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Autonomia, Caldoro “Il Sud ha bisogno di riforme, non conviene lo status quo”

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ROMA (ITALPRESS) – “Se l’autonomia differenziata non si fa al Sud non conviene, perché l’attuale sistema di distribuzione delle risorse è penalizzante per il Mezzogiorno, e lo è per ragioni storiche. I cittadini del Sud attualmente ricevono meno risorse dei cittadini del Nord su capitoli come la scuola e la sanità e questo spiega anche i divari tra le due aree del Paese. Il problema si risolve con la riforma, con il cambiamento, non con lo status quo”. Lo dice Stefano Caldoro, capo dell’opposizione nel Consiglio regionale della Campania, già ministro con il governo Berlusconi e presidente della Regione Campania, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica Primo Piano dell’agenzia Italpress. Caldoro rilancia poi una proposta avanzata già da anni: la Macroregione, “che non significa fare una Regione più grande, ma fare quello che esiste già in Europa, se pensiamo alla Macroregione alpina, baltica, del Mediterraneo. In Italia – argomenta – una macroregione fondamentale è quella del bacino e della distribuzione dell’acqua, la cui competenza su questa materia oggi è divisa tra Comuni, Regioni e Stato, dove ognuno fa i propri investimenti, e ciononostante perdiamo acqua, non la diamo pulita ai cittadini, ed è scarsa per l’irrigazione. Lo stesso discorso vale per i rifiuti. Superiamo il regionalismo. La Macroregione – prosegue – presuppone la costituzione di un’agenzia pubblica come fu la Cassa del Mezzogiorno, però privatistica nella gestione”.
Caldoro ha scritto anche un libro sull’argomento, dal titolo “Autonomia Regionalismo Macroregione”, per le edizioni Giapeto. Nel corso dell’intervista l’ex ministro commenta quindi il dibattito che ruota intorno alla riforma Calderoli. “Abbiamo i guelfi e i ghibellini, tra chi è contro questa riforma e chi è favore. Il Pd è contrario, ma prima era a favore. Ma se la proposta è quella di dire non cambiamo niente, al Sud che succede? Quello che sta avvenendo, ovvero che il sistema dei trasferimenti della spesa storica penalizza il Mezzogiorno, e quelli che dicono ‘No’ e basta non fanno il bene del Sud – spiega -. Con Calderoli quando ero presidente della Regione Campania abbiamo avuto dei confronti molto serrati, e secondo me va trovato in questa riforma un punto di equilibrio. Ma il cambiamento e le riforme servono soprattutto al Sud, prima ancora che all’intero Paese”. L’intervista tocca anche il tema delle altre riforme che questo governo ha messo nella sua agenda politica. A partire dal premierato. “Si deve fare – dice Caldoro -, non c’è dubbio che va rafforzato il potere del presidente del Consiglio, perché così com’è è un unicum europeo”.
La riforma della giustizia per Caldoro: “è urgentissima, ma non so quanto sia utile stare sempre sui giornali a parlarne”, spiega. Sull’abolizione del reato di concorso esterno in associazione mafiosa: “E’ una figura di reato atipica, quello che dice Nordio di specificare meglio questo reato è sacrosanto. Mi pare che questo governo abbia intenzione di rafforzare la lotta alla mafia”. Sulla riforma del fisco: “Sono per la pace fiscale, e sono d’accordo che le tasse vanno pagate, però la confusione e la complessità del sistema fiscale è tanta”. Caldoro affronta poi il tema dell’importanza geopolitica del Mediterraneo e del ruolo che l’Italia e soprattutto il Mezzogiorno può giocare in questa area geografica. “Noi siamo l’hub del Mediterraneo, ma è necessaria la tranquillità politica dei Paesi del bacino del Mediterraneo, se non c’è stabilità politica gli operatori economici scappano. Il patto di Tunisi con l’Italia e l’Unione europea va in quella direzione. Il Sud è una grande occasione per lo sviluppo di quest’area”. Infine, alla domanda di Brachino di esprimere un commento sul terzo mandato del presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, che da settimane alimenta il dibattito interno al Pd, Caldoro risponde: “Problemi loro, non mi pare che questo sia un tema che riscuote grande interesse da parte dei cittadini campani”.

