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Damiano “Il lavoro cambia rapidamente, adeguare tutele e welfare”

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ROMA (ITALPRESS) – “Nel passato il cambiamento era continuo ma più lento. Oggi siamo di fronte ad accelerazioni. Può mancare il fiato e bisogna evitare che manchi. Bisogna che la transizione sia anche sociale. Nel momento in cui un eccesso di digitalizzazione dovesse penalizzare i posti di lavoro, va accompagnata la transizione con tutele”. Lo ha detto Cesare Damiano, presidente di Lavoro&Welfare, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica “Primo Piano” dell’agenzia Italpress. Damiano, citando alcune analisi, ha spiegato che “probabilmente, considerando le tre fasce del lavoro, alta, media e bassa, avremo una spinta alla crescita nella fascia alta, in mansioni che ancora non sappiamo quali saranno. Nasceranno a livello alto – ha continuato l’ex ministro del Lavoro – nuove mansioni che richiederanno specializzazioni e competenze, poi avremo le mansioni basse che saranno sempre necessarie. In mezzo ci sarà lo schiacciamento”. Quindi, “l’elemento chiave nella transizione è passare da un’idea di una formazione generica a una formazione specialistica e su misura, che sia finalmente un diritto soggettivo e permanente del cittadino e del lavoratore”.

“La pandemia – ha affermato – ha avuto un effetto depressivo sull’economia e allo stesso tempo ha aiutato un processo di accelerazione formidabile. Per fortuna c’è stata una reazione positiva”, ha aggiunto, evidenziando “la differenza fra l’impatto della crisi del 2008 di carattere economico-finanziario e l’impatto di questa crisi di carattere sanitario. All’epoca la risposta, che a mio avviso era sbagliata, fu tagliare, soprattutto lo Stato sociale, cioè comprimere le protezioni e i diritti. Adesso andiamo esattamente nel segno opposto”. “La domanda che mi pongo – ha aggiunto – è: questa transizione digitale, ecologica, infrastrutturale avrà anche un carattere sociale? Quale effetto avrà sul futuro del mondo del lavoro? Il primo è stato +6% di Pil nel 2021 a fronte di -9 del 2020. Quando cresce la produzione, cresce anche l’occupazione”. Tuttavia, “per l’80%, quei nuovi posti di lavoro sono purtroppo a termine o interinali”. Oggi si pensa anche a rivedere il modello di welfare. “Spero che la politica, gli stakeholder in generale – ha detto -, sindacati e associazioni degli imprenditori alzino lo sguardo e vedano lontano. Abbiamo bisogno di riconquistare l’orizzonte, cioè la strategia”. Per Damiano, dunque, “bisogna avere una visione orizzontale e anche lunga”. In merito all’astensione dal lavoro proclamata da Cgil e Uil, Damiano ha spiegato: “Mi stupisce il fatto che si parli così tanto di questo sciopero quasi che lo sciopero fosse un animale sconosciuto e noi fossimo in una situazione nella quale la pacificazione è assoluta perché c’è Draghi al comando. Draghi – ha proseguito – sta facendo molto bene ma non fa tutto bene. Ci sono, per esempio, aspetti di carattere sociale che secondo me non vengono tenuti in sufficiente considerazione. Ad esempio, per quanto riguarda il tema sollevato dai sindacati per la questione del fisco, è evidente che c’è stata una disattenzione, in parte corretta, per quanto riguarda coloro che hanno i redditi più bassi”.

C’è anche il tema del welfare aziendale. “Quando parliamo di un’evoluzione degli schemi organizzativi dell’impresa e una mutazione del lavoro, credo che ci voglia un pavimento di diritti universali”. Occorre, quindi, “avere tutele differenziate e su misura ma universali”. “Credo – ha aggiunto il presidente di Lavoro & Welfare – che noi abbiamo bisogno di innovare profondamente la nozione del lavoro e il welfare aziendale è un elemento di arricchimento che ha anche una convenienza di natura fiscale”. Una riflessione anche sulla riforma delle pensioni. “La legge Monti-Fornero ha avuto un difetto: ha accelerato troppo il processo di transizione. Non è stata una transizione, è stato un colpo”. Quota 100, invece, “non è una quota ma una finestra con un difetto: si rivolge a coloro che hanno avuto la fortuna di avere un’attività continuativa, non ha parlato ai più fragili”. Per quanto riguarda i giovani, secondo Damiano, c’è “una questione”, cioè che “entrano tardi nel mercato del lavoro e svolgono i lavoretti”. “Noi non siamo la Repubblica fondata sui lavoretti. Bisogna avere lavori che non siano part time discontinui ma full time e relativamente continuativi con una dote di formazione continua che aiuti a mantenerlo e migliorarlo”.

