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Martelli “Contro Falcone aggressioni parallele”

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ROMA (ITALPRESS) – “Si è parlato moltissimo di ciò che ha fatto Falcone e della strage di Capaci ma di quello che c’è in mezzo, che secondo me è decisivo, no. Si tratta di una cosa che io chiamo ‘l’azione parallela’ che è stata scandita da episodi concomitanti di aggressione da parte della mafia e, parallelamente, la persecuzione da parte dei suoi colleghi, non tutta la magistratura, ma di alcuni particolarmente colpevoli e non l’ho detto io ma Paolo Borsellino”. Così Claudio Martelli, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica Primo Piano dell’agenzia Italpress, a 30 anni dalla strage di Capaci ricorda le vicende che nel 1992 stravolsero la Sicilia e l’Italia intera. L’ex ministro della Giustizia del governo Andreotti, in un libro edito da La Nave di Teseo, “Vita e persecuzione di Giovanni Falcone”, racconta come la vita e la storia del magistrato fosse in qualche modo “segnata” soprattutto dopo il maxi-processo. “Falcone ci ha insegnato che se vuoi sapere dove va la mafia devi seguire i ‘piccioli’, il denaro. Io gli chiesi di venire a Roma per far diventare legge la sua esperienza”, l’idea era quella di “far diventare il pool una regola, creando delle direzioni distrettuali antimafia in ogni capoluogo distrettuale d’Italia”.

Per Martelli all’interno della magistratura c’erano rivalità personali e conflitti tra gruppi interni, “ma queste non erano ragioni sufficienti soprattutto rispetto alla realtà siciliana, lì c’è qualcosa di diverso che nel libro chiamo il ‘partito siciliano’, un conglomerato di una parte importante di Democrazia Cristiana, un movimento indipendentista siciliano che vuole la separazione dall’Italia e l’aggregarsi agli Stati Uniti a cui era andata dietro anche la mafia. Ma nel frattempo si trasforma anche la mafia che si urbanizza e si internazionalizza diventando così più potente, questa preme perché vuole appalti e influisce sulla lotta interna della DC ma, probabilmente, anche all’interno di altri partiti”.

Martelli fa poi un parallelismo tra Aldo Moro, sequestrato e ucciso dalla Brigate Rosse, e Giovanni Falcone: “Entrambi sono anche due vittime dello Stato, o di chi in quel momento lo rappresenta. In entrambi i casi lo Stato ha ignorato il pericolo che correvano, pur sapendolo. Per Moro – prosegue – era evidente che se non si faceva nulla sarebbe stato ucciso dalle BR, Falcone invece era sovraesposto perché era l’uomo che aveva sconfitto Cosa Nostra, doveva essere tutelato invece i magistrati gli hanno fatto uno sciopero contro. Lui in realtà non era isolato perché aveva un sostegno importante a Palermo, da Borsellino a Chinnici, aveva diversi amici anche a Roma, non era un uomo solo ma certo è che i vertici della magistratura sono quelli che forse hanno più colpe di tutti e hanno tentato in tutti i modi di isolarlo”. Ma la mafia è stata sconfitta? “Abbiamo sbaragliato Cosa Nostra dell’epoca, la cosca corleonese è stata spazzata via dall’azione repressiva di allora – spiega – ma cosa sia diventata dopo la criminalità organizzata è questione diversa, come ad esempio il rafforzamento della ‘ndrangheta calabrese che secondo Falcone era una filiera di Cosa Nostra”.

Poi un ricordo personale: “Quando ero ministro e feci il decreto per arrestare alcuni boss scarcerati, più che un attentato ci fu una intimidazione nella casa in cui abitavo, spararono contro la scorta senza colpire nessuno, il giorno dopo venne Falcone e fu lui a dire che non si trattava di un attentato ma di una intimidazione, vedendo la mia faccia disse: ‘Claudio tranquillo, se continui così un attentato te lo fanno’. Capaci – conclude – è stato il più brutto giorno della mia vita, mi sono risollevato nella notte di quella terribile giornata e mi sono detto: è stato il peggior giorno della mia vita, io voglio farlo diventare il peggiore giorno per la mafia, questa la devono pagare e fino in fondo”.

