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D’Amico “Vogliamo Abruzzo inclusivo, campo largo da esportare”

ROMA (ITALPRESS) – Un Abruzzo “inclusivo, solidale, e che non abbia paura di guardare al futuro. In 5 anni di governo della Regione Abruzzo vogliamo ampliare gli spazi di libertà, offrendo un servizio sanitario adeguato, il diritto allo studio ai giovani abruzzesi: questo è il nostro obiettivo”. Lo ha detto il candidato del campo largo alla presidenza della Regione Abruzzo, Luciano D’Amico, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica Primo Piano dell’agenzia Italpress.
Il campo largo in Abruzzo “si è creato grazie alla convergenza di tutte le forze politiche regionali sui problemi dell’Abruzzo e su una proposta da rivolgere agli abruzzesi: dopo aver condiviso queste linee programmatiche sono entrato in campo anch’io. Mi è stato chiesto di candidarmi, ne sono stato onorato e ho accettato. Il vero miracolo lo hanno fatto le forze politiche riformiste e progressiste che hanno trovato un accordo su programmi e, dopo, hanno cercato le candidature e ottenuto anche il consenso pieno dei politici nazionali. Auspico che questo metodo possa essere esportato in altri luoghi e in altri contesti, perchè dimostra che è possibile offrire un’alternativa al governo delle destre”.
A chi dice che l’Abruzzo è il fortino di Meloni, preferisce pensare che l’Abruzzo “sia il fortino della Brigata Maiella, di una regione che è riuscita a combattere una battaglia di libertà, in nome dei principi dell’antifascismo” che “sono quelli che devono ispirare l’azione politica”. Tra i primi temi da affrontare ci sono sicuramente la sanità e i trasporti. “Sulla sanità siamo terzultimi in Italia e lo siamo perchè abbiamo delle liste d’attesa con dei tempi inimmaginabili e abbiamo una mobilità passiva che è tornata a crescere rispetto ai dati dell’inizio della consiliatura. Abbiamo i Pronto Soccorso intasati, abbiamo una rete ospedaliera che attende di essere riordinata: sono dati che descrivono una situazione non accettabile”. Per questo “vogliamo cambiarla radicalmente, innovando con uno fortissimo sostegno una medicina territoriale che faccia da primo filtro, che riduca ricoveri e prestazioni improprie e che stia vicino ai cittadini, soprattutto quando bisogna curare le cronicità. Vogliamo anche riordinare la rete ospedaliera: questa consiliatura che in chiusura è la prima che ha visto la Regione Abruzzo fuori dal commissariamento per la sanità. La critica che rivolgiamo al governo uscente è tutta qui: avendo riacquisito la libertà di gestione politica della sanità, i risultati non solo non sono migliorati ma sono stati disastrosi”. Sui trasporti “l’ultimo intervento significativo è stato quello dell’apertura della A24-A25, quindi parliamo di circa 50-60 anni fa: da allora non abbiamo avuto più adeguamenti infrastrutturali di rilievo” ma “ne abbiamo un grande bisogno” per “mettere in sicurezza sismica” l’autostrada e per “realizzare la terza corsia della A14 che ormai è un’autostrada eccessivamente e soffocata dal traffico – spiega D’Amico -. Abbiamo bisogno di pensare i collegamenti ferroviari da Pescara a Roma, ma anche la ferrovia adriatica. Abbiamo poi da realizzare tutte le opere infrastrutturali che definirei forse meno strategiche, ma molto importanti” che riguardano “la rete viaria che corre all’interno della regione e che consente di connettere dei nuclei industriali di straordinaria rilevanza: dobbiamo fare in modo che la regione offra delle infrastrutture in grado di minimizzare e ottimizzare i costi della logistica”.
Negli ultimi mesi, ricorda, “immediatamente a ridosso della campagna elettorale, abbiamo avuto un addensarsi di visite di ministri, sottosegretari, presidenti del Consiglio, ognuno dei quali portava in dote una promessa di alcune decine o centinaia di milioni e così sono fioriti nuovi ospedali, nuove strade, ferrovie da Pescara a Roma, investimenti straordinari e strategici: non credo che sia opportuno per l’Abruzzo avere questo tipo di politica che porta a non realizzare nulla con un minimo di programmazione e sfruttare queste ipotesi solo a fini elettorali. Vogliamo proporre un programma di governo diverso, che dal primo giorno inizi a realizzare tutte quelle operazioni che sono utili per rilanciare la Regione, lo sviluppo economico e la crescita sociale. Abbiamo bisogno di continuità e di filiera con il governo centrale”.
Altra ferita aperta per l’Abruzzo è il sisma. “Per noi la ricostruzione non è solo una ricostruzione fisica, che pure è in corso grazie ai finanziamenti dei governi di centrosinistra e grazie all’attività dei governi e degli esponenti regionali e comunali del centrosinistra. Per noi la ricostruzione è anche la ricostruzione del tessuto economico e sociale”.
