ROMA (ITALPRESS) – America first o America last? L’ossessione trumpiana di appagare il sentiment popolare, pensiamo prima a noi, basta morti in guerre lontane e politicamente incomprensibili, si è rivelata un boomernag per la giovane Presidenza di un uomo tutt’atro che giovane, Joe Biden. Gli Stati Uniti sono nel gradino più basso del loro prestigio e della loro credibilità internazionale. Gli esportatori della democrazia sembrano impotenti di fronte alla tragedia umanitaria che si sta consumando all’aeroporto di Kabul. La civiltà dell’immagine e della comunicazione, nata nella Silicon Valley, amplifica nella sensibilità dell’opinione pubblica globale un fallimento clamoroso: in meno di venti giorni i Talebani si sono ripresi il paese, il terrorismo di matrice islamica è tornato potente e feroce, come ai tempi di Bin Laden, anche se oggi la minaccia più grave viene dalla sigla Isis K più che da Al Qaeda.
Nel suo discorso alla nazione dopo il sanguinario attentato kamikaze all’aeroporto della capitale afghana, il presidente si è rifugiato nella scorciatoia della commozione e nella liturgia dell’eroismo. I caduti americani, anche gli ultimi tredici marines, sono nella walk of fame metafisica di chi ha dedicato la propria vita alla nazione e al mondo. Sul piano politico però il discorso è stato deludente: ci vendicheremo, vi colpiremo e la risposta è arrivata con l’eliminazione chirurgica di una delle menti dell’attentato. Però c’è stata anche la paradossale legittimazione di fatto se non de iure dell’Emirato islamico, anch’esso nemico dell’Isis e dunque momentaneamente alleato degli americani, pur tra mille diffidenze. Intanto però i Talebani lo snobbano e chiedono all’astro nascente sullo scacchiere del mondo, il turco Erdogan, di gestire dopo l’ultimatum l’aeroporto di Kabul.
Siccome la situazione è molto complicata e l’escalation rischia di essere sempre più drammatica, tra attentati, sharia, profughi, disperati che non riescono a uscire, Biden rischia grosso. Le colpe certo non sono solo sue, le trattative di Doha di Trump sono state superficiali e insieme oscure, ma è tutto un trentennio di politica estera americana che va in soffitta. Si comincia con Bush padre e con le bombe su Bagdad nel 1991, e giovane giornalista del nascente tg di Italia1 ho ancora nella memoria quelle scie colorate che sembravano un videogioco invece erano traccianti di morte. Poi, dieci anni dopo, l’11 settembre con l’attentato alle Torri gemelle, la grande ferita, la perdita della propria inviolabilità. Era successo a Pearl Harbour, ma era una guerra, non terrorismo. E poi ancora una volta ad amplificare la storia c’è la civiltà delle immagini, quel lungo pomeriggio di orrore in diretta che ho raccontato per dieci ore, ormai anchorman maturo e definitivamente maturato nel racconto giornalistico di quello che sembrava un action movie e invece era la potenza del reale.
Su quell’onda emotiva Bush figlio si legittimò convincendo l’Occidente a seguirlo nella guerra afghana. Scopo primario punire Bin Laden, protetto dalle grotte profonde, dai Talebani e in parte dai servizi segreti pakistani. La democrazia è stata un effetto collaterale della lotta al terrore. Dieci anni dopo, nel 2011, è Obama a dare l’ordine per il blitz che porterà all’uccisione del leader di Al Qaeda. Siamo rimasti, anche noi italiani, altri dieci anni, forse senza più uni scopo preciso, senza un exit strategy ragionevole. Abbiamo di fatto cambiato la società afghana senza però aiutare quel popolo ad avere una classe dirigente e un esercito tali da garantire un nuovo corso storico. Ora che le illusioni sono perdute, come nel romanzo di Balzac, non rimane che mettersi al tavolo con potenti vecchi e nuovi, in primis la Cina. America not first.
