Home Primo Piano

Miceli “Nell’era post Covid un nuovo modello di città”

0

ROMA (ITALPRESS) – “La nostra formazione professionale è molto legata alla sperimentazione di idee nuove per il futuro della vita di una comunità. La pandemia ha stimolato e spinto gli architetti a ragionare sul modello futuro, che in qualche modo era già rappresentato in diversi studi, ricerche ed elaborazioni del recente passato”. Lo ha detto Francesco Miceli, presidente del Consiglio nazionale degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica “Primo Piano” dell’Agenzia Italpress.
“Nessuno poteva immaginare – ha spiegato – di dovere fare i conti con un’emergenza sanitaria di queste proporzioni. Anche per noi si è trattato di ragionare attorno a un modello nuovo di approccio alla realtà, per il nostro lavoro professionale con un effetto diverso, nel senso che per la natura della nostra professione ci occupiamo della realtà sociale, delle funzioni primarie della vita di una società: l’abitare, il lavorare, gli spazi comuni, i luoghi della cultura. Questo ha costretto ad avviare un processo di revisione di quello che potrebbe essere il modello di realtà urbana e territoriale del prossimo futuro”.
“Secondo me – ha evidenziato – l’idea prevalente è che la città del futuro debba avere, in termini temporali, una sua fase slow, nel senso che i cittadini possono vivere in una città policentrica e, con un rapido movimento, avere a disposizione le soluzioni alle proprie esigenze”. Un tempo, quindi, “slow” per muoversi “con tranquillità e risolvere i problemi della vita di tutti i giorni” ma anche una “dimensione fast, veloce, la possibilità di collegarmi con le altre realtà – ha detto – e farlo velocemente. Non più un centro e una periferia, ma una città policentrica”.
“Bisogna mettere in campo – ha poi aggiunto – programmi per costruire città in cui biotecnologia e digitalizzazione diventano il supporto fondamentale della vita di tutti i giorni”. Per Miceli, occorre però evitare “che tutto ciò si riduca a una società molto tecnologica venendo meno il tema dell’emozione e del sentimento che l’architettura, gli spazi pubblici e la città devono continuare a mantenere”.
Adesso c’è il Piano nazionale di ripresa e resilienza. “Il tema della digitalizzazione, del trasporto, della mobilità, della vita della città – ha affermato -, tutto questo mondo non può prescindere dall’essere investito dal tema della transizione ecologica. Il piano è supportato da un insieme di riforme strutturali, prima di tutto quella della pubblica amministrazione che è centrale nel nostro paese e ci consentirà di fare un salto in avanti, se riusciremo a realizzare una riforma adeguata. Mi sarei aspettato – ha aggiunto Miceli – che tra le riforme che venivano indicate ci fosse anche quella urbanistica. Abbiamo un sistema fondato sui principi della legge fondamentale urbanistica del 1942: sono passati 80 anni”.
In ogni caso, il presidente del Consiglio nazionale degli architetti ha chiarito che la categoria “è impegnata a sostenere un lavoro di ripresa e rinascita del Paese. Daremo un contributo – ha affermato – e lo faremo in termini di idee, proposte, supporto alle strategie che si metteranno in campo. È chiaro che su queste vogliamo anche dire la nostra”.
In merito al codice degli appalti, il “massimo ribasso” per Miceli non è “la soluzione migliore perché non dà garanzie sulla qualità di realizzazione dell’opera. Costringe l’impresa, per avere maggiore profitto – ha evidenziato -, a operare con tecniche e materiali non sempre adeguati”. Il presidente del Consiglio nazionale degli architetti ha espresso preoccupazione per “uno strumento che abbiamo in passato fortemente contestato, l’appalto integrato. È fondato – ha continuato – su un concetto per cui l’impresa, oltre all’esecuzione dell’opera, si occupa anche della progettazione definitiva ed esecutiva. Queste due fasi, il progetto e l’esecuzione dell’opera, secondo me dovrebbero essere ben distinte. Il progetto separato dall’esecuzione ci consente di fare un ragionamento molto serio sulla centralità e sulla qualità del progetto”. Il suggerimento, quindi, è quello di “ricorrere al concorso di progettazione, a un grado o a due gradi”. Inoltre, ha spiegato, “noi abbiamo una nostra piattaforma nazionale utilizzata anche dai ministeri, dai comuni e da tante stazioni appaltanti e siamo disposti a metterla al servizio del sistema Italia per poter fare questi concorsi garantendo anche tempi molto rapidi per l’individuazione del soggetto che dovrà realizzare il progetto e la qualità dell’opera”.
(ITALPRESS).

