E allora, sinceramente, chapeau.

L’AJAX FIORE MAGICO SPUNTATO SULL’ERBA

Ho seguito in mezzo secolo tutti i campionati, dalla D alla A, e spesso le storie minime dei Sessanta tornano sulla scena della memoria con evidenza d'attualità. Le respingo, talvolta, perché so che ai lettori, a molti lettori, risulterebbero poco interessanti mentre il campo è occupato da una Juventus che conquista otto scudetti di fila e annichilisce la storia di un gioco che ha ormai confuso i valori tradizionali – tecnica, tattica, fisicità – con il fatturato. Per fortuna ogni tanto spunta sull'erba un fiore magico che tutti attrae, mostrando quanta voglia vi sia, ancora, di calcio vero. È successo con il giovane Ajax che ha spento la gloria apparente della Juve dopo avere mortificato il Bayern e il Real. Ed ecco, puntuale, direi decennale, il dibattito sul Nuovo. Cos'è, questo Ajax impertinente, sfacciato, libero da lacci e lacciuoli tattici? Per tanti che non l'hanno mai visto è tout court l'erede dell'Ajax di Crujiff. Mancano i pareri di Rinus Michels e Nereo Rocco che il 28 maggio del 1969, cinquant'anni fa, sconfisse i lancieri olandesi 4-1 (e Crujiff c'era) concretizzando il motto che molti credevano scherzoso: "Vinca il migliore!", e il Paron, serissimo, "Speremo de no".

Cos'è il Nuovo Ajax l'ha rivelato ai docenti imparruccati Sinisa Mihajlovic quando ha detto ai suoi uomini, reduci da poche vittorie in coda a mesi di sconfitte: "Andate e giocate come l'Ajax, che va in campo con la testa libera, per divertirsi e per giocare a calcio". Il 3 a 0 inflitto alla Sampdoria di Giampaolo da un Bologna elettrico, corale e audace spegne i dibattiti e racconta che il campionato non è morto di Juve e anzi ha una vitalità dirompente proprio là dove si gioca la salvezza piuttosto che il posto in Champions, riservato non tanto ai migliori ma agli sconfitti lasciati dalla Signora a 20 punti (Napoli), 26 (Inter), 31 (Milan), 32 (Roma), 35 (Lazio). E la chiamano aristocrazia del calcio italiano riferendosi abusivamente alla stagione delle Sette Sorelle!

C'è una squadra che dal fondo rivela i valori di un tempo, la Spal di Semplici, ingiustamente sospettata di esser stata favorita dalla Juve battuta a Ferrara: era solo l'anticipo dell'Ajax. E c'è un episodio che la dice tutta sulla virtù delle ultime della classe: il Chievo retrocesso che va all'Olimpico e batte la Lazio. Ho il sospetto che Mimmo Di Carlo, gravato di penalità e di pensieri fin dall'avvio del torneo, abbia detto agli Asini Volanti: "Andate in campo con la testa libera e la voglia di divertirvi, come l'Ajax". E cosí fu.

E mentre le signore decadute si sfidano per un posto in Champions in un torneo di Ciapanò (parola di Costacurta) Frosinone, Udinese, Genoa, Bologna e Empoli (queste due in scena sabato) promettono le ultime vere e sane emozioni del gioco e della passione. Ricordate il Crotone di Davide Nicola? Mentre la Juve vinceva il suo sesto scudetto consecutivo, esibiva la performance più emozionante del campionato, salvandosi e realizzando più punti dei Campioni nel girone di ritorno. Forse ci risiamo.

SI PUO’ ANCORA PARLARE DI CALCIO

La lite televisiva fra Allegri e Adani mi ha talmente immalinconito che ieri, domenica di superspezzatino al sapore di niente (quasi) sono sceso in altri territori di caccia, a interessarmi di cose personali, ad esempio del futuro del Trapani, che aspetto di rivedere in B, e del Cesena, che la prossima domenica riceverò in C. Avendo forse già risolto il problema di vedere il Bologna in A. Mi sono divertito di più. Non faccio l'ipercritico nè il disfattista ma vi giuro che il calcio vero è quaggiù, non dove meriterebbe di essere frequentato, al vertice, almeno per rendere omaggio a Cristiano Ronaldo che è venuto in Italia non solo per un mucchio di soldi (altrove, Cina o Emirati, l'avrebbero riempito d'oro) ma per firmare uno scudetto e il gol Seicento, rari motivi d'orgoglio in una stagione che va scemando con quel torneino dei perdenti che si chiama Zona Champions. In un momento di fiacca epocale è possibile che Massimiliano Allegri, il più scudettato della storia, trovi il tempo e il modo di litigare con un teoreta sui presunti massimi sistemi del Giuoco del Calcio? Ma lasci perdere, faccia semplicemente sapere al colto e all'inclita che il Bel Giuoco senza vittoria non esiste, così i tifosi del Napoli, dell'Inter, del Milan, della Roma, della Lazio eccetera avranno prima o poi il coraggio di smettere di far finta di niente mentre gli raccontano "vinceremo" e non vincono mai. Sarà un caso che a Milano sponda Inter sognano Mourinho, quello che mettendo il pullmann davanti alla porta vinceva il Triplete? Sarà un caso che alla Roma s'aspettano Antinio Conte, omaggiato anche da Ranieri, panchinaro presente, per godere di un po' della sua Intensità, mica di un calcio – com'è tornato di moda dire – all'Olandese?

