ROMA (ITALPRESS) – “Governare Roma è un impegno gravoso ma il bilancio di questa prima fase è positivo, siamo riusciti già ad ottenere ottimi risultati e impostare bene il lavoro di consiliatura”. Così Roberto Gualtieri, sindaco di Roma intervistato da Claudio Brachino per la rubrica Primo Piano dell’agenzia di stampa Italpress. “Stiamo lavorando con grande impegno, abbiamo fatto 186 delibere. Alcune molto significative come quella sulla pulizia straordinaria per la quale abbiamo aumentato la raccolta a duemila tonnellate in più di immondizia a settimana, la stiamo integrando con la potatura e cerchiamo di ascoltare i cittadini, adottando un modello che prefigura un Ama di municipio più legato a territorio. Abbiamo aumentando gli investimenti e le risorse per i municipi, importanti scelte sulla scuola con le aperture prolungate e la gratuità dei nidi. Inoltre, abbiamo aumentato le risorse sul sociale e posto le basi per i prossimi cinque anni cambiando la governance del Campidoglio. Ma siamo ambiziosi e ci siamo dati 300 obiettivi da raggiungere in 180 giorni -continua il sindaco di Roma-. Un programma per i prossimi sei mesi che punta ad ottenere risultati concreti e altri decisivi per porre le basi degli anni successivi come i contratti di Ama o Acea, la manutenzione e le potature, le strade, la digitalizzazione. Roma deve cambiare profondamente, innovare, tornare ad avere un ruolo guida”.
Per Gualtieri asili nido e scuola dell’infanzia sono al centro di due concetti a lui molto cari: la città come società educante e la città dei 15 minuti dove i servizi devono essere vicini a cittadini. “Si tratta di un servizio fondamentale per bambini e famiglie che deve essere disponibile ovunque dal punto vista economico e di infrastrutture. La distribuzione degli istituti non è omogenea e ci sono tante zone della città, quelle periferiche dove l’età media è più bassa e quindi con più bambini dove mancano e noi vogliamo realizzarne di più. Con il Piano nazionale di ripresa e resilienza abbiamo presentato un progetto per 29 interventi, 20 dedicati a nuovi edifici. Poi abbiamo aumentato le risorse in bilancio per l’abbattimento delle rette e stiamo lavorando con l’Inps per integrare il contributo di Roma Capitale alla riduzione delle rette”.
Ha detto il sindaco della capitale che si dice soddisfatto per come stanno procedendo i progetti legati al Pnrr come quello su ciclabili, tramvue e impianti dei rifiuti, anche se Roma soffre per la mancanza di figure tecniche fondamentali per la loro realizzazione. “Sono molto contento del progetto per l’efficientamento energetico delle scuole di Roma anche se è un extra rispetto al Pnrr, mentre sul lato del turismo abbiamo chiesto e realizzato un consiglio straordinario con i ministri Garavaglia e Orlando perché riteniamo necessario dare un sostegno più forte alle città d’arte che sono più in difficoltà. Sono molto contento -continua il sindaco- per la candidatura di Roma per Expo 2030, unisce tutte le forze politiche ed è un progetto ambizioso di rigenerazione urbana di un quadrante della città in un intreccio tra innovazione, scienza, passato, futuro, rapporto cittadini e ambiente”. Gualtieri ha poi manifestato la sua vicinanza e quella della città al popolo ucraino.
“Roma è vicina a chi soffre la tragedia della guerra, un’aggressione inaccettabile che condanniamo. Chiediamo la pace e lo stop all’offensiva militare e siamo pronti ad accogliere i rifugiati. Lunedì apriremo un albo delle famiglie che si sono rese volontariamente disponibili a ospitare i rifugiati, con la Regione stiamo potenziando la messa a disposizione dei posti di accoglienza straordinaria, l’assistenza sanitaria e consentiremo di andare a scuola. Faremo il massimo”. Ha detto il sindaco Gualtieri per il quale il dialogo diretto con i cittadini è un momento importante e necessario per il bene della città: “Tutti i venerdì pomeriggio incontro i cittadini nei quartieri e mi confronto con loro, ascolto i problemi con tutta la mia squadra ed è la parte più bella della mia settimana. Sento che c’è uno spirito positivo nella città, di sostegno ma soprattutto la volontà partecipare. Questo è importantissimo, dobbiamo unire la città perché rilanciare Roma è una sfida di tutti, insieme possiamo farcela” ha concluso Gualtieri.