Poeta “Diffondere la cultura previdenziale e del welfare attivo”

0

ROMA (ITALPRESS) – “La necessità degli enti di previdenza è diffondere la cultura previdenziale”. Così Stefano Poeta, presidente di Epap, ente di previdenza e assistenza pluricategoriale, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica “Primo Piano” dell’Agenzia Italpress.
“In Italia – ha sottolineato – abbiamo avuto un momento epocale: il cambiamento del sistema di calcolo della pensione dal retributivo al contributivo. Non più un calcolo sugli ultimi cinque anni di reddito del lavoratore, ma una pensione che si costruisce dal primo giorno lavorativo”. Secondo Poeta, quindi, diffondere la cultura previdenziale “significa far capire all’iscritto, al collega, che dal primo giorno deve pensare a versare in ente di previdenza nel proprio montante, nel proprio salvadanaio”. Per il presidente di Epap, da un lato il sistema contributivo “ci dà una garanzia su quello che versiamo”, dall’altro però “ci dice che le pensioni in linea generale sono assolutamente più basse. Noi oggi, come ente di previdenza nuovo – ha spiegato -, abbiamo sicuramente una sostenibilità dell’ente a 30-50 anni ma non un’adeguatezza delle pensioni. Il problema è reale: rischiamo di avere tra 30 anni una schiera di cittadini italiani che graveranno sulla spesa sociale del Paese”.
L’Epap, poi, ha una sua specificità, dal momento che è pluricategoriale. “Il nostro ente di previdenza si caratterizza – ha sottolineato – per avere dentro quattro categorie professionali, i dottori agronomi e dottori forestali, i chimici e fisici, gli attuari e i geologi. Abbiamo quattro categorie, quindi quattro culture, quattro problematiche diverse, quattro approcci alla professione diversi”.
E c’è anche la questione dei giovani che, per Poeta, hanno “una potenzialità enorme”. Il giovane è “una fucina di idee” e “ha in mente doti tali da potere sviluppare la propria vita senza bisogno di aiuti. Ai giovani non va dato un contributo o assistenza ma opportunità”, ha spiegato. Se l’istituzione pubblica, quindi, “accompagna” il giovane “nelle sue prerogative ancora, magari, non esplorate, vengono fuori potenzialità, in Italia e nel meridione”. Occorre “spostare l’asse: garantire il bisogno del professionista – ha affermato – ma anche stargli vicino durante la fase lavorativa, ad inizio attività. Quella è la scommessa, quella la vittoria di un ente di previdenza e di un’istituzione che deve guardare ai giovani. Su quello ci giochiamo la credibilità”.
Pensando a questa visione e alle parole del presidente del Consiglio, Mario Draghi, anche quando ha presentato il decreto Sostegni bis, il governo è sulla strada giusta? “A mio avviso sì”, ha affermato. “È chiaro – ha continuato – che dopo l’attuazione dei decreti ci sono letture specifiche e in questo caso dovrò leggerlo in quanto presidente di un ente di previdenza”. Per Poeta “quando puntiamo sul fare, sulla tracciabilità della spesa, quindi sulla previsione di quella spesa e la destinazione, andiamo a colmare il gap che abbiamo sui fondi comunitari. La mancanza di spesa dei fondi comunitari – ha proseguito – è perché non c’è una pianificazione e una programmazione sull’esigenza vera dei territori. Ecco che andiamo a innescare un’analisi Italia che deve poi essere un’analisi serena e obiettiva sul Paese che viaggia a marce diverse” e “non si traduce in assistenzialismo ma nella lettura del fare e nella tracciabilità delle spese”.
Il bilancio di Epap mostra “un dato estremamente positivo” che “inorgoglisce”, ha spiegato Poeta. L’impegno adesso è anche sul progetto di formazione per la diffusione della cultura previdenziale avviato dall’ente.
A fronte di un “obbligo di versamento del 10% del nostro reddito”, vedere che “700-800 colleghi nel 2020 – ha detto – hanno versato oltre il dovuto, per me è un dato importante: nel contesto di una crisi economica abbiamo colleghi che hanno una coscienza previdenziale”. Ed è fondamentale, secondo il presidente di Epap parlare di “cultura previdenziale” e “non comunicare soltanto le voci di assistenza e sussidi che garantiamo agli iscritti”. “Il welfare attivo – ha spiegato – è la scommessa che abbiamo come enti di previdenza, è quell’attività che l’ente ha già messo in essere. Quando abbiamo cambiato lo statuto nel 2019 – ha concluso – abbiamo inserito lo scopo di poter formare e accompagnare il giovane professionista durante l’attività lavorativa”.
(ITALPRESS).