Il blabla degli opinionisti è diventato devastante. E dire che di temi tecnici da sviscerare ce ne sarebbero. Ad esempio, dopo Inter-Juventus avrei affrontato le certezze di Spalletti che al venerdì fa capire che giocherà Martin Lautaro e invece manda in campo Maurito Icardi come se l'uno o l'altro per me pari sono, mentre anche il più umile degli opinionisti/critici segnala che varrebbe la pena metterli insieme per tentare di vincere e non dirsi poi soddisfatto di un pareggio strappato a una squadra ormai demotivata come la Juventus; e avrei eventualmente tentato una lettura del doppio gioco che fanno Cristiano e Max: il primo segna gol per la collezione, il secondo fa esordire in Serie A Matheus Pereira, brasiliano ventenne cresciuto in casa, goleador nella Juve di C, già titolare di una favola che comincia a undici anni con la maglia del Corinthians…Vedete, di calcio ce n'è ancora, anche per gli opinionisti più pretenziosi. Io ad esempio, mentre si parla di Allenatori Grandi Firme (e di Gasperini, ça va sans dire) sto studiando Sinisa Mihajlovic e le sue Otto Giornate di Bologna. Credetemi, di calcio si può ancora parlare, senza rodersi il fegato, come hanno fatto Allegri e Adani.

E’ COME UN CAMPIONATO FALSIFICATO

Il problema vero della Juventus non è vincere e giocar bene insieme, è piuttosto la responsabilità del campionato che ci lascia, finita la cavalcata su una gamba sola che le è costata l'ennesima Champions. Fabio Capello inventò la formula "campionato poco allenante" per giustificare i flop europei dell'Intensissimo Conte, il quale fu l'unico a non gradire la scusa: i perdenti "non allenanti" tacquero. E ancora la Juve è riuscita ad azzerare con l'ottavo scudetto di fila (roba da Rosenborg, quella squadrotta norvegese che riuscì ad umiliare proprio in Champions il Milan di Sacchi) le ambizioni delle presunte grandi di un tempo e a relegarle in un torneo minore detto Zona Champions dove non coglieranno Tituli ma un po' di milioni da buttare (letteralmente) sul mercato.

È come un campionato falsificato, questo, e la reazione dei condannati non è un'ammissione di colpa ma una chiamata di corrèo. Lascio perdere il Napoli, da dieci anni consecutivi presente in Europa appena rientrato in A dopo lunghi anni bui nelle serie minori, senza produrre investimenti "popolari" quanto suicidi, il tutto valido come e più di uno scudetto. Lascio perdere anche la Roma, straniata da eventi commerciali (nuovo stadio) e sentimentali (Totti eterno) che fanno risalire all'enorme fatica fatta da Capello per vincere uno scudetto, e ancora oggi incapace di darsi un tecnico deciso, competente, autorevole ispirato solo dalla voglia di lavorare e costruire. Sono invece palesemente complici nell'imbarbarimento tecnico del torneo le squadre di Milano, le eterne rivali "stellate" come creature della Guida Michelin, trasformatesi – quando va bene – in damigelle d'onore della Vecchia Signora: l'Inter Cinese cui si attribuiscono ricchezze esotiche non produttive tanta è l'abitudine a perseguire antichi vizi autolesionisti; il Milan Finanza le cui avventure sono percepibili solo leggendo "il Sole 24 ore", quelle del campo risultando inferiori alla peggior gestione di Duina e Colombo.