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Giffoni Film Festival, Gubitosi “Ascoltare i giovani”

ROMA (ITALPRESS) – Cinquantadue anni fa la prima edizione del Giffoni Film Festival, l’appuntamento cinematografico per bambini e ragazzi che si svolge ogni anno, nel mese di luglio nella città di Giffoni Valle Piana, in provincia di Salerno. Domani al via la 53esima edizione. A raccontarla l’ideatore, fondatore e direttore, Claudio Gubitosi, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica “Primo Piano” dell’agenzia Italpress.
“Il Giffoni – ha detto – è una bella storia italiana ma è anche una grande istituzione culturale. Giffoni è anche un paese, il mio paese, dove feci la prima edizione con questa follia un pò creativa. Giffoni è certamente anche un festival del cinema”, ha aggiunto, “ma l’anomalia, o chiamiamola specificità, è quella che da sempre si rivolge ad un pubblico particolare: i ragazzi e i giovani e poi negli ultimi 15 anni anche ai bambini. Tutto questo comporta una serie di responsabilità ma anche di una progettazione complessa, quindi intorno a questo mondo del cinema noi ai ragazzi facciamo vedere le storie che raccontano le loro vite, anche agli adulti, ai genitori”.
Gubitosi ha confessato: “Oggi alla vigilia della 53esima edizione, l’emozione che provo è esattamente quella della prima ma mi basta affacciarmi alla finestra, sentire i pullman che stanno arrivando con i ragazzi, con le loro voci, con le lingue diverse, e mi passa tutto. E’ uno dei progetti culturali più caratteristici del mondo, è scelto dai ragazzi, un esempio virtuoso di come la cultura può rendere felice un intero territorio, dando la leadership all’Italia nel mondo in questo settore”. Il fondatore è entrato nel dettaglio dell’edizione che si apre domani: “Quest’anno saranno 6 mila e 500 i giurati, abbiamo superato i numeri del 2019, l’edizione prima della pandemia, partecipanti che vengono da 35 nazioni. Sono 99 i film in competizioni nelle varie sezioni, abbiamo due tensostrutture da 800 posti che faranno anche il doppio turno”.
“Alla viglia della giornata di apertura del Festival – ha aggiunto -, Giffoni sarà invasa pacificamente, c’è un popolo in cammino che sta arrivando, e tutto questo sarà vissuto anche dalla popolazione, con 350 mila presenze, c’è la musica con una maxi discoteca per i ragazzi, tutte le attività sono gratuite. Saranno duecento i talenti distribuiti tra le varie sezioni e sarà presente mezzo governo: il vicepremier Tajani, i ministri Bernini, Abodi, Sangiuliano, Valditara, Pichetto Fratin, che vengono qui per ascoltare, vengono e si confrontano con i ragazzi. C’è un grande desiderio di Giffoni, i ragazzi lo scelgono perchè è diventato il loro punto di arrivo e di partenza”. Una vera istituzione culturale, il più grande festival al mondo dedicato ai giovani: “Ho fatto di questo una ragione della mia vita, i giovani sono cancellati totalmente dal presente, è una società che non dà loro speranze a partire dal Sud, dicono ai ragazzi di non andare via, ma perchè un giovane deve restare al Sud? Cosa gli si offre? Noi dobbiamo stare vicino a loro e dargli poche cose: tranquillità, certezza e fiducia e poi ascoltarli, e questo il Giffoni fa”.
Un evento che non si esaurisce in 10 giorni: “Il Giffoni non vive solo di questi dieci, dodici giorni – ha evidenziato – ma tutto l’anno con 540 attività in tutte le regioni d’Italia. Siamo impegnati in Calabria, in Basilicata, in Puglia, in Sicilia, in Sardegna, e siamo presenti in 35 nazioni. Questo deve essere un orgoglio, il Giffoni tutto l’anno, un brand presente in tutto il mondo che contamina tutti, e con una grande ricaduta economica. Oggi il successo di Giffoni è un successo corale di tutti quelli che ci hanno creduto e ci continuano a credere”. Saranno tante le anteprime con tanti protagonisti in prima fila: “Sarà presentato per la prima volta il film di animazione sul generale Dalla Chiesa, ci collegheremo anche con il presidente del Brasile Lula, poi ci sarà tantissima musica”, ha detto. “Ogni giorno ci saranno 3, 4, 5 grandi nomi che incontreranno i nostri ragazzi – ha concluso -, domani aprirà il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca e leggeremo un bel messaggio inviato dalla presidente del parlamento europeo, Roberta Metsola”.
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Zaia “Il federalismo unisce i Paesi, non è la secessione dei ricchi”