Pierini (Assobibe) “La Sugar Tax affosserà i consumi”

0

ROMA (ITALPRESS) – “Noi chiediamo di non pagare nuove tasse. Non chiediamo ristori ma diciamo no a nuove tasse perché non sono il modo migliore per rilanciare i consumi”. Lo ha detto Giangiacomo Pierini, presidente di Assobibe (Associazione Italiana Industria Bevande Analcoliche), intervistato da Claudio Brachino per la rubrica Primo Piano dell’agenzia Italpress. “Attualmente le aziende che rappresento sono le uniche che da gennaio 2022 pagheranno due nuove tasse: la sugar tax e la plastic tax che sono sbagliate e inutili. La sugar tax colpisce il dolce con o senza calorie per contrastare l’obesità, si tassa tutto e per noi significa il 28% di incremento di tassa su tutti i prodotti. E’ una tassa inutile perché ovunque è stata applicata non ha registrato riduzione di obesità, spero che il governo abbia un approccio più pragmatico su numeri e dati e ragioni di meno sull’ideologia. Il primo impianto della plastic tax era folle ma è stato modificato – ha aggiunto – spero che il ministro della Transizione ecologica abbia questa sensibilità”.
“Noi speriamo di recuperare fatturato a dicembre 2021 ma non crediamo di arrivare a quanto perso, il recupero ci sarà a fine 2022 ma se arriveranno queste due tasse che affosseranno i consumi abbiamo un problema – ha spiegato Pierini -. Il Covid non è ancora passato, le aziende che rappresento hanno subito forti danno economici una pandemia che tuttora produce risultati negativi e che riguarda le aziende in modo diverso perché quelle che rappresento riguardano tre settori: il mondo dei consumi fuori casa, la grande distribuzione, l’export. A marzo 2021 – ha proseguito – abbiamo perso il 57% delle vendite paragonate al marzo 2019, è vero che il 2020 ci sono stati grandi chiusure ma anche il 2021 è iniziato male. Hanno sofferto le imprese piccole, medie e grandi pur essendo noi una categoria di alimentare che hanno continuato a produrre”.
Parlando delle riaperture Pierini ha sottolineato che ci sono “i primi segnali positivi, abbiamo assistito a un miglioramento delle vendite anche se alcune attività non hanno riaperto del tutto, ci sono limiti al turismo e c’è il coprifuoco, ma andiamo verso una situazione diversa”.
“Siamo fiduciosi perchè il governo Draghi è molto pragmatico – ha evidenziato -, ascolta e fa delle scelte basate su elementi fattuali, confrontiamoci e capiamo quali sono le soluzioni utili senza danneggiare le imprese e il paese. Io credo che lo stare insieme tornerà, anche nel mondo del lavoro si vivrà in modo diverso e in molti casi si è imparato ad apprezzare anche la possibilità dello smart working, ma lo stare insieme e la socialità torneranno”.
Sulla questione dello sblocco dei licenziamenti che tiene banco in queste ore, il presidente di Assobibe ha precisato che spesso c’è “un pregiudizio pesantissimo sugli imprenditori. La categoria non ama licenziare perché il licenziamento è un fallimento per tutti, se lo si fa è perché non si hanno alternative. In questo anno abbiamo visto anche molti imprenditori che hanno anticipato la cassa integrazione Covid perché sono i lavoratori che rendono possibile l’impresa. Anche nel nostro settore, se ripartiranno i consumi non c’è bisogno di licenziare ma se i consumi verranno affossati dalla sugar tax allora potrebbero esserci dei problemi”, ha concluso Pierini, ricordando come oltre al calo delle vendite medie del 40% nel settore dei consumi fuori casa che è avvenuto durante la pandemia, il consumo di bevande analcoliche è in calo in Italia e in 10 anni c’è stata una riduzione dei consumi del 25%.
(ITALPRESS).