Ebbene, in tutto questo ci si ritrova nel bel mezzo di un kafkiano Processo a Max Allegri che vince ma non convince – antica formula – perché non diverte, mentre quei cinici guduriosi amanti della Gleba se la spassano fino alla noia, fino a una ribellione interna che gli è consentita perché loro sono gli otto-scudetti-otto e le sette-sconfitte-sette in Coppa dei Campioni (così la chiamo perché la Juve la gioca sempre da Campione d'Italia). La rissa fra l'accusatore Adani (Lele chi?) esteta a senso unico e Allegri parrebbe la ripetizione dell'antica, orgogliosa e colta lotta fra il calcio "all'italiana" di Rocco e Brera e la "scuola napoletana" di Vinicio e Palumbo: ma ne è solo un ridicolo surrogato. Soprattutto perché Allegri c'è cascato. L'Allegri che rispetta se stesso quando litiga con Sacchi, un…ferrato antagonista, un maestro. A proposito, uno come Mourinho – cito il Migliore – l'avrebbe chiusa subito con una battuta che purtroppo non si trova nel bignami delle frasi fatte. L'ironia se non ce l'hai non te la puoi dare.

CONTE VUOLE LA CHAMPIONS, MOURINHO SULLO SFONDO

Buffo. O tragicomico. C'è Antonio Conte che ha voglia di tornare in Italia. All'Inter o alla Roma. Che giocano a ciapanò. Spalletti pareggia a Udine e filosofeggia. Ranieri pareggia a Marassi col Genoa e dice "peccato". Mentre Prandelli si mette le mani fra i capelli, l'ultima chance l'ha avuta lui. Peccato davvero. Cosa voglia l'Intenso ex Juve, ex Nazionale, ex Chelsea non sembra un mistero: vuole la Champions, vuole affrontare le sue ex ma rischia – come diceva Franco Sensi – di far la fine della bella Cecilia. Il resto si sa. E intanto, con mire meno pretenziose, sullo sfondo s'intravvede l'ombra di Mourinho. Giuro che del mercato delle bufale non m'interesso, abbiamo fatto il pieno. E non è servito a rallegrarci neanche l'arrivo di Cristiano Ronaldo, CR601. Preferisco Conte.

In attesa dell'Intenso, il fronte tecnico è desolante. Ho detto di Spalletti e Ranieri, Inzaghi ha fatto le prove della finale di Coppa Italia, Montella svergogna la Viola e chi ha cacciato Pioli, Ancelotti recita in un teatro deserto, il match clou è Milan-Bologna con le pene di Gattuso e l'ennesimo esame per Mihajlovic, il migliore insieme a Mazzarri e, ovviamente, Gasperini. Ripenso alle ultime baruffe televisive fra esteti e risultatisti e mi vien da ridere: si prendono tutti sul serio, Allegri fa addirittura beneficenza offrendo la seconda chance ai detrattori.

Mi aspetto un bel dibattito su Gasperini. La sua Atalanta vince e riscuote complimenti come l'Ajax ma la sua arma tecnica non risponde a Bellezza ma a Concretezza. Che differenza c'è fra la Dea e la Signora? Per me la soluzione dell'angoscioso dubbio è semplice: l'Atalanta è sí di Zapata, sí del Papu, ma è una squadra. Più della Juve, più dell'Inter, più di tutte le altri. E questo si chiama calcio. Come il titolo dell'ultimo libro di Allegri: "È molto semplice".

QUANTE EMOZIONI NELLA ZONA SALVEZZA

Forse perché coinvolto dalla passione per il Bologna, frequentatore dei quartieri bassi – quest'anno bassissimi e pericolosi – ritrovo nella Zona Salvezza (che appunto preferisco alla Zona Retrocessione) tutte le emozioni – e anche prove di grande bravura – tolte al campionato dalla Juventus. Criticatemi, ditemi pure quant'è bella la Zona Champions, che con sei candidate all'Europa che conta partorisce da settimane match combattutissimi; ma avendo conosciuto e frequentato la Coppa dei Campioni originale non riesco ad esaltarmi per le imprese di un gruppo di Straordinarie Perdenti cosí snobbate dalla Juve: Napoli a 16 punti, Inter a 26, Atalanta a 27, Roma a 30, Torino a 32…E qui mi fermo per ribadire: gloria agli ultimi, alle loro pene, speranze, delusioni; alla loro umiltà ch'è sempre una lezione di sport come quella che seppe dare due anni fa Davide Nicola con il Crotone.

Onore dunque al Chievo, ai Mussi Volanti che lasciano la Serie A dopo diciott'anni (con un solo scivolone), unica squadra salita al vertice dai campionati regionali, amministrata dall'ormai mitico Luca Campedelli che, guarda caso, è l'unico produttore di panettoni che non piange sull'uvetta versata, e ha fatto anche la Champions – lui sí con merito – e deve la retrocessione non al lavoro di Mimmo Di Carlo, ottimo, ma a una semifurbata amministrativa con annessa penalizzazione (bacchettata!) e al trasferimento del Mago Sartori all'Atalanta che fa faville (detto fra noi, sennò Gasp s'offende: la Nuova Dea l'ha fatta lui, Sartori, contestato dall'allenatore oggi lodatissimo al punto che qualcuno l'ha definito "migliore di Conte").

