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Ucraina, Camporini “È nostro dovere aiutare un Paese aggredito”

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ROMA (ITALPRESS) – “Per la Russia l’abbraccio della Cina sarà mortale. La guerra non durerà ancora a lungo, ma servono soluzioni e stabilità ai confini”. Vincenzo Camporini, ex capo di Stato Maggiore della Difesa e oggi responsabile Difesa di Azione, in un’intervista a Claudio Brachino per la rubrica Primo Piano dell’agenzia Italpress, ha parlato del conflitto in Ucraina. Il generale ha spiegato cosa sta succedendo sul campo: “La Russia ha preso atto che era impossibile sfondare sul fronte Nord e prendere Kiev e ha ridimensionato gli obiettivi sul Donbass. Putin ha deciso di non assediare l’acciaieria di Mariupol per utilizzare 10.000 uomini altrove, dove hanno carenze. Mi aspettavo un violento attacco russo già dal 17 aprile, ma l’offensiva non è stata massiccia. I combattimenti si stanno svolgendo su 400 km, non proprio un velo, ma non c’è la battaglia decisiva. L’Ucraina non ha bisogno di vincere, le basta consentire alla Russia di non vincere”. Secondo Camporini, l’obiettivo ragionevole è un cessate il fuoco con una soluzione per il nodo Donbass.

Per questo scopo propone “un referendum gestito a livello internazionale dall’OSCE. Oggi la struttura è un po’ appannata, ma è suo il compito di far crescere la distensione”. Nonostante l’imponente presenza dei mass media, è difficile distinguere verità e falsità dal fronte. “Noi riferiamo sempre solo ciò che vediamo. Con i nuovi mezzi, abbiamo moltiplicato i punti di vista – ha detto Camporini -. Le immagini satellitari invece sono affidabili, non possono essere manipolate. Sapremo cosa è successo veramente fra 30 anni”. Russia, Stati Uniti e Cina stanno riscrivendo la geopolitica mondiale, e per l’ex capo di Stato maggiore della Difesa il mondo si deve rendere conto di avere davanti sfide importanti e vitali: “I Paesi europei hanno interessi convergenti con quelli russi e viceversa. Ci sono problemi di leadership certo, però io credo che una Russia avviata alla partecipazione democratica possa avere un futuro insieme all’Europa. Un percorso che stavamo costruendo a inizio 2000 con Pratica di Mare: si parlava di ingresso della Russia nella NATO e di un rapporto privilegiato con l’UE. C’è complementarità tra UE e Russia. Guardiamo a questo possibile sviluppo. In caso contrario, la Russia verrà stritolata dall’abbraccio con la Cina, non ha nessuna speranza di avere un rapporto paritario con i cinesi, mentre con noi potrebbe averlo”. Da responsabile Difesa per il partito di Azione di Calenda, Camporini ha espresso un’opinione sul ministro degli Esteri Luigi Di Maio: “La politica estera di un Paese non si misura se non fa errori ma per le iniziative che prende. Noi oggi abbiamo un ministro giovane e senza esperienza anche se abbastanza brillante per non commettere errori. Il problema fondamentale è che la Farnesina non può accontentarsi di non commettere errori. Deve prendere iniziative e può accadere soltanto se c’è una figura politica che ha una visione, una sua idea di come condurre le relazioni internazionali”.

I modelli da seguire? “Andreatta e De Michelis indicavano alla Farnesina dove puntare e non si accontentavano di leggere le veline”, ha sottolineato Camporini. Infine il generale ha affrontato il tema dell’invio delle armi all’Ucraina: “Stiamo facendo il nostro dovere aiutando il popolo ucraino, non concepisco che di fronte a un’aggressione bisogna arrendersi perché così si soffre di meno. Se così fosse, avremmo un mondo in cui il più miserabile dei potenti quotidianamente pretenderebbe di avere ciò che non gli spetta. Serve la sistemazione delle questioni pendenti e una stabilità dei confini, altrimenti apriamo un vaso di Pandora in cui chiunque si può infilare, penso alle attuali rivendicazioni di Orban. Non credo che la guerra durerà ancora tanto, la fase ad alta intensità si esaurirà in tre o quattro settimane. Se però non c’è una strada percorribile per un accordo, si apre un periodo di resistenza interna che metterà in difficoltà le truppe occupanti e creerà instabilità che può durare anni”.