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ROMA (ITALPRESS) – “Il mio sogno nel cassetto? Portare a casa la legge sull’autonomia differenziata”. Così Luca Zaia, presidente della Regione Veneto, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica Primo Piano dell’agenzia Italpress. “Il federalismo unisce i Paesi – aggiunge Zaia – non conosco nel mondo un sistema federalista che abbia fatto danni, ma conosco sistemi centralisti che hanno fatto molti danni. Il federalismo non è la secessione dei ricchi”. Il governatore veneto rispondendo alle domande di Brachino ha affrontato diversi temi. Commentando la decisione della Bce di innalzare i tassi d’interesse ha detto che “Christine Lagarde fa rimpiangere Draghi. E’ innegabile che Lagarde segni il distacco con il popolo. Anche perché c’è modo e modo di comunicare. L’innalzamento dei tassi ci preoccupa perché pesa molto sulle imprese e nel credito sui mutui per le famiglie”.
Sulla riforma della Giustizia Zaia ha affermato: “Promuovo assolutamente Nordio, è una persona perbene e molto preparata. E’ persona del dialogo. Sicuramente porta un suo progetto che qualcuno può condividere o no, ma c’è un luogo per discutere che è il Parlamento”. Sull’immigrazione: “L’accordo tra l’Ue e la Tunisia è un ben segnale, anche perché la maggior parte degli immigrati oggi in Italia arriva dalla Tunisia. Attualmente abbiamo il doppio degli arrivi dell’anno scorso. Tutta l’Africa non ci sta in Italia. Dobbiamo aiutare chi ha titolo di venire qui. L’Europa se c’è batta un colpo, perché finora non c’è stata, ha lasciato l’Italia da sola”. Sul conflitto russo-ucraino il governatore ha sostenuto che “la diplomazia non ha dato il meglio di sé. Se noi pensiamo che questi due contendenti si mettano d’accordo da soli si va avanti all’infinito. Io penso che la diplomazia si debba rimboccare le maniche, anche perché in questa maniera non possiamo andare avanti”. Sui cambiamenti climatici, per Zaia “la sostenibilità ambientale deve essere un mantra per tutti noi. Dopodiché i cambiamenti climatici ci sono sempre stati, anche se l’uomo li acceler. Qualcuno dice ‘mai così caldo come quest’anno’, ma potrei tirare fuori dati che dimostrerebbero il contrario”. Il presidente della Regione Veneto ha anche parlato di fine vita: “La politica deve accompagnare chi soffre, dopo di che c’è un momento nel quale tu sei davanti solo la tua malattia, e se capitasse a me vorrei poter decidere. Il Parlamento deve prendere una decisione sul tema”. Sul Covid il governatore veneto ha dichiarato: “Deve rimanere un insegnamento quello che non bisogna piangersi addosso. Io mi sono sentito dire per un mese e mezzo che la Germania non avrebbe avuto problemi perché organizzata. Mentre poi ha avuto quattro volte i morti dell’Italia”.
Infine sui giovani: “I ragazzi di oggi non sono un branco di lazzaroni come qualcuno li vuole descrivere. I ragazzi di oggi hanno anche un accesso all’informazione maggiore grazie alle nuove tecnologie. Noi adulti e anziani quando parliamo di giovani dobbiamo anche dire che dobbiamo rinunciare a qualcosa per dare loro spazio. Dovremmo candidarci ad essere un Paese per giovani, dobbiamo essere attrattivi, se i pensionati vanno in Portogallo per la fiscalità, noi dobbiamo diventare un Paese che attiri i giovani, che accolga i nativi digitali visto che siamo nell’era dello smart working”.

