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Sangiuliano “Reagan un esempio per la ripartenza post pandemia”

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“C’è analogia tra l’arrivo di Reagan alla Casa Bianca e quello che sta succedendo oggi con la pandemia, perché Reagan arriva alla presidenza degli Stati Uniti quando il mondo occidentale è in una profonda depressione”. Lo ha detto Gennaro Sangiuliano, direttore del Tg2, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica “Primo Piano” dell’Agenzia di Stampa Italpress, parlando del suo nuovo libro “Reagan. Il presidente che cambiò la politica americana”.
Per Sangiuliano, Ronald Reagan è arrivato in un “frangente di grande depressione e, con una grande carica di ottimismo, è riuscito a ribaltare questa condizione di enorme sfavore, non solo per gli americani ma per tutto l’Occidente. Anche per l’Italia furono anni molto positivi”. Il presidente americano, che “era stato per due mandati governatore della California”, “credeva nelle potenzialità del ceto medio e non faceva altro che metterlo nelle condizioni migliori per svilupparle”, ha spiegato Sangiuliano. Si tratta di “una grande iniezione di fiducia supportata anche da strumenti normativi che potessero liberare queste forze che ci sono nella società ma che vogliono essere messe in condizioni di potersi esprimere. In Italia – ha aggiunto – ci sono tante forze positive, devono avere la possibilità, la libertà di potersi muovere”.
Il direttore del Tg2 ha spiegato di aver dedicato il libro alla storia del presidente Reagan perché si tratta di “un mito controcorrente della mia gioventù”, ha detto. È, quindi, “un saggio politologico sul mondo conservatore e sulla destra” ma con dentro “la storia umana”. Reagan per Sangiuliano, era “figlio dell’America profonda” e “pian piano, mattoncino dopo mattoncino, ha costruito la sua vita che lo ha portato alla Casa Bianca. Quella di Reagan è stata una rottura”, ha affermato.
Anche grazie alle sue precedenti esperienze il presidente americano ha sviluppato “una forte empatia, un’empatia umana – ha detto – che oggi è un ingrediente imprescindibile della politica. Oggi, se non si ha una capacità di leadership empatica – ha proseguito -, non si va da nessuna parte. L’essere stato attore lo ha aiutato tantissimo. Quando è stato eletto alla Casa Bianca gli hanno chiesto se potesse un attore diventare presidente degli Stati Uniti. Ribaltando la battuta ha risposto: ‘Può un presidente non essere anche un po’ attore?’. Anche nella politica italiana – ha aggiunto Sangiuliano – sono tutti lì a interpretare un ruolo”.
“Con Reagan – ha poi evidenziato – per la prima volta il paradigma cambia ed è un uomo di comunicazione che diventa soggetto politico”.
Fra Ronald Reagan e Donald Trump “esiste un’enorme differenza”. “Reagan – ha sottolineato – era molto rispettoso delle istituzioni, della liturgia istituzionale americana, del Congresso, era un uomo della mediazione, del dialogo, non aveva l’irruenza che ha avuto Trump”. In Italia, invece, Silvio Berlusconi “è stato certamente il politico italiano più vicino a Reagan”. “Forse – ha continuato – gli è mancato l’ultimo miglio, cioè la capacità di non ascoltare le sirene che ti circondano quando sei al potere e di fare le cose che ti sei prefisso di fare”. Però “Berlusconi, come Reagan, ha portato l’empatia in politica”, ha spiegato.
Sangiuliano, citando Giuseppe Prezzolini, si è soffermato anche sull’etimologia del termine ‘conservatore’ che “viene da un’antica parola indoeuropea” che indicava “colui il quale la notte guardava il fuoco e faceva attenzione che non si spegnesse. È una metafora – ha continuato – in cui il fuoco sono i valori di una società, quindi il conservatore è colui il quale presidia i valori di una società. Prezzolini dice – ha proseguito – che il progressista è la persona di domani e il conservatore è la persona di dopodomani perché i grandi conservatori devono essere anche grandi innovatori cioè devono modernizzare la società salvaguardando un nocciolo fondante di valori. Questo è quello che ha provato a fare Reagan”.
Infine, una riflessione sull’attualità di casa nostra: “L’Italia ha accumulato ritardi, ha perso gran parte della sua capacità produttiva, know-how tecnologici, ha una scuola in enorme difficoltà e certo non può essere Draghi con la bacchetta magica a risolvere problemi che si sono accumulati negli ultimi trent’anni. Certamente può essere l’inizio di una fase nuova che però deve vedere la collaborazione di tutti”.
“Sono molti anni che ho abbandonato i giudizi – ha precisato il direttore del Tg2, rispondendo alle domande di Brachino -, adesso mi limito a raccontare i fatti. Di Draghi posso dire che ha un curriculum ineccepibile e abbiamo già visto effetti positivi perché abbiamo avuto un abbassamento dello spread che non avevamo mai avuto. Significa un risparmio per tutti gli italiani sul debito. Abbiamo una persona seria, che ha studiato e che è passata per grandi esperienze internazionali. Già questo nell’Italia di oggi è tantissimo”.
(ITALPRESS).

