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Europee, Senna “Forza Nord non è in contrapposizione a nessuno”

ROMA (ITALPRESS) – “Stiamo andando incontro alle elezioni europee che sono fondamentali. Il peccato originale di chi ha fatto politica nel nostro Paese è stato non considerare l’Europa, ma in Europa ormai si decide il futuro e lo si può fare unicamente all’interno di un contenitore che possa decidere, questo è il Partito popolare europeo”. Così Gianmarco Senna, fondatore comitato Forza Nord, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica “Primo piano – Elezioni europee” dell’Agenzia Italpress. “Se alcune leggi un pò strambe sono state bloccate perchè c’è una sinistra o un’estrema sinistra che punta a delle dinamiche che distruggerebbero il nostro tessuto produttivo, è stato perchè all’interno del Ppe c’erano esponenti, in questo caso di Forza Italia, che hanno fatto delle battaglie. L’alternativa sono i conservatori della Meloni oppure di Identità e Democrazia dove si trova Salvini ma, purtroppo o per fortuna, sono all’opposizione e se sei all’opposizione in Europa non tocchi palla”, aggiunge.
Senna spiega, inoltre, che per qualsiasi legge che viene fatta in Europa “se non sei nel Ppe, che è il blocco più vecchio nel Parlamento europeo ed è in maggioranza, tu non hai nessuna possibilità di incidere”. Senna racconta il progetto nato da un percorso iniziato circa un anno fa insieme a Flavio Tosi e ad altri esponenti politici, un progetto all’interno di Forza Italia per portare avanti le istanze di “un blocco sociale del Nord che non si riconosce più in nessuno”. Secondo Senna il mondo non è più quello del 2019 di quando andammo a votare, “c’era anche una pressione a livello internazionale, c’era il trumpismo, le correnti in Europa che cercavano un’alternativa all’Europa che c’è adesso, poi sono successi dei fatti determinanti: il Covid che ha cambiato completamente il modo di interpretare la società, la guerra in Ucraina con un punto di non ritorno dove c’era da prendere una posizione chiara, il conflitto arabo-israeliano. E’ evidente che le condizioni non sono più quelle del 2019”. Parlando di una ipotetica competizione con la Lega spiega: “noi non siamo in contrapposizione a nessuno, ognuno fa la sua scelta di posizionamento, la Lega ne ha fatta una molto chiara ed è evidente che in Europa stai andando verso un certo tipo di progetto. La Lega fa la sua proposta, la porta avanti anche in Europa con un posizionamento che, secondo me, non porta a niente, noi ne abbiamo un altro e all’interno di Forza Italia siamo convinti che sia necessario bilanciare con un pò più di Nord e noi dobbiamo andare a riprendere l’elettorato”. E proprio parlando di astensionismo sottolinea come ormai ci sia “uno scollamento tra la classe politica di adesso e l’elettore. Noi dobbiamo andare ad intercettare tutti quelli che non hanno risposte, c’è da lavorare in termini di sburocratizzazione, c’è da dare forza alle nostre imprese, ma anche ai lavoratori e pensionati delle nostre imprese; è chiaro che serve un contenitore in grado di dare queste risposte. Io credo che il passaggio più importante sia quello di portare le persone a votare, se ci riusciamo ha vinto l’intero Paese e sono convinto che Forza Italia non avrà difficoltà a prendere più voti della Lega. Conosco bene il tessuto produttivo, c’è una disaffezione incredibile, però qualsiasi legge che viene fatta in Europa, e se non sei nel Ppe che è il blocco più vecchio nel Parlamento europeo ed è in maggioranza – ribadisce – tu non hai nessuna possibilità di incidere”.
Senna, inoltre, si sofferma anche su quanto accaduto con il Terzo polo che “ha fallito un’occasione incredibile – spiega – perchè era evidente che dopo le politiche del 2022 c’erano solo le praterie da andare a conquistare. Io entro in Forza Italia nell’aprile 2023 quando era in ‘terapia intensivà dove tutti uscivano ed era ai minimi storici, noi abbiamo fatto una scommessa, poi è stato bravissimo Tajani e sta dando un’impostazione al partito moderata, popolare e liberale e noi che siamo anche federalisti abbiamo chiesto casa e ci siamo ritrovati”. Infine, l’Autonomia che “serve al Paese perchè ha necessità di essere ammodernato. L’errore è far credere che sia una contrapposizione Nord contro Sud”, dove le persone sono “in grado di capire che potrebbe essere la strada per dare delle responsabilità a una classe dirigente che spesso è stata imbarazzante, perchè il problema del Sud è una classe dirigente che spesso ha marciato sull’arretratezza del Sud, sono convinto che spiegare il federalismo non vedo dei problemi”, conclude.