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Roma, Gualtieri “Bilancio positivo, obiettivi sempre più ambiziosi”
Covid, Sileri “Fase di transizione ma non abbassare la guardia”
“Stiamo vivendo una fase di transizione nella gestione del covid. L’arrivo dei vaccini, l’ampia capacità di distribuzione e somministrazione ha rappresentato il momento di svolta per uscire dalla fase più acuta della pandemia, unitamente all’utilizzo progressivo del green pass”. Così Pierpaolo Sileri, sottosegretario alla Salute, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica Primo Piano dell’agenzia Italpress. “Gli ultimi due anni caratterizzati dalla pandemia sono stati molto duri. Il covid ci ha colpiti di sorpresa, abbiamo attraversato diverse ondate che abbiamo fronteggiato anche a fatica ma siamo riusciti a gestire la situazione e normalizzarla. I posti letto occupati da degenti covid diminuiscono e con la fine dello stato di emergenza il 31 marzo vedo una tendenza ad abbassare la guardia. Molti pensano che tutto sia passato e c’è chi per questo non fa la terza dose di vaccino. Questo significa lasciar spazio alla circolazione del virus – spiega Sileri – e finché non si esprime con un aumento dei ricoveri va bene ma io sono preoccupato per il mese di ottobre. Grossi problemi come quelli vissuti a causa delle ondate precedenti non ci saranno però qualche problema di gestione non lo escludo”.
Per quanto riguarda l’accoglienza in Italia dei profughi ucraini il sottosegretario alla salute ha spiegato che la procedura prevede tampone all’arrivo, isolamento per i positivi e quarantena per i contatti di positivi. “Offriremo ai profughi la vaccinazione secondo le stesse regole vigenti per gli italiani perché in Ucraina il livello di vaccinazione è molto basso. Dovremo spingere per vaccinare quanti più possibile e spero che la comunità ucraina in Italia ci possa aiutare in questo. Per quanto riguarda il green pass invece – continua Sileri – sarà rimodulato fino a scomparire, non può durare per sempre. Il 31 marzo termina lo stato di emergenza e non c’è rischio di una proroga. Al tempo stesso si procederà a progressivi allentamenti delle varie regole legate ai tre perni della lotta al virus: distanza, mascherine e vaccino. Inoltre, contestualmente alla circolazione del virus rimodulerei il green pass sul luogo di lavoro. Finita l’emergenza cambiano gli utilizzi degli strumenti di protezione”. Il sottosegretario ha rassicurato sull’evoluzione del covid. “In futuro sarà come l’influenza, qualcuno lo prenderà senza conseguenze e i più fragili potranno fare la dose di richiamo. Al fine di migliorare il nostro servizio sanitario nazionale sarà importante utilizzare le risorse economiche per disegnare dei percorsi nuovi orientati alla digitalizzazione del sistema e rafforzare i territori. Bisogna puntare sulla cura a casa, la prevenzione, l’aderenza alla terapia secondo un percorso di assistenza di prossimità al paziente considerando che aumenta la popolazione anziana e le cure si fanno più costose. Questo -precisa Sileri- servirà a non sovraccaricare gli ospedali, significa rendere il nostro servizio sanitario sostenibile e poi ci sono due elementi fondamentali sui quali bisogna investire che sono ricerca e formazione. La nostra è in assoluto la formazione migliore che possiamo trovare nei paesi occidentali”.
Per quanto riguarda il ritardo nella prevenzione e trattamento di patologie non covid accumulate in questi due anni di pandemia, Sileri ha detto che è un fenomeno vissuto da tutti i paesi occidentali. “Noi abbiamo stanziato centinaia di migliaia di euro per il recupero e ne stanzieremo altri. Una ripresa completa sarà possibile a breve grazie alla notevole riduzione dei ricoveri covid. Dobbiamo recuperare quello che non è stato fatto in passato in termini di interventi chirurgici e diagnostica grazie ad investimenti specifici, c’è una cabina regia al ministero della Salute che lavora a stretto contatto con le Regioni che stanno comunicando i dati di quanto è rimasto indietro e in base a ciò potremo accelerare nel recupero”, ha concluso Sileri.