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Covid, Costa “Avanti verso la normalità, dai cittadini senso di responsabilità”

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ROMA (ITALPRESS) – Nonostante l’alto numero di contagi da Covid-19, la pressione sugli ospedali è lontana dalle fasi più acute dell’emergenza, per questo “l’obiettivo è arrivare a una convivenza con il virus che ci permetta di riprendere una vita normale”. Lo dice il sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica Primo Piano dell’agenzia Italpress. Sui vaccini “la politica deve affidarsi alle evidenze scientifiche, non è corretto parlare di quarta o quinta dose – spiega Costa -. Sono richiami annuali come accade per l’influenza. L’obiettivo è un unico vaccino anti influenzale e anti Covid. Secondo me chi non si è vaccinato lo ha fatto per due motivi: una parte ha avuto paura e un’altra sono i no vax che non convinci. C’è però stata una responsabilità da parte della politica: ha cavalcato il tema e lo ha trasportato nel dibattito politico che invece doveva rimanere fuori”. Il sottosegretario conferma la fine dell’obbligo di mascherina al chiuso il 30 aprile: “Credo che dopo due anni di pandemia, regole e restrizioni, c’è un consapevolezza maggiore da parte dei cittadini. Io passerei da un obbligo a una raccomandazione, facendo nel mezzo una riflessione su alcune situazioni come mezzi di trasporto e cinema. Lì può essere utile magari proseguire con l’obbligo delle mascherine. Continuiamo a vedere cittadini che le indossano all’aperto, è un segnale di grande responsabilità”.

Riguardo al green pass, “è stato uno strumento utile, ha permesso al nostro Paese quando ci sono state le riaperture di non fermarci e tornare indietro, ci ha permesso di raggiungere una percentuale importante di vaccinati – sottolinea Costa -. Ecco, dovevamo magari dire con maggior chiarezza e coraggio che quello era l’obiettivo. Oggi il green pass non è più necessario. Dal 1° giugno non sarà più richiesto ma contestualmente dobbiamo fare un appello ai cittadini che devono ricevere la terza dose: devono procedere a farla perché dal punto di vista scientifico è quella che ci protegge di più dalle conseguenze gravi della malattia”. Le risorse del Pnrr per l’ammodernamento della sanità sono viste da Costa come “una grande opportunità per incrementare i servizi sanitari sul territorio, c’è bisogno di una rete capillare, stiamo condividendo il percorso con le Regioni che hanno la competenza. Ci sono grosse risorse anche per la ricerca e la digitalizzazione. Puntiamo a una salute che si prende cura del cittadino”. Sull’eccessivo consumo di alcol e sull’aumento di disagio psicologico tra i giovani (dati Istat), Costa ha rivelato che ha istituito un tavolo specifico al Ministero per individuare strategie, sensibilizzare e informare i ragazzi. Passando alla politica, il sottosegretario si dice convinto che il governo Draghi andrà avanti fino a fine legislatura: “Questo esecutivo ha diversi obiettivi da raggiungere oltre la pandemia, ad esempio il Pnrr, è un governo complicato, è difficile tenere insieme diverse sensibilità però ci sono le condizioni”.

Costa non crede a un centrodestra di governo e uno di opposizione, ma crede nel recupero del rapporto con il territorio: “Non c’è dubbio che avere una componente importante come FdI fuori dal governo complica il percorso anche dal punto di vista comunicativo. Nonostante ciò l’elettorato di centrodestra è prevalente nel nostro Paese. Piuttosto dobbiamo preoccuparci dei cittadini che non vanno a votare. Basta con la politica chiusa nel Palazzo, ci vuole una politica che ascolti i cittadini e si metta a loro disposizione. Dialogo, confronto e condivisione di percorsi, dobbiamo tornare sul territorio per riappassionare chi ha perso fiducia in noi. E poi bisogna tornare a selezionare la classe dirigente, tramite i territori, che costruisca proposte, la gente ti giudica per quello che fai, non per quello che dici. Ad esempio la Sicilia e Palermo sempre stati laboratori importanti”. Costa ha ribadito che il suo partito, “Noi con l’Italia”, è saldamente all’interno della coalizione di centrodestra nella consapevolezza che serve un centro forte. Inevitabile un passaggio sull’Ucraina: “Io credo che mettere in contrapposizione invio di armi o diplomazia sia un errore, le cose possono e devono andare insieme, l’auspicio è che diplomazia prevalga, ma nel frattempo non possiamo aiutare un Paese invaso che merita di essere sostenuto e di difendersi – spiega Costa -. Come per i vaccini, la contrapposizione dialettica non aiuta il Paese e la politica. Mi angoscia il tempo che passa, siamo di fronte a un’escalation, mi spaventa e mi fa paura una guerra assurda nel cuore dell’Europa nel 2022”.