Bianchi “Investire su istruzione, sanità e mobilità per rilanciare il Sud”

0

ROMA (ITALPRESS) – Istruzione, sanità e mobilità: sono questi i tre servizi su cui il Mezzogiorno deve investire con i fondi in arrivo dall’Europa. Luca Bianchi, direttore di Svimez (Associazione per lo sviluppo dell’industria del Mezzogiorno), ha tracciato, nel corso di un’intervista a Claudio Brachino per la rubrica “Primo Piano” dell’agenzia Italpress, la sua ricetta per far ripartire il Sud. “La questione meridionale non è sempre uguale, negli ultimi anni è diventata soprattutto diversità nell’offerta dei servizi, a partire da sanità e istruzione – ha detto Bianchi -. La crisi ha avuto un impatto su tutti i territori in maniera uguale ma diversa tra i cittadini, tra ricchi e poveri, tra donne e giovani, ora il tema è come è entrata la crisi: su territori già fragili e territori che erano meno fragili, così le imprese diventano come un sub che non ha abbastanza ossigeno. Le imprese del sud hanno meno ossigeno nelle bombole quindi se la crisi dura rischiano di morire e non arrivare al momento della ripresa”.
Il direttore di Svimez critica il reddito di cittadinanza: “Mi piace poco, è stato confuso uno strumento per la povertà assoluta per uno strumento di politiche attive per il lavoro. È stato sbagliato nella sua progettazione, si è concentrato troppo sull’erogazione finanziaria, dare i soldi, nel sud servono servizi”.
Il Recovery Fund è la grande scommessa del paese e in particolare del Mezzogiorno anche perché “parte dal tema delle disuguaglianze. Sulla spesa dei fondi europei abbiamo tante esperienze negative nel passato che ci insegnano cosa non fare – sottolinea Bianchi -: innanzitutto non ripartire più le risorse sui territori, prima la politica era quella di spartire i soldi e poi fate quello che volete, bisogna avere invece le idee chiare su cosa fare. Per me il primo tema riguarda la qualità dei servizi da dare ai cittadini, partirei da questo, se sta bene il cittadino sta bene l’impresa”.
Tre sono i servizi necessari da cui partire, per Bianchi: “Istruzione, sanità, dove i divari sono emersi con la pandemia, mobilità, a questo vanno vincolate le risorse, il tutto con una forte centralizzazione”.
Il direttore di Svimez ha spiegato che “meno investimenti su digitalizzazione e internalizzazione prima della crisi hanno portato ad una maggiore sofferenza sul tema del credito, è stato creato un gigantesco debito privato, soldi che prima o poi andranno restituiti. I fondamentali delle imprese del Mezzogiorno sono più deboli sia sul tema del credito sia su quello dell’internalizzazione e il Pnrr è un’occasione straordinaria, ci sono le risorse per completare la digitalizzazione anche delle aree bianche e questo si può fare in tempi rapidi, rispetto alle infrastrutture materiali”.
In questi progetti rientra il Ponte sullo Stretto: “Non so se si farà, temo sia un dibattito che viene fatto quando mancano le idee”. Uno dei problemi che il Sud affronta da anni riguarda l’emigrazione dei giovani verso il Nord: “Prima si emigrava dopo laurea ora prima, per studiare, è lì che si deve intervenire anche perché la dimensione del fenomeno è impressionante, parliamo di oltre un milione di persone dall’inizio del 2000, quasi un laureato su tre nel Mezzogiorno va fuori”.
(ITALPRESS).