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Afghanistan, la politica estera americana va in soffitta
Bernardo “Faremo di Milano la capitale internazionale della digitalizzazione”
MILANO (ITALPRESS) – “Oggi le persone si sentono inascoltate, si sentono invisibili, ma Milano e la Città metropolitana sono andate avanti solo perché hanno un gran cuore e una grande anima”. Sono le parole di Luca Bernardo, candidato sindaco per il centrodestra a Milano intervistato da Claudio Brachino per la rubrica “Primo Piano” dell’Agenzia Italpress.
“Un civico vero che si presta alla politica e che promette una campagna elettorale basata sul sociale e sull’ascolto dei cittadini” lo definisce l’intervistatore. Bernardo, medico pediatra, primario all’ospedale Fatebenefratelli, una moglie adorata, Francesca, conosciuta 25 anni fa, e una figlia amatissima, Lucrezia che fra pochi esami finirà la facoltà di giurisprudenza. Il sogno di bambino di fare il pediatra e da 20 anni l’attività per le strade di Milano per curare i più fragili.
“Voglio cancellare l’idea di periferico e rilanciare l’idea di città” puntualizza Bernardo. Una città in cui il candidato sindaco del centrodestra vuole “più prevenzione e più presidi territoriali, come quelli per i ragazzi che hanno diritto a trovarsi e divertirsi in una movida controllata, come un ritorno alla vita in piena sicurezza”. Una città che punta sul lavoro perché “dobbiamo immaginare che debba diventare capitale internazionale della digitalizzazione: arriveranno tanti soldi dal PNRR, dalle Olimpiadi e da investimenti anche esteri: occorrono quindi tavoli permanenti per gestire al meglio tutte le nuove risorse” assicura il candidato sindaco del centrodestra.
Stoccata al sindaco Sala del quale dice “non ho mai detto che è stato un buon sindaco, altrimenti non mi sarei candidato” ma al quale riconosce eleganza e fairplay: “ho molto apprezzato quando è venuto a trovare i miei bambini in reparto”.
Bernardo quindi promette una “campagna elettorale non urlata” ma diretta: “Cosa ha fatto di concreto, di vero Sala negli anni della sua amministrazione? Molto poco” assicura Bernardo, sottolineando i problemi principali dell’occupazione e della sicurezza con una seconda stoccata al sindaco uscente: “Ma dove abita lui per dire che Milano è una città sicura?”.
Altro tema caldo le piste ciclabili che il candidato del centrodestra definisce “disegnate a matita: ci devono essere ma forse non là”; una visione di Amministrazione quindi che Bernardo sintetizza come un “mettere il sogno sulle gambe e farlo camminare”, una visione basata sulla concretezza come la preoccupazione per la prima settimana di settembre in cui “ci saranno contemporaneamente il Salone del mobile e la ripartenza della scuola” e quindi una situazione logisticamente difficile da gestire in un periodo di pandemia.
(Scuola che Bernardo definisce fondamentale perché “i ragazzi devono tornare in presenza, devono costruirsi rapporti e amicizie: è un momento importante per includersi, ovviamente in sicurezza”.
Vaccini quindi sì o no per i ragazzi? Sotto i 12 anni impensabile un invito perché “non abbiamo dati certi” spiega il pediatra, mentre “sopra i 12 anni io dico sì ai vaccini e che la medicina trasmetta informazioni chiare per togliere dubbi e paure”. A proposito del personale sanitario e scolastico il candidato sindaco del centrodestra non ha dubbi: “devono vaccinarsi, altrimenti a casa e senza stipendio”. Un centrodestra unito quello nazionale e quello milanese? Il candidato sindaco Bernardo si sente “supportato in maniera compatta da tutti i partiti del centrodestra: non ci sono mai stati infatti veti sulla mia persona” da parte di nessun partito…
Come in una famiglia ci sono varie sensibilità e questo sottolinea Bernardo “è un bene perché il dialogo sta alla base del lavorare bene, come lavorano bene i consiglieri che mi affiancano e aiutano in questa campagna elettorale, che le persone riconoscono” e che con lui portano avanti il progetto di una Milano sì “capitale della cultura, dello sport e della moda” ma anche una città inclusiva, con barriere architettoniche da abbattere, con grande attenzione all’altro. Una Milano quindi senza discriminazioni “dove uomini e donne valgono per la propria competenza e per la propria voglia di fare”. Una città dove la lotta all’abusivismo viene fatta senza alcun dubbio, dove “chi occupa una casa deve essere obbligato ad uscirne entro 48 ore”.