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Ue, Tommasi “Superare il diritto di veto”

ROMA (ITALPRESS) – Rivedere il funzionamento dell’Europa, puntando sulla fattibilità degli obiettivi. A proporlo è Alessandro Tommasi, candidato alle Europee con “Azione-Siamo Europei” nel collegio Nord-Ovest. Intervistato da Claudio Brachino per la rubrica dell’agenzia Italpress “Primo Piano -Elezioni Europee”, ha spiegato: “Cambieremo moltissimo il modo di fare campagna elettorale. Berlusconi diceva ‘non si vince andando al mercatò, vero, ma non si vince nemmeno sui social. Noi iniziamo sempre tutti i nostri eventi chiedendo: ‘Cosa non vi fa dormire la notte?’, la maggior parte dei giovani ci risponde ‘l’incertezza sul futurò”.
Entrando nel merito delle proposte, Tommasi ha parlato della necessità di “far emergere il lavoro sommerso: tanto più tu lavori, tanto più io ti aiuto ad arrivare ad una soglia che secondo noi è minima. Dobbiamo supportare la crescita degli stipendi, che sono troppo bassi, soprattutto per i giovani”.
Le misure economiche del governo? “Mi verrebbe da dire ‘Qualì? Non c’è progettualità, ogni misura è spot, fatta una volta e poi vediamo se l’anno dopo ci sono i soldi. L’incapacità della politica di avere una visione di lungo periodo non fa bene all’economia, anche il cittadino non riesce a sapere se può risparmiare o meno”.
Per Tommasi “il dato di fondo deve essere uno: la fattibilità degli obiettivi che vengono tracciati. Il nostro debito pubblico è fuori controllo, il deficit degli ultimi anni è schizzato, noi stiamo vivendo una fase in cui non si sa quanto costa una misura, questo è molto grave, guardare solo all’Europa come vincolo esterno cattivo è una narrazione che abbiamo vissuto da troppo tempo, chi va in Europa si deve impegnare per la fattibilità degli obiettivi da raggiungere”.
Da rivedere, per il candidato di Azione, c’è anche il funzionamento delle istituzioni europee: “L’Europa è cresciuta, si è allargata, bisogna abolire il Consiglio e creare, magari, una Camera degli Stati, non un organismo con il diritto di veto, per esempio di Orban”.
In tema di immigrazione ha ricordato che “ogni anno lo Stato ha il decreto flussi che di fatto è una regolarizzazione di quello che già esiste. Serve invece una progettualità, ci sono delle professionalità dove noi abbiamo delle carenze, e penso ad esempio alle professioni sanitarie. Ecco, creiamo dei corridoi dove possiamo far avere dei visti, delle procedure di ingresso velocizzate, facilitate per provare a colmare quei voti che abbiamo”.
Quanto alle start up, “la cosa più importante riguarda l’accesso ai capitali, in tante parti del nostro paese avere dei soldi sufficienti per competere è complicato. C’è tanto capitale che è fermo”, ha concluso Tommasi.

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De Luca “Sondaggi ci danno in crescita, l’Europa faccia il suo mestiere”

MILANO (ITALPRESS) – “Ogni settimana che passa, tutti i sondaggi ci danno in crescita. La nostra è la prima forza politica che ha definito le liste e stiamo correndo perchè abbiamo la necessità di far passare il nostro messaggio. Penso che per questa sfida lo spazio ci sia”. Lo ha detto Cateno De Luca, leader di “Sud chiama Nord”, capolista di “Libertà” alle elezioni europee e sindaco di Taormina, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica “Primo Piano” dell’agenzia Italpress, in vista delle elezioni europee.
“La nostra libertà – ha spiegato – ci ha portato a creare la costellazione di 19 movimenti civici per lanciare la sfida a quella che per noi è un’Europa liberticida. Il comune denominatore è molto semplice: meno Europa e più Italia, meno Europa e più sovranità, meno Europa e più federalismo, più autonomia”. I movimenti coinvolti “non condividono più questa Europa e non accettano che l’Europa non faccia il suo mestiere”, ha affermato.