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Acquirente Unico, Moles “Scorte energetiche in linea con le previsioni”

ROMA (ITALPRESS) – “Ci sono alcuni compiti che Acquirente Unico ha svolto e continua a svolgere, soprattutto in questo momento, che sono molto rilevanti, si occupa del servizio di maggior tutela, a favore del cittadino che non ha esercitato l’opzione di scegliere uno dei tanti fornitori di energia”. Lo ha detto Giuseppe Moles, amministratore delegato di Acquirente Unico, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica Primo Piano dell’agenzia Italpress.
“Il prodotto viene acquistato da Acquirente Unico e offerto ai fornitori del servizio, con un prezzo in qualche modo certificato come rispondente a quello che è il prezzo del mercato. Poi ci sono tante altre attività, come lo sportello del consumatore, che fa anche da conciliatore tra il cittadino e il fornitore di energia. Abbiamo poi la responsabilità delle scorte in caso di necessità energetiche del Paese”. In riferimento alla fine del mercato di maggior tutela a fine anno, Moles sostiene: “Ci sono circa 4,5 milioni di utenti vulnerabili. Il mercato continuerà ad essere attenzionato, e il governo sta agendo. Mentre quello che farà Acquirente Unico sarà fornire tutti gli strumenti a chiunque si trovi nella condizione di essere un soggetto vulnerabile di non essere buttato in una guerra di posizione. Molto importante sarà la comunicazione che verrà fornita ai cittadini. E a questo proposito incontrerò tutte le associazioni dei consumatori per individuare gli strumenti migliori per dare ai cittadini la comunicazione migliore”.
Moles, esponente di Forza Italia, già sottosegretario all’Editoria, risponde alle domande sulla stretta attualità, a cominciare dall’evoluzione della situazione in Russia. “Ho seguito con molta attenzione fin dall’inizio questa marcia trionfale strana su Mosca. E’ anche vero che le posizioni del capo della Wagner da settimane che si facevano sempre più insistenti – spiega Moles -. Ora stanno uscendo tutta una serie di amicizie e collaborazioni del personaggio in sè. La realtà è che è stato incomprensibile per tutti, compreso Putin, se è vero come è vero che alcuni Servizi erano a conoscenza di questo ammutinamento, poi il fatto che non l’abbiamo fermato è perchè è sembrato anche a loro assurdo”.
Le sanzioni alla Russia per Moles “da un punto di vista economico hanno funzionato. Bisogna però ricordare che hanno effetto nel medio periodo. Ho sempre invece avuto delle perplessità sull’effetto politico delle sanzioni – prosegue -, perchè molte volte hanno portato dei benefici al dittatore di turno, che in qualche modo se il sistema economico del Paese che è colpito dalle sanzioni comincia a indebolirsi, i primi che ne fanno le spese sono i cittadini a basso reddito, e quindi è facile dire alla propaganda del regime ‘è colpa dell’Occidentè. E di conseguenza solidificano un pò il consenso del capo o del dittatore di turno. Però le sanzioni, con l’atteggiamento unito di America e Unione europea, hanno determinato una presa di coscienza per cui dipendere energeticamente da un solo Paese non era nè giusto, nè economicamente corretto, nè sopportabile per gli interessi nazionale. Da qui lo sforzo fatto dal governo per l’autosufficienza energetica, che l’ha ottenuta quasi del tutto”.
Sul fronte energetico, per quanto riguarda le scorte – spiega Moles – “sono assolutamente in linea con le previsioni. Ho visto oggi il ministro Pichetto Fratin che faceva riferimento al raggiungimento al 90 per cento di quella che è l’esigenza nazionale di tutto il comparto. Tutto quello che è successo ci ha spinto a ragionare nel medio-lungo periodo, e questo dovrebbe essere un dovere di tutti i governi”.
L’ex sottosegretario parla poi del futuro di Forza Italia, dopo la scomparsa del fondatore Silvio Berlusconi. “Il partito ha una grossissima responsabilità perchè deve trovare gli strumenti migliori per dare continuità all’idea nata con Berlusconi. Forza Italia è sempre stato un partito anarchico, fermo restando che poi c’era la sintesi di Berlusconi, cosa che oggi non c’è. Se poi Forza Italia si dovesse tramutare in qualcosa di diverso credo che non potrà avere il successo elettorale che merita. E’ una fase molto delicata. Io sono moderatamente ottimista, l’importante è non chiudersi a riccio nella difesa strenua di un contenitore”. Sul lavoro, invece, che sta facendo il suo successore, il sottosegretario all’Editoria Alberto Barachini, afferma: “Da quello che so c’è continuità, e sono contento, perchè evidentemente si possono avere idee diverse di come sostenere un settore, ma Barachini ha dato continuità a quello che è stato il lavoro precedente. E di quel lavoro io sono orgoglioso, in particolare sul copyright e di come abbiamo stabilito di dirimere le controversie su questo tema”.