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“Io accuso”, Lenzi indaga sulla rinuncia alla libertà nell’era Covid

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ROMA (ITALPRESS) – Un pamphlet per pensare, ragionare e porsi dubbi, nel rispetto della realtà. Si potrebbe sintetizzare così il libro “Io accuso. Il regno della paura e il tradimento delle libertà ai tempi del virus” (ordinabile su www.maledizioni.it) scritto da Massimiliano Lenzi. Il giornalista, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica Primo Piano dell’agenzia Italpress, è partito da una paragone tra l’Italia del 1922, quando tra i primi in Europa il Paese è diventato fascista, e il 2022, quando è stato introdotto l’obbligo vaccinale over 50: “E’ una similitudine forte ma necessaria. Mi ha molto colpito il piegarsi dei cittadini ai DPCM e alle direttive del governo, mi ha colpito la facilità con cui gli italiani hanno rinunciato alle loro libertà considerate intangibili fino a inizio 2020. La rinuncia alla libertà mi ha portato al paragone: 100 anni dopo la marcia su Roma, le libertà in Europa sono di nuovo in pericolo? Ecco, mi ha stupito la rinuncia a farsi domande durante la pandemia e l’ho trovata simile alla rinuncia fatta ai tempi del Duce”.

Il Covid è sparito dai palinsesti, ma non dalla realtà, i contagi sono ancora alti, così come il numero delle vittime, la pandemia è stata ammutolita dal fragore della guerra però continua a correre. Lenzi ha osservato: “Userò una metafora. Le donne in Italia hanno faticato molto a conquistare i diritti oggi, negli anni ‘40 si diceva loro ‘se lasci il maschio, quale sarà la tua reputazione?’, si usava la paura. Ecco quando si usa la paura si sa dove si comincia ma non dove si finisce, la paura è il primo elemento di ricatto. La ricetta che ha usato l’Italia contro il Covid non era l’unica. Gran Bretagna, Spagna, Norvegia ne hanno usate altre. La ricetta Conte-Speranza e Draghi-Speranza ha calcato molto sulla paura e sui virologi”. Non a caso, l’autore, consiglia la lettura della sua opera “a Speranza, perché potersi porre delle domande è quell’elemento di visione alta che un politico dovrebbe avere. Poi lo consiglio ai virologi e a tutti gli italiani e le italiane”. La firma del quotidiano “La Ragione” non contesta l’esistenza del virus e l’esigenza di combatterlo, bensì la gestione politica dell’emergenza sanitaria, il suo racconto e il suo rapporto con le libertà.

“Quando si restringono le libertà, poi ci si abitua a tutto – ha continuato Lenzi -. Chiunque ha criticato le politiche di questi due anni è stato catalogato come no vax, proprio come chi criticava Mussolini era anti-italiano, c’è una reductio ad unum degli spiriti critici e delle diversità che secondo me è un problema in Italia, non lo vedo in altri Paesi, ad esempio la Spagna”. E a proposito di narrazione unica, lo scrittore ha esaminato anche quella sul conflitto in Ucraina: “Nell’invasione russa i torti sono inequivocabili. Putin ha sbagliato e ha scatenato la guerra in un paese sovrano per conquistarne un pezzo violando il diritto internazionale e umanitario. In guerra si scatena anche la battaglia delle propagande che innesca il problema di avere testimonianze reali e credibili dal fronte. Un conto è dire che le propagande si combattono, un conto è dire che Putin ha ragione, questo richiede uno scarto ideologico perché non sta nei fatti. Ma se spegnessimo le telecamere non andrebbe meglio. Il mezzo è la realtà”.