“Per i migranti – ha proseguito – fa la Cenerentola, per la politica comune di difesa non se ne parla affatto però interviene sulle libertà nel mondo agricolo. Ha deciso ormai di farci mangiare carne sintetica. Non è questa l’Europa che hanno pensato nel 1955, nata con un caffè a Taormina e poi con la conferenza di Messina”.
“Noi – ha aggiunto il leader di ‘Sud chiama Nord’ – rappresentiamo un nuovo meridionalismo e non controlliamo voti. Il nostro consenso deriva dalla buona amministrazione: abbiamo una cinquantina di sindaci che abbiamo eletto contro tutti. Siamo l’espressione autentica – ha continuato – di quello che è stato l’Appello ai liberi e forti di Sturzo. Autonomisti, federalisti, lo abbiamo dimostrato sul campo. Non condividendo questo sistema – ha proseguito -, lo abbiamo lottato e abbiamo dimostrato che all’interno delle istituzioni si può fare buona amministrazione. Il motivo oggi per votare Libertà è dare forza a un movimento che non si sta allineando e che non intende continuare sulla scia del vedere l’Italia asservita a questa Europa e soprattutto invoca in tutte le sedi la pace, rispetto alla lobby delle armi e della guerra”.
Sul piano economico, “noi siamo lo Stato più indebitato nell’ambito dell’Unione europea”, ha affermato. “Il nostro punto di debolezza – ha evidenziato – è che continuiamo a fare leggi di stabilità con i ‘pagherò’ e continuiamo a farle per pagare gli interessi sul debito, che continua ad aumentare. Siamo una parte debole in Europa ed è ovvio che purtroppo non c’è stato un approccio serio per le politiche economico-finanziarie”.
“Draghi presidente della Commissione europea? Certo. Per uno Stato come l’Italia che ha bisogno di essere messo sotto tutela – ha sottolineato De Luca – non c’è cosa migliore di Draghi. Poi ho riserve su altri fronti ma sono cosciente della situazione in cui siamo e avere Draghi che ci possa tutelare per la fase che stiamo vivendo è cosa buona e giusta”.
Nella lista “Libertà” c’è anche Sergio De Caprio, detto Capitano Ultimo, che ha deciso di scoprire il volto in occasione della campagna elettorale. “E’ stato un gesto che ha fatto spontaneamente nell’assemblea. Io – ha spiegato De Luca – l’ho solo convinto a candidarsi: gli ho chiesto di scendere in campo personalmente. Siamo rimasti tutti sorpresi perchè non aveva comunicato questa scelta così forte”.
Una riflessione anche sulla Sicilia. “Farò il presidente della Regione Siciliana. Non l’ho deciso io: gli elettori già mi hanno assegnato il secondo posto due anni fa quando ho lanciato la sfida a quello che definisco ‘sistema politico-mafiosò. Oggi stiamo andando avanti su questa scia”, ha detto.

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Marchese Ragona “Papa? Ironico e umile, sull’Ucraina mal interpretato”

ROMA (ITALPRESS) – Ironico, generoso e umile, ma anche molto determinato a trasformare la chiesa in un servizio al popolo: è il ritratto di Papa Francesco descritto da Fabio Marchese Ragona, vaticanista di Mediaset, che ha curato l’autobiografia “Life – La mia storia nella Storia”, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica Primo Piano dell’agenzia Italpress. L’idea del libro – distribuito in 21 Paesi in contemporanea e tradotto in otto lingue – è nata “dalla mia curiosità giornalistica, che mi ha spinto a domandarmi dov’era il Papa quando l’Argentina ha vinto il Mondiale dell’86 o quando cadeva il muro di Berlino, con chi era o cosa faceva quando c’è stato l’attacco alle Torri Gemelle”, ha raccontato. Com’è il Papa, dallo sguardo di chi ha potuto osservarlo da vicino? “Come lo si vede in pubblico, è davvero così. Ha una spiccata ironia, tipica dei latinoamericani, e una grande generosità. Siamo stati tante ore a parlare della sua vita… sai che hai di fronte il Papa, il leader morale più importante al mondo, una persona di una cultura sconfinata, ma semplicissima e molto umile. Tanti dicono che questo Papa non è molto amato, in realtà c’è una buona base di gente che lo ama e che vuole conoscere la sua storia”, ha sottolineato l’autore. Come ha reagito il Papa dopo il successo del libro? “Gli ho portato la prima copia stampata, era molto contento. Non immaginava che potesse raggiungere un così vasto pubblico. ‘Ogni tanto riaprire il libro della propria vita e rivedere le cose belle e le cose bruttè, ha detto, e ‘magari gli anziani possono raccontare la propria vita per far sì che i giovani non ripetano più gli errori commessi in passatò”.