In questo, “il fondo complementare è una straordinaria innovazione nei processi di ricostruzione, perchè noi vogliamo che L’Aquila torni più bella di prima, non solo architettonicamente ma anche per le realtà produttive che in quella città vengono realizzate: università, polo farmaceutico e polo industriale”, dice D’Amico. I giovani sono al centro del programma elettorale. “Purtroppo emigrano perchè non trovano posti di lavoro che non siano precari, poveri e soprattutto che siano adeguati al loro livello di competenze e di preparazione. Io credo che questo accada perchè il nostro sistema economico negli ultimi anni ha smesso di innovare: la nostra ricetta è puntare sull’innovazione, accompagnare le imprese nei processi di innovazione, innovare la pubblica amministrazione, rilanciare lo sviluppo economico e creare posti di lavoro. Naturalmente a questa azione se ne affiancano tante altre immaginate per i giovani, progetti di formazione e di specializzazione anche all’estero, a condizione che poi i giovani tornino in Abruzzo e riversino in Abruzzo quelle conoscenze e quelle competenze che avranno acquisito”. Poi “progetti di sostegno all’imprenditoria giovanile, di sostegno delle startup in Abruzzo: l’unica risorsa che abbiamo è quella delle intelligenze delle abruzzesi e degli abruzzesi, su quello vogliamo puntare moltissimo, favorendone l’autoimprenditorialità, la specializzazione, l’inserimento in un sistema economico che deve tornare ad essere competitivo”, conclude il candidato del campo largo.

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Marsilio “Abruzzo non è più marginale, proseguiamo nel cambiamento”

ROMA (ITALPRESS) – “C’è un grande clima di fiducia, di affetto molto cresciuto rispetto a 5 anni fa”, gli abruzzesi “mi hanno conosciuto e apprezzato, c’è un sentimento molto buono, sento un ritorno di affetto, di sostegno e di fiducia che mi incoraggia e mi fa prevedere un buon risultato elettorale”. Lo ha detto il presidente uscente della Regione Abruzzo, Marco Marsilio, candidato alla riconferma per la coalizione di centrodestra, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica Primo Piano dell’agenzia Italpress.
“L’Abruzzo ha ripreso il coraggio e l’orgoglio della sua identità, qui c’è un forte investimento politico da parte del centrodestra, Giorgia Meloni si è fatta eleggere qui e non è casuale. Era l’obiettivo che mi ero dato: far tornare l’Abruzzo importante, non una regione dimenticata e marginale nella quale non veniva mai nessuno e della quale nessuno se ne importava. Se oggi siamo al centro e ci ascoltano tutti e anche grazie al lavoro che ho fatto”, ha spiegato.
“La discontinuità di cui ha bisogno l’Abruzzo è quella che abbiamo garantito 5 anni fa e che dobbiamo continuare a garantire, perchè il vecchio gruppo di potere che teneva l’Abruzzo nelle condizioni che ho descritto è tutto in prima fila dietro il volto sorridente e garbato di Luciano D’Amico. Dobbiamo andare avanti con il cambiamento, nel segno della continuità e della collaborazione forte che c’è con il governo nazionale”, ha sottolineato Marsilio.
Cinque anni fa, ha ricordato il governatore uscente, “avevamo un tessuto industriale e produttivo molto in crisi, oggi l’Abruzzo sta crescendo. Bisogna fare ancora molto, però la strada giusta è questa e dobbiamo insistere con le politiche che abbiamo messo in campo: la Zes, la carta degli aiuti, le politiche ‘Resto al sud’ e soprattutto lo stimolo alle attività produttive, che è dato anche da una forte collaborazione con il governo nazionale”, ha ricordato.
“Quando 5 anni fa ho vinto le elezioni, ho trovato una sanità che era al centro del dibattito quanto oggi, ma con numeri molto peggiori – ha detto Marsilio -. Partendo da una situazione già molto critica – a cui si è aggiunta la pandemia, che ha ovviamente creato uno sconquasso nella sanità pubblica e ha fatto allungare liste d’attesa – abbiamo lavorato duramente per recuperare tutto il ritardo accumulato”. Ora “i dati Agenas dimostrano che noi abbiamo fatto salire la percentuale di adempienza rispetto ai numeri e ai parametri che sono considerati minimi e sufficienti per la sanità pubblica”, ha spiegato. “E’ ancora poco, ne siamo consapevoli: ho stanziato 75 milioni, stiamo ammodernando i macchinari” e “ci sono sono progetti approvati, finanziati e pronti in gara d’appalto per almeno tre ospedali nuovi”.
I trasporti erano “l’altra la grave emergenza dell’Abruzzo: 5 anni fa ho trovato i porti insabbiati da cui facevano fatica a uscire persino pescherecci, non le navi cargo”, mentre “le ferrovie erano ferme a 100 anni fa e le autostrade erano oggetto di una contesa con i concessionari che le lasciava sostanzialmente quasi all’abbandono – ha proseguito Marsilio -. Forse è da quando si è costruito il traforo del Gran Sasso, che ha unito L’Aquila e Teramo, che non si fa più una grande opera degna di questo nome. Ho riaperto anche questo capitolo, lascio dopo 5 anni in eredità l’appalto pronto: devono soltanto firmare il contratto. Ci vogliono anni per sbloccare le grandi opere e ora noi ci siamo arrivati e questo percorso l’abbiamo fatto per i porti”, dove ci sono “tutti i cantieri già aperti”.
Sono ancora aperti anche i cantieri per la ricostruzione post-sisma. “A metà del 2019 ho trovato un ufficio della ricostruzione abruzzese che licenziava poche decine di pratiche, era tutto sostanzialmente fermo: si sono persi quasi 3 anni per colpa di chi non ha saputo investire e organizzare questo ufficio – ha spiegato il governatore -. La mia prima legge ha dato più personale a quell’ufficio, accollandomi i costi vivi. Oggi l’ufficio speciale della ricostruzione emette migliaia di pratiche ogni anno, le istruttorie per la ricostruzione sono in molti Comuni praticamente concluse e i cantieri sono aperti. Ora bisogna far maturare il tempo delle lavorazioni e dei cantieri e il mondo dell’edilizia fa fatica a stare dietro all’enormità del lavoro messo in campo, ma stiamo facendo il massimo sforzo perchè questo possa avvenire nel minor tempo possibile”.