La Russa “Stiamo all’opposizione, puntiamo a governo di centrodestra”

0

“Ci sono dei provvedimenti che votiamo, anche se non abbiamo visto grandi cambiamenti se non nell’autorevolezza di Draghi nei confronti dell’Ue. Ogni giorno ringrazio Dio che non siamo entrati nel governo, sono in lite e sono l’uno contro l’altro armati e non hanno la possibilità di uscire, e sono un po’ prigionieri di una scelta che hanno fatto. Non li condanno, ma credo che abbiamo fatto benissimo a stare all’opposizione”. Lo ha detto Ignazio La Russa, vicepresidente del Senato ed esponente di Fratelli d’Italia, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica Primo Piano dell’agenzia Italpress. “Noi all’opposizione siamo da pungolo, se non avessimo sollevato noi il problema del coprifuoco probabilmente ce lo tenevano tutta l’estate”. Mario Draghi presidente della Repubblica? “Secondo me la logica è quella, ma troverà resistenze perchè è troppo comodo per chi non vuole andare a votare che lui non faccia il presidente della Repubblica. Io dico che dipenderà da lui”.

Parlando del successo di Fratelli d’Italia, La Russa che ne è stato cofondatore, ha spiegato: “L’obiettivo in quel momento insieme a Meloni e Crosetto era riacquistare il ruolo e il peso almeno di Alleanza Nazionale del 15%. Giorgia è andata oltre quell’obiettivo. C’è un successo che parte da lontano, innanzitutto abbiamo scelto una donna ma una donna brava, poi c’è un dato politico, la nostra crescita è coincisa con un appannamento di Forza Italia”. Tra Meloni e Salvini non c’è rivalità, “quando sono insieme c’è un rapporto idilliaco, non ho mai visto una parola di troppo o un atteggiamento conflittuale. Forse un po’ di competizione c’è ma questo non impedisce di avere un ottimo rapporto. Una diversità fondamentale tra FdI e Lega è il valore che noi diamo all’identità, un’altra è nel tono e nel linguaggio, noi siamo moderati nei toni ma inflessibili nei contenuti, il che produce forte coerenza. Noi non abbiamo altra volontà se non quella di andare al governo insieme a tutto il centrodestra, quella è la nostra strada”.

Sulla possibilità che Giorgia Meloni diventi premier di un governo di centrodestra, il senatore ha sottolineato che “tutto è possibile ma non deve essere l’obiettivo, bisogna far diventare azione le nostre idee e puntare alla realizzazione del nostro programma, non bisogna condizionare le scelte politiche a un obiettivo di posizioni”. Infine le questioni della tassa di successione, lo sblocca cantieri e la legge elettorale. “Noi riteniamo che la tassa sulle successioni sia una cosa odiosa, non sono beni non tassati perché ad esempio una casa la tassi prima, durante e dopo la successione, noi siamo assolutamente contrari”. Sullo sblocca cantieri serve una “versione liberale con grande aumento dei controlli, altrimenti capisco la prudenza”. Sulla legge elettorale “piuttosto che imbarcarci a cambiarla va bene questa – ha concluso La Russa – noi abbiamo presentato una proposta molto semplice che inverte il numero di proporzionalità e di maggioritario ovvero fa aumentare il maggioritario ma mantiene una quota del 30% di proporzionale”.

(ITALPRESS).

Scoma “Nel Pnrr risorse per il Mezzogiorno, ora puntare sul lavoro”