– foto Italpress –

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Strage Capaci, Ayala ricorda Falcone “Era un grande innovatore”

PALERMO (ITALPRESS) – “Primo Piano”, la rubrica dell’Agenzia Italpress, dedica una puntata speciale a Giovanni Falcone, il magistrato assassinato trent’anni fa dalla mafia. Giuseppe Ayala, pm e amico di Falcone, intervistato da Claudio Brachino, ha ricordato il magistrato, “un grande innovatore”, e l’uomo: “con Giovanni ci siamo conosciuti fuori dal palazzo di Giustizia, perchè io ero e sono fraterno amico di Alfredo Morvillo, mio collega e fratello di Francesca, con lui ci siamo conosciuti a prescindere dal lavoro e forse non avremmo mai immaginato di dover poi lavorare per tanti anni insieme. Ci siamo piaciuti e un giorno, a distanza di tanti anni dalla nostra conoscenza, gli chiesi: ‘Giovanni, ma com’è che noi siamo così tanto amici?’ e lui mi rispose: ‘sai Giuseppe è l’attrazione del diverso, non ci sono due persone più diverse tra noì e aveva ragione perchè io sono un estroverso, un pò casinista mentre Giovanni aveva un incredibile self control. Una grande amicizia ci ha legato per tanti anni, per me era il fratello maggiore”.
Ayala, che oggi è il vicepresidente della Fondazione Falcone, ripercorre, nel corso di “Primo Piano – Speciale Falcone” gli anni di lavoro e indagini prima di quel terribile 23 maggio del 1992: “il tema della paura sarebbe ingiusto non evocarlo, noi ci rendemmo conto che il rischio della vita c’era, per tutti noi, però se io dicessi di non aver conosciuto questo bruttissimo sentimento della paura, direi una bugia. Il problema non è la paura, è un sentimento umano, il problema è non farsi condizionare, continuare ad andare avanti superando questo sentimento antipatico. Io credo che tutti noi lo abbiamo fatto, la nostra grande forza è stata quella di essere un gruppo, non compatto, di più”.
Ayala ha raccontato che “nel giugno del 1989 Giovanni scampò ad un attentato, una parte della stampa disse che quello non era un attentato vero, che se lo era fatto lui per avere visibilità, allora Falcone fece un’intervista alla Stampa e credo anche all’Unità, in cui parò di ‘menti raffinatissime e di centri occulti di potere capaci anche di orientare le scelte di Cosa Nostrà”.
L’ex pm di Palermo ha poi chiarito che “sul famoso terzo livello, di cui si parlava come una entità esterna di potere, esterna alla Mafia, che potesse guidare le scelte di Cosa Nostra, noi abbiamo scritto che non esisteva, è Cosa Nostra che decide e non c’è nessun vertice ulteriore sopra quello. Questo però non esclude il fatto che ci possano essere state delle scelte criminali di questo tipo, in cui Cosa Nostra si trovava d’accordo con pezzi deviati dello Stato. Non è esclusa la coincidenza di interessi di Cosa Nostra con quei pezzi di potere di cui l’accertamento processuale non è mai avvenuto”.
Tra i lasciti di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino c’è la legislazione sul fronte della lotta alla criminalità organizzata: “negli anni successivi alla loro morte è maturata, a livello internazionale, la volontà di introdurre nelle legislazioni degli altri paesi elementi che concretizzavano quello che già la nostra legislazione contiene in questa materia. Noi abbiamo, sul fronte della lotta alla criminalità organizzata la legislazione più avanzata al mondo, molti paesi hanno capito che la mafia è un problema che non riguarda solo l’Italia”. In questi trent’anni Ayala ha ricordato e ricorda “con un sorriso, sia Giovanni che Paolo, perchè so che loro gradirebbero essere ricordati con un sorriso. Quando mi chiedono di citare Giovanni con una parola io rispondo: era un innovatore, poi era anche tante altre cose” ha concluso “Giovanni mi ha cambiato la vita due volte: quando è entrato nella mia vita, e il 23 maggio ’92 se nè è andato ma mi continua a mancare, me lo porto dentro e me lo tengo dentro. Anche Paolo mi manca”.
-foto Italpress-
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Cirino Pomicino “Un grande inganno il racconto della Seconda Repubblica”