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Giustizia, Durigon “Su riforma troveremo soluzione”
ROMA (ITALPRESS) – “Stiamo mediando, Giulia Bongiorno insieme a Matteo Salvini sta cercando di trovare soluzioni sulla riforma della giustizia”. A parlare è Claudio Durigon, Sottosegretario all’Economia, esponente della Lega, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica “Primo Piano” dell’Agenzia Italpress.
Al centro del dibattito i reati legati a mafia, stupro e droga su cui “punire immediatamente è fondamentale” sottolinea, spiegando che “c’è tanto fermento ma sono convinto che alla fine troveremo una soluzione: la riforma della giustizia è un tema importante che ci chiedono con il PNRR”. In quest’ottica il referendum dà forza al Parlamento secondo Durigon, ma la riforma deve concentrarsi “sulla riduzione dei tempi del processo” e deve ben calibrare la prescrizione che Durigon sottolinea come ponga “delle libertà quando un processo è troppo lungo. Ma sono convinto che siamo di fronte ad una riforma equa, che riduce i tempi e che dà certezza della pena. Siamo vicini”.
Tanti i temi toccati, come il lavoro, le pensioni e il reddito di cittadinanza: “questioni sulle quali occorrono nuove soluzioni e politiche attive, va trovata la giusta misura” sottolinea l’esponente della Lega che assicura, per quanto riguarda la ripresa post-covid, che “la nostra crescita sta andando molto bene: vediamo numeri incoraggianti, migliori di quelli di tanti altri paesi europei”.
Elogia il generale Francesco Paolo Figliuolo, commissario straordinario per l’emergenza covid, per i tantissimi vaccinati, e propone una riflessione sul green pass che vede “come un bicchiere mezzo pieno” e cioè una “soluzione giusta per alcuni temi, ma esasperata per altri”.
Una soluzione giusta per esempio per quanto riguarda i grandi assembramenti come le manifestazioni, concerti e stadio. Si dice sicuro che “si troveranno soluzioni adeguate”, a partire dalla scuola: “se il ragazzo decide di non vaccinarsi va rispettato. Il compito del governo è far ritornare a scuola in sicurezza”, trasporti compresi.
Durigon esclude nuovi lockdown e future chiusure, e spiega come “dobbiamo convivere con il virus ma anche essere positivi: i nuovi dati mostrano che il 95% delle persone che vanno in ospedale non sono vaccinati: sono convinto che non ci saranno altri lockdown”. Sui rapporti con la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, il Sottosegretario all’economia assicura che “ci confrontiamo da alleati a partire dalle amministrative. A Roma sono convinto che con Michetti si può portare un vento nuovo, siamo preparati a trovare soluzioni per questa città”.
Una riflessione anche su Milano, con il candidato del centrodestra Luca Bernardo, primario di pediatria dell’ospedale Fatebenefratelli, che Durigon considera “persona davvero in gamba, e che dai sondaggi risulta essere testa a testa con il sindaco uscente Beppe Sala”.