E onore al Frosinone che prima di retrocedere ha lottato fino all'ultimo respiro e va a riposo, penso per una stagione, con un'immagine imprenditoriale e sportiva degna del suo presidente, Maurizio Stirpe, uno dei maggiori industriali del Lazio, vicepresidente nazionale di Confindustria. Stirpe ha affermato la sua passione di uomo e di sportivo offrendo ai tifosi e alla città di Frosinone uno stadio nuovo che (ancora) non ha un nome furbo di sponsor ma quello di suo padre, Benito, come si vuole in una storia che mi piacerebbe sentir raccontare dal caro Nino Manfredi con il suo accento di figlio di Ciociaria non a caso detta Terra di Lavoro.

È minacciato di retrocessione – ma non gliel'auguro – anche l'Empoli Football Club di Fabrizio Corsi, il presidente rifondatore che dal '91 ha realizzato performance straordinarie offrendo al calcio, fra cadute e resurrezioni, maestri come Guidolin, Spalletti, Orrico, Silvio Baldini, Cagni, Malesani, Pillon, Sarri e Giampaolo e tanti campioni rappresentati da Massimo Maccarone e Totò Di Natale. Corsi come Anconetani, Empoli come Pisa, la classica scuola toscana dove spesso, a fronte di una grande tradizione, nascono gli Innovatori. La drammatica stagione dell'Empoli non è frutto di errori banali ma di una forse fatale indecisione fra l'affidarsi del tutto all'immaginifico Andreazzoli o a Iachini, risultatista per eccellenza, paradossalmente applauditi quando conquistavano o perdevano non tanto la panchina ma la cattedra all'Università di Empoli.

LOTTA SALVEZZA DA INFARTO MA SERVE CONTEMPORANEITA’

Come giocherà il Bologna con il Parma? Come il Palermo contro il Cittadella dopo avere saputo che ogni sforzo – lungo un anno – per tornare in Serie A sarebbe stato azzerato perché il Sistema ha deciso di mandarti all'Inferno, non in Paradiso. E mi scuso con la C, campionato nobile frequentato nella mia giovinezza quando l'interlocutore era Artemio Franchi, leader maximo del calcio: no, non è la C l'inferno, lo è la condanna a dover rinunciare a valori sportivi conquistati sul campo con lavoro, passione, soldi – tanti soldi – e anche errori, tanti errori lasciati impuniti finché è entrato in scena il grande moralizzatore. Ecco, il Bologna dopo aver visto e rivisto Sampdoria-Empoli giocherà come se sentisse la mannaia sul collo. Se prima si chiamava Zona Salvezza oggi si chiama Zona Retrocessione. Quando i fatti (bilanci manovrati o partite dubbie) si verificano, si tace: è politica – si dice lassù – il lavoro sporco lasciamoli ad altri. La partita Sampdoria-Empoli è sospetta? Un giorno se ne parlerà. Non ora. Non basta averla vista, la partita, una scansata generale nonostante le parole dell'allenatore Giampaolo che alla vigilia diceva "È un insulto discutere la nostra professionalità" e dopo aver perso ha precisato: "Siamo abituati a questi finali".

Non discuto la sua correttezza, per carità, starei solo un po' più vigile. In tutti i sensi. Quello che da tempo condanno è il Sistema, che non si chiama Abete, Tavecchio o Gravina ma pay-tv. Non ci voleva molto a tentare di mettere in campo un minimo di regolarità, almeno in questa fase cruciale: la contemporaneità. E invece l'Empoli ha già avuto il vantaggio che gli serviva mentre il Bologna dovrà o realizzare un capolavoro sul campo o star tranquillo perché forse lo ha realizzato fuori. Cattivi pensieri proposti da un campionato per molti versi falsato. E dire che un esercito di bulli c'è l'ha con la Juve che muoverebbe le regole a sua favore, Vecchia Prevaricatrice. In verità, lo scudetto è da anni l'unica cosa seria del campionato. Lo vince la Juve perché è più forte, alla grande. Peccato non piaccia a tanti juventini convinti di poter loro, tifosi, prendere il posto di Allegri e vincere. Magari assecondati da qualche audace opinionista. Il calcio è bello perché è vario. Una settimana fa l'idolo degli esteti era Erik ten Hag. Adesso è Pochettino. Fra poco oseranno dire che insomma il Tottenham gioca meglio dell'Ajax. Divago: sta di fatto che la Zona Retrocessione/Salvezza sarà emozionantissima. Cinicamente da infarto. È il bello del calcio. Se ti piace vincere basta che tifi Juve. Una certezza.