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ROMA (ITALPRESS) – “Con il grande inganno mi riferisco a quello rivolto al Paese, al racconto del Paese di una volta che è stato messo nelle mani di quelli che sono stati battuti dalla storia e hanno detto balle. Una di queste era la necessità di cambiare il sistema elettorale proporzionale con il maggioritario che avrebbe dato una stabilità politica. Nei primi 10 anni della Seconda Repubblica però abbiamo avuto ben sette governi con altrettanti cambi di maggioranza. Negli anni ’80, invece, solo quattro”. Così Paolo Cirino Pomicino, ex ministro del Bilancio, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica Primo Piano dell’agenzia Italpress, commenta il suo libro “Il grande inganno. Controstoria della Seconda Repubblica”, edito da Lindau. “Oggi tutti lamentano che non c’è un partito in Italia che abbia una cultura di riferimento. In tutti gli stati dell’Unione europea, i governi appartengono alle famiglie dei socialisti, popolari, liberali e Verdi. L’inganno, poi, ha determinato l’impoverimento del Paese – ha aggiunto l’ex dirigente della Democrazia Cristiana -. Noi abbiamo i salari più bassi di Europa perché da 28 anni l’Italia cresce ogni anno dello 0,8% e ciò ci pone tra gli ultimi per tasso di crescita in Ue”.

“Il capitalismo finanziario è la fonte delle diseguaglianze -ha affermato l’ex ministro – internazionali e nazionali. Si tratta di una finanza che invece di essere al servizio della produzione di beni e servizi è diventata un’industria distinta e questo affanna l’economia reale. Prendiamo il Mezzogiorno: una cosa sé la sofferenza di un sistema sanitario equilibrato come al nord, altro in un sistema sanitario di per sé deficitario come quella del sud Italia, cosa che aggrava la sua situazione. La verità è che in questo periodo non ci sono state iniziative. Il Governo ha attivato 30 mila posti nuovi nelle amministrazioni centrali dello Stato ma non ha dato risorse per aumentare il numero di medici necessari a fronteggiare i drammi della salute che nel mezzogiorno alimentano i viaggi della speranza. Oggi siamo esangui, non solo non ci sono le premesse per una Terza Repubblica ma siamo ancora e drammaticamente nella Seconda”. Secondo Cirino Pomicino, a distanza di un anno il governo Draghi avrebbe dovuto trasformare l’Agenzia della coesione in una grande agenzia di progettazione al servizio di Comuni e Regioni.

“Spesso si parla dell’esigenza della competenza e le persone finiscono con il pensare che le competenze che si chiedono alla politica sono quelle settoriali: medica, tecnologica e ingegneristica – sottolinea l’ex ministro -. La competenza vera è quella politica, che fa avvertire i bisogni del Paese, gli interessi reali che esistono nella società e trovare il modo per mettere insieme interessi diversi, spesso contrastanti, per realizzare un progetto con una ricaduta positiva su tutta o sulla prevalenza della società. Questa competenza è scomparsa, si tratta di un talento che non si impara a scuola ma si affina nelle Istituzioni, facendo prima il Consigliere comunale, poi il Deputato e casomai il Ministro. I tecnici al Governo esprimono solo concezioni e aspetti delle loro professioni”. Secondo Cirino Pomicino il premier Draghi, con la sua autorevolezza finanziaria, internazionalmente riconosciuta, ha aiutato il Paese ad avere credibilità ma a distanza di mesi è in affanno. “È vero che i partiti non aiutano, però una delle competenze del Presidente del Consiglio è smussare gli angoli della sua maggioranza per andare avanti. La crisi dei partiti si è trasformata nella crisi del Parlamento e i gruppi parlamentari nelle Commissioni non riescono ad avere quella coesione che aiuterebbe il Governo”, ha spiegato.

“Se il premier fosse stato politico, avrebbe favorito il protagonismo delle Commissioni politiche. Ci deve essere un gruppo di uomini e donne che assumano insieme una cultura per la loro azione politica e insieme costruiscano un contenitore politico. I partiti, invece, si sono trasformati in comitati elettorali”, ha aggiunto Paolo Cirino Pomicino che rispetto alla crisi in Ucraina si è detto favorevole all’ingresso nella Nato di Finlandia e Svezia ma anche alla risposta all’aggressione Russia attraverso le sanzioni da una parte e il sostegno all’Ucraina con la fornitura di armi dall’altra. “Quello che vorrebbero i pacifisti, ovvero non fare niente, l’Occidente lo ha già fatto negli anni passati. Se dovessimo fare come anni precedenti, dopo l’Ucraina verrebbero attaccate la Polonia, la Moldavia e così via”, ha concluso l’ex ministro del Bilancio.