“Per quanto riguarda gli anziani, Draghi aprirà il tavolo delle pensioni con il sindacato. Si tratta di capire come si fa la flessibilità”, ha aggiunto, parlando di “due termini: flessibilità e contributivo. Vai in pensione prima – ha continuato – a condizione che ci sia un ricalcolo tutto contributivo della tua pensione”. C’è anche la questione delle morti sul lavoro. “Il boom economico del 1960-1961 – ha ricordato – vide una crescita come quella di oggi. A quel tempo c’erano undici morti al giorno. Da undici oggi siamo a tre, ma è sempre tanto e stanno crescendo. Per questo parlo di una transizione sociale di qualità. Non vorrei che questa esplosione quantitativa – ha affermato – non avesse come pendant un’attenzione alla qualità della vita nel lavoro. I morti, le malattie professionali e gli incidenti stanno crescendo. Bisogna fare di più in termini di cultura” e “investire in prevenzione”.

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Calabria, Occhiuto “Le risorse da sole non bastano, serve supporto per i progetti”

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ROMA (ITALPRESS) – La Calabria può essere governata, la vera sfida sarà quella di lavorare sulla reputazione. Parte da qui il presidente della Regione, Roberto Occhiuto, che in un’intervista a Claudio Brachino per la rubrica “Primo Piano” dell’agenzia Italpress spiega: “In Calabria abbiamo un deficit di capacità amministrativa, burocratica, deficit che tra l’altro rischia di farci perdere l’appuntamento storico del Pnrr, le risorse sono la benzina ma da sole non servono a far andare avanti la macchina dello Stato e questo è importante soprattutto per tanti comuni che si trovano in dissesto finanziario, si deve intervenire anche con il supporto necessario per progettare”.
A proposito di reputazione la Calabria deve fare i conti con un sistema sanitario dissestato: “Dopo 12 anni di commissariamento la sanità torna ai calabresi ma con numeri preoccupanti, per questo ora me ne sto occupando direttamente da commissario: ogni anno va via un miliardo dalla nostra regione perché i calabresi si fanno curare altrove. Non abbiamo un piano Covid approvato, non abbiamo un piano operativo, c’è un dipartimento che non funziona, il commissariamento è arrivato per gli errori fatti dalla politica, si è determinato perché negli anni precedenti la sanità veniva intesa come luogo dove si potevano consumare clientele, poi nei 12 anni di commissariamento sono stati mandati generali della Finanza, o gente che non sapeva nulla di sanità”.
“Veniva detto che tanto la Calabria è una terra che non si può sviluppare, non può risolvere i problemi legati al sistema sanitario, tanto vale mandare solo cani da guardia”, prosegue Occhiuto.
Tra i tanti errori commessi secondo il governatore c’è stato quello di “chiudere gli ospedali senza riconvertirli in presidi di assistenza territoriale e la pandemia ha dimostrato quanto sia importante proprio l’assistenza territoriale”.
Anche in ottica Covid “la preoccupazione più alta riguarda il sistema sanitario che paga il prezzo di 12 anni di commissariamento: in Calabria, a differenza delle altre regioni, un aumento dei contagi genera un’enorme pressione sulla rete ospedaliera, che diventa un grande problema – spiega Occhiuto -. Mi sono impegnato ad aumentare i posti in terapia intensiva, non è facile, serve una riorganizzazione, e confido in un miglioramento in futuro. Sono arrivato e c’erano 180 posti in terapia intensiva, oggi comunicheremo un incremento di 19 posti ottenuti semplicemente ottimizzando le risorse”.
Per il presidente della Regione Calabria è necessario implementare l’assistenza territoriale: “Mi sono arrabbiato con alcuni comuni della regione dove c’erano pochi vaccinati, lì ho minacciato di fare zone rosse, poi ho fatto arrivare centri vaccinali mobili. Siamo messi molto meglio degli altri Paesi europei, abbiamo anticipato la pandemia, il green pass rafforzato e la campagna di vaccinazione hanno prodotto effetti ma nella mia regione non c’è assistenza territoriale, lì si sta lavorando con centri mobilie e poi in comuni come Platì e San Luca, che avevano percentuali di vaccinati molto basse, c’è anche diffidenza nei confronti dello Stato”. Per Occhiuto “lo Stato deve esserci, deve garantire i servizi essenziali ai cittadini, solo lo Stato può offrire questi servizi e non la ‘ndrangheta”.
Dalla sanità alle infrastrutture, settore sul quale Occhiuto lamenta disattenzione da parte dello Stato: “Non c’è un investimento strategico dello Stato, c’è solo l’alta velocità, noi abbiamo anche una grande opera che è il porto di Gioia Tauro, un hub straordinario del Mediterraneo, là c’è una zona franca che potrebbe essere luogo di investimenti”. E sul digitale conclude: “Rappresenta una fortissima opportunità per la mia regione e anche per collegare tanti borghi che si stanno spopolando, borghi bellissimi che possono diventare luoghi dove si può lavoro con lo smartworking ma questi borghi non hanno infrastrutture immateriali. E’ un peccato perché la Calabria ha anche molti giovani laureati in questi settori ma che poi vanno a lavorare fuori dalla regione”. A 50 giorni dall’inizio del suo mandato Occhiuto è convinto che sia “presto per dare voti ma credo che i calabresi abbiano promosso il loro presidente, ho affrontato questioni difficili come quelle sulla sanità, ho deciso di fare cose importanti”, conclude.
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Dal Checco “C’è un’Africa che cresce e attrae investimenti”