Giustizia, Messina (Idv) “Riforma pericolosa, a rischio stato diritto”
ROMA (ITALPRESS) – “Da qualche settimana Italia dei Valori è rientrata in Parlamento, sia alla Camera con Piera Aiello che al Senato con Elio Lannutti, con il simbolo del Gabbiano collocandosi come moderati di centrosinistra. Il nostro partito ha inoltre altre adesioni importanti come quelle di Elisabetta Trenta, Ignazio Cutrò e Pino Masciari, abbiamo ricostruito un gruppo in Campidoglio con Monica Montella”. Lo dice Ignazio Messina, segretario nazionale di Italia dei Valori intervistato da Claudio Brachino per la rubrica “Primo Piano” dell’Agenzia Italpress. “Riteniamo che i valori di legalita’ e la questione morale siano molto attuali”, prosegue Messina che spiega la posizione politica del suo partito: “in opposizione al Governo Draghi ma in opposizione anche alla Meloni, con una domanda cruciale, ovvero ‘Cosa ci fanno insieme al Governo da Leu alla Lega?’. Se culturalmente due soggetti la pensano in maniera contrapposta è complicato che possano prendere decisioni importanti, a partire dalla riforma della giustizia o sul vaccino, che per noi è un dovere civico. Noi siamo per le vaccinazioni: prendere un aereo oppure andare al ristorante con il green pass per me è una garanzia” sottolinea Messina.
Salvini? Si trova “in una situazione ibrida: sta al Governo ma è costretto a fare anche opposizione. come fai così a costruire un progetto di futuro?”.
Al centro dell’intervista la riforma della giustizia che Messina definisce, formulata nell’ipotesi attuale, “veramente pericolosa perché mette seriamente in discussione il nostro stato di diritto”. Per Messina serve una riforma “che faccia funzionare meglio il processo”.
Di Pietro? “L’ho sentito su questi temi e si lamenta molto”.
Sulla prescrizione “il vero punto è da quando decorre – spiega Messina – Noi diciamo che deve decorrere da quando il reato viene a conoscenza dell’autorità giudiziaria”. Secondo Messina è impensabile che il Parlamento decida quali reati processare oppure no: “il tema quindi – continua – è far funzionare meglio la giustizia, tema su cui l’Italia dei Valori ha effettivamente qualche punto in comune con il Movimento 5 Stelle”. Sul libro di Palamara Messina chiosa dicendo che “mette in luce una disfunzione che fa male alla magistratura, mette a nudo una realtà terribile”.
Altro tema fondamentale dell’intervista la scuola, la cui apertura è ormai alle porte passate le vacanze estive, con tutte le polemiche legate a vaccinazioni e green pass: “penso che ci si debba affidare alla scienza – spiega Messina – e bisogna portare i ragazzi a scuola perché con la didattica a distanza, di fatto, hanno perso un anno importante, ma bisogna riaprire in sicurezza”. Obbligo di vaccino quindi? “Ripeto – dice Messina – per me il vaccino è un dovere, chi non lo vuole deve essere inibito dalle attività sociali. Sono stanco dei furbetti del vaccino, i no vax di convenienza mi danno fastidio” dice Messina.
Ultimo punto, il candidato sindaco di Roma che l’Italia dei valori porta avanti nella persona di “Rosario Trefiletti, storico presidente di Federconsumatori. Abbiamo fatto una scelta di campo: la tutela dei cittadini, e chi meglio di lui può rappresentarli in Campidoglio?”. Ed il prossimo obiettivo poi, passate le elezioni amministrative, sarà il 2023 che Messina auspica di coronare “con una grande forza moderata di centro-sinistra per governare il paese” e che veda l’Italia dei Valori tra i protagonisti. “Spero – aggiunge – non finisca come ha fatto Renzi che è il padre di tutte le sconfitte, perché capito che perdeva, anziché provare a vincere le ultime elezioni ha gestito la sconfitta”.