L’Abruzzo “è una regione che ha delle potenzialità enormi, è la settima regione industrializzata d’Italia, la prima del Sud, siamo oggi la regione che produce più autoveicoli in Italia, c’è anche una importante filiera farmaceutica e l’alta moda si serve delle maestranze delle fabbriche e delle aziende abruzzesi che garantiscono una altissima qualità, per non parlare dell’agroalimentare – ha aggiunto Marsilio -. Per questo l’Abruzzo ha bisogno delle infrastrutture, per fare in modo che le sue aziende non paghino il dazio della mancanza di connettività e di logistica che stiamo realizzando proprio in questi anni”. L’obiettivo è anche essere attrattivi per i giovani. “I giovani scappavano dalle università abruzzesi quando il rettore si chiamava Luciano D’Amico: in quegli anni le università abruzzesi hanno perso un quarto degli studenti, noi abbiamo frenato questa emorragia, invertito la rotta e dall’ultimo anno si comincia anche a vedere qualche segno in più tra gli iscritti e tra i giovani che investono nella loro formazione qui in Abruzzo”, ha proseguito.
Infine, a chi lo critica perchè si divide tra Roma e la Regione, risponde che “questi sono gli argomenti che usavano 5 anni fa” quando dicevano che “sarei stato ‘paracadutatò: in realtà Giorgia Meloni era anche molto recalcitrante a farmi andare via, ero io che chiedevo di poter fare questa ‘missionè, di dedicarmi alla mia terra come mio padre non ha potuto fare. Ora divido il mio tempo” tra Roma, “dove si trova la mia famiglia” e l’Abruzzo: penso di non commettere nessun torto se la sera torno a dormire a Roma e se la mattina all’alba mi sveglio e sto in ufficio a L’Aquila o a Pescara”.

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Ciocca “Bce sbaglia, alzare i tassi ha strozzato l’economia”

MILANO (ITALPRESS) – “Non dobbiamo perdere di vista che il 40% dell’inquinamento mondiale è fatto da Cina e India. Se continui a mettere nello zaino dei cittadini europei mattoni ambientali ma quei mattoni non li porti anche nell’altra parte del mondo che realmente inquina, crei una concorrenza sleale. Così si avvantaggia lo spostamento di produzioni dall’Europa alla Cina e all’India. Per abbassare l’inquinamento dobbiamo riportare le produzioni in Europa”. Lo ha detto Angelo Ciocca, europarlamentare della Lega, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica “Primo Piano” dell’agenzia Italpress.
Recentemente, per protesta, Ciocca ha tirato fuori un cappio davanti alla presidente della Bce, Christine Lagarde. “Il cappio – ha affermato – è la cosa più semplice per spiegare l’effetto di queste politiche monetarie nei confronti di cittadini, famiglie e imprese. L’aumento dei tassi d’interesse sta strozzando le famiglie e l’economia, come il cappio che ho mostrato alla presidente della Bce. Sono sbagliate perchè ci hanno raccontato che l’aumento dei tassi d’interesse serviva per calmierare l’inflazione. Gli aumenti di tassi d’interesse – ha continuato – agiscono solo sulla domanda ma l’aumento dell’inflazione non è dettato dalla domanda. Cosa fa oggi alzare il valore di un prodotto? La carenza di forniture. Sono le politiche europee che in questi anni hanno ridotto le forniture. Se con una domanda in riduzione agisci sul costo del denaro, come ha fatto la Bce, strozzi la gente”.
In conseguenza della protesta, Lagarde “ha chiesto un provvedimento disciplinare alla presidente del Parlamento europeo nei miei confronti”, ha detto Ciocca. “Anche se mi dovessero multare o sospendere – ha poi aggiunto -, lo rifarei. Ho rappresentato un malessere di molti cittadini che non riescono a pagare il mutuo”.
“Una campagna anti-Lagarde? Noi – ha evidenziato – siamo anti-status quo. Questi personaggi devono assolutamente essere sostituiti. I cittadini stanno bene o male? La nostra agricoltura sta bene o male? Le nostre imprese stanno bene o male? Purtroppo stanno male. L’unico modo per ottenere un risultato diverso è cambiare gli attori protagonisti della prossima Europa”.
L’europarlamentare ha anche regalato una piccola riproduzione di un trattore alla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. “Durante uno dei presidi di protesta degli agricoltori – ha raccontato – ho ricevuto in dono il trattore. Von der Leyen è venuta a parlare al Parlamento europeo e durante il suo discorso ha tenuto più volte a lanciare messaggi nei confronti dell’agricoltura dicendo che in questi cinque anni la sua Commissione avrebbe totalmente sbagliato le politiche agricole. A 90 giorni dal voto non è credibile. E’ possibile che uno sbaglia per 5 anni e poi se ne accorge quando deve andare dai cittadini a chiedere il voto? Da parte di von der Leyen ho visto l’obbligo di prendere questo trattore, perchè non poteva respingerlo, ma subito dopo con fastidio se ne è sbarazzata”.