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Musella “Una crisi di governo sarebbe irresponsabile, ma serve più dialogo”
ROMA (ITALPRESS) – “Il Paese ha bisogno di un partito come Forza Italia, perché per governare la destra ha bisogno del centro e noi rappresentiamo il partito di centro più forte, un punto di riferimento tanto al nord quanto al sud. Siamo un partito che può fare da polo attrattivo a chi vuole cambiare governando in modo ragionevole, accettati dall’Europa e dal mondo”. Lo ha detto Graziano Musella, deputato di Forza Italia, ex sindaco di Assago e responsabile del partito per l’area metropolitana di Milano, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica Primo Piano dell’agenzia Italpress. Sul fronte della riforma del catasto – ha continuato Musella – “gli italiani non devono pagare più tasse. Quello che non vogliamo è che non si prenda spunto da una riforma per applicare nuove tasse ai nostri cittadini. Vogliamo delle garanzie precise in questo senso. Escludo una crisi di governo – ha chiarito -. In una situazione come quella che stiamo vivendo, in cui ci stiamo riprendendo dal Covid e la guerra ci sta massacrando anche dal punto di vista economico, privare il Paese di un Governo sarebbe un atto di gravissima irresponsabilità. Andare al voto significherebbe perdere tempo, avere problematicità nella formazione del nuovo esecutivo e accumulare ritardi. Ci sono delle questioni di principio che devono essere sciolte all’interno del Governo in primis, c’è bisogno di più dialogo con tutte le forze politiche, su alcuni temi ci sono partiti che hanno giocato la loro campagna elettorale e bisogna trovare delle mediazioni”. Entrando nello specifico delle ripercussioni sul nostro Paese della guerra in Ucraina, Musella non ha nascosto il suo timore. “Quello russo è uno dei mercati più ricchi. Il livello di preoccupazione per le conseguenze dalla guerra è altissimo e a Milano riguarda soprattutto il settore della moda e dell’industria tessile. Ci sono molte aziende che stanno vivendo una grave crisi perché la Russia dava una grande disponibilità economica e a peggiorare il quadro c’è il rincaro energetico e delle materie prime – ha spiegato -. È un disastro, alcune aziende stanno chiudendo o addirittura hanno già spento gli impianti. Parliamo di circa 600 aziende dell’area metropolitana milanese pari al 25% che stanno in questa situazione con la cassa integrazione per ora ma che potrebbero non farcela. A questo si aggiunge il rincaro sui prodotti alimentare. Parliamo di situazione gravissime. Noi italiani abbiamo dato più sanzioni a livello europeo nei confronti della Russia e le stiamo pagando con dei ritorni pesanti. Mi stupisce che nell’ultimo incontro con Biden, l’Italia nonostante la sua disponibilità, non sia stata chiamata a partecipare. Dobbiamo stare nella Nato e nel mondo occidentale – ha sottolineato Musella – dove sono garantite le libertà e la democrazia ma dobbiamo anche pensare all’umanità nel suo complesso ed evitare una guerra mondiale”.
“Il ragionamento deve essere diplomatico, nel 2022 non si possono risolvere le problematiche di carattere territoriale con le armi. L’errore per quanto sta accadendo è del Presidente Putin però il mondo occidentale doveva intervenire prima e prevenire, doveva costringerlo al tavolo delle trattative prima dello scoppio della guerra. Speriamo che si riesca a trovare presto una mediazione – ha concluso il deputato di Forza Italia -. Intanto Milano è pronta ad accogliere i profughi che scappano dalla guerra, prevediamo già 17-18mila disponibilità quasi immediata, è un dovere”.