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Fratoianni “Nel Governo Draghi tutto e il contrario di tutto”

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ROMA (ITALPRESS) – “Al governo Draghi io ho detto no, c’è tutto e il contrario di tutto, non è il mio Governo e non lo considero utile per il Paese, quindi a nome del mio partito e della mia coscienza di parlamentare della Repubblica ho votato contro. Sono all’opposizione, è la nostra linea politica, è quello che pensiamo serva al Paese”. Lo afferma Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra Italiana, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica Primo Piano dell’agenzia Italpress.
Fratoianni ribadisce la sua contrarietà alla linea del Governo sulla guerra in Ucraina. “Io penso che la guerra scatenata da Putin sia criminale e vada condannata, ma ho detto no alle armi per diverse ragioni – spiega -. Una ha a che fare con una cultura politica, quella della costruzione della pace. C’è poi anche una ragione materiale: dopo oltre 70 giorni di guerra terribile che si scatena sulla popolazione civile penso che inviare armi sia sbagliato perché contribuisce a far crescere l’escalation. Non è possibile inviare armi come unica risposta politica dell’Europa che è incapace di difendere i propri interessi”.
“Di trattativa non si è più parlato, le armi sono sempre di più, la guerra è sempre più terribile e le persone continuano a morire. Non c’è un linguaggio politico, c’è un’iniziativa sul piano delle sanzioni molto dura – continua Fratoianni -, che penso sia giusto mettere in campo. Per me la via delle armi è quella sbagliata, mentre quella della pressione economica e diplomatica è giusta e le sanzioni servono. Mi spingo oltre, uno degli elementi di fragilità e ipocrisia riguarda il nodo più esposto, ovvero che l’Europa continua a compilare infinite liste di armi sempre più potenti ma quando si discute dell’unico fronte che metterebbe in difficoltà la Russia economicamente, cioè le sanzioni sul piano energetico, comincia il balbettio”.
Secondo Fratoianni “il presidente del Consiglio dovrebbe spiegarci cosa ha in testa rispetto ai costi delle sanzioni che già subiamo, a chi li facciamo pagare. L’intervento sugli extra profitti è indecente, ce ne sono oltre 40 miliardi e noi ne prendiamo solo una piccola parte. Andrebbero presi e redistribuiti ai lavoratori e lavoratrici, alle piccole e medie aziende che rischiano di chiudere – prosegue -. Inoltre, penso che Draghi sarebbe dovuto venire in Parlamento prima di andare da Biden e dirci qual è la nostra posizione rispetto al conflitto in Ucraina”.
Per il leader di Sinistra Italiana “l’esplosione della diseguaglianza è la grande emergenza del Paese. Bisogna introdurre un salario minimo rispetto al quale noi abbiamo una proposta di legge per cui per meno di 10 euro lordi all’ora non si lavora”.
Per quanto riguarda il tema energetico “davanti a una crisi potenziale, il governo Draghi si appresta a riaprire le centrali a carbone e questo la dice lunga sul nostro ritardo e sulla natura della nostra dipendenza energetica dalla Russia che non può essere risolta sostituendola con con quella dall’Algeria o da altri paesi che non sono campioni di democrazia e rispetto dei diritti umani”, sottolinea Fratoianni.
Se facciamo affari con l’Egitto di al-Sisi non facciamo grandi passi avanti. Come sempre accade nelle crisi più dure, penso che sia questo il momento di costruire una grande trasformazione, l’investimento sulle energie rinnovabili va fatto ora, è il vero potenziale. Ci sono i soldi e le possibilità di sbloccare gli intoppi burocratici che oggi rendono inutilizzabili enormi quantità di energia rinnovabile. Io penso che investire sul nucleare oggi sia insicuro, enormemente costoso e lungo nei tempi”, afferma Fratoianni.
Poi commentando la proposta di Fratelli d’Italia sul presidenzialismo, sottolinea: “Io ho votato per bocciarla. La destra italiana ha questo sogno da molto tempo, nasconde una sorta di allergia alla Costituzione italiana, al suo assetto, alla democrazia parlamentare. Penso che il Paese abbia bisogno di più democrazia, il Parlamento ha perso troppa centralità”. Tornando alla situazione in ucraina, per il Segretario di Sinistra Italiana “Il modo di avvicinarci alla pace è che l’Europa avanzi una proposta e lavorare per essere coinvolta in una grande conferenza di pace, uno sforzo che deve coinvolgere anche la Russia. L’Ucraina poi dovrebbe essere neutrale e non entrare nella Nato”, conclude Fratoianni.