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Piunti (Conou) “Economia circolare fondamentale per salvare il pianeta”
ROMA (ITALPRESS) – Nell’economia circolare c’è la chiave per salvare il pianeta. Ne è convinto Riccardo Piunti, presidente di Conou, il Consorzio Nazionale per la gestione, il trattamento degli olii minerali usati. Intervistato da Claudio Brachino per la rubrica “Primo Piano” dell’Agenzia Italpress ha detto: “credo che l’economia circolare sia la soluzione alla battaglia del cambiamento climatico. Nel mondo, ogni anno, si estraggono materiali per 100 miliardi di tonnellate, su queste vengono dal recupero solo 8, le altre 92 le tiriamo via dal pianeta. Questa cosa è insostenibile, il pianeta non regge così, dobbiamo riutilizzare e riciclare i materiali, le miniere non devono essere nuove, non si può continuare a scavare, si devono utilizzare le miniere di rifiuti”.
A proposito di rifiuti, Piunti ha ricordato che “i danni che può fare l’olio minerale, se disperso nell’ambiente, sono enormi. Raccoglievamo il 20-30% dell’olio che si poteva raccogliere, oggi siamo al 99%, noi raccogliamo tutto l’olio minerale, e il punto di forza è che noi lo ricicliamo tutto, non ci limitiamo a raccoglierlo, noi abbiamo degli obbiettivi in particolari: il primo è la qualità del rifiuto, il secondo tema è quello della comunicazione, il terzo è l’innovazione e la digitalizzazione delle nostre imprese, infine c’è la nostra eccellenza, noi abbiamo fatto uno spot dove si dice che il Conou è un’eccellenza europea”. Entrando nel dettaglio ha spiegato che “quando uno raccoglie dei rifiuti, valuta e sceglie quale riutilizzare, quando uno arriva a rigenerare tutto, e siamo noi, con il 100%, arriva a chiudere il ciclo dell’economia circolare, questo per dire che non si deve scegliere, si deve lavorare prima per gestire la qualità del rifiuto, in modo tale da selezionare gli inquinanti e gestirli ad hoc, la differenziazione è la chiave nei rifiuti industriali, i rifiuti industriali vanno differenziati, solo così si possono tutti rigenerare”. Fondamentale, in questo processo, è la comunicazione: “il Consorzio ha lavorato tanti anni per comunicare ai cittadini che l’olio non si butta, che se lo butti nell’acqua fai un danno terribile, e questo i cittadini lo sanno, quello che non è ancora chiaro è che dietro al recupero, alla rigenerazione c’è un lavoro enorme, l’economia circolare non si ferma, comincia ed è un lungo percorso, ecco su questo manca ancora la coscienza. Noi non siamo un’azienda, siamo un consorzio con tante imprese e noi vogliamo che queste imprese dialoghino, le cose pregiate che ognuno di queste imprese fa devono essere comunicate, dobbiamo fare squadra” ha aggiunto “inoltre crediamo che le nostre aziende che fanno un servizio ai clienti per la gestione dei rifiuti, possano produrre risultati migliori, migliorando la comunicazione con i clienti”. Come tutti anche il Consorzio ha fatto i conti con questo anno terribile di pandemia: “l’olio è esausto ma non è esausto il nostro sistema, durante la pandemia chiaramente, come tutte le imprese, ci siamo trovati ad affrontare una situazione molto critica, c’è stata un’assenza di mercato, cioè il nostro olio rigenerato non aveva mercato, non si vendeva rischiando di bloccare il circuito, ma in questa fase il Consorzio ha svolto un ottimo ruolo di equilibratore aiutando le imprese a risolvere queste difficoltà. La raccolta non ha cambiato i suoi standard, la frequenza, la rigenerazione non si è fermata, è andata avanti. Abbiamo sofferto, è stato difficile, ma siamo riusciti a compensare tutte le difficoltà”. Stando ai numeri, sulla rigenerazione, l’Italia sale sul podio in Europa: “i tedeschi sono sempre i più bravi di tutti, i francesi sono bravissimi, ma in Italia la priorità delle rigenerazioni nasce prima che nascesse il consorzio. In Europa si raccoglie circa il 90% dell’olio raccoglibile e noi siamo al 99%” ha concluso “su questo processo di circolarità per riutilizzare tutto noi siamo molto più avanti”.