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ROMA (ITALPRESS) – “La nostra mission è aiutare le imprese italiane in ambito export e nel processo di internazionalizzazione, di apertura sedi all’estero, commerciali o di produzione. Siamo una delle rappresentanze internazionali di Confindustria, ci occupiamo di Africa e Medio Oriente”. Lo spiega Massimo Dal Checco, presidente di Confindustria Assafrica & Mediterraneo, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica “Primo Piano” dell’agenzia Italpress.
“Siamo un corpo intermedio del sistema Paese, agevoliamo la comunicazione per le imprese tramite la diplomazia economica che funziona bene e va utilizzata al meglio, con ambasciatori sui territori che sono dei commerciali di relazione con i governi dei territori. L’aspetto finanziario è molto importante per poter investire in progetti che poi rappresentano una filiera del Paese stesso. Come Italia abbiamo Cassa Depositi e Prestiti, Sace, Simest e Ice. Siamo i coordinatori, aiutiamo le imprese a interagire con tutti questi attori, tra i quali ci sono anche la Banca di sviluppo europea, africana e mondiale”, prosegue.
“Nei Paesi dove siamo presenti, lo sviluppo economico può risolvere il problema dell’instabilità politica. Siamo abituati a una narrazione negativa, specialmente dell’Africa, dove sembrerebbe non valga la pena investire. Non è così – sottolinea Dal Checco -. C’è un’altra faccia del continente che non si racconta. L’Africa cresce in modo esponenziale, dal 2000 in poi è stato il continente, dopo l’Asia che è cresciuto maggiormente, del 6-7% all’anno. Alcune aree presentano delle criticità ma quei luoghi costituiscono comunque una grande opportunità di sviluppo economico per le nostre imprese. Gli italiani – continua – non sono visti come sfruttatori del momento favorevole per poi scappare. Le aziende italiane hanno una cultura diversa che investe in formazione, per questo sono ben viste e poi le infrastrutture italiane durano di più, hanno bisogno di poca manutenzione e sono più belle. Questa è l’eccellenza italiana”. Rispetto alla digitalizzazione, si tratta di “un abilitatore a nuovi modelli di comunicazione, business, esportazione, internazionalizzazione. L’evoluzione tecnologica permette di raggiungere quasi ogni tipo di sviluppo, rappresenta la grande opportunità che abbiamo in Africa, insieme al know how, i macchinari e le infrastrutture”, spiega il presidente di presidente di Confindustria Assafrica & Mediterraneo.
“L’Africa ha due caratteristiche, età media sotto i 20 anni che comporta una capacità di apprendimento agevolata e una forte diffusione della telefonia mobile. Questo può permettere l’esplosione della next generation, inoltre, progetti di grande innovazione per l’Africa e il Medio Oriente possono portare valore anche ai nostri territori”, aggiunge Dal Checco, che indica Sahel e Corno d’Africa come le due zone dove è più difficile sviluppare business ma “in tutte le altre parti del continente, anche se ci sono crisi politiche, sono interne e non inficiano sulle aziende e gli investimenti, non c’è il rischio enorme che si crede. E poi ci sono delle società che assicurano i progetti, come Sace”.
Confindustria è divisa in tre anime: una parte territoriale, una di settore di mercato e di rappresentanza internazionale. “La parte di settore di mercato è l’interlocutore primario del Ministero per l’innovazione tecnologica e transizione digitale e insieme si parla delle esigenze che potranno essere coperte grazie al Pnrr, ci saranno tante gare pubbliche che potranno portare a un’evoluzione – spiega Dal Checco -. Per quanto riguarda la transizione energetica e digitale, trasversale a tutti i settori, c’è molta attenzione. In un sistema che cambia veloce, per adattare modelli di business o inventarne nuovi di governance è fondamentale la preparazione culturale. I vaccini sono un tema importante – continua -, una maggiore diffusione faciliterebbe gli spostamenti e il fatto che alcuni non siano riconosciuti non aiuta. Abbiamo grandi prospettive per il futuro, abbiamo lavorato molto sulle relazioni con gli ambasciatori, stiamo firmando un memorandum, organizzeremo missioni specifiche e abbiamo creato un Tavolo insieme a Cassa Depositi e Prestiti, Sace, Simest e Ispi in cui ragioneremo o per settore di mercato o per alcuni territori specifici a seconda delle esigenze dei nostri associati per aiutare le imprese verso l’internazionalizzazione”.
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Malpezzi “La maggioranza lavora bene se dialoga, sul Quirinale serve unità”

