L’Inter si prende vittoria e gloria come se il campionato fosse finito, scudetto e stella assegnati. Ci sarebbe dell’altro, ad esempio un Bologna spettacoloso e un bel Lecce che ha fatto fuori la Fiorentina…Ma quando c’è Inter-Juve ubi maior minor cessat. Non sembra superiore, il gioco, nel Derby d’Italia, ma dopo un traccheggiare pallido e assorto ecco la soluzione, il gesto da campione del giovane Thuram che fa gol con la ininfluente complicità di Gatti. E’ il minuto 37, a San Siro parlano già di scudetto. Inzaghi ha costruito una squadra che se lo merita, con una difesa arcigna e scaltra, un centrocampo ben organizzato, un attacco potente. Con la sua maggior virtù: la concretezza che suggerisce prudenza fino all’ultimo.
Mentre la Juventus affida a Giuntoli la “custodia” del quarto posto, assicurazione Champions. Un presentimento – ne ha parlato prima del match – non suggerito da scaramanzia (dopo lunghi anni napoletani) ma da concretezza. Mentre Allegri s’è divertito con le battute – con guardie e ladri – tanto per tenere il campo fino al faccia a faccia che si è risolto senza responsabilità arbitrali. Con la vittoria del più forte. Scudetto e seconda stella all’Inter? Calma e gesso. Non c’è solo la Juve… Troppa fretta – ripeto – a scrivere l’ultima pagina del romanzo. Io, ad esempio, penso che il destro a giro di Kvaratskhelia – gesto magico da antologia del Bello – potrebbe bastare almeno a riempire una domenica di spezzatino e meritare un trattatello, una modesta proposta per prevenire la cascata di parole inutili che si sarebbe prodotta se…
Se l’autorete dello sfortunato Verona – risposta al gol di Coppola – avesse chiuso la partita. Allora il Napoli sarebbe stato sommerso di giudizi negativi, a partire dal modulo e dalla scelta dei giocatori (anch’io avrei detto la mia, lamentando l’assenza di Raspadori) nonchè dalla mollezza del gruppo, blabla e Mazzarri avrebbe rischiato l’esonero perchè inadeguato, perchè vecchio portatore di un calcio vecchio. Perchè…Perchè ormai il dibattito sul calcio ha perso ogni identità culturale: sì, perchè è cultura cogliere al volo e studiare il gesto del georgiano, nato non di certo a Tbilisi – il gesto – ma da una interpretazione personale del calcio, quella che fa il campione e con lui il risultato, il successo, uno scudetto che ha la sua firma prima di quella di Osimhen. Kvara è Kvara, anche quando il telecronista ne annuncia la stanchezza, poverino, ed ecco il gol. Poverino il cronista, naturalmente. E così il Napoli va avanti. Con un dibattito irrazionale, emotivo. Alla ricerca del tempo perduto. Come fa il vecchio Mazzarri.
Italo Cucci ([email protected])
INTER VITTORIA E GLORIA, MA IL CAMPIONATO NON E’ ANCORA FINITO
UN WEEKEND STRAORDINARIO TRA CALCIO E TENNIS
Il calciofilo erudito ha rinfrescato idee e parole, ha rimesso insieme il Servizio, la Battuta, l’Ace, Dritto e Rovescio, Volèe Demivolèe, Smash, Lob, Pallonetto, Dropshot e si è offerto un weekend straordinario: sabato calcio, domenica tennis. Un modesto pomeriggio con Juventus-Empoli che a me propone una bella immagine di Vlahovic e una riflessione, ovvero perchè a Davide Nicola si offrano solo esoneri o salvezze impossibili; la frenata della Juve non è accidentale, ha trovato un avversario senza complessi d’inferiorità. A letto con i rigori di Milan-Bologna, l’unico realizzato – al 92 da Orsolini – resta sullo stomaco dei milanisti come un cotechino lesso mentre introduce i bolognesi a una notte serena con un delizioso tiramisù. Motta è dolcezza. Pioli (immeritatamente) indigesto.
E finalmente è domenica. Suona la sveglia, colazione, caffè ed è subito Sinner. “Quelli che il tennis” allestiscono l’evento, bibite e pistacchi per lunghe e inevitabili ore in diretta con il Barone Rosso. L’ultimo eroe nazionale. Finalmente ci ritroviamo tutti italiani, tutti a sognare una vittoria diversa – alla Pablito, alla Tomba, alla Valentino, fatemi dire anche alla Goggia – da segnare nella memoria e nella storia patria minore come un titolo mondiale pallonaro, ausilio da Melbourne all’orgoglio azzurro mortificato dalle esclusioni di Russia e Qatar.