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Graziano “Evidente la debolezza di Putin, ma serve prudenza”

ROMA (ITALPRESS) – “Penso che Putin ne esca più debole da questa vicenda, è vero che c’è un ritorno indietro di Prigozhin ma Putin deve dire se c’è un’altra milizia paramilitare oppure, come ha detto ieri, Prigozhin entra nell’esercito regolare. Un quadro di debolezza interna a mio avviso c’è ed è evidente, bisogna però essere prudenti e guardare con attenzione a quello che accade. Noi continuiamo a sostenere la difesa dell’Ucraina, Paese aggredito da un aggressore che si è dimostrato criminale senza nessun motivo e senza una logica vera”. Così Stefano Graziano, capogruppo del Pd in Commissione di Vigilanza Rai e in Commissione Difesa della Camera, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica Primo Piano dell’Agenzia Italpress, commenta i recenti eventi in Russia.
“Noi dobbiamo avere intelligenza, grande prudenza e dobbiamo seguire le vicende minuto per minuto perchè ci possono essere sviluppi importati, quanto accaduto non è irrilevante nello scacchiere complessivo e, mentre noi difendiamo la posizione ucraina, bisogna guardare quali sono gli sviluppi che possono anche verificarsi in condizioni incontrollabili. Per questo – prosegue -, c’è una posizione di prudenza che deve restare la nostra guida, non è facile identificare ciò che può accadere e può creare reazioni a catena. Il nostro obiettivo è sempre quello di provare a portare la pace, una pace giusta, costruire un negoziato di cessate il fuoco, ma allo stesso temo bisogna capire che per arrivare lì bisogna tener fede alle difficoltà che ci sono state in campo di battaglia. Penso che la difesa dell’Ucraina sia la difesa di democrazia e libertà, ovviamente questo è il punto per il quale bisogna sostenere con tutti i mezzi possibili l’Ucraina”.
Poi la politica interna, all’indomani della sconfitta del centrosinistra alle regionali in Molise e le tensioni interne che attraversano i dem. “Il Pd è un partito che nel nome è democratico, il tema vero è che le diverse sensibilità interne sono una ricchezza del partito. Schlein si è insediata da 3 mesi, il lavoro non va giudicato in tre mesi e penso che le vada dato tutti il tempo necessario, non solo sul tema dei diritti che spesso viene evocato, ma anche sul tema del lavoro, le due cose devono convergere. Il risultato dobbiamo guardarlo nella prospettiva e nel lungo termine – avverte -, non mi piace chi pensa che dopo due mesi si possa giudicare, perchè questo sarebbe un errore profondo. Il Pd cresce dentro un’alleanza che non va bene e non vince, l’alleanza deve essere la più larga possibile o il rischio reale è continuare a consegnare la maggioranza a una destra divisa su tanti temi, dalla politica internazionale al Mes. Penso si sia avviata la strada che è la successione elettorale di Berlusconi, vediamo quali saranno i nuovi equilibri e cosa farà”.
Graziano, inoltre, commenta il lavoro dell’esecutivo sul Pnrr definito tema principe dello sviluppo del Paese. “Da uomo del Mezzogiorno è una cosa che mi ha molto turbato. C’è in atto una discussione su come, dove e perchè utilizzare quei soldi, mentre mi sarei aspettato una velocità diversa e una certezza e consapevolezza di direzione diversa. E’ una grande difficoltà che ha il governo e che rischia di far perdere al Paese una straordinaria possibilità”. Infine, la Rai. “Per noi il servizio pubblico è tale solo se plurale, dentro la logica del servizio pubblico c’è un canone che si paga, questo è il primo punto su cui si divide la maggioranza e in Vigilanza Rai abbiamo chiesto che Giorgetti che venga a chiarire. O noi mettiamo la Rai nelle condizioni di essere una digital media company vera, oppure rischia di scomparire. Mi pare che siamo lontani da questa direzione. Stiamo lavorando a una riforma complessiva che possa renderla più indipendente possibile, anche guardando alle altre riforme in occidente, serve soprattutto fare una riforma di qualità e se realizziamo queste due cose, indipendenza e qualità, abbiamo fatto un buon servizio, altrimenti danneggiato anche le casse dello Stato”. La ministra Santanchè? “Report fa il suo mestiere, ed è giusto che lo continui a fare. Detto ciò, penso che sia giusto che un ministro venga a spiegare in Parlamento e successivamente si deciderà”, conclude.