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Nel nuovo libro di Alan Friedman un viaggio nell’Italia del futuro

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ROMA (ITALPRESS) – Un viaggio per scoprire quale sarà il futuro dell’Italia, tra riforme e Pnrr. Il giornalista e scrittore Alan Friedman, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica “Primo Piano” dell’agenzia Italpress, parla del suo ultimo libro “Il prezzo del futuro. Perché l’Italia rischia di sprecare l’occasione del secolo” per La Nave di Teseo.
“Il prezzo del futuro? Ho scelto questo titolo perché volevo portare il lettore verso quello che sarà il futuro possibile dell’Italia, offrendo due o tre scenari per i prossimi cinque, dieci anni. Spesso sentiamo parlare di riforme e Pnrr, ma non sappiamo poi il contesto, questo è un libro e anche un viaggio per gli italiani – ha detto -. Per capire il futuro è necessario sapere anche quale sono i rischi”.
L’occasione del secolo, ripresa dal titolo, è il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. “L’ultimo capitolo è dedicato a un sondaggio in cui viene fuori che la maggioranza degli opinion leader è convinta che l’Italia avrà fortuna se riuscirà a spendere circa i due terzi del Pnrr – ha spiegato Friedman -. L’Italia, in passato, non ha fatto le riforme per diversi motivi: nel governo Prodi hanno cominciato alcune cose ma non era un esecutivo abbastanza lungo per completarle, ci vogliono diversi anni per fare le riforme, nel governo Berlusconi, Maroni ha fatto qualcosa, Brunetta ha fatto qualcosa, ma non c’era la possibilità di fare le riforme strutturali, e poi si arriva alla crisi, con l’austerità non c’erano i soldi. Ora ci sono i soldi per fare le riforme però i governanti che verranno dopo Draghi dovranno essere seri”.
Friedman ha confessato di essere un “fan di Mario Draghi, Rispetto la sua competenza, l’Italia non ha mai avuto un presidente del Consiglio così preparato nelle politiche economiche. Gli italiani, secondo me, dovrebbero essere grati di avere una figura come Mario Draghi, l’ultima volta che l’Italia ha avuto un presidente del Consiglio così rispettato a livello globale quando fu? Con De Gasperi? Il governo Conte uno si è dimostrato essere incompetente e sbagliato, quando Conte ha cambiato colore, e si è presentato presidente di un governo giallo-rosso, è diventato un po’ più pacato, ora sta tornando sul Conte uno style. Credo che Luigi Di Maio sta facendo un lavoro serio, è diventato lui il vero leader dei Cinquestelle”.
Tornando agli argomenti del libro lo scrittore americano ha parlato di transizione ecologica: “È un tema molto complesso, su questo penso che il Pnrr slitterà, tra guerra e crisi energetica. Il problema della burocrazia è notevole, una delle più gradi minacce contro la modernizzazione dell’economia italiana. Credo comunque che l’Italia sia partita presto e prima della Germania sul gas russo, non credo ci sia un embargo imminente sul gas russo”. In generale Friedman denuncia “l’incapacità di spesa a livello locale, in tutto il paese c’è questa difficoltà, spesso dovuta alla mancanza di tecnici nei comuni. Soprattutto al sud”. Friedman, nel suo libro, racconta anche un aneddoto calcistico-economico: “Quando l’Italia ha vinto gli Europei mi sono trovato con la Nazionale a Roma nell’hotel Parco dei Principi, ho incontrato Tardelli e mi sono permesso di chiedere una sua opinione sulla situazione politica, lui mi ha risposto: ‘per me Draghi è come Bearzot’”.

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Gelmini “Il Pnrr uno stress test, impossibile non riuscire a spendere le risorse”