Non esagero. L’impresa di Jannik Sinner è storica, degna di questo Paese di santi, poeti, navigatori, artisti e trasmigratori che numerosi cercarono fortuna nel Continente Australe – nomi illustri come Colombo, Vasco de Gama, Vespucci, Magellano, Giovanni da Verrazzano – che poco oro trovarono, poco argento, e raccontarono soprattutto meraviglie e dettagli geografici per esploratori. Mago Jannik ha colto un trofeo prezioso e l’ha mostrato orgoglioso e felice, senza lacrime, a miliardi di cittadini del mondo incollati alla tv per tre ore e mezzo. Che talento. Che faticatore. Che giocatore. Che successo. Sono sportivo, ex narratore di tennis, vorrei fuggire verso il mio mare in tempesta avendo nella mente e negli occhi solo le esclusive immagini di quel ragazzo esemplare che come i campioni d’antan vince e ringrazia commosso mamma e papà. Questo è sport. Senza retorica. Mi sarebbe piaciuto – pur rispettando i valorosi telecronisti – il racconto di Galeazzi, la voce del cuore di Bisteccone che riusciva a nobilitare anche le partitacce di pallone. Come un Lazio-Napoli della mutua, una battaglia disarmata fra pedatori svogliati, una spenta sfida Sarri-Mazzarri. Polvere di stelle.
Per fortuna a una stella vera, storica – quella dei venti scudetti – ci pensa l’Inter che sogna in grande e in grande realizza i suoi desideri grazie a Lautaro Martinez – il signor bomber, elegante e misurato, poca garra ma molta classe – e al mangiarigori Sommer – povera Viola -che trasforma in gol la spinta collettiva e minaccia da primissima, insieme a Inzaghi, la Juve del battutista Allegri, prossima ospite di San Siro. E per fortuna oltre a Mago Sinner c’è la passione di “quelli che il calcio” lo amano anche se li annoia e li tormenta.
SUPERCOPPA ALL’INTER E RABBIA NAPOLI NELLA NOTTE DELL’ADDIO A RIVA
Dopo dodici anni Mazzarri rivive una notte di rabbia. Da Pechino 2012 con l’indimenticato Mazzoleni a Riyadh 2024 con il dimenticabile Antonio Rapuano. Che da oggi avrà una sua storia, una sua notorietà dovuta a un arbitraggio non oculato ma ingiusto. Obiettivo Simeone, ammonito senza colpa evidente al 55′, espulso dopo cinque minuti per un intervento su Acerbi. E addio Napoli, costretto solo a difendersi. Dico per la prevista sconfitta finale, arrivata con Lautaro al 91′ eppure contrastata con coraggio e forza da una buona squadra dall’orgoglio ritrovato.
Naturalmente l’Inter vanta un’altra vittoria che conta, ammesso che i moralisti – interisti a parte – vogliano attribuire un valore alla Supercoppa arabeggiante. Per i maligni, vittoria assicurata. L’Inter è l’Inter, anche gli arabi conoscono le figurine dei suoi protagonisti mentre il Napoli, dài, cosa pretendeva che è andato lì addirittura senza Osimhen e s’è comunque portato a casa quattro milioni. Cosa vuole De Laurentiis con quell’aria vagamente nauseata? E cosa vuole Mazzarri in versione piangione – mica piangina – al quale hanno rubato un uomo decisivo costringendolo a cercare di arrivare ai rigori con il coltello fra i denti. Ecco, mediti DeLa: qualcuno vuole riprovincializzare il suo Napoli. Da Riyadh deve ripartire il club che fino all’estate scorsa non era più un miracolo ma una fabbrica di gol e di successo.
Va pur detto che la vittoria dell’Inter ha dato un sapore internazionale a una partita che di esotico – come si sperava – non ha avuto nulla. Gli arabi potranno godersi prime pagine e tiggi reboanti pagando un biglietto tutto sommato poco costoso, meno dello stipendio di Mbappè.