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Bechis “Verità&Affari, l’informazione economica al fianco dei cittadini”

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ROMA (ITALPRESS) – Novità nel mondo dell’editoria. È nato il quotidiano economico “Verità&Affari” fondato da Maurizio Belpietro, direttore di “La Verità” e “Panorama”, e guidato da Franco Bechis. Il direttore responsabile della nuova testata è stato intervistato da Claudio Brachino per la rubrica Primo Piano dell’agenzia Italpress, raccontando la nuova avventura in edicola da oggi. “Con Maurizio Belpietro abbiamo iniziato a ragionarci lo scorso autunno, riteneva che potesse esserci spazio per un nuovo quotidiano economico-finanziario”, spiega Bechis. Nel panorama italiano ci sono già tre quotidiani specializzati in questo settore, ma il direttore sottolinea che l’idea ispiratrice di “Verità&Affari” e soprattutto ciò che lo distingue dai competitor: “La foliazione è importante, sono 24 pagine di informazione economica-finanziaria che non devono rendere conto a un azionariato complesso o a interessi aziendali. Volevamo fare un giornale che, grazie alla sua indipendenza editoriale, fosse garanzia di verità per i lettori e al tempo stesso un aiuto ai piccoli risparmiatori. Lo dico pensando ai casi MPS, Parmalat o a quelli delle banche minori come Etruria – aggiunge -: nessuno ha messo in guardia i risparmiatori dalla pericolosità di quegli investimenti. Ecco, noi non abbiamo altri interessi che provare a raccontare la verità e da lì partiamo”.

Dunque, un quotidiano senza padroni alle spalle o con un editore che condizioni le notizie, ma che sia a fianco del cittadino. Per questo lo stile è chiaro e semplice: “Si dà per scontato che i termini tecnici, frequenti in economia e finanza, siano di conoscenza comune e invece talvolta non li conoscono nemmeno i tecnici – aggiunge Bechis -. Ho chiesto ai miei giornalisti di usare il più possibile la traduzione italiana, magari mettendo tra parentesi il nome inglese, così da far capire bene l’argomento e non annoiare il lettore. Vogliamo fare un giornale, non un geroglifico…”. Il direttore sottolinea che la redazione si avvale di esperti di ogni singola materia economico-finanziaria e cercherà di anticipare i temi “in cottura” come ad esempio la riforma del catasto, l’ipotesi di due aliquote da redditi da capitale immobiliare o più semplicemente la shrinkflation, cioé la pratica con cui le aziende diminuiscono le quantità dei prodotti per non aumentare i prezzi.

Infine, il direttore Franco Bechis anticipa alcuni argomenti di cui si parlerà molto nei prossimi mesi e che saranno oggetto di approfondimento nei prossimi numeri: “Abbiamo scoperto un errore nel software per il calcolo dell’assegno unico familiare che riguarda 10 milioni di persone e ne parleremo. Poi c’è la questione della riforma del catasto: Draghi ha detto che non comporterà un aumento di tasse, ma il calcolo degli estimi catastali cambierà e inciderà sull’Isee, di conseguenza molti rischiano di perdere lo stato sociale legato all’Isee, compreso quindi l’assegno unico”. La convinzione dei direttori Belpietro e Bechis è che una buona informazione economica equivale a risparmio: “Lettore avvisato, mezzo salvato”.

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Schittulli (Lilt) “Il tumore al seno è big killer ma possiamo batterlo”