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ROMA (ITALPRESS) – “L’Italia ha ancora bisogno delle quote rosa, a nessuna donna piace essere considerata una quota ma abbiamo bisogno di costruire una società che sia rappresentativa di donne e uomini”. Così Simona Malpezzi, capogruppo del Pd in Senato, intervistata da Claudio Brachino per la rubrica “Primo Piano” dell’agenzia Italpress.
Malpezzi ha parlato della recente legge sulla parità salariale: “La norma intensifica quello che c’era e non veniva fatto. Tante donne sono uscite dal mondo del lavoro perché i settori in cui erano occupate sono stati i più colpiti. Le donne sono state in prima linea durante l’emergenza Covid e lo devono essere anche ora nel momento della ricostruzione”.
Per quanto riguarda la violenza sulle donne, nella Relazione della Commissione femminicidio si vede come spesso le norme ci sono ma manca l’applicazione. “Bisogna rafforzare alcuni ambiti e puntare sulla preparazione di chi per primo intercetta la denuncia della violenza – ha sottolineato la senatrice -. Dobbiamo ripartire dalla formazione, per avvocati o per le forze dell’ordine in modo tale da poter aiutare le donne a trovare lo spazio giusto per denunciare. I tre pilastri della Convenzione di Instanbul sono: punire, proteggere e prevenire. Dobbiamo lavorare ancora tanto sulla prevenzione. I femminicidi sono una questione culturale, è una questione maschile, gli uomini uccidono le donne perché pensano che siano di loro proprietà”.
Malpezzi ha affrontato poi affrontato il tema della scuola: “Dobbiamo potenziare la formazione che dobbiamo basare su nuove competenze. Il Next Generation EU porterà nuovi posti di lavoro e le competenze per potervi accedere sono fondamentali. Per questo è importante lavorare su una Scuola che dia gli strumenti per preparare i nostri bimbi ai lavori del futuro che oggi ancora non esistono. C’è un investimento forte sulla scuola, noi abbiamo aggiunto anche lo strumento dell’apprendistato di II livello per aiutare i giovani ad entrare nel mondo del lavoro con forme contrattuali che possano essere riconosciute e mediate con i sindacati”.
Malpezzi ha precisato che la Didattica a Distanza è stata una forma estrema ma ha consentito di dare un canale di comunicazione ai ragazzi e alla scuola di non fermarsi. “Vogliamo che i nostri ragazzi vivano l’istruzione in presenza – ha spiegato -. Grazie ai vaccini e alle misure questo oggi è possibile, poi non dobbiamo demonizzare strumenti innovativi. Centrale è il tema psicologico rispetto ai giovani e tutto il Parlamento è unito per finanziare progetti di sostegno nelle scuole perché l’allarme c’è ed è importante creare un ponte con le famiglie”.
Sul fronte del Governo, “quella attuale è una maggioranza complessa – ha detto Malpezzi – ma che sta dimostrando di saper lavorare bene. Ci sono tante buone misure che il Parlamento sta analizzando. La diminuzione delle tasse, l’intervento sulla scuola e la valorizzazione dei docenti, il percorso sulla non autosufficienza e il lavoro forte della Commissione Femminicidio che sta affrontando il tema della violenza di genere ma ce ne sono tante altre. La Legge di Bilancio è fatta di tanti articoli che prendono tanti ministeri e per questo è importante lavorare bene insieme. Il mio giudizio è positivo ed è positivo il metodo che la maggioranza ha utilizzato per lavorare in un clima di ascolto affinché si raggiungano obiettivi e risultati insieme. Non transigiamo sull’ambiguità rispetto a vaccini, green pass e sicurezza”.
Proprio sui vaccini Malpezzi ha rinnovato l’invito a fidarsi della scienza e delle azioni del Governo per mettere in sicurezza cittadini ed economia del Paese.
“Abbiamo chiesto di monitorare il Recovery Plan – ha poi spiegato la senatrice -. Spesso non mancano progetti giusti ma le persone che possono progettare a causa di un impoverimento nella Pubblica amministrazione e del personale qualificato, capace rispondere alle esigenze del Governo”. Malpezzi ha poi posto l’accento sull’azione del suo partito: “Il Pd ha dimostrato di avere coerenza mantenendo una posizione chiara in tutti questi mesi di pandemia. La serietà paga e i cittadini hanno apprezzato, vogliono vedere che si fa. Quello del nuovo centrodestra invece è un tema che si gioca in casa loro. Hanno il consenso di tanti cittadini italiani e quindi rispettiamo le loro scelte. Il dialogo però deve essere fondamentale in politica, necessario per raggiungere obiettivi che servono ai cittadini. C’è la sfida del Quirinale, deve essere il presidente di tutti e bisogna provare a sceglierlo insieme”.
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Urso “Frenare le ambizioni cinesi per la supremazia tecnologica”