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Ucraina, Mulè: “Le sanzioni metteranno in ginocchio la Russia”
ROMA (ITALPRESS) – Le sanzioni fanno molto male, non fermano i carri armati ma riescono a frenarli fino poi a fermarli. Se la Borsa di Mosca perde il 40% e poi chiude, se le banche russe sono messe in condizioni di non operare, ci sono segnali che ci dicono che si stanno creando le condizioni per un default della Russia. Chi appoggia ed esalta Putin capirà che cosa significa andare contro tutti, sei isolato dal mondo”. Lo ha detto il sottosegretario alla Difesa, Giorgio Mulè, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica “Primo Piano speciale Ucraina” dell’agenzia Italpress.
“Penso che queste sanzioni per la durezza che hanno metteranno in ginocchio la Russia”, ha aggiunto.
“Sono fiero e orgoglioso che il nostro Paese sia al fianco dell’Ucraina, le nostre armi stanno andando in Ucraina nei canali e nei modi previsti”, ha detto Mulè. “Noi attualmente avevamo schierati in Romania, 238 militari, e in Lettonia 150 militari – ha aggiunto -. La Nato ci ha chiesto di tenere pronto a partire un contingente di 4 mila militari, di questi 400 sono già presenti tra Romania e Lettonia, in totale sono 40 mila i militari schierati dalle trenta nazioni Nato, e i nostri soldati sono a difesa del confine dell’Alleanza Atlantica, non andranno in Ucraina, sul teatro di guerra”.
“Le Forze Armate italiane sono pronte in qualsiasi momento ad intervenire, abbiamo una prontezza operativa che ci fa stare tranquilli nell’angoscia del conflitto che stiamo vivendo”, ha sottolineato Mulè.
“Quanto durerà questa guerra? Oggettivamente viene la pelle d’oca a sentire l’ultimo discorso di Putin che continua a parlare di fascisti ucraini – ha aggiunto -. Gli elementi per avere molto ottimismo non ci sono, l’escalation è sempre più alta, quella che doveva essere una guerra lampo si è trasformata in una guerra di posizione”. Il sottosegretario Mulè ha ricordato che “la resistenza ucraina fa perno anche sull’aiuto degli altri Paesi, non è una guerra immediata, sarà una guerra d’assedio con tutte le angosce che si porterà dietro, questo va contro una soluzione immediata della crisi soprattutto avendo ascoltato adesso il discorso di Putin, per nulla conciliante del presidente Putin”.
“E’ angosciante pensare al giorno successivo a questa guerra, non sarà domani ma prima o poi finirà, il popolo ucraino sta dimostrando che in nulla è vicino alle istanze di Putin”, ha spiegato il sottosegretario. “Abbiamo visto la forza, il coraggio, la dignità di un popolo che in nulla si riconosce in quel modello russofono – ha aggiunto -. Mi auguro che questa escalation si fermi presto ma temo che le mire di Putin non si fermeranno all’Ucraina ma vorranno estendersi ai territori limitrofi, primo fra tutti la Moldavia. Temo voglia ricostruire con le armi quello che la storia ha distrutto: l’impero sovietico. Temo che questo alberghi seriamente nella mente di Putin”.
“In Italia abbiamo creato uno stato di emergenza umanitaria per consentire l’accoglienza di tutti coloro che scappano dalla guerra ma è l’Europa che deve istituire la protezione umanitaria”, ha spiegato Mulè. “Ci sono alcuni Paesi che hanno fatto dei distinguo come la Polonia – ha proseguito -. Bisognerà superare le resistenze in Europa sulla protezione umanitaria, la protezione deve essere totale per chiunque scappi dall’Ucraina, non solo per chi è nato là”.
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Ucraina, Poletti: “Non è detto che sia una guerra lampo”. Durigon: “Attacco contro ogni logica”
ROMA (ITALPRESS) – “L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia è un atto da condannare in modo fermo, va contro ogni logica. I due anni di Covid che abbiamo vissuto hanno avuto un peso drammatico dal punto di vista economico. Il rimbalzo del Pil è un’iniezione di positività però al tempo stesso non possiamo non considerare che le sanzioni inflitte alla Russia rappresenteranno un grave aumento delle bollette per imprese e famiglie. Serve un altro scostamento”. Così Claudio Durigon, deputato della Lega, intervistato da Claudio Brachino per lo speciale Primo Piano dell’agenzia Italpress sulla guerra in Ucraina. “Già oggi si possono prevedere le ricadute della guerra in atto, a partire dall’aumento del costo delle materie prime, serve un innesto forte come ha detto Salvini. Una cifra non è ponderabile attualmente ma serve iniettare risorse perché l’effetto Putin, al di là delle sanzioni, può essere drammatico sulla nostra economia”, ha aggiunto Durigon.