0

ROMA (ITALPRESS) – “Io credo che l’investimento nel Recovery Plan” per il Sud “sia importante, penso che i soldi non siano mai abbastanza però da 0 a 1 è un miglioramento. Sarà un momento importante e spero che le amministrazioni possano essere realmente pronte, purtroppo quello che a volte scontiamo è la cattiva organizzazione”. Lo ha detto il deputato di Italia Viva Francesco Scoma, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica Primo Piano dell’agenzia Italpress.
“Credo che superata l’emergenza bisogna pensare a strutturare un percorso di crescita che possa portare all’occupazione stabile di chi realmente non ha possibilità di vivere. Penso più alla creazione di posti di lavoro stabili che una assistenza immediata”. Parlando del Ponte sullo Stretto di Messina, Scoma ha ricordato che “realizzarlo costa circa 9 miliardi, al 90% può essere finanziato da privati, può dare lavoro a circa 100mila persone ed è la pietra miliare per lo sviluppo del sud – ha proseguito – collegherebbe due regioni importanti oltre a collegare il Sud con il Nord. L’Italia non può continuare a viaggiare con due velocità e il Sud ha necessità di essere valorizzato”.
Su una sua possibile candidatura a sindaco di Palermo il deputato di Italia Viva ha sottolineato come questo sia un momento difficile, “la situazione del Comune di Palermo è molto precaria. La città sta attraversando un momento di grandissima difficoltà. Penso che a un certo punto l’amore per la città ti spinge a volerci pensare realmente e questo pensiero da 1 a 100 arriva a 80. Diciamo che la città merita grande attenzione e passione, fare il sindaco della tua città è il mestiere più bello del mondo. La prima cosa importante da fare è risolvere lo smaltimento dei rifiuti, è un problema annoso che esiste da più di 30 anni – ha spiegato – ed è necessario costruire un termovalorizzatore. La seconda è il problema delle infrastrutture in quanto la città ne ha molto carenti. La terza cosa è aprire la città a un turismo di qualità, con la realizzazione di un paio di porti turistici ampliati. La città negli ultimi due anni aveva avuto un boom turistico molto importante, poi per una serie di circostanze, non ultimo il Covid, si è paralizzata. Infine va risolto il problema del traffico con la razionalizzazione di percorsi alternativi. E’ chiaro che la macchina comunale è vecchia e obsoleta e ha bisogno di essere ristrutturata”.
Parlando di politica nazionale e dell’ipotesi che circola nelle ultime ore di una federazione di centro ha aggiunto: “Credo che vada fatta una differenziazione tra rapporto locale e nazionale, a livello nazionale bisogna mettersi insieme perchè molti partiti da soli non potranno essere presenti nelle future consultazioni, ci sono diverse sigle presenti in Parlamento come +Europa o Azione che insieme a Italia Viva potranno pensarci seriamente, se condivideranno gli stessi ideali e la stessa voglia. Mentre a livello locale esistono realtà diverse”.
Infine la proposta del segretario dem, Enrico Letta, di tassare i grandi patrimoni per dare una “dote” ai diciottenni. “Letta ha fatto il suo colpo di teatro ma non credo gli sia uscito bene, io penso che aumentare le tasse sia una cosa che non piace a nessuno e credo sia giusto fare una battaglia per diminuire le tasse e non aumentarle. Chi ha un patrimonio ha già pagato le tasse e pagarle una seconda volta credo sia assurdo”, ha concluso.
(ITALPRESS).

Pichetto Fratin “Economia italiana in chiaroscuro”

0

Nell’economia italiana c’è “un sistema d’avanguardia, che fa da traino. Abbiamo una struttura di grandi imprese che funziona, che è moderna e sta continuando a modernizzarsi, e anche una parte delle Pmi va in questa stessa direzione. Ma non tutti ci sono riusciti. Il quadro pertanto è un chiaroscuro. Il ruolo che abbiamo noi, come Stato e Mise, è quello di fare il pronto soccorso, e stimolare le imprese”. Lo dice il viceministro dello Sviluppo Economico, Gilberto Pichetto Fratin, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica Primo Piano dell’Agenzia Italpress. Sul tavolo moltissimi temi, dal decreto sostegni Bis, al futuro del centrodestra passando per la tragedia del Mottarone e il Pnrr. Biellese di Veglio, 67 anni, Pichetto Fratin è un volto storico di Forza Italia, di cui fa parte sin dalla prima metà degli anni ’90. Al Mise “sono 100 i tavoli di crisi aperti. E’ chiaro che la partita va divisa sui vari settori. Ce ne sono in modello cura palliativa, dove ahimè non c’è più spazio per la produzione. Ce ne sono altri dove le aziende sono in fase di conversione, e questi vanno accompagnati, e che devono accelerare il cambiamento – sottolinea il viceministro -. Altri sono in via di superamento, e qui l’impegno del ministero è al passo finale. L’errore che non dobbiamo commettere è salvare l’impossibile. Perché vuol dire salvare 1.000 posti per perderne 10.000, perché così non si creano altre opportunità”. A proposito di licenziamenti, il Governo Draghi ha vissuto sul blocco ore di tensione. “Le imprese operano per produrre, nessuno vuole licenziare per rimetterci – spiega Pichetto Fratin -. Se si licenzia è perché non ci sono più le condizioni produttive, lì deve esserci l’accompagnamento, di ombrello immediato e di riposizionamento nel lungo termine”.