Inevitabilmente il pensiero corre ai conflitti in Ucraina e a Gaza. Sul Medio Oriente “credo che oggi il Papa stia dalla parte di chi soffre, quindi da un lato i familiari degli ostaggi israeliani – che qualche giorno fa ha ricevuto di nuovo in Vaticano – e, dall’altro, il popolo di Gaza che si trova sotto le bombe. Il Papa non ha interessi strategici o geopolitici, ha interessi esclusivamente umanitari: credo che dal suo punto di vista la priorità sia stare dalla parte di chi soffre. Per questo continua a dire ‘no alla guerra e alle armi, bisogna fermarsì”. Sull’Ucraina, “credo che il Papa sia stato non solo mal interpretato, ma proprio strumentalizzato da chi voleva accendere qualche miccia. Sono sicuro che ci sia stata una ‘maninà che ha voluto metterlo in difficoltà”, ha sottolineato Marchese Ragona, ricordando le parole del Papa in un’intervista alla tv svizzera, in cui il giornalista ha proposto al Papa l’immagine della bandiera come metafora per parlare di negoziato. “Il Papa a un certo punto dell’intervista dice che ‘il negoziato non è mai una resa, è un atto di coraggiò, che è la posizione che il Papa e la Santa Sede hanno da sempre, cioè sedersi a un tavolo e discutere. Credo che lui sia stato un pò tirato per la tonaca”. Oltre che per le guerre, il Papa “è molto preoccupato” per il clima. “Ai giovani dice ‘fatevi sentire dai governi, haciendo lio (fate confusione in spagnolo), protestate per stradà, ma a patto che le proteste non sfocino in atti che deturpano il territorio o le opere d’arte”. In una delle conversazioni, “gli ho riferito che qualcuno dice che sta distruggendo il papato. Lui è rimasto un attimo in silenzio, ha guardato in alto e mi ha detto: ‘Ma io sono un prete, cosa posso farci? Devo stare in mezzo alla gente, non posso stare sul piedistallo come era una volta, solo perchè qui dentro vogliono così. Gesù Cristo stava in mezzo ai poverì. Questa è l’ultima monarchia assoluta d’Europa, dove ci sono ancora orpelli, pizzi e merletti, dove ci sono tutte queste trovate di corte. Questa è una delle missioni che ha questo Papa: mettere fine a tutto questo e trasformare la chiesa in una chiesa di servizio al popolo, non più una chiesa di potere”. Il libro si struttura in 14 capitoli. “Partiamo dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, quando lui aveva 3 anni, e arriviamo ai giorni d’oggi, attraversando la storia mondiale degli ultimi ottant’anni per raccontarla dal suo punto di vista, lanciando anche dei messaggi su vari temi, come ad esempio il dialogo interreligioso, la guerra, il clima e la tutela dell’ambiente”, ha spiegato l’autore.
Tra i capitoli più emozionanti sicuramente c’è quello del golpe in Argentina, “un periodo terribile della sua vita, quello dal 1975 in poi. Il Papa non aveva mai raccontato così apertamente quegli anni, perchè è stato accusato di aver favorito il regime che andava contro tanti sacerdoti e di aver venduto due gesuiti”, e qui “racconta per la prima volta come andarono le cose, come visse quel momento, di quando andò a celebrare messa a casa di Videla proprio per convincerlo a liberare quei due sacerdoti. Nel libro dice chiaramente che fu ‘la vendetta di qualcuno che voleva mettermi il cappio attorno al collò”. Un altro capitolo che “mi ha molto colpito è quando si racconta la nascita dell’Unione Europea: siamo negli anni Novanta e lui era in esilio a Cordoba, quelli sono stati anni per lui molto difficili, era molto depresso e chiuso in se stesso. Non riusciva a darsi una spiegazione del perchè i superiori lo avessero mandato in esilio, praticamente era stato buttato giù dal piedistallo: fu accusato di essere ultraconservatore, di essere autoritario nelle sue decisioni, fu accusato anche di voler stravolgere la pastorale dei Gesuiti perchè lui era cresciuto con i salesiani. I Gesuiti non volevano che lui mandasse i preti nelle periferie a fare catechismo ai ragazzini, avevano altri interessi: lui dice che in quel periodo di ‘purificazionè ha studiato quasi tutti e 34 i volumi della storia dei Papi… forse ‘era necessario, perchè mi stavo preparando a diventare anch’io Papa, pur non sapendolò, racconta nel libro”. Tra i capitoli c’è anche spazio per la sua grande passione per il calcio. “Ricordava alla perfezione tantissimi dettagli di quando andava allo stadio tutte le domeniche con tutta la famiglia a vedere il San Lorenzo”. Sui Mondiali dell’86 vinti dall’Argentina “racconta che in quegli anni si trovava in Germania, ma la sera della finale con la Germania non guardò la partita, rimanendo a passeggiare vicino al fiume Reno e a recitare il rosario. “Mi sono sentito solo, perchè volevo essere con i miei amici a festeggiare l’Argentina”, racconta il Pontefice. E sulla famosissima mano de Dios ricorda che quando Maradona andò in Vaticano gli chiese divertito quale fosse la mano incriminata”.