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ROMA (ITALPRESS) – Controllare la circolazione dei dati, le telecomunicazioni: la sicurezza della nazione passa da qui. A ricordarlo è il presidente del Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica), Adolfo Urso, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica “Primo Piano” dell’agenzia Italpress. “Il primo atto del Copasir, allora il presidente era Guerini, fu una relazione al parlamento sul sistema del 5G e delle telecomunicazioni, dove chiese che la Golden Power, cioè il potere di controllo del governo, fosse esteso anche al sistema delle telecomunicazioni, indicammo con chiarezza di non utilizzare la tecnologia cinese, proprio per salvaguardare la sicurezza nazionale – ha spiegato -. Pochi mesi fa la Cyber è stata inserita nell’Alleanza Atlantica come quinto dominio bellico. Dominio bellico significa che un attacco ad uno dei paesi dell’Alleanza Atlantica, come l’Italia, costringerebbe gli altri paesi ad una mutua difesa come è accaduto per l’attacco dell’11 settembre. Quando è nata la civiltà i domini bellici erano due: terra e acqua, poi lo scorso secolo arrivò il cielo, al quale tempo dopo si aggiunse il quarto dominio bellico, lo spazio, e oggi siamo arrivati al quinto. Se la cyber è un dominio bellico deve essere protetto perché può essere attaccato”.

Su questo fronte l’Italia “si è mostrata in ritardo, rispetto agli altri paesi, dal punto di vista istituzionale. Dal punto di vista delle competenze però siamo in grande vantaggio. Il ritardo istituzionale è stato recuperato con il governo Draghi che ha istituito l’agenzia per la cyber sicurezza nazionale, un organismo che aiuterà a completare il sistema di protezione, ora serve realizzare il cloud nazionale e una rete a banda larga che raggiunga l’ultimo borgo in montagna”. Su questo tema insiste molto il presidente del Copasir: “Le democrazie occidentali, Europa e Stati Uniti, devono fronteggiare due tentativi di supremazia, una da Asia e Cina che sono avanti a noi in molte questioni. Si devono frenare le tentazioni della Cina di realizzare una supremazia tecnologica globale attraverso il controllo dei dati. Per questo non possiamo utilizzare la tecnologia cinese per realizzare reti, le nostre informazioni non possono essere in mano a Pechino. Poi ci sono i giganti del web, che non sono solo un problema nostro, sono un problema per la democrazia, un gigante del web è più grande di una nazione”.

“Per questo noi diciamo che bisogna tutelarsi dagli uni e dagli altri, questo è importante e ricade sul problema dei cavi marittimi”, ha sottolineato Urso, spiegando che l’Italia “per condizioni geografiche, storiche, politiche è al centro dell’interconnessione di questa rete nervosa che sta legando il mondo. Abbiamo delle connessioni marittime importanti a Palermo e a Genova, in qualche misura anche in Puglia. Siamo centrali e per esserlo di più c’è bisogno di qualcosa, e penso anche ad una politica industriale del governo, per approfittare di questa condizione”. Per il senatore di Fratelli d’Italia si dovrebbe portare “sotto il controllo pubblico, così com’è come è con Eni, Enel, Terna, l’energia del futuro, e quindi controllare lo sviluppo della banda larga, l’interconnessione dei cavi marittimi, dobbiamo fare fare dell’Italia un protagonista e non un suddito dei protagonisti altrui”.