E quindi cosa succede adesso? “Nel mondo del lavoro servono sempre di più persone qualificate, che non si trovano in particolare, al Nord. Ci sono moltissimi posti di lavoro a disposizione – prosegue -. Io non punto il dito contro il reddito di cittadinanza, perché durante il periodo pandemico è servito come ombrello d’emergenza. Però è stato anche uno stimolo a non lavorare, o a lavorare in nero, perché non si è fatto nulla per le politiche attive. E’ un problema serio, che va affrontato non come una vicenda di bandiera, evitando contrapposizioni. E questo vale anche per la vicenda licenziamenti, siamo l’unico Paese d’Europa che ha ancora questo blocco. Diamo delle certezze, o altrimenti chi verrà a investire in questo Paese? Dobbiamo dare dei grandi binari, fissando norme e regole. Le carte in tavola non possono cambiare continuamente”. In merito al decreto Sostegni Bis, per il viceministro “è la chiusura della parte emergenziale ed è il primo passo per guardare alla ripresa. Perché sia tale, dobbiamo assolutamente avere la partita sanitaria chiusa. Questo primo scalino dovrà essere appaiato all’avvio del Pnrr e ai fondi complementari. Nel decreto ci sono anche delle misure che riguardano la transizione al dopo, e ce ne sono diverse”. Quanto al Pnrr, “l’indirizzo fondamentale che è stato dato è realistico. Questa è la sfida di tutti, non è la sfida del governo, né degli imprenditori o dei lavoratori. E’ la sfida degli italiani: abbiamo con questo strumento una disponibilità di fondi che è tre volte e mezza quella che fu del piano Marshall, varato dopo la seconda guerra mondiale – aggiunge Pichetto Fratin -. E’ una cifra mostruosa. La sfida è di tutti. Per lo Stato, la sfida è quella di fare le grandi reti materiali e immateriali. Dobbiamo portarci al passo anche con la parte normativa”.

Proprio pensando alle infrastrutture è nato lo sblocca cantieri. “E’ un provvedimento che mi trova d’accordo – sottolinea il viceministro -. Un Paese serio non deve avere troppe norme, ma deve farle rispettare. Perché l’eccesso normativo trasforma delle imprese edilizie in studi di avvocati. L’impresa edile deve fare altro, ma il groviglio normativo porta in quella direzione. Allora dico, semplifichiamo, senza abbassare i controlli, a cominciare dalla sicurezza. L’abuso sul massimo ribasso, se ci sono offerte anomale, porti a un giudizio immediato e non dieci anni dopo. La regola non può regolare tutto, ci vuole poi qualcuno che lo strumento lo usa”. “Siamo un paese che ha 100 miliardi di opere già finanziate negli ultimi 15 anni, che non partono per procedure burocratiche, per cavilli giudiziari – aggiunge -. Sembra che il meccanismo automatico sia arrivare all’arbitrato e alle perizie. Così non parte nulla. E’ una sfida nostra, contro quello che abbiamo fatto in passato, per farlo meglio”.

A questo eccesso di regole e dalla scarsità dei controlli derivano anche tragedie come quella del Morandi e del Mottarone. “Quanto sta emergendo non è ammissibile: se quello del “forchettone” è un errore è gravissimo – sottolinea -. Se è una volontà è terribile. Norme e punizioni ci sono, l’importante è non farle arrivare 12 anni dopo”. Altro tema caldo è quello della durata del Governo. “Mi auguro che duri fino al 2023, perché in due anni possiamo, rispetto alle disponibilità di prestiti e sovvenzioni, così riusciremo a portare avanti questo programma di grandi investimenti dello Stato ma anche il completamento del sistema produttivo privato – spiega il viceministro -. Nella parte operativa, c’è una visione comune di intenti. Tutti cogliamo la necessità di uno sforzo di avvicinamento sulle cose che abbiamo in comune tra le varie forze politiche. Tutto questo però, non può far venire meno il dibattito sui grandi temi, e con le caratterizzazioni che le forze politiche vogliono darsi. E tra queste, ci sono temi che non hanno un nesso stretto con il periodo temporale di massimo due anni”. E il centrodestra? “Credo che le diversità nei tre partiti del centrodestra, siano ordinarie e normali. Non riesco a prefigurare qualcosa che ci veda divisi nel medio termine”.