Fortuna (Mineracqua) “Acque di qualità, export fiore all’occhiello”

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“Il consumo di acqua minerale complessivo è di 15 miliardi e mezzo di litri, di questi 14 vengono consumati in Italia, mentre 1 miliardo e mezzo viene esportato. Un export, tra l’altro, che per noi è un fiore all’occhiello perché ci dà un saldo commerciale attivo per 600 milioni di euro. Questo si deve soprattutto alla qualità e alla diversità delle nostre acque minerali perché noi siamo un paese fortunato: abbiamo le Alpi, gli Appennini e i vulcani. Il consumo medio pro capite di un italiano è di 222 litri all’anno, poco più di mezzo litro al giorno”. A dirlo è Ettore Fortuna, vicepresidente di Mineracqua, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica “Primo Piano” dell’Agenzia Italpress.
Il settore complessivamente dà lavoro a circa 45/50mila persone tra diretti e indiretti, dice Fortuna: “Abbiamo nel nostro piccolo una caratteristica importante – ricorda il vicepresidente di Mineracqua – essendo le nostre sorgenti in zone poco industrializzate abbiamo stabilimenti che si trovano nei primi altopiani delle montagne quindi in zone dove la realtà occupazionale è pressoché esclusiva”.
La crisi pandemica non ha fatto sconti al settore: “Quest’anno – nota Fortuna – ha perso di valore per effetto del crollo delle vendite del canale di hotel, ristoranti e alberghi e anche dei consumi fuori casa, il consumo, cioè, che in gergo chiamiamo ‘On the Go’, quello di chi prende la bottiglietta per berla al parco. La gente non esce più non gira più, i ristoranti sono chiusi alle 18 e questo ha penalizzato in termini di valore e non solo di volumi”.
La qualità media dell’acqua potabile italiana “è buona, e questo è un vanto” ammette il vicepresidente di Mineracqua. Tuttavia, “un postulato deve essere chiaro: si tratta di acque diverse. La nostra – spiega – è un’acqua pura all’origine, batteriologicamente pura, con un controllo batteriologico che esclude la possibilità che sia inquinata, mentre nell’acquedotto è diverso. La garanzia che dà l’acquedotto sulla qualità della sua acqua arriva per legge fino al punto di consegna, cioè il contatore, e nessuno può garantire dal contatore fino all’abitazione”.
Si parla oggi di ‘bottle to bottle’, ricorda Brachino, e Fortuna prontamente risponde: “Da bottiglia a bottiglia. Vuol dire che da una bottiglia post consumo, quindi bevuta e posta nella raccolta differenziata, si avvia il riciclo e si fa un’altra bottiglia: quella bottiglia non muore mai. Secondo i nostri studi – aggiunge – se si prende una bottiglia da mezzo litro in plastica è quattro volte più sostenibile di una da mezzo litro in vetro perché il vetro è un materiale ‘energivoro’: si produce in altoforno a 1400°, si pensi all’emissione di CO2. Il vetro inoltre è molto più pesante”. Ricorda poi Fortuna: “Noi utilizziamo una plastica che si chiama Pet, polietilene tereftalato, che si usa e si fa presto a mettere in un contenitore per la raccolta differenziata. Si è parlato in questi mesi della rivincita della plastica: il Pet è un polimero inerte e dunque è impossibile che ci siano frammenti nell’acqua perché degrada a 160°. È dunque impossibile anche che si sciolga nel mare”.
Il contratto collettivo firmato lo scorso autunno “è stato piuttosto tormentato. Noi, con un atto di realismo, abbiamo firmato insieme ad una parte di associazioni. Abbiamo inserito delle specificità – spiega Fortuna – che sono molto importanti, ad esempio un osservatorio congiunto tra il sindacato e le nostre imprese sulla evoluzione della legislazione in materia di acque minerali”.
Tassa sulla plastica? “La motivazione è prendere i soldi” replica senza mezzi termini Fortuna. “Dico – aggiunge – che è una tassa che è stata messa senza conoscere le cose”. Serve una distinzione: “Le plastiche non sono tutte uguali – spiega – ci sono plastiche che possono tornare a fare lo stesso lavoro e plastiche che finiscono in inceneritore perché non si riciclano. In secondo luogo, si tassa il materiale ma non si tassano i comportamenti della gente e non si prevede che inciderà sullo sviluppo delle aziende, e chi investe più in sostenibilità? Questo si ribalta sul consumatore e probabilmente si ribalterà anche sull’occupazione”.
Fortuna aggiunge poi una riflessione: “Dobbiamo renderci conto che è impossibile tornare indietro, la plastica ce l’abbiamo addosso. Qual è la soluzione? Non punire, tassare, penalizzare. La soluzione è recuperare, riciclare e fare dell’altro”.
Riguardo al Recovery Plan il messaggio di Fortuna è “molto semplice: fateci lavorare in pace, non tassateci a priori e portate fiducia nelle imprese perché noi sappiamo lavorare”. Il vicepresidente ricorda, a tal proposito che negli ultimi 10 anni l’azienda ha aumentato le vendite del 30% in Italia di acqua minerale, eppure “la quantità di plastica che immettiamo oggi sul mercato è la stessa di 10 anni fa perché abbiamo ridotto il peso delle bottiglie attraverso una tecnologia molto sofisticata e un ecodesign”. Dunque, conclude: “Aiutateci ad investire nello sviluppo e nella ricerca di plastiche biodegradabili o biocompostabili”.
(ITALPRESS).