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Cicchitto “Sulla riforma della giustizia esitazioni, sosterrò i referendum”
ROMA (ITALPRESS) – Sulla riforma della giustizia “vedo grandi esitazioni a livello parlamentare e i sei referendum sono uno stimolo esterno. Non simpatizzo con Salvini, però secondo me lui ha fatto una mossa geniale nel momento in cui ha sostenuto i referendum dei radicali. E’ possibile che ottengano i numeri necessari e, nonostante il dissenso che ho nei confronti di Salvini, io andrò a firmare”. Lo ha detto Fabrizio Cicchitto, presidente di Riformismo e Libertà, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica Primo Piano dell’Agenzia Italpress. “Dal 1992 ad oggi la magistratura associata, ovvero quella organizzata in correnti, ha preso il potere nel Paese, ha distrutto la politica e preso il potere politico ed economico. Poi in seguito al caso Palamara – ha aggiunto – la magistratura è implosa per le sue contraddizioni interne dove le cariche vengono aggiudicate su contrattazione tra associazioni e non sui meriti e intrecciandosi con la violazione sistematica del segreto istruttorio, tutto questo diventa una baracca insopportabile”.
“Ora ci troviamo di fronte a una crisi della magistratura, ne usciremo con una riforma? È una bella domanda, non è impossibile ma nemmeno certo. La giustizia nel so complesso è un handicap per l’Italia, oggi la riforma delle riforme sarebbe lo sdoppiamento delle carriere”, ha spiegato.
Parlando dell’attuale situazione politica e del caos all’interno del MoVimento 5 Stelle, Cicchitto ha sottolineato come quest’ultimo abbia cambiato “ragione sociale”. Il M5S si fondava “sull’uno vale uno, era nato sul rifiuto di coalizioni, sul rifiuto di alleanze, poi nel 2018 hanno ottenuto il 32% dei voti, e a quel punto il loro scopo è diventare quello arrivare fino alle elezioni del 2023. Ora – ha proseguito – per salvare i 300 parlamentari ha appoggiato tutti i governi che ci sono stati fino ad ora: Lega, Pd e Draghi”.
Parlando del centrodestra, Cicchitto ha osservato che il segretario della Lega ha fatto una mossa “abilissima” appoggiando il referendum, “adesso si tratta di sapere se ne farà un altra o meno, ovvero se Salvini invece di inseguire la destra estrema si avvicina al Ppe e si piazza in una posizione centrale”. Il Partito Democratico invece “è in enorme difficoltà, loro hanno ritenuto che un’area di centro e riformista con Renzi e Calenda fosse secondaria e ha privilegiato il rapporto con i grillini…”.
Chi farà il sindaco di Roma? “Questa città non era stata mai combinata male come o è adesso – ha avvertito – è in una situazione tale che dovrebbe essere commissariata per 5-10 anni. Reputo che il Pd abbia fatto l’ennesima idiozia, perchè nel momento in cui ha visto che la Raggi si presentava avrebbe dovuto fare un accordo con Calenda. Il candidato di centrodestra non mi convince, mentre Gualtieri è stato un ottimo europarlamentare ma un mediocre ministro, quindi anche su di lui enormi punti di domanda. Da parte del centrodestra c’è forse un civico che ha la possibilità di vittoria in Piemonte, ma non è che il centrodestra ha brillato, a Milano devono ancora trovarlo, inoltre a Napoli vanno a candidare un Pm in funzione? Ma questo è uno scandalo, uno scandalo precedentemente del Pd e ora si mettono sullo stesso piano? Maresca non vuole neppure i simboli che lo eleggono, penso poi che sia un altro scandalo che un magistrato nella sua circoscrizione diventi candidato di uno schieramento politico”, ha concluso.