ROMA (ITALPRESS) – “Ho cominciato a prendermi cura delle persone affette da cancro subito dopo laurea specializzandomi nell’oncologia dedicata al tumore femminile, in particolare al seno, il big killer numero uno, più letale dei tumori maschili. Quello che mi auguro è battere il cancro in pochi anni”. Così Francesco Schittulli, Presidente LILT (Lega Italiana Lotta Tumori), intervistato da Claudio Brachino per la rubrica Primo Piano dell’agenzia di stampa Italpress. “Vincere il cancro è possibile. Nel 2019 la guaribilità si attestava al 67% e potremmo arrivare all’85% potenziando conoscenze e strutture, quella del tumore al seno è dell’ 85% ma potremmo arrivare oltre il 98%”, ha ribadito Schittulli raccontando di essere arrivato alla presidenza nazionale della Lilt nel 2000 dopo l’esperienza con Umberto Veronesi, il suo maestro.
“La Lilt è un ente pubblico su base associativa, una realtà nazionale con diramazioni autonome nelle province. La Lilt è vigilata dal ministero della Salute e controllata dal Ministero dell’economia e finanze e dalla Corte dei Conti. Abbiamo 397 ambulatori sul territorio nazionali impegnati a diffondere la cultura della prevenzione come metodo di vita. Alcune realtà Lilt -spiega Schittulli- si dedicano esclusivamente alla prevenzione primaria: contrasto al tabagismo, corretta alimentazione e regolare attività fisica; altri si dedicano alla prevenzione secondaria: diagnosi precoce soprattutto nei confronti dei tumori più letali come quello al seno, alla cervice, polmoni o alla cute e altri ancora si prendono cura del paziente che ha già affrontato l’esperienza cancro. Si tratta di un’attività di supporto al Servizio Sanitario e lo integra. Riceviamo dal Governo un contributo di 4 milioni l’anno però la Corte dei Conti ha rilevato che eroghiamo servizi per oltre 100milioni, è un investimento”. Per il Presidente Lilt è importante prendersi cura del malato prima ancora della malattia. “Non si tratta solo di riabilitazione fisica, è anche lavoro sociale, psicologico e occupazionale. Il malato di cancro chiede di essere ascoltato, non farlo aggrava la sua condizione e può danneggiare la sua dignità. Dobbiamo far sentire la nostra presenza non solo per guarirlo ma anche per consolarlo, far sentire la nostra vicinanza alla sofferenza. Oggi -spiega Schittulli- disponiamo di una diagnostica più attenta e sofisticata che permette di scoprire il tumore in fase iniziale quando è più facilmente curabile e guaribile, per questo è importante investire in salute e fare screening sin da giovani”. Il Presidente Lilt chiede di dedicare la stessa attenzione dimostrata al Covid, anche al cancro. “Ogni giorno in Italia 500 persone muoiono di cancro e 1000 italiani ricevono la diagnosi. Nel 2021 contiamo 183mila decessi per cancro e 380mila nuovi casi, inoltre, a causa della diminuzione di diagnosi precoci c’è stato un peggioramento nei trattamenti che diventano più devastanti e abbiamo compromesso qualità e quantità di vita con costi maggiori che si ripercuotono sul singolo e sulla comunità. I dati -continua Schittulli- servono per sensibilizzare la comunità, il Covid ha creato una paura che ha allontanato le persone dai controlli. Sono stati rinviati trattamenti e circa 3milioni di persone non hanno effettuato lo screening, questo farà salire la mortalità del 30%. Bisogna rivoluzionare il servizio sanitario. La medicina diagnostica deve essere eseguita territorialmente e bisogna prendersi carico di chi ha familiarità con il cancro, modificare ambiente e adottare stili di vita sani. Servono più fondi alla sanità da spendere bene perchè oggi è possibile garantire un trend a favore della guaribilità. Fare squadra è importante -sottolinea Schittulli-. Le regioni dovrebbero unificare le norme, aprire alle strutture sanitarie convenzionate private e riconoscere a Lilt un ruolo di supplenza nei loro confronti perchè possiamo contribuire ad azzerare le liste d’attesa. Noi ci siamo, abbiamo finanziato oltre 20milioni di euro in progetti di ricerca e borse di studio grazie al 5XMille, alla generosità delle persone”, ha concluso Schittulli.
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Centro Studi Tagliacarne, il divario Centro-Nord e Sud aumentato in 10 anni