Vetrò “Il Gse sarà protagonista della transizione ecologica”

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“Quello che il GSE può fare è candidarsi come attore principale nella gestione di questi fondi” del Recovery “che riguardano la transizione ecologica. Noi già gestiamo delle cifre molto significative, circa 16 miliardi di euro l’anno, ed è un mestiere che oggettivamente abbiamo dimostrato di saper fare. Nell’ambito di quelle che saranno le scelte e le ripartizioni dei fondi, penso che il GSE si possa legittimamente candidare come un soggetto della transizione, anzi direi un volano della transizione”. Lo ha detto il presidente del Gestore dei Servizi Energetici, Francesco Vetrò, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica Primo Piano dell’Agenzia Italpress, sottolineando come energia e ambiente siano diventati “indissolubili, la stessa transizione ecologica ne è una testimonianza chiara”.
“Per realizzare la coscienza della sostenibilità occorre fare due cose: dare delle informazioni esatte e fare una formazione. Ma anche comunicare l’energia è una cosa fondamentale nell’ottica della coscienza sostenibile e dello sviluppo sostenibile”, ha aggiunto Vetrò, sottolineando che nel corso dell’ultimo anno segnato dalla pandemia il settore energetico non ha avuto una crisi significativa. “Credo che nessun operatore ha avuto delle ripercussioni, si è dimostrato di quanto l’energia di pari passo con la digitalizzazione sia fondamentale. Sempre più l’energia è parso come bene imprescindibile per la nostra esistenza”, ha proseguito.
Vetrò ha infine ricordato qual è il ruolo del GSE: “È una società dello Stato il cui compito essenziale è promuovere da un lato l’efficienza e dall’altro la produzione di energia rinnovabile. Si tratta in concreto di assicurare incentivi agli operatori affinchè possano realizzare i loro progetti e questi progetti tenderanno a soddisfare gli obiettivi della transizione ecologica. Quindi – ha concluso – il nostro compito è senz’altro quello di essere il veicolo e lo strumento di agevolazione del percorso, ma in questa fase è necessario che maturi una coscienza ecologica e una coscienza legata alla sostenibilità”.
(ITALPRESS).