Per quanto riguarda il Mar Rosso, l’Italia è impegnata nella missione europea Aspides. “L’operazione per ripristinare la tranquillità nell’area è fondamentale”, ha affermato l’eurodeputato. “Da lì – ha proseguito – transita il 17% del traffico navale mondiale e 6 miliardi di esportazioni italiane. L’Italia fa bene a essere protagonista”.
“Sul tema dell’esercito europeo – ha aggiunto – non sono contrario ma mai darei le chiavi di casa a un ladro. Vorrei un’Europa alleata ma ogni volta che vado a Bruxelles e Strasburgo devo cantare vittoria se riesco a evitare un provvedimento che danneggia i cittadini. Prima – ha spiegato – dobbiamo fare in modo che ci sia una rivoluzione europea. Sono convinto che alle elezioni di giugno si passerà da un voto che è sempre stato posizionato a sinistra, con un becero ambientalismo, a un voto di centrodestra, nei 27 paesi. Quando avremo un’Europa amica e alleata dei nostri interessi, è chiaro che se metteremo assieme le forze di tutti i paesi e le risorse messe singolarmente nell’azione militare otterremo un risultato maggiore”.
Ciocca guarda alle elezioni europee di giugno. “Il partito ha già espresso questo indirizzo: gli uscenti sono ricandidati”, ha detto in riferimento alla Lega. “Come deve cambiare l’Europa? In questo momento è importante avere un’azione di ascolto. Non bisogna dire come cambierà – ha affermato – ma avere la capacità di ascoltare cittadini, imprese e portatori di interesse”.
Per quanto riguarda le forze che compongono la maggioranza al governo in Italia, per Ciocca, “Forza Italia in questo momento deve dire che sta con von der Leyen perchè fisicamente al Parlamento europeo sta con questa maggioranza. Fratelli d’Italia – ha continuato – con Meloni che è presidente del Consiglio in Italia non può fare altro che cercare di non litigare con l’attuale presidente della Commissione. L’unica forza di maggioranza realmente libera che può proporre un progetto alternativo – ha aggiunto – è la Lega. La Lega ha questa grande responsabilità: chiedere il consenso degli elettori per poter essere in condizioni di mettere sul tavolo un progetto con figure diverse dalle attuali sul quale chiedere il voto del centrodestra europeo. Sono certo che la Lega sarà in grado di mettere sul tavolo un progetto alternativo a von der Leyen sul quale – ha concluso – anche Forza Italia e Fratelli d’Italia convergeranno”.

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Capone “Insegnare a scuola la sicurezza sul lavoro”

MILANO (ITALPRESS) – “Bisogna avere una consapevolezza della sicurezza. Abbiamo proposto al governo precedente e anche a questo di introdurre l’insegnamento della sicurezza sui luoghi di lavoro coinvolgendo il sistema scolastico. Da ogni scuola usciranno ragazzi che avranno maturato una consapevolezza, sia se saranno imprenditori sia se saranno lavoratori”. Lo ha detto Paolo Capone, segretario generale dell’Ugl, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica “Primo Piano” dell’agenzia Italpress. “La tragedia di Firenze – ha affermato – ha evidenziato che purtroppo in questo paese si muore ancora per lavoro, troppo spesso. Parliamo di mediamente 1.300 morti l’anno. Non è soltanto un numero. E’ un problema che non dovrebbe manifestarsi perchè non esiste la fatalità: nel ciclo produttivo tutto è prevedibile. Se tutto è fatto come previsto non deve e non può succedere niente”.
Si discute sulle nuove norme. “L’introduzione dell’omicidio sul lavoro è un tema forte. Non sono contrario – ha detto – però bisogna tenere presente che è un intervento ex post, non è prevenzione”. Secondo Capone è “importante dotare gli ispettori di un’agenzia unica” che si occupi “di tutte le ispezioni in modo che possa intervenire in maniera sistematica”.
“Ci sono denunce all’Inail di 550 mila incidenti annuali. Fortunatamente non tutti sono gravi e letali ma è su questo bisogna lavorare”, ha aggiunto.
Per quanto riguarda il salario minimo, “abbiamo più volte confermato che non era una risposta. L’Europa impone – ha continuato – l’adozione di un salario minimo da applicare in quelle nazioni dove non c’è una contrattualistica così diffusa: se l’80% dei lavoratori di un paese non è coperto bisogna applicare il salario minimo secondo le direttive europee. Noi siamo a oltre il 90% di copertura contrattuale, quindi non siamo in quella tipologia”. Inoltre per Capone “il rischio è che se una qualunque azienda applica il salario minimo ai suoi lavoratori” poi non applica “il contratto collettivo nazionale” e “si trova in una situazione di legalità perfetta”. “Rischia di diventare – ha proseguito – un salario ancora più basso. Si dice che questo non succederà mai nelle grandi aziende ma il nostro sistema produttivo per l’80% è fatto di piccole e medie aziende. C’è un rischio di perdita di remunerazione ma anche di diritti”.
Per il segretario dell’Ugl “bisogna imporre a tutti la contrattazione collettiva” e poi c’è la questione dei “salari medi” che “sono troppo bassi”. “Abbiamo riproposto al governo Meloni questo tipo di tematica – ha affermato – e abbiamo detto che se non è possibile aumentare il salario reale attraverso la negoziazione sindacale, perchè poi perderemmo di produttività come sistema paese, è importante usare la leva fiscale. Tanto che c’è stato un intervento importante sul taglio del cuneo fiscale per i salari più bassi che ha consentito di avere in busta paga fino a 100-120 euro in più al mese in virtù di un taglio sul costo del lavoro. Secondo noi deve essere un provvedimento strutturale”.