“Oggi abbiamo dato pieno mandato al Presidente Draghi per gestire questa fase complicata e trovi soluzioni adeguate insieme all’Europa per risolvere la crisi in Ucraina. Speriamo che la guerra si fermi presto per ripartire con il processo diplomatico”, ha sottolineato l’esponente della Lega.
“Questa situazione triste e difficile farà capire all’Italia quanto sia necessario essere autosufficienti, il Paese deve cambiare, basta dire no, serve più sì per far andare bene le cose. Il settore energetico è predominante, fondamentale per mandare avanti il lavoro. Il momento è drammatico ma lo affronteremo insieme perché il Governo è unito e al fianco del Presidente Draghi siamo più forti”, ha aggiunto Durigon.
“In Ucraina la possibilità che non sia una guerra lampo è reale. Se non sarà una guerra lampo, non dico che noi saremmo costretti a intervenire con gli scarponi sul campo, ma a sostenere i gruppi di resistenza sì, però bisogna vedere come reagisce l’opinione pubblica russa. L’effetto combinato di sanzioni e problemi di prolungamento dell’intervento con morti e altro potrebbero mettere in crisi il sistema di Putin”, ha spiegato Paolo Poletti, vicepresidente di Digimetrica ed esperto di cyber security, ospite dello stesso speciale.
“Putin ha una sua non condivisibile linearità, da quando è diventato leader della Russia dal 2000 ha seguito una deriva illiberale e di tipo autoritario tacitando ogni tipo di opposizione nella convinzione che la dialettica democratica avrebbe fatto male all’interno del Paese stesso – ha aggiunto Poletti -. Il corollario è stato una concessione quasi maniacale della sicurezza del Paese, condizionata al fatto di avere Paesi cuscinetto a protezione e con sistemi di governo favorevoli alla Russia e chi di fatto costituissero quello che era il vecchio confine dell’Unione Sovietica. Ha questa idea maniacale della sicurezza, confini della vecchia Russia che non possono essere ripristinati, ma attraverso Stati satelliti andrà avanti fino a quando non realizzerà questo disegno”.
“Non ci sono più i servizi segreti che fanno atti di spionaggio, gli attacchi cyber li fanno fare a grandi organizzazioni che a loro volta si avvalgono di piccoli gruppi appaltatori che diffondono le armi cibernetiche – ha proseguito -. Le armi cibernetiche fondamentalmente sono due: i malware ovvero i virus, e i ransomware cioè i virus che bloccano i dati, impediscono l’accesso e chiedono un riscatto. Oggi con la crisi ucraina abbiamo visto malware che distruggono i dati così da non poterli riutilizzare”.
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Unioncamere, Prete “Sul caro energia non pesa solo la crisi russo-ucraina”
ROMA (ITALPRESS) – “Il costo dell’energia si aggira intorno ai 30-40 miliardi, la stessa somma della prima tranche del Pnrr quindi è come se avessimo già speso quelle risorse. Il rincaro è condizionato dalle vicende geopolitiche e l’invasione russa dell’Ucraina impatta in maniera importante sulla vicenda, che però non dipende solo da questo. Dobbiamo tener conto dell’effetto causato dalla pandemia che ha prima narcotizzato l’economia per poi risvegliarla in maniera disomogenea”. Lo afferma Andrea Prete, presidente di Unioncamere, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica Primo Piano dell’agenzia Italpress. Sulla crisi ucraina, Prete ha sottolineato l’importanza della diplomazia “ma mai come oggi abbiamo registrato in Europa dichiarazioni tanto drammatiche, è un momento delicato. Quella delle sanzioni – commenta il presidente di Unioncamere – è la prima risposta che l’occidente democratico riesce a dare e speriamo che non ci sia il bisogno di mettere in atto azioni di altro tipo che potrebbero essere anche più gravi. Le sanzioni hanno anche un effetto che colpisce chi le emette ma le conseguenze per chi le riceve sono sicuramente più forti. Come Europa non siamo una potenza militare ma una potenza economica sì”.