Bonetti “Disparità di genere inaccettabile, ora un piano strategico”

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“Siamo in un momento in cui c’è consapevolezza che la situazione della disparità di genere non è più accettabile, l’Italia ha preso coscienza che c’è un problema, nello stesso tempo c’è la volontà e l’inizio di fare un percorso per risolvere in modo definitivo questo problema atavico. Serve una visione complessiva e per questo porterò avanti la redazione del primo piano strategico di parità, servono delle azioni che affrontino questa complessità”. Lo ha detto la ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia, Elena Bonetti, intervistata da Claudio Brachino per la rubrica Primo Piano dell’Agenzia Italpress, sottolineando come la questione della parità di genere non sia solo una “questione di giustizia sociale ma di convenienza per l’Italia. Solo un mondo paritario può mettere in campo tutte le energie di cui dispone e ha più chance. Ci daremo degli obiettivi puntuali per colmare il cosiddetto gap salariale attraverso due dinamiche: la trasparenza salariale, ovvero il fatto che le aziende debbano dichiarare in modo trasparente gli stipendi”.
“Ma penso anche che vadano incentivate le azioni positive e che si possa certificare ad esempio le politiche aziendali nella progressione di carriera perchè le donne hanno meno accesso alle cariche più retribuite oppure lavorano meno – ha sottolineato la ministra -. La maternità e il lavoro purtroppo sono stati messi in contraddizione, la donna per troppo tempo è stata costretta a scegliere ed è quanto di più sbagliato possa esserci. Bisogna incentivare politiche aziendali che da un lato proteggono la donna e dall’altro rendono conveniente la maternità anche per l’azienda. Non possiamo permetterci di restare nella denatalità che ci caratterizza, quindi è conveniente per tutti un investimento nella natalità”.
Bonetti ha ricordato poi la piaga del femminicidio, evidenziando come ci sia una violenza nei confronti delle donne “incardinata nel tessuto sociale del paese, con il lockdown sono diminuiti tutti i reati tranne i femminicidi. Bisogna fare un lavoro anche sul linguaggio perchè la violenza sulle donne non può trovare nessuna giustificazione, non si può trovare un alibi. C’è una strategia da mettere in campo, c’è la rete dei centri antiviolenza che va sempre più sostenuta. Abbiamo sbloccato 33,5 milioni di euro per il 2020 e stiamo ripartendo e altrettanta cifra pensiamo per il 2021”.
Passando alla stretta attualità politica Bonetti ha ripercorso i primi momenti dell’apertura della crisi di governo aperta da Italia Viva: “L’Italia doveva avere un governo con una visione strategia e che doveva disegnare un percorso di ripartenza. Oggi il governo ha queste caratteristiche. La proposta che Draghi ha fatto alle Camere è chiara. Ne valeva la pena? Sì, bisognava farlo. L’Italia rischiava uno stallo che non potevamo permetterci”. Oggi “non mi sento una sopravvissuta, Italia Viva non ha vittime ma siamo presenti all’interno del governo, abbiamo Bellanova, Scalfarotto ma c’è tutta la squadra attiva, da Matteo Renzi ai parlamentari, Italia Viva è fortemente impegnata nel governo. Il governo Draghi non è tecnico ma nasce con una progettualità politica chiara, chi mette in campo una azione di governo sulla base di una visione strategica fa la migliore politica. Lo fa con una coesione ampia delle forze politiche, con presenza anche di persone che vengono dal mondo tecnico ma portatori di questa strategia”.
Per Bonetti con il nuovo esecutivo “il cambio di passo c’è ed è evidente – ha spiegato – credo che fosse ciò che mancava nella fase precedente. C’è un cambio di passo positivo fatto dalla concretezza delle scelte. Draghi ha assunto il ruolo politico di governo, è un uomo delle istituzioni che sta guidando il paese, un uomo capace di grande ascolto, capace di organizzare una strategia coinvolgendo i punti di vista diversi. Credo sia una dote straordinaria e ci rassicura”, ha concluso.
(ITALPRESS).