ROMA (ITALPRESS) – “Il Centro Studi Tagliacarne, nato più di 30 anni fa, è un ente che si occupa in particolare dell’analisi di fenomeni economici e imprenditoriali a livello territoriale”. Così Gaetano Fausto Esposito, Direttore Generale Centro Studi delle Camere di commercio Guglielmo Tagliacarne, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica Primo Piano dell’agenzia di stampa Italpress. “Il nostro nome lo dobbiamo a Guglielmo Tagliacarne, un noto studioso e statistico che ha portato in Italia le ricerche di mercato e ha inventato le analisi economiche del territorio dandogli voce numerica. La trappola del sottosviluppo -spiega Esposito- è quella situazione in cui ci sono una serie di fattori che comportano la mancata uscita verso un periodo di maggiore crescita. Parliamo di una base industriale limitata, una capacità di competere delle imprese sfilacciata e un mercato del lavoro che non riesce a esercitare il suo ruolo di attrattore verso giovani e donne. Tutti fattori che intrappolano in una spirale dalla quale è difficile uscire”.
Il Mezzogiorno oggi “è molto articolato al suo interno con caratteristiche di sviluppo molto diverse a seconda del territorio. In 10 anni osserviamo che il divario è aumentato rispetto al Centro Nord rimanendo su valori al di sotto del 70% del Pil procapite con tassi di disoccupazione pari al doppio o al triplo rispetto al Centro Nord, un problema molto serio che, in aggiunta alla migrazione intellettuale, rischia di avvitare questa area del Paese in una situazione drammatica. Per quanto riguarda i Neet, ovvero i non occupati e non istruiti o formati, si tratta di un problema italiano. Il nostro Paese -spiega Esposito- ha numeri record in Europa. Tra gli altri ci sono due fattori determinanti. Il primo è che le persone, soprattutto al Sud sono scoraggiate per cui non entrano proprio sul mercato del lavoro, affidandosi a meccanismi di tipo familiare. Poi c’è il fenomeno del sommerso e tutta l’economia informale che nel Mezzogiorno ha valori intorno al 18-20%”. Per quanto riguarda il Piano nazionale di ripresa e resilienza, “le risorse che arriveranno al Meridione sono pari all’intervento straordinario della Cassa del Mezzogiorno con una modalità di verifica molto stringente secondo la quale è indispensabile raggiungere certi obiettivi. Il 40% delle risorse territorializzabili del Pnrr dovrebbero andare al Mezzogiorno e si stanno realizzando una serie di bandi per allocarle, molto spesso però le quote non vengono esaurite a causa della carenza di progettualità. Bisogna dotare le amministrazioni di professionalità adeguate sulla progettazione e intervenire sui parametri retributivi che non sono attrattivi. E’ importante -continua Esposito- rafforzare la capacità di integrazione nazionale e locale sennò rischio è che tutte queste risorse non vengano impiegate”. Il Covid nel 2020 ha capovolto l’Italia e l’ha allungata in termini di divari territoriali. “Il Mezzogiorno è andato meno peggio rispetto al resto del Paese perchè avendo una minore concentrazione dell’industria manifatturiera è riuscito ad assorbire il colpo e la maggiore presenza di pubblica amministrazione ha agito per sostenere i redditi. Le aree a maggior presenza di industria manifatturiera e piccola impresa sono quelle che hanno perduto di più”. Nel 2021 “l’Italia si è girata ancora, con la ripresa della manifattura e soprattutto quella rivolta all’export, si sono superati i valori del 2019. Per il 2022 la performance attesa è positiva e la guerra sta agendo da detonatore per quei fenomeni già in corso come l’aumento del costo delle materie prima e dell’energia. In Italia abbiamo circa un 80% di imprese a capitalismo familiare che non vuol dire che siano di piccole dimensioni. L’Italia ha tante piccole imprese gestite dai titolari del capitale con governance familiare e ridotta presenza di manager. Il modello però funziona bene quando oltre all’imprenditore c’è anche un manager esterno alla famiglia”. Secondo Esposito “il nostro sistema produttivo ha avuto un forte processo di riorganizzazione silenziosa, dal 2008 in poi c’è stata un’espulsione di imprese dal mercato. Questo spiega perchè abbiamo retto e sviluppato nel 2021. Per il futuro bisogna considerare i fattori di breve periodo, congiunturali che potrebbero rallentare la ripresa tenendo presente che serve l’attività di accompagnamento per le imprese più piccole”.
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Agricoltura, Maschio Gaspardo investe in sostenibilità e innovazione