Sul fronte del terrorismo la commissione parlamentare si è riunita ad agosto “cinque volte sull’Afghanistan, abbiamo tenuto il punto con il governo, purtroppo la ritirata di Biden è stata un disastro – ha spiegato Urso -. Oggi la minaccia principale in Europa non è più rappresentata dalle organizzazioni criminali che sono più facili da controllare, in quanto comunicano tra loro, oggi il pericolo è rappresentato da colui che si radicalizza in casa. Per questo, come Copasir, abbiamo chiesto una legge per il contrasto alla radicalizzazione islamica, accanto a questo è necessaria anche una nuova fattispecie di reato: chiediamo delle pene, come avviene già per chi scarica materiale pedo pornografico, anche per chi scarica da Internet materiale di radicalizzazione islamica. È sufficiente detenere questo materiale, non è necessario organizzare qualcosa, se questo avvenisse potremmo anticipare la prevenzione per esempio con l’espulsione dal paese”. Dal senatore un plauso al lavoro dell’Arma dei Carabinieri: “Una forza armata unica sul territorio. Hanno acquisito conoscenze, sensibilità, sulle esigenze dei territori importanti per combattere la guerra moderna, e che gli americani non hanno. Noi siamo più bravi di altri, veniamo dalla cultura romana che sa interagire, includere”.

Questioni geopolitiche riguardano anche il caro bolletta: “il Copasir ha affrontato anche queste tematiche, gli approvvigionamenti energetici sono una questione anche geopolitica: il prezzo del gas è aumentato notevolmente, e io temo che nonostante la possibilità di un calo dei prezzi, con l’arrivo della primavera, la questione non si risolva, o si risolva solo in parte, dietro c’è un fatto geopolitico – ha concluso -. Pensiamo a quello che sta accadendo al confine con l’Ucraina: dalla Russia importiamo ancora più del 40% del nostro gas, e meno male che abbiamo fatto il Tap, questo significa che un evento geopolitico, per esempio il confronto Ucraina-Russia, potrebbe tenere alti i prezzi del gas. Forse è il caso di porsi il problema di un piano energetico di sicurezza nazionale e anche europeo, non possiamo essere sottoposti a eventi geopolitici nella competizione globale dobbiamo prevenire, non subire”.

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Baccini “Obiettivo per il 2022 una banca dedicata solo al microcredito”

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ROMA (ITALPRESS) – Creare una banca dedicata esclusivamente al microcredito. È l’obiettivo che si pone per il 2022 Mario Baccini, presidente dell’Ente Nazionale per il Microcredito. “Organizzare e ridurre i tempi del microcredito è un obiettivo che noi abbiamo. Faccio gli auguri a tutte le 21.000 aziende create con il microcredito affinché possano aumentare il fatturato il prossimo anno”, ha detto Baccini in un’intervista a Claudio Brachino per la rubrica “Primo Piano” dell’agenzia Italpress. Dopo aver ricordato che l’Italia fu il primo paese ad accogliere l’appello dell’allora segretario delle Nazioni Unite, Kofi Annan, che nel 2005 lanciò l’anno del microcredito come strumento di lotta alla povertà e esclusione finanziaria, Baccini ha spiegato che l’ENM è un ente pubblico non economico, un organo dello Stato che si occupa di preparare la rete del microcredito per tutte quelle persone considerate “non bancabili”. Per il presidente la missione è chiara: “La mano pubblica interviene dove la mano privata non può. Giovani o donne che vanno in banca e non hanno un euro per il loro business plan perché sono senza garanzie, saranno destinati a essere disoccupati, a essere un costo per la collettività e a diventare manovalanza per la criminalità. Lo Stato invece interviene, valuta se il business plan è sostenibile e se è il caso copre dando la garanzia fino all’80% del rischio”.

Baccini ha spiegato come si può accedere al microcredito: “Abbiamo 152 sportelli operativi in collaborazione con la Pubblica Amministrazione in tutta Italia e abbiamo una rete di 700 tutor formati dall’ente che assistono prima, durante e dopo il potenziale beneficiario. L’assistenza porta fino agli istituti convenzionati con l’ente per l’erogazione che vale fino a 40.000 euro. Sul sito ufficiale ci sono tutte le regole di ingaggio. Il default del microcredito, cioè di coloro che non riescono a restituire, è molto inferiore al piccolo prestito bancario perché facciamo una selezione prima del prestito e insegniamo all’imprenditore come si sta sul mercato. Diciamo tanti no preventivi”. Ma quante sono le risorse erogate e i posti di lavoro creati? “Noi interveniamo laddove non interviene nessuno. Sono 21.000 le nuove aziende create negli ultimi tre anni con un effetto leva di 2,43 posti di lavoro, quindi circa 50.000 posti di lavoro complessivi creati dalla fascia della non bancabilità, cioè di quelli che non avevano speranza – ha spiegato il presidente dell’Ente -. In Italia oggi abbiamo uno strumento legato all’economia sociale di mercato che è l’alternativa all’automatismo del mercato che ha come obiettivo il profitto. Fino a oggi abbiamo erogato 400 milioni di euro e l’ecosistema del microcredito italiano dà lavoro a oltre 50.000 persone”.