(ITALPRESS).

Editoria, Moles “La pandemia ha accelerato le criticità”

0

ROMA (ITALPRESS) – “Il sistema editoriale, che è complesso, aveva delle enormi criticità prima ma poi con la pandemia e con l’intera crisi socio economica le ha accelerate, come è accaduto all’intero sistema economico italiano. Il sistema editoriale è fatto da persone che sono aziende e offrono un prodotto fondamentale, la crisi anche solo di una azienda editoriale significa il rischio della scomparsa di professionisti, quindi di famiglie”. Lo ha detto Giuseppe Moles, sottosegretario con delega all’Editoria, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica “Primo Piano” dell’agenzia Italpress. “Dietro questa merce delicatissima in realtà c’è un elemento molto importante: la notizia – ha spiegato – la buona informazione è alla base di qualsiasi regime democratico, altrimenti viene meno la possibilità di ognuno di noi di essere correttamente informato. Il mio dovere è sostenere e garantire tutta l’editoria, nessuno escluso, anche con particolare attenzione ai livelli occupazionali. Il mio compito deve svolgersi su due binari: il sostegno immediato e accompagnare nella transizione la più ampia parte della filiera. E’ stato licenziato definitivamente il Sostegni bis – ha aggiunto Moles – all’interno del quale ci sono una serie di misure per la gran parte dell’intera filiera editoriale. Ho cercato di dare una prima risposta nell’immediatezza e man mano che riusciremo a uscire dalla crisi economica tutte le imprese che sono riuscite a sopravvivere potranno utilizzare il medio periodo per adeguarsi al nuovo mondo e per questo c’è il Pnrr”.
Parlando della direttiva sul Copyright il sottosegretario ha sottolineato come sia fondamentale recepirla: “È mia intenzione fare una serie di proposte, la sfida è mettere insieme i mondi che sembrano in contrasto attraverso una rimodulazione del loro valore. Autori e giornalisti hanno diritto che venga riconosciuto il loro prodotto. Ho pronte una serie di ipotesi che sottoporrò ai ministri interessati e a Draghi, questa direttiva è fondamentale per il Paese”. Infine la politica nazionale. “Il movimento politico continuerà almeno fino alle amministrative ed è normale, nello stesso tempo ho chiaro che questo governo è di unità nazionale, risponde all’appello del Presidente Mattarella e ha dei compiti precisi: la vaccinazione, la ripartenza, il Pnrr e far ripartire tutto il sistema economico e sociale. Il resto è dialettica politica. Io sono distinto e distante dalle impostazioni ideologiche di altro tipo dei 5 Stelle o del Pd – ha evidenziato – credo che lo stesso valga anche per loro. Io faccio parte di un partito che ha creato il centrodestra e ovvio che le distanze ci sono. Vista l’importanza dei compiti di questo governo si potrebbe arrivare alla fine” della legislatura.
“Noi siamo quelli che la tassa di successione l’abbiamo tolta, credo che Letta sbagli la tempistica, questo è un modo per creare elementi divisivi in un governo nazionale. C’è sempre questa impostazione estremamente ideologica che qualcuno dovrebbe mettere da parte – ha precisato – capisco le dinamiche interne dei partiti ma senza esagerare”. Il futuro del centrodestra lo vedo “più roseo di quello del centrosinistra, questo per il fatto che a prescindere dal fatto che governiamo insieme in tanti territori il legame è storico e consolidato. Noi siamo distinti ma non distanti. Credo che il percorso del centrodestra sarà lungo”, ha concluso il sottosegretario.
(ITALPRESS).