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ROMA (ITALPRESS) – “Forza Italia ha pensato solo all’interesse del Paese”. Lo ha detto Mariastella Gelmini, ministra per gli Affari regionali e le Autonomie, intervistata da Claudio Brachino per la rubrica “Primo Piano” dell’agenzia Italpress. Dal Covid alla guerra in Ucraina passando per il Pnrr e il centrodestra, Gelmini ha tirato le fila di due anni difficilissimi per l’Italia. Dopo aver ringraziato il generale Figliuolo, le Regioni, i volontari, il personale medico e la responsabilità degli italiani, ha spiegato: “La pandemia è sotto controllo, incrociamo le dita per l’autunno quando il Covid in genere si fa sentire di più, ma stavolta abbiamo più strumenti. Sapevamo che il green pass avrebbe comportato restrizioni alla libertà delle persone e ce ne dogliamo, ma è stato uno strumento che ci ha garantito la riapertura del Paese. E poi per una volta l’Italia è stata modello nel mondo per la campagna vaccinale. I no vax? Una sparuta minoranza”.
La ministra ha definito la guerra in Ucraina “un attacco scellerato della Russia che sta cambiando la geopolitica”. La risposta del mondo occidentale “è stata forte e credo che abbia sorpreso Putin perché non ci siamo divisi”, ha sottolineato Gelmini. “Sono arrivati in Italia più di 100mila profughi e sono quasi tutti donne e bambini, spesso non accompagnati. L’Italia sta dando il meglio di sé. Si sta cercando di garantire loro un’assistenza sociale, economica e sanitaria”, ha spiegato.
Sulle ricadute per l’energia la ministra guarda con realismo ma anche fiducia al futuro: “Da un male dobbiamo far nascere un bene. Paghiamo i troppi no del passato su trivelle, al Tap e al nucleare. Adesso dobbiamo affrontare in maniera strutturale il nostro fabbisogno di energia, in passato ci siamo rivolti alla Russia per il 40% del gas, ma adesso ci stiamo attrezzando in vista delle sanzioni – ha detto Gelmini -. Stiamo siglando contratti con Azerbaigian, Angola, Congo. Noi stiamo cercando di diversificare e poi c’è anche possibilità di estrarre gas laddove si può fare e produrre energia da fonti rinnovabili”.
Mariastella Gelmini ha sottolineato il tempestivo intervento del governo (14 miliardi con il Dl aiuti) di fronte ai rincari di energia e materie prime, confermando che Forza Italia era disposta anche a uno scostamento di bilancio pur di sostenere famiglie, pensionati e imprese, ma il premier Draghi e il ministro dell’economia Franco sono riusciti a evitarlo: “A loro va riconosciuto questo merito anche perché sono già 130 miliardi i debiti per la pandemia. Abbiamo prorogato il taglio del costo della benzina, fatto interventi per imprese energivore e trasporti. La battaglia di FI è stata anche sul caro materie prime, rischiavamo un blocco e il governo è intervenuto con un fondo di 3 miliardi che ha consentito una revisione dei contratti. Poi c’è un bonus di 200 euro per 28 milioni di italiani”.
Sul capitolo Pnrr, la ministra è netta: “I soldi ci sono e non è possibile non riuscire a spenderli. Si tratta di uno stress test per l’Italia e in particolare per le Regioni”, ma queste risorse vanno messe a terra “per ridisegnare il futuro, aiutare le future generazioni e dare opportunità alle donne. Il Pnrr ha messo a disposizione 1,5 miliardi per l’istruzione tecnica superiore, ovvero l’alternanza scuola-lavoro, l’apprendistato formativo per far in modo che le imprese trovino personale qualificato. Il piano è fatto soprattutto di riforme”.
C’è una battaglia che sta particolarmente a cuore della ministra ed è quella sulla montagna: “Non è un problema, ma un’opportunità. Abbiamo costruito una strategia nazionale per le montagne. E’ un patrimonio di inestimabile valore e il nostro nemico è lo spopolamento e dobbiamo contrastarlo. Per questo stiamo approvando una legge quadro per l’aiuto economico e la salvaguardia del territorio”.
Alla domanda sulle prossime elezioni, Gelmini ha ribadito che sui territori il centrodestra esiste, governa Regioni e Comuni ottenendo ottimi risultati e sarebbe un errore buttare via quest’esperienza, tuttavia a livello nazionale i problemi ci sono. E ha spiegato: “Di fronte al governo Draghi, di unità nazionale, nel centrodestra ci sono state due scelte: la Meloni ha deciso di rimanere fuori e massimizzare il consenso, Forza Italia è entrata nel governo, e io ne sono orgogliosa, per consentire al Paese di passare da Conte a Draghi che rappresenta un elemento di stabilità e un punto di riferimento internazionale. Ci siamo rimboccati le maniche, anziché fare filosofia. Credo quindi che FI abbia avuto ruolo fondamentale nel salvaguardare gli interessi dell’Italia, il resto lo valuteranno gli italiani”.
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Fdi, Delmastro “Siamo primo partito conservatore di massa in Italia”