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La crescita di Fdi nel libro “I potenti al tempo di Giorgia”

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ROMA (ITALPRESS) – La crescita di Fratelli d’Italia, l’era post Berlusconi, Giorgia Meloni di lotta e di governo, i Servizi segreti e il deep State. È il racconto di quanto accade nei Palazzi del potere tracciato da Paolo Madron e Luigi Bisignani nel libro “I potenti al tempo di Giorgia”, edito da Chiarelettere. Intervistato da Claudio Brachino per la rubrica “Primo Piano” dell’Agenzia Italpress, Madron parla della fine dell’era Berlusconi e osserva come “il tratto saliente sia il patto tra Giorgia Meloni e Marina Berlusconi che di fatto all’epoca sancisce una tregua, Berlusconi aveva iniziato a fare la fronda alla Meloni sulla presidenza del Senato così come su Kiev; Meloni però con una mossa rapida ha telefonato a Marina Berlusconi e insieme hanno fatto un accordo che ha fatto sì che Forza Italia non sia più un problema all’interno della maggioranza. Quello di Forza Italia è un cantiere aperto, bisogna vedere il testamento di Berlusconi, che verrà aperto tra qualche giorno, e bisogna vedere che rapporto ci sarà tra Forza Italia e la famiglia. È un discorso in divenire, la Fascina avrà ancora il potere che aveva prima o no? Sono cose che scopriremo”.
Madron ripercorre l’evoluzione sia di FdI che della premier. “Mi ha sorpreso che da pochi punti percentuali quello della Meloni è diventato il primo partito in Italia, mi ha sorpreso ancor di più che lo sia diventato al Nord dove fino al 2019 aveva percentuali irrisorie, è cresciuto in Regioni come il Piemonte e il Veneto con consensi addirittura superiori alla media nazionale. Le Meloni sono due, c’è una Giorgia di governo, quella attuale, e una Giorgia di lotta, Meloni viene da una cultura che non ha rinnegato ma da cui adesso, una volta entrata a Palazzo Chigi, ha dovuto prendere le distanze. La Meloni del discorso fatto al comizio di Vox – evidenzia – è completamente diversa da quella che abbraccia il premier olandese quando arriva a Palazzo Chigi. Un altro capitolo racconta di lei e delle sue origini militanti, una giovane ragazza che si affaccia alla sezione della Garbatella, dove i suoi ispiratori vanno da Rampelli, considerato suo padre politico, ai fratelli De Angelis. Si tratta di una serie di frequentazioni della destra romana di allora che in parte ha tenuto. Credo che si cerchi una sorta di emancipazione e ammodernamento rispetto ad un ambiente che aveva più le caratteristiche del clan, in senso buono; lo sforzo è quello di mostrare che si riesce a gestire la cosa pubblica con metodi che vogliono essere moderni e addirittura molto ligi a quello che è il mercato, con la meritocrazia rispetto a gestioni più opache. Ci stanno riuscendo? Con fatica, ci sono alti e bassi”.
“Lei, ad esempio, non sopporta che in alcuni ci sia un ricordo costante al passato, si arrabbia quando La Russa parla dei busti di Mussolini, quando Lollobrigida parla di etnia o razza. È difficile smarcarsi da una cultura e da un passato, ci sta provando”, sottolinea il giornalista. Poi i Servizi segreti e il rapporto con la figura, ormai indispensabile, del sottosegretario Alfredo Mantovano. “Lei, come tutti i presidenti del Consiglio, resta affascinata dai Servizi segreti perché questi sono abbastanza furbi da far credere al presidente del Consiglio di turno che saranno una fonte di informazione e di dossier di cose importanti. Quando è arrivata a Chigi è stata informata che 400 utenze di persone a lei vicine sarebbero state attenzionate dai Servizi, cosa che non si può fare senza autorizzazione, ma lei li tiene in grandissima considerazione, ha anche una fascinazione per Elisabetta Belloni. Il deep State è sempre duro a morire – prosegue -, allora riuscirà a cambiarlo? Forse sì ma per cambiarlo ci vuole molto più tempo, lei ha vinto le elezioni a settembre ed è al governo da ottobre. Ci sono state alcuni episodi in cui si è visto che nella guerra tra lei e il deep State ha vinto il deep State, se poi sia la vittoria di una battaglia e non della guerra lo vedremo. Mantovano è un tramite importante perché, oltre a sovrintendere i Servizi segreti, è stato l’uomo di collegamento con il Vaticano, quindi sicuramente un uomo importante, a lei piace moltissimo perché ha una caratteristica che i suoi più vicini collaboratori non hanno: non parla mai, il rapporto con lui è molto forte, poi Fazzolari resta tra i compagni di un tempo ma Mantovano è più istituzionale in questa fase”.