Come sono i rapporti con il governo? “Buoni – ha detto -, come tutte le altre organizzazioni sindacali siamo chiamati al confronto. Il presidente del Consiglio Meloni ha un’attenzione al confronto con le parti sociali, anche con i rappresentanti dei sindacati. Sono molto soddisfatto dell’attenzione. L’ultima è stata una finanziaria che è andata verso la direzione di sostenere le famiglie e i lavoratori più fragili. Per esempio, 7 miliardi di euro per il rinnovo del contratto del pubblico impiego, tre miliardi sul rinnovo dei contratti della sanità e hanno tagliato il cuneo fiscale. Poi noi avremmo fatto qualcosa di più sul sistema previdenziale e lo abbiamo detto. Post Quota 100 non ha ancora trovato una stabilizzazione che consentisse di uscire dal ciclo produttivo prima dei 67 anni. Ci sono piccoli aggiustamenti. Si deve fare sicuramente di più”.
In ogni caso, secondo Capone, “qualunque sia il governo e l’interlocutore, la preoccupazione è avere una stabilità che consenta alla politica che mettono in campo, qualunque sia, di avere il tempo di manifestarsi nella sua pienezza. Siamo un paese caratterizzato per decenni da governi molto brevi. Se un governo ha una sua durata naturale – ha affermato – tranquillizza noi, i mercati e gli imprenditori. Va verso una direzione di maturità. Di destra o di sinistra, a noi interessa che siano maturi e che affrontino i problemi”.
Per quanto riguarda la situazione di Stellantis e dell’ex Ilva, “secondo me le industrie strategiche del Paese dovrebbero rimanere a controllo statale”, ha detto. “Abbiamo bisogno di acciaio e lo dobbiamo produrre noi, non possiamo vendere i nostri siti produttivi e il nostro pacchetto clienti a indiani, francesi o chiunque altro e poi trovarci lo stabilimento chiuso e i clienti persi”. Per Capone “dobbiamo assumerci la responsabilità di prendere in mano le aziende che servono alla nostra economia e, se non gestirle direttamente, controllarle molto più attentamente”.

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Zaia “Il fine vita non può essere regolato da una sentenza della Consulta. Terzo mandato? Dibattito stucchevole”

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MILANO (ITALPRESS) – Terzo mandato da presidente di Regione? “Io mi candido nella misura in cui ci fosse la possibilità, ma ad oggi non c’è la possibilità per cui è una partita chiusa. Trovo anche stucchevole stare qui a parlare di terzo mandato perché sembra quasi una difesa della poltrona e non ne ho bisogno”. Così il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica “Primo Piano” dell’agenzia Italpress. “I cittadini devono sapere che questo Paese ha un’anomalia – ha aggiunto – ci sono solo due cariche in Italia che hanno il blocco dei mandati: sindaco e presidente di Regione. Guarda caso sono le uniche due cariche che il cittadino elegge direttamente. Dire che tu blocchi i mandati di sindaco e presidente di Regione perché si creano centri di potere è come dare degli idioti ai cittadini. I cittadini vedono i centri di potere o cambiano idea politicamente e mandano a casa presidenti di Regione e sindaci dopo il primo mandato. Dobbiamo decidere se lasciare tutto in mano alla politica o trasferire la decisione in mano ai cittadini”. Durante l’intervista il governatore veneto ha presentato anche il suo nuovo libro “Fa’ presto, vai piano, la vita è un viaggio passo a passo”: un racconto della sua giovinezza e di come, abituato alla realtà di provincia dove era cresciuto a contatto con la natura, si sia poi trovato di fronte a una realtà “ben più complessa” durante il percorso di crescita. Sul fine vita, Zaia ha sottolineato nuovamente la necessità di una legge perché un tema del genere “non può essere regolato da una sentenza costituzionale, che non definisce tempi e modi”. “Io dico, in un paese civile se vuoi il fine vita devi chiedere una legge, se non lo vuoi, allo stesso modo, devi chiedere una legge. Allora usciamo dall’ipocrisia e vediamo come va a finire”. Parlando di Unione Europea, Zaia si è poi soffermato sul tema delle proteste degli agricoltori, rimarcando che “bisogna che si faccia distinzione tra i paesi” membri dell’Ue “che non hanno agricoltura e quelli che invece ce l’hanno, come l’Italia. Dobbiamo chiedere all’Europa che faccia una difesa identitaria degli stati membri”. “Io penso che sia legittima la messa in discussione dell’Europa” da parte degli agricoltori – ha aggiunto – . Ben vengano le proteste nell’ambito della legalità però è fondamentale che non diventi una guerra tra poveri, agricoltori contro agricoltori. Non avrebbe nessun senso e l’Europa vincerebbe un’altra volta. L’Europa è sempre più appiattita sulle multinazionali, questo lo dobbiamo riconoscere”. Secondo il presidente del Veneto, “l’Europa ancora oggi è in mano ai burocrati, deve ritornare in mano alla politica. Se, ad esempio, il ‘Green Deal’ fosse scritto da uno stato membro non sarebbe così. Noi abbiamo bisogno che l’Europa abbia una dimensione politica. Ad esempio, sul tema dell’immigrazione. Dov’è l’Ue? Lascia sola l’Italia, considera Lampedusa come un confine italiano e non europeo. Con una dimensione politica vinciamo la sfida, altrimenti continueremo con queste battaglie”. Parlando di concessioni balneari, Zaia ha sottolineato come “sessant’anni fa, in Veneto, gli imprenditori hanno bonificato le paludi, eliminato la malaria e creato fenomeni come Jesolo. Come possiamo pensare di trattarli come l’abusivo da qualche altra parte? Questi imprenditori devono essere ripagati non solo per l’avviamento della spiaggia ma anche per quello che hanno dato al Paese”. “Ancora una volta – ha proseguito – l’Europa, che non ha dimensione politica e lascia in mano tutto ai tecnici, ha fatto scrivere un’interpretazione di una messa in ordine, che è corretta, ma male perché non tiene presente che gli occupanti delle aree demaniali non sono tutti uguali”.