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Ponte sullo Stretto, Righini (Eisac.it) “Nessuna contestazione, il progetto va avanti”

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ROMA (ITALPRESS) – “Non c’è nessuna contestazione” sul progetto del Ponte sullo Stretto: “il progetto è stato approvato senza nessuna prescrizione” ma “ci sono delle osservazioni”: si tratta di “attenzioni da tenere, ma nulla di obbligatorio per la società che deve realizzare il ponte sullo Stretto di Messina. Il progetto è partito, è approvato e poserà la sua prima pietra entro novembre 2024: creare una sorta di spavento o far credere che il progetto non venisse realizzato è un’informazione falsa”. Lo ha detto Diego Righini, membro del comitato direttivo di Eisac.it, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica “Primo Piano” dell’agenzia Italpress. Eisac, ha spiegato Righini, è un “contratto di programma”, nato dalla collaborazione tra ENEA e INGV, che “prevede una sorveglianza in merito alle infrastrutture dichiarate ‘critiche’ dalle due direttive europee che si occupano della materia”.
Il Piano Mattei “prevede una collaborazione tra i Paesi africani e i Paesi europei sull’energia” ed “è il piano apripista del Piano europeo: l’Europa ha stanziato 350 miliardi di euro” da investire “nei prossimi 5 anni” per “realizzare principalmente in Africa progetti comuni che abbiano a che vedere con le infrastrutture energetiche e le materie prime rare”. In questo, “l’Italia parte per prima e vorrebbe avere un ruolo di governance e leadership rispetto a questo progetto”.
Il tema “è quello del commissario che avrà la delega a gestire questi 350 miliardi: come manager che si sta occupando dei progetti dedicati al piano Mattei, spero che questa persona sia italiana”. Un nome? “Letizia Moratti potrebbe avere le caratteristiche giuste”.
Il Piano potrebbe rendere l’Europa indipendente dalla fornitura energetica della Russia? “L’Europa ancora si fornisce per la metà del proprio fabbisogno da gas e petrolio russo che circolano per l’Ucraina: non si poteva passare, nel giro di tre anni, dal 70% di fornitura a zero”, ha spiegato. “L’Europa fa bene ad organizzare un piano che possa prevedere la sostituzione del 35% del fabbisogno di energia, gas e petrolio in 10 anni: questo è il piano Europa-Africa e spero sia a guida italiana. Se ciò non avverrà, è chiaro che non possiamo lasciare i cittadini europei senza energia: ecco perché ieri – pur col voto contrario di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia – l’Europa comunque ha approvato il piano che prevede che dal 2040 le case non avranno più una caldaia. Ad oggi è un piano di sicurezza, perché significherebbe avere una caldaia forse ‘a fornitura’ russa, dal punto di vista della materia prima”, ha sottolineato.
“La grande pecca della scelta europea e di von der Leyen è questa: un Green Deal che, da una parte, punta alla sufficienza energetica degli edifici e delle imprese e poi” dall’altra “appoggia anche gli ambientalisti che non vogliono sviluppare niente. Se punto a un’autosufficienza energetica per imprese ed edifici, allora devo cancellare i divieti a realizzare progetti emergenti”. Quindi la transizione ecologica è sostenibile? “Se vogliamo fare ambientalismo, è meglio non farla questa transizione ecologica. Se invece vogliamo fare efficientamento, e quindi costruire edifici autonomi dal punto di vista energetico, allora sì”.

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Bertola “Tra Italia e Romania una relazione economica consolidata”

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ROMA (ITALPRESS) – Tra Italia e Romania c’è una “relazione economica costante e consolidata, un patrimonio che dobbiamo sfruttare”. Lo ha detto Giulio Bertola, presidente di Confindustria Romania, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica “Primo Piano” dell’agenzia Italpress.