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Napoletano “Con Draghi doppia partita in Italia e Ue”
ROMA (ITALPRESS) – “Non so se nella comunità nazionale c’è fino in fondo la consapevolezza del credito personale a livello internazionale che Draghi ha conquistato in Europa e fuori dall’Europa. Questo credito, che riguarda la persona, può fare molto bene all’Italia anche perché l’Italia, benché non lo diciamo mai o lo diciamo poco, è scesa nel rating mondiale, viene da 20 anni di crescita zero e fa anche un po’ meno paura. Si è quindi più disposti, com’è successo all’ultimo G7, a riconoscere a Draghi qualcosa in più. Questo a noi ritorna come credibilità del Paese e può ritornare se si segue il suo metodo, quello di far diventare l’Italia un paese normale”. Così Roberto Napoletano, direttore del Quotidiano del Sud, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica “Primo Piano” dell’Agenzia di stampa Italpress, presentando il suo libro “Mario Draghi. Il ritorno del Cavaliere bianco”.
“Il cavaliere bianco – ha spiegato – è l’uomo che ha fatto l’atto risolutore della grande crisi, le tre parole ‘whatever it takes’. Nessuno racconta che quell’uomo dice quelle parole assumendosene la piena responsabilità senza un mandato del direttivo della Bce. La forza è avere fatto la mossa giusta nel momento giusto, questa è la grande qualità politica di un banchiere centrale. La conferma del valore di questo gesto è nel fatto che tutti hanno creduto e hanno capito che la festa era finita”.
Per Napoletano la “grande qualità di Draghi è che se ascolti, capisci. Non ha un linguaggio ampolloso e retorico. Negli ultimi anni – ha poi spiegato – abbiamo vissuto un dibattito pubblico malato che ha determinato un paradigma malato della politica e ha costretto il presidente della Repubblica a giocare la carta estrema”. Secondo Napoletano, “siccome il credito della persona nel mondo è alto, se dovesse fallire Draghi l’Italia sarebbe insalvabile: questo è quello che penserebbero nel mondo, ma non accadrà perché lentamente anche la politica dovrà cambiare e deve cambiare il modo di fare informazione”.
In questo periodo la politica sta rivedendo i suoi assetti per il futuro e sembra che si sia giunti alla fine del populismo vissuto negli ultimi anni. “È surreale che si continui a parlare molto di posizioni anti-euro, sempre più minoritarie, senza mai misurarsi con la realtà”, ha evidenziato. “L’esperienza del Governo Draghi è importante – ha aggiunto – perché se noi dimostreremo di sapere fare quello che non abbiamo saputo fare negli ultimi 20 anni, cioè cambiare il modo di fare gli investimenti pubblici e attuare bene il Recovery plan, la supplenza politica esercitata da sempre in Europa nell’ambito delle proprie competenze, può portare progressivamente a una vera Europa federale. Dobbiamo avere la consapevolezza che con Draghi c’è una doppia partita, in Italia e in Europa”. Per Napoletano, poi, “la riforma che è già stata approvata della macchina pubblica degli investimenti, cioè il decreto unico delle semplificazioni e nuova governance, è una rivoluzione”.
Inoltre, “la prima cosa che ha fatto Draghi e che ha funzionato è la campagna di vaccinazione. Quando ha parlato di rischio ragionato – ha continuato – si è visto quello che credo sia un metodo. La vera innovazione è decidere, mediare, decidere”.
In queste settimane si pensa già al futuro del Quirinale. “Quello che è importante secondo me – ha spiegato – è che Draghi può anche diventare presidente della Repubblica, cambiando la presidenza. Ciò che deve essere importante è che rispetto alla comunità internazionale il ruolo di Draghi sia riconoscibile ed effettivo. Abbiamo bisogno di un periodo non lunghissimo ma sufficiente per cambiare i comportamenti: l’Italia ha bisogno di cambiare in profondità”. Con il Recovery plan si prevedono importanti investimenti, anche per il Mezzogiorno. “Per il Sud – ha sottolineato – è stato fatto qualcosa che non è mai stato fatto prima. Bisogna essere onesti: il livello di interventi è nettamente superiore a quello del decennio d’oro”.