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Fi, Moratti “Proposte concrete contro politica degli slogan”

ROMA (ITALPRESS) – Il voto alle prossime Europee sarà fondamentale perchè determinerà “quale sarà la politica europea dei prossimi anni per l’industria e per l’agricoltura” e Forza Italia, attraverso il lavoro della Consulta nazionale, si impegna a presentare delle proposte concrete al prossimo Congresso, anche per ricucire un rapporto con l’elettorato che “in questo momento è distaccato dalla politica”, che “è fatta molto di slogan e di polemiche quotidiane”. Lo ha detto Letizia Moratti, presidente della Consulta nazionale di Forza Italia, intervistata da Claudio Brachino per la rubrica Primo Piano dell’agenzia Italpress. La consulta nazionale di Forza Italia “è stata effettivamente un’idea del presidente Berlusconi per coinvolgere personalità che non sentivano la possibilità di impegnarsi in prima persona in politica, ma che erano interessate ad affiancare un partito che voleva anche innovare le modalità con le quali fare politica”. Si tratta di “un organo statutario di Forza Italia, rivitalizzata dal segretario Tajani” che mi ha dato “la responsabilità di coordinarla: l’ho organizzata in 12 aree, ho coinvolto una trentina di personalità al di fuori della politica” ed “è uscito un lavoro poderoso”, con “delle proposte molto concrete sulle diverse aree: abbiamo consegnato questo lavoro al segretario Tajani e sarà parte del dibattito congressuale”, che “è già iniziato”.
Ad esempio, tra le proposte venute fuori sulla sanità, “per quanto riguarda le liste di attesa, l’intervento strutturale è sicuramente un intervento di aumento del numero dei medici e degli infermieri e una migliore retribuzione: la proposta che abbiamo fatto è staccare” i lavoratori della sanità “dalla contrattazione pubblica dell’Aran e fare in modo che la sanità sia trattata come la difesa: un soldato che viene mandato al fronte ha una retribuzione diversa rispetto a chi sta in ufficio. Allora non si capisce perchè un chirurgo che opera in sala operatoria o un anestesista, cioè quelli che hanno le attività più logoranti, non possano avere una retribuzione diversa”, ha spiegato. “Un secondo intervento è sulla medicina del territorio: bisogna portare a compimento una proposta che era stata fatta dal governo Draghi, alla quale io avevo fortemente contribuito, che è quella di lasciare i medici di medicina generale come liberi professionisti, ma dare un certo numero di ore in regime di parasubordinazione alle Regioni, in modo tale che possano indirizzare i medici di medicina generale negli ospedali di comunità e nell’assistenza domiciliare integrata”.
Poi “abbiamo ascoltato le piccole e medie imprese ma anche l’artigianato, il commercio, le professioni e gli autonomi” e “sono emerse delle proposte molto concrete quindi per esempio la necessità di rafforzare le filiere di base”. Sull’intelligenza artificiale, inoltre, la proposta della Consulta è “creare un supercomputer per poter dare potenza di calcolo alle piccole e medie imprese, perchè possano avere le specializzazioni necessarie”. Il lavoro emerso dalla Consulta è una sorta di manifesto programmatico per le Europee? “Sarà il segretario a deciderlo: abbiamo cercato di fare un lavoro coerente”. La Consulta “vuole dare una visione di medio periodo e una strategia: credo che in questo congresso la concretezza dei contenuti sarà importante”, soprattutto alla luce del fatto che “in questo momento c’è un distacco da parte dell’elettorato nei confronti della politica”, che “è fatta molto di slogan, di visione di brevissimo periodo e di polemiche quotidiane: spesso l’agenda viene dettata dal flusso delle polemiche dei social”.
Sulle manifestazioni degli agricoltori, Moratti ha sottolineato che “protestano rispetto a un’Europa che, negli ultimi 20 anni, ha dimezzato gli aiuti” al settore, di fronte a” un cambiamento climatico che porta gravi problemi”, ma “protestano anche per una transizione verde è che è fatta in maniera troppo rapida e senza un loro coinvolgimento. Bisogna dare loro tempo di poter utilizzare delle formule diverse: chiedono una politica di buon senso in Italia e in Europa: Forza Italia ha raccolto questa richiesta, anche facendo alzare il tetto dei benefici sull’Irpef non più solo per i redditi fino a 10mila euro, ma anche oltre”, ha ricordato.