“Quando parliamo di imprenditori all’estero – ha affermato – dobbiamo contestualizzarli in alcuni momenti storici. A fine anni Novanta e nei primi Duemila si parlava di delocalizzazione, che era vissuta come impoverimento di posti di lavoro e competenze. In Romania la manodopera costava di meno. Negli ultimi anni si parla di internazionalizzazione, un fenomeno che c’è in tutti i paesi europei. Questo ha creato una filiera consolidata che è un patrimonio anche per le industrie italiane”.
“Le aziende associate a Confindustria Romania – ha spiegato – contano oltre 45 mila posti di lavoro in Romania. È un contributo importante anche in termini di know-how. Molti di questi rumeni, formati, poi vanno in Italia a continuare a lavorare nella casa madre dell’azienda italiana”.
Per Bertola, le Pmi italiane “sono piene di know-how, sono entità che per dimensioni vengono considerate piccole e medie imprese ma che hanno competenze specifiche, un valore inestimabile. Difficilmente hanno, però, una propensione all’internazionalizzazione – ha proseguito – se non hanno un percorso guidato, che può essere con la Confindustria locale o perché seguono una progettualità di qualche general contractor su operazioni di internazionalizzazione più vaste e importanti”.
“Quando parliamo delle relazioni economiche e umane tra Romania e Italia – ha affermato – si tende sempre a enfatizzare il grande valore che i rumeni hanno portato in Italia e quanto know-how e valore noi abbiamo portato in Romania. Quando si parla di manodopera, invece, si cerca sempre di rimanere assenti perché è un problema che da anni si cerca di affrontare in maniera risolutiva. Però è un problema molto delicato che tocca la sensibilità delle persone e che deve tenere conto dei sacrifici che le persone hanno dovuto fare lasciando la propria terra e i propri familiari per motivi economici. Confindustria Romania dal 2019 ha avviato un lavoro analitico e importante per arrivare a una soluzione che presenteremo presso l’Ambasciata della Romania a Roma: proporre un rientro con dignità e strutturato”, ha affermato.
“Perché – ha aggiunto – i rumeni non dovrebbero tornare a casa? Per esempio perché non hanno sicurezza nella sanità, vorrebbero un’istruzione maggiore per i propri figli, una bella casa, confortevole e moderna, una sburocratizzazione dei processi amministrativi nel rientro. Abbiamo valutato tutti questi elementi e abbiamo dato una risposta integrata in un’unica progettualità. Noi proponiamo alla famiglia rumena di rientrare con due particolarità: la progettualità congiunta di tante proposte e il fatto di parlare con l’intero nucleo familiare, perché cerchiamo di dare un posizionamento lavorativo o formativo con le università rumene a tutti i componenti del nucleo familiare”.
Secondo il presidente di Confindustria Romania in questo modo non si privano “le aziende italiane di manodopera specializzata per riportarle in Romania ma cerchiamo – ha spiegato – di intercettare quel flusso migratorio che non è censito e che costantemente si sviluppa tra Italia e Romania e viceversa per dare una proposta coerente e concreta ai rumeni affinché possano valutare di contribuire lavorando nel loro paese”.
“In Italia – ha aggiunto – ci sono circa 1,2 milioni di cittadini rumeni censiti. Il movimento delle persone tra i due paesi è anche maggiore perché ci sono i rumeni che hanno casa e ospitano i loro parenti. C’è anche – ha continuato – una particolarità legata al momento storico, quando nei primi anni Duemila sono arrivati in Italia dipendenti momentaneamente trasferiti. Grazie alla loro capacità imprenditoriale, alla voglia di imparare e alla capacità di inserirsi e adattarsi a un territorio, si sono trasformati in imprenditori e hanno creato posti di lavoro”.
Per quanto riguarda l’Unione europea, “credo moltissimo nel progetto europeo”, ha affermato. Tuttavia “dalla Romania – ha evidenziato – durante il contesto di crisi energetica abbiamo sentito mancare l’unità europea. Sicuramente dovremo lavorare di più per cercare di concretizzare l’Unione su temi strategici che devono superare gli interessi dei singoli paesi”.
Infine un messaggio alle aziende: “La Romania – ha detto Bertola – è una grande opportunità, un paese estremamente generoso e ha tanta vicinanza con l’Italia. Ci si sente a casa. Con la nostra Confindustria siamo in grado di affiancare in sicurezza qualsiasi iniziativa. Però bisogna arrivare con una progettualità definita e un minimo di capitalizzazione. Bisogna – ha concluso – avere le idee molto chiare, essere capitalizzati e avere una buona progettualità”.