ROMA (ITALPRESS) – “La nostra azienda cresce grazie alla distribuzione nel mercato nazionale, ma mio padre con la sua capacità ed empatia è riuscito ad ampliare la rete distributiva anche a livello internazionale iniziando ad esportare all’estero. Poi ci sono state le acquisizioni che ci hanno portati al completamento di gamma e permesso di coprire tutto il ciclo dell’agricoltura diventando la prima azienda italiana nella produzione di attrezzatura e una delle prime cinque nel mondo”. Così Mirco Maschio, presidente del Gruppo Maschio Gaspardo, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica Primo Piano dell’agenzia di stampa Italpress. “Tra le acquisizioni si annoverano quella dell’azienda Gaspardo, tra le più importanti nel mondo nella produzione di macchine per la semina, Unigreen specializzata nel trattamento delle culture, Feraboli e Moro Pietro Meccanica, specializzata nella produzione di aratri”.
“Il Gruppo Maschio Gaspardo – prosegue – produce macchine per la lavorazione del terreno, per la semina, la concimazione, il trattamento delle colture e la pulizia del verde. Le attrezzature che produciamo hanno una parte meccanica, ma anche tanta idraulica e soprattutto elettronica e tecnologia digitale. Oggi ci sono sempre più motori elettrici che azionano le parti meccaniche, una seminatrice che prima lavorava a 7 km orari adesso lavora a 15. Le tecnologie che si utilizzano in agricoltura sono di derivazione automobilistica -spiega Maschio-, grazie all’elettronica sono stati introdotti sensori e sistemi che permettono di raccogliere dati e informazioni operative utilizzando un protocollo di comunicazione che permette di usare più macchine con lo stesso metodo. Così si riescono a misurare i singoli semi seminati nel campo. Questo è importante in ottica di precision farming e sostenibilità per usare meno semi, meno concimi, prodotti fertilizzanti e diserbanti al fine di ridurre l’impatto ambientale e cerchiamo di seguire la filosofia farm to fork. La sostenibilità ambientale è un must, vogliamo essere un’azienda sempre più green per prodotti e processi. Un percorso importante è stato l’investimento in impianti fotovoltaici per cui circa il 30% dell’energia che utilizziamo è prodotta da noi arrivando a risparmiare 2mila tonnellate annue di emissione Co2”.
Per la sostenibilità dei prodotti, grazie al progetto Agricare finanziato dalla Comunità Europea è possibile produrre colture come soia, mais o grano con un risparmio di Co2 pari a 2.500 tonnellate all’anno. Per quanto riguarda lo sviluppo dell’azienda, “noi esportiamo più dell’80% del fatturato all’estero, il 65% è in Europa. I Paesi più importanti per il futuro sono l’Africa, l’Australia e il Sudamerica in particolare il Brasile. L’America è il mercato più florido al mondo, ci sono società importanti che producono macchine agricole ma noi abbiamo innovazioni che possono essere interessanti anche per loro. Per la produzione, molto importante è lo stabilimento di Arad in Romania -continua Maschio-, un Paese a vocazione agricola e con una storia in ambito di lavorazione meccanica. Lì abbiamo 400 dipendenti e si producono 5mila macchine per la lavorazione del terreno, aratri e macchine per la raccolta del fieno in uno stabilimento di 26mila metri quadri che recentemente ampliato ha permesso un aumento della capacità produttiva del 20%”, ha detto Mirco Maschio specificando che rispetto al 2020 l’azienda ha registrato un aumento del fatturato del 30%. “Contiamo oltre 2mila dipendenti tra l’Italia e l’estero. Nonostante il periodo difficile il lavoro è aumentato per noi, non abbiamo licenziato nessuno, anzi, abbiamo assunto”. “I nostri prodotti sono funzionali, sostenibili e di design. Investiamo 10milioni all’anno in ricerca per nuove soluzione e tecnologie anche per i Paesi in via di sviluppo. Siamo tra i primi player del mondo nel settore, presenti in 114 Paesi per vendite e in 14 con stabilimenti. Siamo molto orgogliosi del nostro stabilimento in Cina dove abbiamo un organico ben strutturato e produciamo anche per il mercato locale. Rispetto alla quotazione in Borsa -precisa Maschio-, guardiamo con interesse alle acquisizioni se riguardano lo sviluppo dell’azienda verso paesi esteri”.
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Ucraina, Damiano “Sbagliato dire né con Putin né con la Nato”

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ROMA (ITALPRESS) – “Insieme a intellettuali ed ex sindacalisti, ho firmato un Manifesto per sostenere il popolo ucraino e chiedere la pace. L’intento è di ribadire un concetto fondamentale: distinguere chi aggredisce da chi è aggredito”. Così Cesare Damiano, presidente dell’Associazione Lavoro&Welfare, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica Primo Piano dell’agenzia Italpress. “Putin ha aggredito e l’Ucraina è stata aggredita. Non siamo convinti che la strada migliore sia quella intrapresa da chi dice di volere la pace ma non sta né con Putin né con la Nato – aggiunge -. Questo non significa che io ritenga che l’operato di occidente e Nato sia giusto, rivendico la libertà di critica fermo restando che la priorità è lo stop alla guerra. Bisogna trovare una pacificazione, far incontrare le parti in causa con l’aiuto delle grandi potenze per trovare una soluzione. La riflessione -continua Damiano- è che la politica ancora una volta non è all’altezza della situazione, temo non ci sia strategia per il futuro. In un mondo globale e interconnesso, non si può pensare che la globalizzazione vada d’accordo con le parole guerra e sanzioni”.