Tuttavia, per Mario Draghi c’è anche qualche consiglio, perché “individua il problema, la tendenza, non ha passione per il dettaglio” e “il Mezzogiorno ha bisogno di attenzione al dettaglio”, ha sottolineato. “Il consiglio è individuare una struttura centrale di progettazione, dettagliata, con persone di valore scelte sul mercato con criteri rigorosi e con una regia”. Bisogna, quindi, “creare una squadra che organicamente dia una mano”, perché, in generale, “se non si recupera il Mezzogiorno l’Italia non riparte”, ha concluso.
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Sileri “Variante indiana non elude il vaccino, switch è sicuro”
ROMA (ITALPRESS) – Lo switch, per intenderci il cambio di vaccino tra la prima e la seconda dose, non provocherà problemi né sul lato della sicurezza né tantomeno rallenterà la campagna di immunizzazione. A sostenerlo il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica “Primo Piano” dell’Agenzia Italpress. “Lo switch è molto ragionevole e anche supportato da una evidenza scientifica. L’Italia non è l’unico Stato che lo sta facendo. Pare non ci siano controindicazioni nel farlo, ma che possa esserci una risposta immunitaria migliore”. Sileri manifesta un certo disappunto per le polemiche di questi giorni. “Tutta la polemica sulla sicurezza è francamente inutile. Una polemica che incrementa l’esitazione nei confronti della vaccinazione. Molte persone non credono nello switch e chiedono di essere vaccinate con una seconda dose di AstraZeneca. C’è una confusione che deve essere rimossa grazie a una migliore comunicazione”.
Un caos comunicativo del quale, per il sottosegretario, sono in parte responsabili le varie autorità europee. “L’Ema, così come altre agenzie europee, si sono orientate almeno per Astrazeneca a non mettere un limite di età, altre sì, sicuramente se a livello europeo ci fosse stato una linea comune avrebbe aiutato la comunicazione e la fiducia nei confronti del vaccino”. Sileri rivendica la scelta di bloccare la somministrazione agli under60 del vaccino Astrazeneca. “Oggi – prosegue – è inutile prendersi un rischio di una complicanza rarissima visto che il vaccino circola pochissimo, anche quel rarissimo è troppo. Ecco perché l’Italia ha bloccato l’utilizzo sotto i 60 anni”. Al centro dell’intervista anche le preoccupazioni sollevate dalla variante Delta, la cosiddetta variante indiana: “La variante indiana genera preoccupazione perché ha in seno due mutazioni, di cui una la rende più diffusibile e un’altra tende a dare una possibilità di resistenza ai vaccini, resistenza parziale. E’ molto probabile che i vaccini funzionino bene anche su questa variante; faccio fatica a pensare che questa variante eluda completamente i vaccini”. Variante che al momento in Italia non sembra creare particolari preoccupazioni.
“In Italia la variante Delta – chiarisce infatti Sileri – ha una circolazione estremamente bassa del 3,5%”. Per Sileri resta fondamentale vaccinarsi, anche in vista della circolazione di varianti temibili. “Nel Regno Unito la stragrande maggioranza di chi ha necessitato di assistenza dopo essere stato contagiato da questa variante non era vaccinata. Solo una quota estremamente bassa aveva ricevuto una doppia dose. Questo ci insegna che bisogna vaccinarsi e completare le seconde dosi”. Il sottosegretario rassicura anche su un altro rischio generato dal cambio di vaccino in corso, il rallentamento del piano e l’allontanamento dal tanto agognato obiettivo di raggiungere l’immunità di gregge. “Non credo che il piano vaccinale subirà ritardi. Credo che rimarremo nei tempi. Vedremo un calo delle vaccinazioni nel periodo estivo. Rimarranno coloro che devi convincere, ma le dosi non mancano”.
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