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Nel nuovo libro di Cerasa le “catene” che legano la destra al passato

ROMA (ITALPRESS) – “Le catene ti intrappolano, non ti permettono di liberare energie, di viaggiare alla velocità di crociera giusta. Le catene della destra la tengono legata a un passato tossico che spesso ritorna e che non le permette di fare quel volo che potrebbe”. Intervistato da Claudio Brachino per la rubrica Primo Piano dell’agenzia Italpress, il direttore del Foglio, Claudio Cerasa, ha presentato il suo nuovo libro “Le catene della destra. Scienza, guerra, giustizia, giovani, complottismo: l’ascesa degli impostori. Inchiesta su un grande imbroglio”, edito da Rizzoli, scritto prima dell’insediamento del nuovo Governo guidato da Giorgia Meloni.
“Le catene sono tante, il filo conduttore è la libertà – ha aggiunto -: la destra si è presentata in modo truffaldino come garante della difesa di una libertà generica, ma spesso la libertà che difendeva era quella di essere estremista su ogni tema, dalla politica estera alla giustizia, la libertà di contraddire e di attaccare il sistema dominante. Oggi queste catene emergono con grandissima forza e Giorgia Meloni in maniera silenziosa ogni giorno cerca di allentare o spezzarle, perchè si è resa conto che quanto seminato in questi anni dalla destra oggi si ripropone come un qualcosa di tossico che non permette alla destra di fare i conti con la realtà”.
“Quando la sinistra era molto forte ho fatto un libro contro la sinistra, ora che la destra è molto forte ne ho fatto uno contro la destra, giusto per farmi volere male da tutti quanti – ha ironizzato il giornalista -. Quando parlo di ‘impostori della libertà’ mi riferisco alla destra nazionalista, populista e sovranista, che ha spacciato l’idea di essere a difesa della libertà: è proprio quella l’impostura – ha spiegato -. Quando decidi di offendere una libertà sei un impostore della libertà, non si può difenderne una offendendone un’altra”. Uno dei capitoli del saggio riguarda la guerra tra Russia e Ucraina: “Il conflitto è stato un momento determinante nel passaggio da destra populista a destra moderna, capace anche di fare i conti con le contraddizioni del passato. Il 24 febbraio 2022 è stato il giorno in cui la Meloni per la prima volta è stata incoerente con il suo passato filorusso e filo putinista, ha fatto una scelta di campo che le ha consentito di entrare in una spirale di responsabilità – ha ricordato Cerasa -. Nei periodi della campagna elettorale la Lega per molti mesi ha avuto grandissime contraddizioni, ricordiamo che attualmente ha un accordo di cooperazione rafforzata col partito di Putin, rinnovato dopo inizio della guerra. Negli ultimi mesi è emerso che la destra al Governo ha assunto nei fatti posizioni durissime contro la Russia e chiarissime a difesa dell’atlantismo. Il PD oggi è più debole nella difesa dell’Ucraina, il centrodestra ha riconosciuto la Russia come un paese terrorista, la sinistra ha votato nì”.
Infine, il direttore del Foglio ha riflettuto sui primi otto mesi del nuovo Governo e su come alcune delle considerazioni del proprio libro potrebbero essere riviste in positivo: “Dal mio punto di vista dall’uscita del libro a oggi il giudizio sulla Meloni è cambiato, perchè lei sta provando a cambiare la destra anche se non c’è ancora riuscita, ora conosce il senso del limite. C’è l’intenzione della creazione di una destra ambiziosa, anche se al momento prevale la frustrazione nel non riuscire a portare la destra dove forse lei vorrebbe – ha concluso -. Oggi dovrei forse aggiungere un capitolo su come la destra stia mostrando più affidabilità della sinistra sulla guerra Russia-Ucraina”.