Perdonatemi, a questo punto, se mi concedo un’evasione sentimentale ricordando Gigi Riva che se n’è andato: un campionissimo perduto, un amico eroe che per potenza e classe, per i silenzi cantatori mi ha fatto pensare a Fausto, l’altro e unico superlativo.
Mi lasciano i compagni di viaggio con i quali ho condiviso le stagioni più belle del calcio nostrano, campionato e Nazionale, fino a quella notte di Messico ’70 che -com’è scritto all’Azteca – ci fece diventare, i più belli del mondo. Gigi stava per entrare nel club degli ottantenni che conservano memorie preziose di un calcio che fu. Lo conobbi subito dopo che al calciomercato del Gallia era sfuggito agli abbracci monetari dell’Inter e alle voglie del Bologna; poi Cagliari tutta la vita, costringendoci a viaggi di lavoro nella costa cagliaritana che non era Smeralda ma dorata per merito del suo Gigi che aveva trovato anche una compagna dopo aver sposato l’Isola. E ho sofferto con lui quando Hof il killer gli spezzò una gamba impedendogli di continuare la sua strada in Coppa dei Campioni. Adesso, tuttavia, preferisco rifugiarmi nel suo sorriso e nell’unico gesto d’amicizia che ci siamo scambiati in mezzo secolo: una stretta di mano.
Italo Cucci ([email protected])
IL CALCIO DEI RAZZISTI VERA VERGOGNA,NON LA ‘POVERA’ SUPERCOPPA D’ARABIA
Se i telegiornali aprono con gli insulti razzisti a Maignan declassando la tragedia palestinese, vuol dire che dopo decenni ci si accorge di quale danno subisca il nostro paese per colpa di italiani il cui livello socioculturale è di una bassezza incurabile. Una premier attivissima cerca di offrire un’immagine positiva della nostra Italia e la risposta dello sport più popolare è l’invasione dei media stranieri con le invereconde scene di Udine. Sarebbe consolante attribuirle a una mandria di ubriaconi mentre in realtà si tratta dei soliti ultrà idiotamente lucidi. Come tanti di altre zone d’Italia allevati in un clima di impunità. Perchè anche il coinvolgimento delle forze dell’ordine e delle massime autorità di governo non è riuscito negli anni a estirpare la cialtroneria di pochi dementi intolleranti. Sono tutti registrati, i frequentatori degli stadi, ma la severa normativa è pressochè inutile visto che seppur individuati i cialtroni finiscono per subire punizioni da scolaretti disubbidienti. Così come le società che ne sono oggettivamente responsabili e raramente disponibili a denunciarli.
L’episodio di Udine – uno dei tanti registrati negli anni – dovrebbe essere decisivo per assumere provvedimenti gravi. E non solo dalla Federazione, immediatamente allarmata e adeguatamente minacciosa. Viene a proposito la citazione del grave episodio appena verificatosi in Turchia: follia in campo, un arbitro preso a pugni dal presidente dell’Ankaragucu, il campionato sospeso per due turni. No, noi no. Noi tiremm innanz. Noi affidiamo ai saggi e ai moralisti disseminati nei media il lamento per aver ceduto agli arabi la fase finale della Supercoppa con esiti drammatici per l’immagine del calcio italiano, perchè Napoli-Fiorentina e Inter-Lazio si sono giocate in uno stadio semivuoto, e non solo: quei quattro gatti intenti a esibire finti entusiasmi sono poveri migranti travestiti da tifosi – così ho letto – ingaggiati per un pezzo di pane. Il rischio è un altro, che gli arabi si rifiutino
di invitarci un’altra volta.
Ho parlato di impunità, so da tempo che nel Paese del Diritto l’ingiuria a sfondo razziale è stata depenalizzata, che dire “sporco negro” a una persona non ha rilevanza penale, che solo il possesso di una videoregistrazione documentale può permettere all’offeso una richiesta di danni.
E che il razzismo “cattivo” è quello che assume il tono di una esternazione predicatoria. A completamento del danno complessivo ci toccherà subire le reprimende, e peggio, da parte dei Padroni del Vapore contro i quali ci battiamo da tempo: contro il presidente Fifa dai tempi dei brogli qatarioti risoltisi peraltro in un Mondiale di massimo gradimento; contro il presidente dell’Uefa per le sanzioni inflitte ai ribelli della Superlega. Presi a schiaffi da Infantino e Ceferin, questo è sì un grave danno d’immagine per l’Italietta pallonara.