“Rispetto al Piano nazionale di ripresa e resilienza, Unioncamere si è attivato soprattutto sulle semplificazioni, un tema caro a tutto il sistema economico e agli imprenditori”, sottolinea il presidente di Unioncamere. “Questo Paese ha accumulato negli anni molte norme per mancanza di fiducia da parte dello Stato nei confronti di imprese e del cittadino, portando avanti una cultura del sospetto – aggiunge -. Dovremmo passare alla cultura della responsabilità che significa chiarezza delle norme, possibilità di autocertificazione, ridurre i tempi delle autorizzazioni. Questo ultimo fattore impatta negativamente sui posti di lavoro. La grande sfida del Pnrr -sottolinea Prete – è alleggerire la burocrazia e rivedere alcune valutazioni di carattere giudiziario. Abbiamo avviato un tavolo con l’obiettivo di fare una semplificazione dal basso in cui partecipano tutte le principali associazioni del Paese: Confindustria, Confcommercio, Confartigianato, Coldiretti, Confesercenti, Alleanza delle cooperative. Inoltre, è urgente risolvere il problema dei controlli sulle imprese che vengono spesso effettuati da vari enti, ognuno con una prescrizione diversa. Le norme per la tutela dell’ambiente, spesso con conseguenze penali, portano l’imprenditore ad avere la massima cautela e nonostante il nostro sia un Paese all’avanguardia sull’economia circolare in Europa, le norme vigenti risultano spesso disincentivanti”.
Il presidente di Unioncamere affronta anche il tema della digitalizzazione che “va vista come l’utilizzo di tecnologie che semplificano la vita. La pandemia ha accelerato il processo ma c’è ancora molto da fare. Avere uno sportello unico per le attività produttive in Italia sarebbe importante e aiuterebbe molti professionisti e il sistema così com’è risulta frammentato. Poi c’è il problema del gap digitale a seconda del territorio e per ridurlo c’è bisogno di formazione adeguata, anche per risolvere il disallineamento tra formazione e profili professionali ricercati dalle aziende”. In conclusione, Prete spiega come le Camere di commercio possano essere degli incubatori per le piccole imprese italiane che le accompagnano dalla nascita allo scopo di vederle crescere e consolidarsi, anche nel mercato estero: “Il 95% delle imprese italiane sono piccole e noi siamo al fianco di questo tessuto imprenditoriale. Rispetto al mio ruolo, sono felice se riesco a rendere un buon servizio ai miei colleghi”.
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La guerra annunciata e l’arma spuntata delle sanzioni
ROMA (ITALPRESS) – E alla fine come nelle successioni di cose previste ma inevitabili, alla Marquez, siamo qui a raccontare la cronaca, la sporca cronaca di una guerra annunciata. L’Intelligence americana è paradossalmente soddisfatta perché ha anticipato tutto con, relativa, precisione. Una soddisfazione intellettualistica di fronte alla quale si estende un baratro etico, la delusione del fallimento della diplomazia. C’è un linguaggio asimmetrico in questa brutta, sporca storia, meglio dire due narrazioni incomunicabili. Da un lato la stanca retorica pubblica delle democrazie occidentali, Stati Uniti ed Europa, dall’altro la lucida e spietata determinazione di un autocrate che tutto decide senza avversari, liturgie, contrasti. L’immenso potere di un uomo e del suo esercito, e l’arma potente ma di altra natura delle cosiddette sanzioni. Ora che la Russia ha invaso l’Ucraina, non la regione del Donbass, ma il paese intero, i distinguo malinconici delle ultime ore lasciano il posto a un’indignazione unitaria. (ITALPRESS) – (SEGUE). Eppure le preoccupazioni dei paesi e dei singoli egoismi economici rimangono, c’è il sentore di un contrappasso maldestro, non è che poi le sanzioni peggiori le paghiamo noi, dal gas al Made in Italy? Ma al di là anche di questi ragionamenti, pensate davvero che Putin non abbia messo in conto quest’aspetto e non sia pronto a sopportarlo? Pensate davvero che lo fermeremo in questo modo? La verità è che il leader russo ha percepito una debolezza dell’Occidente dopo il ritiro dall’Afghanistan, una perdita di prestigio mondiale dell’America, che è diventata un’occasione irripetibile per ricreare la zona cosiddetta di influenza della vecchia Unione Sovietica. E poi l’Europa, senza un proprio esercito, con politiche estere frammentate, la tragedia dei migranti al confine polacco era solo la prova generale di una debolezza di visione e sul campo che apriva una voragine ai nostri margini orientali. In questa sporca cronaca, dove i flash in diretta del medium televisivo annacquano distruzione e morte nella realtà, l’unica speranza è che Putin fermi Putin, che a un certo punto questa ex nazione sovrana, l’Ucraina, diventata uno spezzatino, un cuscinetto, un laboratorio della geopolitica del futuro, faccia di nuovo sedere a un tavolo i grandi della terra, Cina compresa, per ritrovare l’unità di un dialogo per ora smarrito sotto bombe e cingolati.