Per Damiano l’Occidente non ha fatto tutte le mosse giuste. “La mia generazione ha vissuto l’equilibrio del terrore, io ricordo nel ’62 il blocco di Cuba per impedire l’avanzata dei missili sovietici alle porte degli Stati Uniti. Il tema della sicurezza vale per gli Usa, la Russia o la Cina. Il Patto di Varsavia era il contraltare della Nato, due alleanze militari che obbedivano a due sfere di influenza, quella sovietica e quella americana, nel momento della dissoluzione dell’Unione Sovietica e di conseguenza del Patto di Varsavia perché rimane in piedi la Nato? Sarebbe meglio un esercito europeo invece della Nato come alleanza militare che si è comunque spinta verso est. Bisogna trovare il giusto equilibrio. Le invasioni non sono giustificabili e la tragedia di questa guerra è indiscutibile. Non possiamo auspicare che la Russia si dissolva – continua l’ex ministro del Lavoro – e bisogna ritrovare la strada della diplomazia se si ha un’idea di strategia per il futuro. Poi c’è la Cina che è per la globalizzazione e se dovesse mediare potrebbe avere un bel vantaggio. L’energia dalla Russia che non scenderà più verso l’Europa potrebbe andare alla Cina a un prezzo competitivo che potrebbe alimentare la sua economia e quindi la sua produzione. Per quanto riguarda l’Italia, torneremo indietro al carbone per necessità, noi che siamo per la decarbonizzazione”.

“In Italia accusiamo delle conseguenze forti, dall’aumento dell’inflazione, delle materie prime e dell’energia e anche come Europa saremo costretti a riscrivere i piani di investimento – spiega ancora Damiano -. Il mondo del lavoro in Italia è in sofferenza. C’è l’inflazione al 4%, l’aumento del costo dell’energia, delle materie prime e rare e approvvigionarsi è difficile. La conseguenza sarà un raffreddamento della crescita, c’è bisogno di una risorsa aggiuntiva, un debito buono per soccorrere imprese e lavoratori altrimenti avremo una crisi sociale importante”. “Avevo avvertito un certo malessere rispetto al Piano nazionale di ripresa e resilienza – prosegue Damiano -, che non può limitarsi a un rilancio di profilo quantitativo. Accanto alla risalita delle ore lavorate c’è anche quella degli infortuni sul lavoro (47%), delle morti sul lavoro (12%) e delle malattie professionali (7%). Temo che l’emergenza della guerra che sposterà le risorse verso questioni essenziali metterà in ombra gli elementi di qualità sociale, necessari per una vera ripresa”.

Per quanto riguarda l’Europa, l’ex ministro si domanda se sarà capace di mantenersi unita sugli interventi necessari per fronteggiare le difficoltà prodotte dalla guerra. “Mi domando se l’Europa avrà la forza di ritrovare le ragioni di un’alleanza per interventi straordinari a sostegno di famiglie, lavoratori e aziende in difficoltà. È auspicabile che l’Europa produca un Recovery Fund sull’energia ma temo che l’unità abbia degli ostacoli che mi auguro superi. Le imprese sono in sofferenza anche per l’import-export dalla Russia. Penso che sulle sanzioni sia necessario ragionare con molta oculatezza, devono colpire l’avversario, non ucciderlo. Non possiamo costruire un mondo che ricostruisce le ragioni che hanno caratterizzato il dopo guerra con dei blocchi contrapposti, a meno che non si voglia rinunciare alla relazione fra gli stati e che è l’elemento che pone le condizioni per una guerra. Condivido quello che ha deciso l’Europa ma non sono per un’escalation. l’America forse se lo può permettere, noi siamo in una condizione di sofferenza estrema. Le sanzioni bisogna farle bene, tenere il punto, di fronte alle azioni disumane dobbiamo far sentire la nostra voce ma dobbiamo anche pensare al futuro. Guai ad avere una visione corta dell’evoluzione della storia”, conclude Damiano. (ITALPRESS).