Italo Cucci ([email protected])
(ITALPRESS).
MOURINHO, I FRIEDKIN E L’ESONERO DI UN MITO INCOMPRESO
E adesso chi mi manca? Non avrei mai creduto di vivere in breve tempo l’esonero di due miti come Ancelotti – seduto sulla panchina del Napoli dal 23 maggio del 2018 al 10 dicembre del 2019 – e Mourinho, sempre in piedi accanto alla panchina della Roma dal 4 maggio 2021 (giorno dell’annuncio ufficiale) al 16 gennaio 2024. Ripeto: chi mi manca? Come un tagliateste rivoluzionario, visto il parterre d’un roi, dovrei programmare la caduta di Allegri, così fortemente voluta da tanti Tafazzi juventini, ma l’escludo: Max ha in mano non solo la squadra ma il destino del club che padroni inesperti gli hanno giustamente affidato.
Ecco dove hanno sbagliato, Ancelotti e Mourinho: dovevano pretendere carta bianca, responsabilità tecnica strettamente collegata alla spesso precaria attività societaria, là dove si trattano acquisti, cessioni e comunicazione. Questa vilipesa a Roma, incontrollata a Napoli. Ma almeno De Laurentiis è stato capace di vincere. Autorevolezza: l’indossava Capello – come laticlavio o corazza – proprio a Roma, quando Sensi gli mollò il potere soffrendo ogni giorno, festa dello scudetto compresa.
Quando scrissi che il tricolore l’aveva vinto l’allenatore intelligentemente da lui ingaggiato, il presidente, tanto generoso come inesperto, mi mandò a quel paese; fu così che don Fabio – avvertito della gelosa Voce del Padrone diffusa anche da insinuanti e addomesticate radio locali – cominciò a preparare le valigie per la grande fuga notturna che lo portò fra le braccia della Signora.
Dall’ultimo glorioso scudetto la Roma non è cambiata, frustrazioni e gelosie hanno portato anche alla liquidazione totale di Totti, l’Ultima Bandiera. E non poteva passarla liscia Mourinho, il costruttore di una nuova felicità intesa subito dal popolo giallorosso – invasore appassionato dell’Olimpico – come un salto di categoria: dalle catacombe a Cinecittà. Peccato che i cinematografari Friedkin non l’abbiano capito. Come gli americani che li hanno preceduti, banali speculatori privi di competenza e passione. Non riesco a immaginare se e cosa si siano detti, lo Special e il Presidente, prima di lasciarsi: il comunicato della Roma è ipocrita, il silenzio dello Special non è un cerimonioso tocco di classe. Sta solo contando i soldi.
In bocca alla Lupa, Daniele De Rossi.
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(ITALPRESS).
“SPEZZATINO”, VAR E SOSPETTI, COSI’ NON C’E’ RISPETTO
Vi sarà capitato – se siete appassionati di calcio, magari tifosi delle Grandi – di non saper rispondere al volo all’amico che vi invita a cena nel weekend, venerdì pesce, sabato trippa…Aspetta, fammi vedere il calendario…facciamo giovedì gnocchi…Sì, perchè, coppone e coppette a parte, le serate conviviali sono tutte funestate dalle partite di campionato (e dall’ira delle compagne virtualmente sole non più la domenica ma tre/quattro giorni su sette). ‘Sta settimana, addirittura, liberato il Napoli al pomeriggio – ore 15, amarcord dei bei tempi – sabato Inter, domenica Milan, lunedì Atalanta, martedì Juventus. Sapete cosa vi dico? E’ mancanza di rispetto. Vittime i tifosi, il campionato. E il buonsenso azzerato dall’affarismo.