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ROMA (ITALPRESS) – Fratelli d’Italia vola nei sondaggi e la convention di Milano ha rafforzato la leadership di Giorgia Meloni. Andrea Delmastro, deputato e responsabile Giustizia del partito, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica “Primo Piano” dell’agenzia Italpress, ha spiegato la crescita di Fdi. “Siamo un partito dalla forte identità e spiritualità, siamo un partito coerente, la coerenza sembra scontata, ma non è stato così per gli altri partiti del centrodestra. Avevamo detto mai con i 5 Stelle e così è stato. Poi paga la serietà. Se metti insieme Boldrini e Salvini che politica possono fare sull’immigrazione? O se metti insieme Forza Italia e M5s quale sarà la politica economica? Noi offriamo una proposta politica coerente e seria per far rialzare il Paese dopo la pandemia e dopo il quadro apocalittico di questa economia di guerra”. Delmastro ha rivelato che l’entusiasmo riscontrato alla convention di Milano è stato per certi versi “inaspettato” e ha puntualizzato: “Non siamo la destra che si fa sdoganare dai salotti buoni della sinistra, ci siamo fatti sdoganare dai consensi del popolo italiano. Giorgia Meloni ha l’idea di rappresentare una destra orgogliosa e capace di governare l’Italia”. Delmastro ha sottolineato: “Noi siamo un partito conservatore che in Italia non c’è mai stato, men che meno di massa. Vogliamo salvaguardare l’identità nazionale e anche l’identità industriale nel momento in cui siamo sotto attacco della Cina e di una certa Europa”.

Il deputato ha ribadito che FdI presidia con convinzione il centrodestra (“Giorgia Meloni non ha mai disertato la trincea, l’ha coltivata caparbiamente, lo hanno fatto altri. Lei tesse alleanze con titanica pazienza, come Penelope”) e ritiene che se il partito mantiene questi numeri, alle elezioni ci sarà per forza la capacità del centrodestra di andare insieme. Sulla guerra in Ucraina, Delmastro ha precisato che il 24 febbraio il presidente russo Vladimir Putin ha fatto una cosa inaccettabile: “Ha violato ogni norma del diritto internazionale, ha invaso una nazione libera e sovrana. E la destra che può fare? Sente che appartiene alla civiltà euro atlantica, sente di difendere la sovranità, trova ripugnante la retorica di chi dice di non dare armi. Noi non abbiamo il diritto di arrenderci per loro. Se non gli diamo le armi, acceleriamo la carneficina”. Secondo Delmastro la pace è la grande assente anche per colpa di un’Europa inesistente, mentre le sanzioni contro la Russia sono giuste a patto però che “ci siamo compensazioni per le nazioni più esposte come l’Italia”. L’esponente di FdI ha espresso un giudizio severo sulle tempistiche della fine dello stato d’emergenza per il Covid-19: “E’ finito tardivamente, era una follia. L’Italia deve ripartire senza norme che comprimono la vita sociale senza alcun fondamento scientifico. Il ministro Speranza concepiva soltanto le chiusure”.

A una domanda sul decreto Aiuti, Andrea Delmastro ha risposto così: “Per un’economia di guerra lo ritengo assolutamente inadeguato. Dobbiamo salvare l’economia reale, se dovevamo avere il miglior economista del mondo (Draghi, ndr) per spalmare un bonus di 200 euro una tantum alle famiglie per fronteggiare la crisi economica proveniente dalla Russia, ci riusciva pure mia figlia”. E sempre in tema di economia, ritiene sia necessario riscrivere il Pnrr, capire su quali asset spingere di più: “Se l’Italia è autorevole, vada in Europa a rinegoziarlo”, ha detto Delmastro aggiungendo di non credere a questa transizione ecologica: “La trovo retorica, molto ridicola e molto insidiosa perché potrebbe renderci ancora più dipendenti dalla Cina”. Severo il giudizio sulla riforma della giustizia: “Di fronte al disastro Palamara, dovevamo fare il sorteggio, come aveva proposto FdI, e invece siamo passati da 24 a 30 membri del CSM – ha detto -. Non c’è la separazione delle carriere e non c’è lo stop alle porte girevoli”. Infine sui referendum, Delmastro ha detto che andrà a votare ma che li ritiene “pannicelli caldi”.