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Inca Cgil, Pagliaro “Welfare italiano fatica a raggiungere gli ultimi”

ROMA (ITALPRESS) – “La sfida che abbiamo di fronte è quella della transizione digitale. Pensiamo a un sistema di welfare che sia in grado di raccogliere questa sfida e di arrivare agli ultimi. Non sempre i soggetti più deboli hanno pari opportunità in un paese in cui proprio le pari opportunità sono previste dalla Costituzione”. Lo ha detto Michele Pagliaro, presidente di Inca Cgil, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica Primo Piano dell’agenzia Italpress.
“Le preoccupazioni – ha aggiunto – sono quelle di un Paese che fatica ad arrivare agli ultimi, che oggi paradossalmente sono anche quelli che lavorano”.
Pagliaro ha spiegato qual è il ruolo dell’Inca: “E’ un patronato” e “fin da quando siamo nati abbiamo seguito i flussi di emigrazione e recentemente anche quelli di immigrazione. Siamo presenti in tutta Europa, in Australia, nelle Americhe – ha affermato -, recentemente abbiamo seguito anche i flussi di immigrazione verso l’Italia e questo ci ha portato a stare in Senegal, Marocco, Tunisia, Albania e Romania. Il nostro compito è rendere fruibili diritti e tutele. Lavoriamo soprattutto in ambito previdenziale e assistenziale ma anche nell’ambito della tutela del danno da lavoro, della salute e della sicurezza”.
Tra i compiti, c’è anche quello di seguire e aiutare le persone in tema di cittadinanza. “Credo che non sia più rinviabile avere l’obiettivo di sistematizzare i flussi migratori”, ha affermato. Perchè l’integrazione appare difficile? “Il problema – ha detto – è stato reso ideologico. Tra l’ideologia e la narrazione, che spesso coinvolgono il nostro paese, e la realtà ci sono spazi e distanze enormi. Abbiamo un decreto Flussi che prevede qualcosa come -90 mila persone in ingresso all’anno ma in realtà c’è bisogno di manodopera di media e alta specializzazione per oltre 200 mila persone. C’è uno squilibrio. Inoltre circa 130-140 mila italiani, prevalentemente giovani, ogni anno lasciano il nostro paese. Siamo di fronte a un’emigrazione fatta nella maggior parte dei casi di giovani con un livello di studi elevato”.
In materia di sicurezza sul lavoro, secondo Pagliaro, “si concentrano le contraddizioni del paese che dal mio punto di vista – ha affermato – ha bisogno di far funzionare le regole che si è dato”. In merito all’ipotesi di omicidio sul lavoro, “il problema – ha detto – non è stabilire il reato per far sì che quel reato non si manifesti. Il tema vero – ha proseguito – è determinare una cultura verso la sicurezza sul lavoro nel sistema Paese che possa prevalere su tutto il resto. Non è qualcosa che pagano le imprese a vantaggio dei lavoratori ma qualcosa che paga il sistema Paese a vantaggio dell’intero Paese”.
Quanto alle differenze di genere, “sicuramente – ha affermato – ci sono condizioni impari. Le donne continuano a guadagnare di meno e, se andiamo a vedere tutta la sfera dei servizi che fanno la differenza nella qualità della vita della lavoratrice, ci sono aree del paese molto penalizzate. Lo dico – ha aggiunto Pagliaro – pensando al Sud e a tutte quelle aree cosiddette ‘a fallimento di mercatò”.
Una riflessione anche sulle pensioni. “Oggi andare in pensione – ha evidenziato – è diventato un calcolo estremamente complesso e molto approssimativo. Mentre prima si entrava in un’azienda da ragazzo e si usciva da pensionato, oggi c’è un’eccessiva flessibilità che purtroppo è scaduta nella precarietà”. E’, quindi, difficile “districarsi in un ambito di regole che viene modificato ogni anno”, ha affermato. “Abbiamo ascoltato un pò tutti – ha aggiunto – dire che sarebbe stata messa al bando la legge Fornero, oggi paradossalmente è peggiorata”. Per Pagliaro “bisognerebbe intervenire. Sicuramente non sarà facile – ha continuato -, nessuno può avere la bacchetta magica però, per esempio, questo governo ha tagliato risorse, ha messo le mani in tasca ai pensionati facendo cassa sulle rivalutazioni. Questo è quello che non dovrebbe accadere. Il libro dei sogni probabilmente non esiste ma un paese civile come il nostro dovrebbe interrogarsi su una pensione di garanzia per i giovani a fronte di un mercato del lavoro che ha scaricato sulle giovani generazioni tantissime contraddizioni”.