Respect. Era l’inno di Aretha Franklin – dicono la più bella canzone di tutti i tempi – “Scopri cosa vuol dire per me”, cantava – poi è arrivato Platini e abbiamo scoperto che in nome dell’Uefa – ieri di Michel, oggi di Ceferin, tutto cambia perchè nulla cambi – Respect vuol dire “promuovere l’idea fondamentale del rispetto durante il gioco: rispetto per i giocatori avversari, per gli allenatori e per i dirigenti, rispetto per gli arbitri e per i tifosi. Il rispetto è un valore essenziale del calcio, in quanto sport aperto a tutti”. Insomma, un manifesto bugiardo che il mio amico Gabriele Gravina – ci conosciamo da una vita e non grazie a un pallone – dovrebbe impugnare, denunciare, correggere. E non solo per la messa in tavola dell’indigesto spezzatino che ha tolto nobiltà al torneo; no, c’è di peggio: la vergogna del Var, l’arroganza dell’organizzazione arbitrale avviata al fallimento – e Rocchi ne sembra il liquidatore – e l’offesa alla capoclassifica, la bella Inter che domina la scena e le cui imprese invece di essere esaltate – o almeno RISPETTATE – vengono fagocitate dal sospetto – alimentato non solo da opinionisti coatti ma anche dagli stessi arbitri – che il campionato sia falsato. In ogni caso involgarito. Mentre la Beneamata s’avvia a vincerlo per cogliere la seconda stella. La falsa promessa che la Var avrebbe svelenito il gioco ha invece realizzato la disfatta della sua immagine: risse, ingiurie, violenze in campo e fuori, sospetti, denunce…
Sabato non si è salvato neanche il Napoli, vittorioso “alla Mazzarri” – fu lui a proclamare che le partite durano (almeno) 95 minuti e ha fatto fuori la Salernitana al 96′. Ma il presidente granata Iervolino non ci sta e produce un’accusa violentissima al mondo arbitrale: sarà archiviata o approfondita? Eppoi – leggo – manita dell’Inter ma un rigore negato da Rapuano al Monza…Il grande lavoro di Marotta e la felice maturità di Simone Inzaghi discussi invece di essere rispettati. Mi torna in mente Giampiero Boniperti che mi confidava il suo disappunto quando certi arbitri arrampicatori – social climbers – facevano regalini alla Juve per farsi voler bene “e invece ci sputtanano”.
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I GUAI DEL NAPOLI, L’ANNO BISESTO E UNA VAR DA SPEGNERE
Anno bisesto anno funesto. Travolti dagli eventi festosi gli aruspici partenopei, invece di esaminare prudentemente le viscere degli animali, si sono dedicati alla pizza con l’ananas perdendo di vista il destino del Napoli, allarmante dopo Frosinone, precipitato a Torino. E il bello è che chi infligge punizioni agli azzurri è convinto di averne merito. No, il Napoli non sa più vincere ma sa perfettamente perdere. Da solo. Sembra fatto apposta.
In poche ore mi son visto l’Inter (Var…gogna a parte), il Milan, la Juve e ho registrato squadre combattive e momenti di rabbia e orgoglio di Frattesi, di Leao, di Vlahovic. Ho controllato il Napoli, minuto per minuto, e ho riscontrato penoso lassismo, quasi paura, incapacità di reagire ai colpi del Toro. Esperto di mille antiche battaglie, son richiesto di sentenze e non mi sottraggo. S’io fossi Mazzarri mi dimetterei, del mio arrivo neppur si sono accorti; s’io fossi De Laurentiis richiamerei Garcia – praticamente già pagato – per ferire l’orgoglio di chi gli si è ribellato e l’ha considerato Zero.
Non si preoccupi, DeLa, il calcio non è fuffa, i giocatori del Napoli non sono frilli, potrei allenarli anch’io e senza nulla dirgli, senza neppur pensare a addomesticarli, farei un figurone.
Caro presidente, non butti soldi al mercato delle pulci, faccia lavorare quelli che ha e strapaga minacciando multe salatissime, vedrà che si rimetteranno a lavorare. I suoi giocatori hanno facce da vagabondi perdenti. Il problema del Napoli è questo: è certo impegnato ma non lavora con spirito costruttivo.
Dicevo anno bisesto…Ma cosa mi dite della Var? Ho contestato solitario la sua nascita, dopo esibizioni scandalose – come sabato in Inter-Verona – adesso arrivano gli osservatori stupiti, si svegliano i controllori dormienti, sbraitano i critici prima appagati dalla finta tecnologia. Ho sentito l’arbitro a riposo Saccani, dire che non ci sono arbitri all’altezza e che ci vorranno un paio d’anni per ricreare una forza di valore. Baggianate: fra un paio d’anni se non si spegne la Var non ci saranno più arbitri.
Fra i tanti motivi per cui dissi chiaro a Tavecchio, il Federale della Var, che lo strumento era un falso…giudiziario, c’era la non credibilità del progetto ma anche il sospetto che il Sistema volesse cancellare gli arbitri e sostituirli con macchine difettose, obsolete e stupide: un bidone.