“Purtroppo la politica della Commissione – nella quale l’area socialista ha dato un impulso forte – ha pesantemente danneggiato il mondo industriale”. Per questo “è fondamentale il voto per le Europee”, perchè determinerà “quale sarà la politica europea dei prossimi anni per l’industria e per l’agricoltura”. Per Forza Italia “ci deve essere una transizione energetica” ma “con una terza via: non bisogna sicuramente negare che c’è un cambiamento climatico e che c’è necessità di intervenire, ma neppure stringere i tempi rispetto a diciamo opportunità non realizzabili”: ad esempio “pensare che nel 2035 noi avremo solo auto elettriche – e addirittura la proposta ultima è rottamare le altre – è una proposta economicamente non sostenibile. Davvero vogliamo danneggiare tutte le nostre industrie e vogliamo danneggiare anche la possibilità economica delle nostre famiglie di poter sostenere questa transizione energetica? Non è possibile”, ha chiarito. “Siamo la seconda manifattura d’Europa e dobbiamo fare in modo che le nostre imprese siano messe in condizione di crescere”, facendo in modo che “non abbiano ostacoli burocratici e che possano competere a livello europeo e mondiale. Forza Italia chiede un abbassamento dei tassi, perchè le imprese possano fare investimenti e perchè le famiglie possano non indebitarsi con dei mutui che non possono pagare”. Sul Medio Oriente, infine, “l’obiettivo è quello di arrivare alla pace e alla soluzione dei due popoli, due Stati: ovviamente” c’è stato “un attacco inaccettabile dal punto di vista umano da Hamas” ma ci deve essere “una reazione proporzionale” da parte di Israele, in modo che “i civili siano risparmiati”.

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Autonomia, Guidesi “Sarà un bene anche per le regioni del Sud”

PALERMO (ITALPRESS) – Rapporti con l’Europa e appuntamenti elettorali, ma anche protesta degli agricoltori e autonomia differenziata: tante le riflessioni emerse nell’intervista rilasciata da Guido Guidesi, esponente della Lega e assessore regionale allo Sviluppo economico in Lombardia, a Claudio Brachino per la rubrica Primo piano dell’agenzia Italpress.
Il primo tema affrontato riguarda proprio le manifestazioni dei trattori: Guidesi si sofferma sull’importanza che la filiera agricola riveste per l’economia lombarda, sottolineando come “siamo la prima regione manifatturiera e la seconda regione agricola d’Europa. Secondo me gli agricoltori hanno ragione, la loro protesta è frutto e conseguenza delle scelte surreali, paradossali e toalmente distanti dalla realtà fatte dalla Commissione europea in questi ultimi anni. Sono decisioni prese dall’ideologia e da una supponenza, perchè è mancato tanto il confronto diretto con i territori così come una visione generalista dell’Europa”. In merito alla posizione espressa dalla Lega sui redditi agrari, l’assessore spiega che “in questo senso il governo ha trovato una mediazione buona e sana, non so se accontenterà completamente le richieste degli agricoltori ma sicuramente molti hanno detto oggi che va bene. Quella del governo è una risposta concreta e compatta”. Forte la critica nei confronti del Green Deal, il piano lanciato dall’Europa contro il cambiamento climatico con incentivo ai singoli Stati a intervenire con appositi provvedimenti: “Il limite profondo sta nel metodo. Noi sugli obiettivi non discutiamo, siamo assolutamente convinti di poter essere protagonisti come Lombardia nel contribuire a raggiungerli a livello ambientale; l’errore fondamentale di quel percorso è che l’Europa ha deciso non solo di condividere gli obiettivi, ma di scegliere unicamente e senza condivisione la strada per arrivarci e questo segna la fine della neutralità tecnologica. Con questa finiscono la libertà d’azione come anche la capacità di ricerca, di ingegno, di inventiva e di anticipo dei tempi di tutto il nostro ecosistema. L’Automotive è un esempio su tutti, è un suicidio dal punto di vista economico perchè alla mobilità a impatto zero ci si arriva con una pluralità di trazioni: noi abbiamo deciso che potremmo arrivarci anche attraverso i biocarburanti con il motore endotermico, ma l’Europa vuole che ci arriviamo solidarmente e sicuramente con l’elettrico. Così si consegna ai campioni dell’elettrico, cioè ai cinesi, vuoi per materia prima vuoi per capacità dal punto di vista tecnologico, un assist incredibile dal punto di vista economico: quando si fanno queste scelte a livello europeo si creano dei danni inenarrabili sul piano economico, ma anche su quello ambientale e sociale, e la causa di tutto questo è la mancanza di interlocuzione con i territori da parte di questa Commissione europea”. Inevitabile per Guidesi un cambio di guida: è questo l’auspicio tracciato per le elezioni di giugno, evidenziando come “coloro i quali oggi si sono assegnati la patente di europeisti sono quelli che difendono totalmente le scelte che l’ultima Commissione europea ha fatto, senza analizzarle nè valutarle nelle conseguenze. L’Europa sarà competitiva solo ed esclusivamente se sarà ancora produttrice, per cui si ripartirà dal sostegno e dall’investimento sui territori manifatturieri: evidentemente c’è un interesse anche lombardo in questo. Noi stiamo cercando di unire le forze tra le regioni manifatturiere europee, per poter avere il peso necessario dal punto di vista dell’ascolto e dell’influenza rispetto alla prossima Commissione Europea, che dal mio punto di vista dovrà dimostrare di essere realista: speriamo che abbia delle risposte e affronti le questioni sulla Nato, sull’Ucraina, sul Medio Oriente, sul fatto di avere una difesa comune”.