Marzolla (Enasarco) “Gli agenti di commercio indispensabili per le filiere”

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ROMA (ITALPRESS) – “Noi ci siamo e l’obiettivo è esserci sempre di più, consapevoli che il nostro mondo coinvolge una filiera: non sono solo le aziende o i clienti ma anche tutti i professionisti che ruotano intorno. Noi come Enasarco abbiamo l’obiettivo di ridare vitalità a quel mondo e riportarlo alla gloria che si merita”. Lo ha detto Antonello Marzolla, presidente di Enasarco, l’Ente nazionale di assistenza per gli agenti e rappresentanti di commercio, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica “Primo Piano” dell’Agenzia di Stampa Italpress.
Per Marzolla l’agente di commercio oggi è “indispensabile”. “Nella mia vita professionale – ha spiegato – ho sentito dire tante volte che è un lavoro che va a morire. In realtà ho visto tante aziende, che hanno trasformato la loro rete vendita di agenti di commercio in una rete di dipendenti, chiudere i battenti. Mi sto rendendo conto che la rete vendita è la chiave di successo delle aziende e l’asset immateriale di maggior valore per un’azienda che vuole stare sul mercato”.
Gli agenti di commercio, secondo il presidente di Enasarco, rappresentano “la cinghia di congiunzione tra mondo della produzione e mondo del commercio” e “sono diventati tecnici, consulenti, capaci di consigliare il cliente e la produzione”. Restano, quindi, “indispensabili”, anche in un mondo in cui si diffonde sempre di più l’e-commerce. “Ci sono fenomeni di ritorno – ha spiegato -, dei portali importanti che fanno commercio elettronico che vengono a cercare reti di vendita perché hanno bisogno di approvvigionarsi. Come fanno a trovare quello che serve a far vetrina? Mandano in giro agenti di commercio”. Su questo tema “una regolamentazione va data”. “Questi grossi soggetti che sono i portali del commercio elettronico – ha affermato – devono avere delle regole. Si occupano di intermediazione commerciale, per me sono agenti di commercio. Lo dice la legge, non io”.
Tra i punti del programma di Marzolla c’è la richiesta di detraibilità totale dei costi dell’auto e la doppia patente. “L’Enasarco – ha spiegato – è un ente che deve essere al servizio degli agenti di commercio anche nei rapporti con la politica”.
“Se l’attività di un agente di commercio si può sviluppare bene e senza ostacoli – ha sottolineato il presidente di Enasarco – è una bellissima attività che ha creato aziende di successo. È vero che c’è qualcuno che produce ma è anche vero che c’è qualcuno che va a convincere il negoziante a mettere in vetrina quelle cose che altrimenti non venderebbe nessuno. Gli agenti di commercio hanno un ruolo importante e l’Enasarco è un ente che ha una socialità importante, che si spende anche su questi argomenti e chiede alla politica: perché gli agenti di commercio sono gli unici imprenditori che non possono detrarre completamente l’unico bene strumentale senza il quale non potrebbero produrre reddito e perché sono gli unici che tra tutti i grandi utenti della strada non hanno la doppia patente?”.
Tuttavia, l’agente di commercio rappresenta l’azienda e questo secondo Marzolla “mette in ombra la categoria”. “Siamo gli ultimi”, ha aggiunto il presidente di Enasarco, che ha ammesso di non avere la certezza di ottenere il risultato sperato “ma farò di tutto perché quel risultato si raggiunga”, ha detto. In quel caso “tanti agenti di commercio lavoreranno meglio, avranno maggiore facilità ad avere dei guadagni e nel contempo potranno versare più contributi. È dovere nostro guardare alle nuove generazioni perché sono loro il futuro e la sicurezza di quelle attuali”.
“Nel momento in cui ci chiederanno di sostenere il Paese – ha aggiunto – noi chiederemo gentilmente in cambio la seconda patente e la detraibilità dell’auto”.
Per Marzolla la burocrazia “è un freno per il paese e anche per noi”. “Per dare assistenza agli agenti di commercio – ha continuato – abbiamo realizzato in videoconferenza un contratto nazionale, un accordo per avere la possibilità di chiedere l’anticipo del nostro Tfr che viene accantonato presso l’Enasarco. La burocrazia italiana ci ha messo lo stop. Lo abbiamo chiesto a giugno – ha evidenziato – e non abbiamo ancora la possibilità di andare a prendere i nostri quattrini che stanno lì dentro. E’ un aiuto che ci chiede la categoria”. L’Enasarco “non è ben visto” ma “è una macchina che ha una carrozzeria e un motore. Il motore va messo a punto, la carrozzeria ripristinata”, ha spiegato. “La distanza tra l’ente e gli agenti di commercio era di centinaia di chilometri – ha aggiunto -, io sto cercando di portarla a metri”. Inoltre la vita degli agenti di commercio “deve diventare semplice” e occorre “coccolarli” perché “devono vederci – ha detto – come un ente semplice, simpatico”. “Dobbiamo avere controparti che siano assolutamente istituzionali”, ha spiegato, e gli investimenti devono essere “complanari al nostro fine”.
(ITALPRESS).