Quell’arbitro di San Siro, Fabbri, travolto prima da un match ingovernabile eppoi da critiche feroci è soltanto una vittima di un intrigo istituzionale. Se posso attribuirgli un errore grave, è solo non essersi accorto del culo nudo di Frattesi.
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(ITALPRESS).
IL RISULTATISMO DELLA JUVE E LA SCONFITTA DEL POSSESSO PALLA
La Juve agnelliana e centenaria – oggi di John Elkann – s’affaccia lieta…al secondo secolo vincendo come non piace agli estetisti. Non avevo dubbi sulla sua performance. Tanto che mi sono concesso un’escursione personale. E mal me ne incolse. Chiudo infatti l’anno con una vittoria di Pirro: ho sconfitto l’odioso Possesso Palla vedendo il “mio” Bologna cadere a Udine. Sì, Bologna 74-Udinese 26, ma i gol li hanno fatti Pereyra, Payero e il ragazzo Lucca Lorenzo che ho visto nascere a Palermo, in C. Avrei dovuto avvertire Motta ma mi son ben guardato di avvertirlo, lui è bravo, lui ha portato i rossoblù in Zona Champions. Peccato. D’altra parte, lui come tanti non sa che il possesso palla lo puoi fare se hai un paio di fulmini di guerra che dopo il giocherello (si diceva la melina, una volta) scattano prodigiosi, mangiano il campo e mortificano i portieri. Telefonare Messi…
In compenso porto a casa anche una vittoria vera, ideologica: ho visto una partita vera, movimentata, efficace, il super match dei Risultatisti, Allegri e Mourinho, in un confronto Juve-Roma degno dell’antica rivalità, quando a sfidarsi erano Trapattoni e Liedholm. La Juve di Allegri ha fatto la sua parte; anzi, è sorprendentemente migliorata. Non perchè il signor Max cerchi una riabilitazione estetica, semplicemente perchè giocando giocando si diventa squadra e si recita a memoria. Rabiot che segna è la conferma di uno stile ormai consolidato, di una sicurezza acquisita che consente a Vlahovic anche uno scandaloso colpo di tacco per un gol benedetto. Poi se ne va. Il segreto di questa Juve è non aver gerarchie. I grandi vanno e vengono. Esce Yildiz Star, entra Chiesa e ci prova subito… Basta anche una mossa così per mettere la Roma spalle al muro. Perchè nonostante la sicurezza ostentata da Mourinho alla vigilia la Roma non è all’altezza di un gruppo di combattenti eccitati dal profumo di scudetto che si sente sulla scia dell’Inter.
Ho vissuto con la solita partecipazione speciale l’ultima disavventura del Napoli a Monza, un pareggio che non salva la faccia a nessuno, non a Mazzarri che ancora non è riuscito a “leggere” il Napoli che ha gioiosamente accettato di guidare. Se aveva riserve – come pare – tanto valeva segnalarle subito. O restare a casa. Ora che De Laurentiis ha detto “è tutta colpa mia” mi aspetto tremenda vendetta il giorno che vorrà identificare e mettere alla gogna chi l’ha condannato a un atto di umiltà. La squadra? Un giocatore? Fossi Mazzarri mi farei regalare dalla Befana un giubbotto antiproiettili. Scherzo. E’ vero, don Aurelio i suoi errori li ha fatti, ma il Napoli anche senza Kim era squadra di livello: s’è perduta in feste e in chiacchiere. Succede a chi non è abituato a vincere.
Negli ultimi giorni del ’23 ho sentito e letto solo voci di mercato, il Campionato perde ogni attendibilità quando ti accorgi che le pretese correzioni azzerano la spesa e la presunta intelligenza di luglio. E’ come fare due squadre, buttando a mare la prima. I calciatori se l’aspettano e si scaricano ancora prima di cominciare. In un’orgia di partite, di teletrasmissioni, di chiacchiere sento che qui non c’è più la competenza di un tempo, quando al Bar Sport si ripetevano a memoria le lezioni dei grandi panchinari e le azioni dei grandi pedatori italici.
Verranno gli arabi e dovremo difenderci. Sperando che sulla scena ci siano i bravi risultatisti e non i giochisti sciocchi.