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Save the Children “In Italia 1,3 milioni di bambini in povertà assoluta”

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ROMA (ITALPRESS) – “Save the Children lotta contro le diseguaglianze in un mondo che ne è pieno. Siamo la più grande organizzazione internazionale indipendente che si occupa di salvare i bambini, la nostra missione sta nel nostro nome. Siamo in Italia da oltre 20 anni con molti progetti sul territorio”. Così Daniela Fatarella, direttore generale di Save the Children Italia, intervistata da Claudio Brachino per la rubrica Primo Piano dell’agenzia Italpress.
“Proteggiamo i bambini garantendo i loro diritti, a partire da quello alla salute, all’educazione ma anche al gioco. Sosteniamo progetti a livello internazionale in Africa subsahariana, Medio Oriente o Europa dell’Est e in Italia lavoriamo tantissimo per il contrasto alla povertà educativa e alla dispersione scolastica. Abbiamo più di 500mila donatori e speriamo che aumentino sempre di più – continua Fatarella -, ci permettono di essere indipendenti e investire per affrontare le maggiori emergenze umanitarie nel mondo e i principali bisogni in Italia. La forza dei sostenitori non è solo economica ma è anche di sfida e supporto perché ci stimolano a ricoprire sempre meglio il nostro ruolo di intermediari”.

“Nel nostro Paese ci sono 1,3 milioni di bambini in povertà assoluta, il 14% di tutti i minori italiani, in 15 anni sono nati 600mila bambini in meno – aggiunge -. Se incrociamo i dati, abbiamo 1 milione di bambini poveri in più negli ultimi 15 anni. E poi c’è una difformità nell’accesso ai servizi a partire dall’ educazione. In Calabria solo il 3% dei bambini in va all’asilo contro il 30% della provincia di Trento. Le opportunità non sono garantite a tutti, se pensiamo che in Italia abbiamo il 14% di dispersione scolastica che significa che 1 bambino su 8 non finisce la scuola e abbiamo il 29% dei neet che è il dato più alto in Europa, uno spreco di capitale umano”.
Secondo il direttore generale di Save the Children Italia la priorità è investire in istruzione ed educazione. “Il sistema scolastico ed extra scolastico, fare sport o andare a teatro sono elementi che aiutano a sviluppare il talento dei ragazzi e questo è parte del lavoro che Save the Children fa in Italia. Uno dei nostri progetti più belli – racconta Fatarella – si chiama Punto Luce, sono centri ad alta densità educativa, luoghi fisici, 28 in Italia in cui abbiamo accolto oltre 40mila bambini, situati nelle aree più difficili delle città dove i ragazzi trovano supporto alla formazione e per scoprire talenti e opportunità, un aiuto allo sviluppo emotivo che porta ad avere sicurezza in se stessi e che diventa una delle condizioni principali per una crescita sana. I bambini spesso non riescono a immaginarsi un futuro diverso rispetto al contesto in cui sono nati”.

Il dialogo con le istituzioni è costante: “Ci confrontiamo su diverse tematiche che riguardano i diritti dei bambini in Italia e che spesso ci vede come partner con l’idea che noi possiamo sperimentare sul campo una serie di progettualità e portare le nostre evidenze al fine di farle diventare buone prassi. Poi c’è la richiesta delle Istituzioni di intervenire in ambiti specifici o unire le forze come abbiamo fatto durante il periodo del covid, nell’interesse della comunità e dei bambini. La trasparenza -spiega Fatarella – è fondamentale, tutto si basa sulla nostra capacità di mostrare cosa facciamo sul campo. Organizzazioni come la nostra ha il dovere di essere più efficienti e efficaci di altre aziende, perché siamo il tramite tra il donatore e il beneficiario e di quei fondi dobbiamo farne l’uso migliore. Investiamo il 78% dei fondi che raccogliamo nei nostri progetti in Italia e all’estero, abbiamo un bilancio certificato e pubblico che ogni anno raccontiamo su Facebook ai nostri sostenitori”.
“Il mondo è pieno di conflitti, durano a lungo e colpiscono la popolazione civile, sono più violenti di prima e spesso vengono dimenticati. Dall’inizio della guerra in Ucraina, ogni secondo 1 bambino è diventato profugo, ci sono più di 4,5 milioni di bambini che hanno dovuto lasciare le loro case, più di 2 milioni hanno lasciato il Paese e circa 35 mila sono arrivati in Italia – sottolinea Fatarella -. È la più grande crisi umanitaria di rifugiati e profughi in Europa dalla Seconda guerra mondiale. Manca tutto e i bambini sono terrorizzati. Noi stiamo distribuendo generi prima necessità in ucraina e al confine, per i rifugiati stiamo garantendo supporto psico sociale, integrazione scolastica e una forma accompagnamento a un ritorno alla normalità che non sarà veloce”. Prima di concludere, Fatarella lancia un appello: “Ogni guerra è una guerra contro bambini. Sostenete tutti i bambini che soffrono a causa della guerra in Ucraina ma non dimenticate le altre guerre e gli altri bambini perché hanno tutti lo stesso diritto”.
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