Casalino “Conte è sottovalutato, al M5S serve un aggiornamento”

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“Mi piacerebbe che Conte tornasse a Palazzo Chigi con il voto degli italiani. L’ultima volta non è stato scelto lui ma il Movimento 5 Stelle, adesso sarebbe bello che scegliessero lui, magari a capo del Movimento”. Lo ha detto Rocco Casalino, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica “Primo Piano” dell’Agenzia di Stampa Italpress, parlando dell’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte.
“Secondo me è sottovalutato – ha evidenziato Casalino, che di Conte era portavoce a Palazzo Chigi -, è un grande politico, uno statista e dal punto di vista umano ha uno spessore infinito. Ho la sensazione che ogni volta si dubiti delle sue capacità e si pensi che dietro ci sia qualcuno. Non ti crei una credibilità internazionale – ha aggiunto – perché c’è dietro qualcuno. Quando sei nel Consiglio europeo, per esempio, sei da solo con gli altri leader”.
L’augurio di Casalino è “che si vada a elezioni un po’ prima del 2023, magari anche a metà 2022, che si faccia una campagna elettorale dove io possa dare un contributo, con Conte e che stravinciamo”, ha detto. Per quanto riguarda il Movimento 5 Stelle, secondo Casalino, “ci vuole un aggiornamento”. “Alcuni valori e alcune visioni di Gianroberto Casaleggio – ha spiegato – li terrei come fondamenta perché dentro c’è una verità che vediamo anche adesso. La politica, una classe dirigente di qualsiasi partito dopo un po’ si stacca dai cittadini. Stare nel palazzo, per una serie di meccanismi, ti allontana dalla realtà”. Questo, ha detto, va recuperato “con una riforma costituzionale perché il paradosso che abbiamo adesso è: questo sistema, con un parlamento centrale, siamo sicuri che garantisca la volontà dei cittadini? Basterebbe – ha evidenziato – anche forse qualche aggiustamento, per dare la possibilità ai cittadini di incidere davvero”. Per Casalino c’è anche la questione del tempo che “è un’altra variabile”. “In un anno non cambi nulla, in due anni è uguale. Pure cinque anni sono pochi – ha detto -. Anche Draghi avrà delle difficoltà, non durerà 20 anni”.
“Sul reddito di cittadinanza – ha spiegato rispondendo alle domande di Claudio Brachino – va fatta un’operazione perché manca ancora la parte del lavoro. Bisogna creare un database con tutte le offerte di lavoro in tutta Italia”, ha aggiunto.
Casalino ha parlato anche del suo libro, “Il portavoce”, e delle sue esperienze di vita. “Ho scritto il libro a giugno, luglio e anche agosto e quando l’ho riletto mi sembrava talmente forte che l’ho cambiato tutto”, ha detto. “Poi mi sembrava falso”, ha aggiunto facendo riferimento in particolare a quanto scritto sul rapporto con il padre e raccontando di aver fatto leggere le due versioni alla sua famiglia. “Sono tornato alla prima versione”, ha chiarito. Nel libro parla anche del suo paese, Ceglie Messapica. “Ne parlo con un amore profondo”, ha spiegato. “In Germania – ha continuato – vivevo una certa freddezza nei rapporti umani e nelle amicizie, mentre quando arrivo in questo Sud sento le mie radici, il mio territorio, questo Sud che esplode di passione. Quando si pensa all’omosessualità, si pensa che al Nord sia più facile. Invece nel Sud – ha proseguito – ho avuto le esperienze più belle omosessuali perché c’è una certa libertà culturale, non esibita, nascosta. I rapporti umani sono sempre forti, intensi”.
“Quello dello spettacolo – ha spiegato – è sicuramente un ambiente molto aperto, dove l’omosessualità è facile esporla. Il percorso iniziale nel mondo dello spettacolo mi ha aiutato in questo. Nel mondo politico romano l’omofobia è molto più forte. Nascosta, non esplicitata, molto forte. Mi sono sentito sotto osservazione in quanto omosessuale. Lo noti dalle piccole battute, dagli sguardi. Il mondo politico è molto omofobico, maschilista, conformista”.
E sull’esperienza del Grande Fratello ha ricordato: “Mi ha permesso di fare un po’ di soldi e questo mi ha aiutato”, mentre la fama è durata “un anno o due ma alla fine ti rendi conto che non è niente”. “Poi ho intrapreso tutto un altro percorso, quello del giornalismo. In realtà – ha continuato – quella è stata una formazione vera. Probabilmente avevo questa predisposizione per la comunicazione e per il giornalismo politico. Sotto sotto feci il Grande Fratello perché la notorietà per me era la chiave per potere aprire le porte per fare politica. Questa mia predisposizione c’era già, non è il Grande Fratello che l’ha accentuata”. Secondo Casalino il suo principale difetto è “la vanità”. “Stando in politica – ha poi aggiunto – è cambiata in meglio l’opinione sui politici, invece avevo un’idea straordinaria dei giornalisti” che “è peggiorata”.
(ITALPRESS).