Il presidente ricorda che la pandemia è stata drammatica per il nostro Paese e per l’economia mondiale: “Nulla sarà come prima, ma con la nostra struttura, nonostante il trend negativo, abbiamo aperto oltre 100 attività durante la pandemia. Soprattutto i giovani e le donne hanno voluto scommettere sul proprio futuro. Abbiamo progetti per cui possiamo accedere direttamente a fondi europei e abbiamo messo in piedi, in collaborazione con i Ministeri, le Regioni, Anpal e Invitalia, progetti sia per le donne sia per i giovani 18-29 anni che non studiano e non si formano, i cosiddetti Neet”. Baccini è fiducioso per il futuro: “Il presidente Draghi è stato una salvezza per il nostro Paese. Il Pnrr sarà una grande risorsa se dalla poesia riusciremo a passare alla prosa. La struttura e i fondi ci sono. Siamo molto bravi a fare progetti, è importante sapere che i progetti sono essenziali per prendere i soldi ma devono essere strutturali per il Paese. Sentiamo l’esigenza di intervenire sull’innovazione tecnologica, questo consentirà anche alle più piccole aziende di stare sul mercato. Infatti noi finanziamo soprattutto quelle imprese che hanno nel loro business plan l’innovazione tecnologica. Abbiamo percepito una nuova sensibilità da giovani e donne, per una fascia che è oltre i 40-50 anni abbiamo più difficoltà perché è legata al lavoro tradizionale, ma comunque pensiamo a incentivi per innovarsi e trasferire il know how alle nuove generazioni”.

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Moles “L’editoria una filiera strategica, il Governo la sosterrà”

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ROMA (ITALPRESS) – Il Governo sta investendo sull’intera filiera dell’editoria, un settore di fondamentale importanza per il Paese. Lo ha ricordato Giuseppe Moles, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’Editoria, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica “Primo Piano” dell’agenzia Italpress. Moles, dopo due anni di pandemia, ha spiegato che non si può tracciare un bilancio limitato al settore editoriale: “L’analisi non può che essere di tipo complessivo del sistema paese. L’editoria, la comunicazione, l’informazione, sono parte integrante del sistema economico e istituzionale italiano”. Per il sottosegretario “la situazione, rispetto a un anno fa, è migliorata. Questo è merito anche dei cittadini italiani, dei lavoratori, degli imprenditori, degli operatori sanitari, di tutti. Se oggi siamo in una situazione completamente diversa rispetto a un anno fa, e stiamo molto meglio, è perchè abbiamo i vaccini, il green pass, e ora abbiamo la necessità di continuare su questa strada, gli altri Paesi europei ci stanno imitando”.

Sul futuro dell’esecutivo Draghi, Moles è stato chiaro: “Credo che questo governo stia facendo bene, ci sono impegni importanti da portare avanti, credo non ci debba essere un’interruzione di questo percorso”. Il Governo per il sottosegretario si sta muovendo bene anche sul fronte del Covid: “La situazione aveva la necessità di vedere prorogato lo stato d’emergenza e questo esecutivo ha dimostrato serietà nel farlo”. Entrando nello specifico dell’editoria, Moles ha sottolineato che “la crisi nel settore della comunicazione, dell’informazione non nasce con il Covid, ma con la pandemia è stata accentuata. Sono intervenuto con alcuni provvedimenti di sostegno, provvedimenti per cercare di sostenere il più possibile tutta l’intera filiera”. L’esponente di Forza Italia ha insistito sulla necessità di “riconoscere l’importanza che questo settore ha per il Paese, è un patrimonio, è interesse nazionale. Avere una corretta informazione necessita di sostegno, di implementazione, di ristori, servono tutti gli strumenti per dare la possibilità alla imprese di investire”. Per far si che tutti questi interventi non rimangano isolati è stato creato “il Fondo straordinario per l’Editoria, che ho immaginato come un percorso con una serie di provvedimenti e di risorse. Con i primi provvedimenti è stato ristorato l’intero settore, ma rischiavano di rimanere provvedimenti spot per questo poi abbiamo pensato a qualcosa di più – ha spiegato Moles -. Il percorso comprende da una parte la nuova legge sul copyright, e dall’altra la manovra finanziaria, oltre a una serie di provvedimenti, come quello che ritengo fondamentale per la filiera, sul credito d’imposta sulla carta. Il costo della carta è diventato esorbitante. In manovra come Governo abbiamo creato questo Fondo straordinario per l’Editoria, che in totale per due anni ammonta a 230 milioni, sarà a disposizione di tutta l’intera filiera editoriale, per l’occupazione, per nuove professionalità, per tutto ciò che è necessario”.