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La Grande Guerra e le sue storie parallele nel nuovo romanzo di Grasso

ROMA (ITALPRESS) – “Con questo romanzo volevo mettere in connessione due mondi, quello della Prima Guerra Mondiale raccontato senza retorica, così com’era, col fango, le trincee, il sangue, senza essere necessariamente un libro antimilitarista, e poi raccontare un pò alcuni aspetti contemporanei. E’ un libro dedicato a mia madre e mio padre che hanno avuto una vita difficile, un modo per raccontare loro e la grande famiglia siciliana a cui appartenevo, ci sono i ricordi di quando ero bambino. E poi c’è un terzo filone che è una ricerca di Dio che c’è in tutto il libro, una domanda di senso”. Intervistato da Claudio Brachino per la rubrica Primo Piano dell’agenzia Italpress, Giovanni Grasso, giornalista, scrittore, autore televisivo e consigliere per la stampa e la comunicazione del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ha presentato il suo nuovo romanzo, “Il segreto del tenente Giardina”, edito da Rizzoli.
“Ci sono due storie parallele, due campi temporali molto divisi – ha spiegato Grasso -. C’è una storia di grande amicizia tra un tenente siciliano di complemento costretto a far la guerra sulle Dolomiti e un fante di Tivoli, totalmente analfabeta ma dotato di grande saggezza. E’ il rapporto tra due personalità diverse, un intellettuale e un semianalfabeta, che si consolida alla ricerca di un senso di umanità in una guerra che di umano ha molto poco”.
Ma la trama del romanzo si dipana anche attraverso un piano temporale contemporaneo, in cui i discendenti dei due militari finiscono per conoscersi: “Su altro piano temporale troviamo la bisnipote del fante Antonio e il nipote del tenente Giardina. Luce è una giovane architetta che si è fatta da sola e ha vissuto con la nonna, trasferendosi poi in Francia – ha raccontato Grasso -. Viene avvisata dalla sorella che sua nonna è morta e dopo i funerali scopre una lettera-testamento in cui le viene chiesto di scoprire che fine ha fatto il bisnonno, di cui non si sa nemmeno dove sia la tomba, e di portare lì un fiore. Così, Luce va negli archivi militari e poi negli archivi di Stato, ma non trova nulla come se una mano invisibile avesse fatto sparire i documenti. Comincia qui un certo mistero, alla fine c’è l’incontro con Marco, giornalista, che è il nipote del tenente e ha un diario del nonno – ha aggiunto introducendo i temi principali del libro -. Qui, quando si arriva al periodo della morte del fante le pagine sono tagliate. Inizierà un viaggio in Sicilia dei due, una piccola odissea moderna in cui si incontrano tanti personaggi”. Un racconto in cui alla fine il passato e il presente si mescolano e in cui i due protagonisti rifletteranno sulla propria vita: “In questo viaggio in Sicilia si scoprirà il segreto della morte del fante e anche Marco scoprirà dei tasselli mancanti, perchè suo padre si era suicidato e non aveva capito il motivo. In uno dei capitoli ci sono le pagine del diario del tenente, si racconta la guerra, l’amicizia con Antonio, ci sono considerazioni sul conflitto, sul destino dell’uomo, su Dio, sul fato – ha anticipato -. Con il loro viaggio, assisteremo a una ricomposizione nelle loro storie tra passato, presente e forse il futuro”. Grasso, che ha rivelato come tra sè e il personaggio di Marco ci siano dei tratti in comune, pur non essendo un alter-ego dello scrittore, si è anche soffermato sull’attualità della guerra in Ucraina, dove si assiste a un ripetersi ciclico e tragico degli orrori raccontati nel suo romanzo: “Gli errori della guerra sono sempre uguali, anche se le dinamiche cambiano. La Prima Guerra Mondiale era una guerra di trincea, si moriva per le pallottole ma anche per infezioni, fame e malattie – ha ricordato Grasso -. Sembrava che la tecnologia applicata alle armi potesse rendere inutili le trincee. Tornare alla guerra di trincea come vediamo in Ucraina fa impressione, c’è un dato strategico di fatto, le forze e le risorse si sono consumate e sta diventando una guerra crudele con il corpo a corpo – ha concluso -. Una guerra dove a morire sono i giovani e le conseguenze le pagano le donne che rimangono a casa”.

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