Carelli “Il centro è un arcipelago, va aggregato e federato”

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ROMA (ITALPRESS) – “Sono uscito da un movimento che secondo me aveva perso un po’ la sua anima. Tre anni fa siamo partiti da un bellissimo programma elettorale che si basava su dei valori molto belli, ma l’attuazione nel corso di questi tre anni non è avvenuta come si pensava”. Lo ha detto il deputato del gruppo Misto Emilio Carelli, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica Primo Piano dell’Agenzia Italpress. Carelli, da poco fuoriuscito dal MoVimento 5 Stelle, ha sottolineato come nel M5S spesso sono “state fatte scelte sbagliate e soprattutto non si è cambiata la mentalità da movimento di opposizione ‘del vaffa’ a movimento di governo. Dopo le lettere di espulsione a seguito del voto contrario al governo Draghi, di fatto la spaccatura è diventata una realtà. Una scissione andrebbe a salvaguardare i cosiddetti governisti che farebbero capo a Di Maio e hanno il sostegno di Beppe Grillo e potrebbero inglobare Giuseppe Conte e che stanno portando avanti una linea più pragmatica di governo”.
L’ex pentastellato ha spiegato poi che il no al governo Draghi in questo momento “di emergenza” è sbagliato. “E’ stato un errore far cadere Conte in un momento di emergenza, è stato abbastanza da irresponsabili, ma ora è dovere di tutti raccogliersi attorno a Draghi e sostenerlo”. Parlando della nascita di un possibile aggregatore di moderati Carelli ha spiegato: “Ho in mente una serie di cose che si potrebbero fare e di valori che si potrebbero sostenere, per questo ho pensato di potermi proporre come aggregatore di un nuovo centro moderato che raccolga anche i voti e il sostegno di quella fascia di elettorato che in questo momento non trova una casa dove approdare – ha proseguito – ma anche l’aggregazione di quei colleghi che vogliono uscire dal MoVimento o dal loro gruppo parlamentare per trovare un luogo di aggregazione che sia moderato e di centro”.
“In questa ricognizione che sto facendo mi sono accorto che c’è una sorta di arcipelago dove ci sono tanti piccoli gruppi e sta nascendo in me anche l’ipotesi di formare una sorta di federazione. Se noi riuscissimo a metterli assieme trovando i punti in comune, potrebbe diventare un fenomeno politico interessante – ha detto ancora il deputato -. A mio parere l’obiettivo primario è contribuire alla realizzazione di questo progetto che il governo dovrà portare avanti per una corretta spesa dei miliardi del Recovery, perchè da questo potrebbe nascere un nuovo boom economico. Se i progetti che riguardano il Recovery saranno proiettati verso il rilancio dell’economia e del mondo del lavoro questi diventeranno il volano per la rinascita economica”.
Parlando della pandemia e del piano vaccini, Carelli ha ricordato come il Governo Conte II abbia tentato in tutti i modi di affrontare un’emergenza senza precedenti e “soprattutto nella prima parte lo ha fatto anche bene”, ma bisogna “evitare approcci troppo semplicistici o troppo critici”.
“L’Italia aveva prenotato attraverso l’Ue una quantità di vaccini e di fatto ne sono arrivati la metà, questo comporta un rallentamento del piano vaccinale e chi si aspettava che l’arrivo di Draghi avrebbe provocato un cambiamento immediato sbagliava perchè non può avere la bacchetta magica, non è facile risolvere un problema di questo tipo. L’idea di arrivare nel medio termine a produrre i vaccini in Italia è corretta ma si dovrà aspettare mesi – ha evidenziato -. L’unica possibilità è insistere con le aziende produttrici per tentare di recuperare e avere più dosi possibili. Non dobbiamo mai dimenticare i morti perchè dietro quei numeri ci sono delle persone e delle famiglie che soffrono”. Carelli ha infine parlato del ruolo dell’informazione nell’anno del Covid, e da ex giornalista ha spiegato che “da parte di giornali e tv c’è stato un lavoro positivo anche per sensibilizzare le persone sulle misure, si poteva addirittura fare di più e non penso che sia stata fatta una informazione che spaventava la gente”, ha concluso.
(ITALPRESS).