Passando ai social, il sottosegretario all’Editoria ritiene che “eccessive norme e regole non servano. Una norma spesso e volentieri è già in ritardo rispetto al progresso, all’algoritmo, serve invece un’educazione digitale, una sensibilizzazione all’uso corretto degli strumenti. Sappiamo benissimo che le fake news sono pericolosissime, per fronteggiare questo fenomeno ci deve essere la collaborazione di tutti, anche delle piattaforme. Per una scelta di business conviene anche a loro mettere all’angolo le fake news”. Moles ha annunciato di voler creare “anche in maniera informale, nel Dipartimento per l’Editoria, un comitato sulle fake news e sulla pirateria digitale. Inviterò tutti gli attori di sistema, è fondamentale una certificazione della notizia, è la professionalità, la responsabilità di ogni attore di questo mondo che ci può aiutare a mettere in un angolo le fake news. In Parlamento inoltre è in formazione una commissione parlamentare sulle fake news”. Per Moles “il digitale non è il male, non è il nemico, il digitale è uno strumento, si può usare dandone una connotazione negativa o utile. I due mondi, digitale e carta, possono aiutarsi e convivere. Nel capitolo sulla digitalizzazione del Pnrr ho chiesto di inserire una frase con la quale si specifica che tutti gli strumenti previsti in quel capitolo possono essere usati da tutte le imprese della filiera editoriale, ho tenuto a specificare questo”. Infine il sottosegretario ha ringraziato tutti i testimonial degli spot per la campagna di vaccinazione: “Come Dipartimento continueremo nella campagna di sensibilizzazione vaccinale con una serie di spot e ringrazio tutti i testimonial, che lo fanno a titolo gratuito”.

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Orfeo “Italia ancora indietro sulla conciliazione lavoro-famiglia”

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ROMA (ITALPRESS) – “Il neonato e la famiglia al centro del futuro, credo che questo sia l’elemento fondamentale, ci dobbiamo prendere carico della famiglia a 360 gradi”. Così Luigi Orfeo, presidente della SIN (Società Italiana di Neonatologia), intervistato da Claudio Brachino per la rubrica Primo Piano dell’agenzia Italpress.
Anche quest’anno c’è stata una riduzione notevolissima della natalità. “Raggiungiamo ancora un record negativo e ci sono tanti motivi, probabilmente una scarsa politica per garantire la conciliazione tra lavoro e famiglia, soprattutto tra le donne, inoltre meno del 30% delle famiglie italiane utilizza tra i 0 e 3 anni del bambino l’asilo nido perché ce ne sono pochi – spiega Orfeo -, i congedi parentali, soprattutto quelli paterni, sono inesistenti, ma ci sono difficoltà anche sulla parte economica”, aggiunge Orfeo, sottolineando che proprio gli asili nido vedono un divario territoriale con un Sud ancora una volta in sofferenza.
“L’intervento spot non risolve i problemi, mentre le politiche di conciliazione lavoro-famiglia sono determinanti e possono far modificare questa tendenza”.
Anche sui punti nascita il presidente della Sin evidenzia delle differenze territoriali “tra Nord e Sud, ma anche tra centro e periferia, tra i grandi ospedali delle città e i piccoli nosocomi di piccoli centri che sono in grandissima sofferenza – sottolinea – ed è proprio lì che si potrebbe agire con i soldi del Pnrr, che in gran parte sono dedicati alla parte strutturale” della sanità.
Per Orfeo “la riorganizzazione dei punti nascita italiani potrebbe essere l’occasione di farla con queste risorse”.
In tutto il settore sanitario ci sono problemi soprattutto per i medici ospedalieri: “Oggi c’è una grande difficoltà perché mancano gli specialisti, è difficile trovare medici di pronto soccorso perchè lavorano in condizioni molto difficili e sono pagati poco, è difficile trovare i pediatri e soprattutto i neonatologi che rischiano tanto anche sul piano delle responsabilità”, prosegue.
In questi due anni di pandemia “abbiamo fatto un ottimo lavoro, abbiamo reagito molto bene e con pochi accorgimenti abbiamo fatto sì che le mamme potessero continuare ad allattare i figli e rimanere con loro per tutto il tempo necessario. Per essere leader a livello europeo – conclude Orfeo – manca poco, forse sull’accoglienza nei confronti dei genitori siamo un po’ carenti, invece i genitori devono essere una risorsa”.
(ITALPRESS).