Claudio Brachino
(ITALPRESS).
Putin sfida la debolezza di Usa ed Europa
ROMA (ITALPRESS) – Da un lato c’è un leader lucido e spietato, autoritario come solo può essere un russo che mette insieme zarismo, ex e post comunismo nella cornice di una democrazia fragilissima. Dall’altro una pletora di leader e leaderini che faticano a trovare una sintesi e una visione comune. Da un lato un esercito potente e minaccioso che sa anche gestire gli strumenti della nuova guerra cibernetica. Dall’altro una grande decaduta, l’America, e un continente sempre meno importante nella geopolitica del potere senza un esercito comune e una gestione unitaria delle crisi internazionali. In mezzo un vaso di coccio di manzoniana memoria, un paese fragile da tutti i punti di vista con un presidente ex attore che non ha però il talento affabulatorio e popolare di un Reagan. Se davvero Mosca decidesse di invadere l’Ucraina e non solo la regione filorussa del Donbass, lo farebbe in un lampo e nessuna democrazia occidentale manderebbe a morire i propri giovani sul campo. Quella delle sanzioni è un’arma spuntata e oltretutto i paesi europei hanno interessi economici con la Russia che non intendono sacrificare, in primis la Germania, ma ci siamo anche noi.
Il nostro ministro degli Esteri Di Maio si sta muovendo in modo credibile ma l’Italia rimane debolissima sul piano dei rapporti col mondo. Draghi ha autorevolezza economica ma non è Kissinger, molti pensano a riciclare Berlusconi che è amico personale di Putin e che a Pratica di mare, quando era un premier potente, fece ragionare i grandi della terra. Ci pensa, a Berlusconi, anche quella sinistra che nei giorni del Quirinale lo ha insultato in tutti i modi. Incredibile la sommaria disinvoltura della nostra classe politica. Che gli facciano allora un contratto di consulenza! Purtroppo, pur con la consapevolezza del fascino che il Cav ha su Putin, questa crisi va ormai dove deve andare. Il leader russo si fermerà solo quando avrà raggiunto, per se’ e per il suo prestigio interno, tutti i suoi obiettivi. Allontanare la NATO dai suoi confini, allargare l’influenza russa sull’est europeo quasi come ai tempi dell’Unione sovietica, dimostrare la debolezza di Bruxelles e soprattutto quella di un Biden che, dopo Kabul, è al livello minimo di credibilità come gendarme della libertà nel mondo.
Insomma, i sostenitori planetari del bene virtuale della democrazia conteranno sempre meno rispetto a regimi più o meno autoritari, con la Cina che in questo quadro si rafforza. Ma non è solo l’Ucraina il tema, ci sono il Medio Oriente e l’Africa. La Libia, a due passi da noi, è già un laboratorio in atto da tempo dei nuovi equilibri. Il Mediterraneo rischia di essere sempre meno un Mare nostrum. E sull’energia siamo davvero in un mare di guai!
Claudio Brachino
(ITALPRESS).