Governo Draghi, facciamo un po’ di chiarezza

La liquidità che sembra ormai dominare i partiti e i leader pare che per osmosi detti legge anche nell’interpretazione della politica italiana. Conte in una settimana è passato dall’essere insostituibile a un banchetto senza orpelli davanti a un non inquadrato palazzo del potere (Palazzo Chigi) da cui era stato già sfrattato. Spesso l’ho criticato politicamente ma la rapidità della sua uscita di scena (per ora senza paracadute) non mi è piaciuta sul piano etico. Quasi quasi ci siamo anche con SuperMario, popolarità alle stelle con gli italiani, ma giudizi già taglienti sulla lista dei ministri. Sembra Fanfani, no Forlani, macché, una brutta riedizione del pentapartito della Prima repubblica. Mettiamo allora un po’ di puntini sulle i. Il governo è più politico che tecnico, critica numero uno. Chiariamo allora che non ci sono governi tecnici puri, l’esecutivo è sempre di fatto politico. Lo era Monti, chiamato da Napolitano e dall’Europa a chiudere a colpi di spread e di inchieste la lunga stagione berlusconiana, tantomeno lo è Draghi che si è mostrato abile a duettare con i partiti dando loro ciò che serve per un appoggio in Parlamento ma senza deroghe alla sua linea.

Entrano di M5s, Forza Italia e Lega i non populisti, a Renzi e Leu il minimo dovuto, e al Pd un ministero a corrente. Poi certo ci saranno viceministri e sottosegretari a curare i vari mal di pancia, ma intanto il messaggio è chiaro. Riguardo ai tecnici, almeno di curriculum, Draghi (e Mattarella) si sono assicurati la fedeltà e la professionalità di chi dovrà gestire i soldi del Recovery, primo vero punto del programma. Innovazione tecnologica e trasformazione green cubano da sole circa 100 miliardi. Poi i partiti dovranno sgobbare e sudare, Orlando al Lavoro e Giorgetti allo Sviluppo economico avranno belle gatte da pelare. Critica numero due, ci sono troppe poche donne. Non credo che tra le priorità del capo dello Stato nel breve e drammatico discorso del 2 febbraio sera ci fosse l’ossessione del politicamente corretto, ma quella di salvare l’Italia. Tra le donne ce n’è una voluta fortemente dal Quirinale, ed è la Cartabia alla Giustizia. Una figura di alto profilo per fare quella riforma che l’Europa ci chiede da anni e di cui abbiamo bisogno per de-ideologizzare dopo Tangentopoli una macchina che non funziona in primis per i cittadini.

Critica numero tre, avete sentito Salvini? Quanto ci metterà a litigare con la Lamorgese sugli immigrati? E, con il passare del tempo, quanti altri attriti verranno fuori? Certo nelle grandi coalizioni le grandi differenze rimangono. Ma la grammatica valoriale data da Mattarella è chiara: il paese deve essere portato fuori dall’emergenza economica e da quella sanitaria. Poi, realisticamente, si tornerà al voto popolare. A proposito di sanità, lì rimango invece fortemente preoccupato. Il governo non aveva neanche giurato che i tecnici, quelli del comitato scientifico che di fatto ci governano (male) da un anno, con la scusa delle varie “varianti” già riparlavano di lockdown e scuole chiuse. Qui mi aspetto uno scatto di reni di Draghi e del suo esecutivo, anche perché sui vaccini siamo colpevolmente indietro. E’ come per i banchi a rotelle, soldi degli italiani buttati dalla finestra senza che nessuno paghi. Sentendo quanto costano i padiglioni primula, e vedendo il ritmo vaccinale nel Regni unito, sì che mi viene il magone, altro che bizantinismi sul pentapartito! (ITALPRESS).