“In questi giorni – ha aggiunto Pagliaro – tiene banco la notizia del fisco amico. Questo paese sceglie di condonare 600 miliardi ma ci sono due categorie di soggetti, quelli del ceto medio, pensionati e lavoratori, che pagano puntualmente le loro tasse senza la possibilità di poterle rateizzare”. Per il presidente dell’Inca “provare a ridurre le tasse per lavoro dipendente e pensionati, magari con una lotta seria e concreta all’evasione fiscale, significherebbe ridare fiato al ceto medio che è in grande sofferenza”.

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Alemanno “Dialogo con tutte le forze che vogliono cambiare”

ROMA (ITALPRESS) – “Noi stiamo cercando di trovare spazio per arrivare alle elezioni europee, il nostro è un movimento ma si struttura come un partito, presto o tardi andrà alle elezioni”. Per quanto riguarda eventuali alleati, “stiamo parlando con tutti, non bisogna andare con il paraocchi. Parliamo con tutte le forze che vogliono cambiare e che dicono di volere il cambiamento”. Così l’ex sindaco di Roma e segretario di Indipendenza!, Gianni Alemanno, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica “Primo Piano” dell’agenzia Italpress. “Abbiamo parlato con Cateno De Luca – aggiunge – e ci siamo anche scontrati perchè le visioni sono diverse, non so se andremo insieme alle europee, è difficile”.
Per Alemanno “c’è un campo” politico dove potersi inserire “che è stato lasciato libero dalle forze di maggioranza, quindi una destra sociale, e in campo di sovranità nazionale. Da questo punto di vista le persone si aspettavano un cambiamento da Meloni che non c’è stato – ha poi sottolineato – . Gli italiani stanno come prima, la verità è che questo governo non ha segnato nessuna discontinuità con il passato e il governo Draghi. Il tempo passa e porta l’Italia ad andare a sbattere. Più perdiamo tempo, meno ne abbiamo per salvare l’economia e affrontare le sfide che abbiamo davanti. Hanno preso voti come sovranisti ma una volta arrivati al governo hanno esagerato, si sono allineati totalmente agli Stati Uniti, sulla questione del Medio Oriente, dell’Ucraina e, anche a livello europeo, assistiamo al paradosso assurdo di Giorgia Meloni che appoggia Ursula von der Leyen. Quando si va al governo alcuni compromessi vanno fatti ma loro hanno esagerato”.
Secondo Alemanno, il nome del movimento di cui è segretario “dice quello che è il problema dell’Italia, se non diventa più indipendente in Europa e anche nel contesto atlantico non riusciremo a risolvere nessuno dei nostri problemi economici. Dobbiamo tornare a essere una nazione sovrana, anche difendendoci dalle multinazionali. Essere indipendenti non significa essere chiusi ma non essere subalterni. Sta crescendo intorno a noi un mondo multipolare che vede emergere nuove potenze. Bisogna avere rapporti con tutti, non bisogna fare la guerra alla Russia, alla Cina”. Sulla guerra in Ucraina, la posizione di Indipendenza! “è la stessa posizione di Papa Francesco, bisogna avere un cessate il fuoco, non una resa unilaterale”. Così come, per quanto riguarda il Medio Oriente, “bisogna fermare Netanyahu dopo cinque mesi che continua questo massacro nella striscia di Gaza, anche perchè questo è il modo per allentare la pressione nel Mar Rosso. Se non si fa questo rischiamo veramente di avere un’escalation in Medio Oriente e una Guerra Mondiale”. In tema di welfare, “pensiamo che bisogna creare ricchezza per poi distribuirla, ricostruire le filiere industriali italiane, quindi fare una vera politica industriale, connessa a una crescita dei consumi interni, dei redditi, della tutela sociale. Dobbiamo mettere insieme una politica che sia anche keynesiana, cioè di investimenti per lo sviluppo, e che abbia di nuovo questo tipo di equilibrio. Ma per fare questo bisogna riguadagnare autonomia economica rispetto alle regole di Bruxelles, che predicano l’iper liberismo. Noi pensiamo che l’iper liberismo impoverisca la maggior parte della gente”, ha concluso Alemanno.
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