Tra le questioni che per l’assessore regionale non sono attualmente affrontate nel modo corretto c’è quella dell’inflazione: “La Bce ha scelto di rispondere a un’inflazione non tradizionale con una ricetta tradizionale, bloccando gli investimenti delle imprese: quando blocchi gli investimenti blocchi l’innovazione e il raggiungimento degli obiettivi prefissati. Ormai lo sappiamo tutti, la causa principale di questa inflazione è la speculazione finanziaria sui costi energetici: l’Europa ha deciso di applicare una politica monetaria dove la speculazione finanziaria sui costi energetici non c’entrava assolutamente niente invece di provare a limitarla. Noi siamo la prima regione manifatturiera d’Europa, ma lo facciamo con dei limiti incredibili dal punto di vista delle competenze e delle risorse, perchè rispetto ai nostri competitor cugini, i Lànder tedeschi, la Catalogna e così via, abbiamo molte meno competenze rispetto allo Stato centrale e meno risorse da utilizzare: un mercato equo, con una concorrenza equa, dovrebbe permetterci di giocare ad armi pari, per cui chiediamo con insistenza al governo italiano di affrontare molto velocemente il tema dell’autonomia differenziata, perchè dalla nostra parifica rispetto agli altri dipende il traino che noi possiamo fare positivamente a livello economico per tutta Italia. Se il paese vuole che la Lombardia continui a essere la sua locomotiva, deve metterla nella condizione di poter competere ad armi pari con gli altri: questo sarebbe un bene anche per i territori meridionali”.
A chi teme che il provvedimento abbia come unico effetto quello di aumentare i divari tra nord e sud, l’esponente del Carroccio in Lombardia ribatte che “le disuguaglianze saranno aumentate nel momento in cui la Lombardia non potrà più essere trainante dal punto di vista economico. Se fossi un governatore delle regioni del Sud sarei molto contento di tutto questo, perchè mi darebbe più responsabilità, più potere decisionale, più risorse su cui poter lavorare e in questo modo potrei cercare di mettermi al pari della Lombardia: questa deve essere la sfida di qualsiasi presidente di Regione con l’autonomia”.
Guidesi si sofferma poi sullo stato dell’economia regionale e nazionale, in particolare per quanto riguarda il tasso di occupazione: “Fino a qualche anno fa avevamo dati estremamente negativi, oggi non è più così proprio perchè le aziende sono molto più stabili e mature nell’affrontare le contingenze economiche. E’ estremamente positivo che il saldo occupazionale tenga: noi ci aspettiamo che la Bce annunci il taglio dei tassi, perchè nel momento in cui lo farà potremo tutti ripartire; la competizione internazionale si vince attraverso non i costi, bensì l’anticipo dei tempi, l’ingegno, l’innovazione. Dal governo ci aspettiamo che detassi completamente tutte le questioni di aumento dell’indennità degli stipendi e dei premi di produttività: lasciamo alle aziende le scelte di aiuto e sostegno ai propri lavoratori, anche attraverso contrattazioni di secondo livello. Lo Stato non può decidere per le aziende, vanno lasciate libere di mettersi al servizio dei lavoratori e delle loro famiglie: in Lombardia da questo punto di vista ci sono tanti esempi molto positivi, quando siamo diventati un anno fa la prima regione manifatturiera d’Europa ci siamo avvalsi di un piano industriale, decidendo di lavorare sugli strumenti e di muoverci rispetto alle esigenze dei settori senza omologarci alle esigenze istituzionali”. Nel giudicare l’operato del governo in materia economica, l’assessore sottolinea come “ha fatto bene rispetto alla disponibilità che aveva: è riuscito a tenere i conti a posto e creare una situazione estremamente virtuosa: in più nella storia italiana non c’è mai stato un dato occupazionale così positivo. Se dovessi chiedere all’esecutivo di fare qualcosa in più lo farei sul delegare il più possibile il ruolo di messa a terra degli strumenti alle regioni, perchè la grande forza all’interno della Lombardia, come di tutto il paese, sta nella differenza morfologica e socioeconomica, sociale dei singoli territori. La valorizzazione di peculiarità la possono fare solo ed esclusivamente le regioni, ma se viene fatta vuol dire creare degli ecosistemi davvero eccellenti che guardano il futuro e che anticipano i tempi”. (ITALPRESS)

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Auto, Dragotto “Investire sulle colonnine o addio mobilità sostenibile”

MILANO (ITALPRESS) – “La politica dovrebbe fare qualcosa per le compagnie che vogliono investire sulle colonnine elettriche: se non si colma questo passaggio – e a mio giudizio ci vuole anche poco, ad esempio con i fondi del Pnrr – la mobilità sostenibile va a farsi benedire”. Lo ha detto Tommaso Dragotto, presidente e fondatore di Sicily By Car, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica “Primo Piano” dell’agenzia Italpress. “A Milano le colonnine elettriche ci sono, per cui bene o male l’auto si può ricaricare. Ma l’Italia non è Milano, l’Italia arriva fino in Sicilia: complessivamente ci saranno non più di 50 colonnine elettriche, che non riescono a offrire un servizio ai cittadini di Palermo, Napoli o Brindisi”, spiega. “Le auto elettriche della mia flotta sono circa 400, oltre 8mila sono quelle ibride, e ne voglio comprare di più, ma da parte dei clienti c’è la paura di non trovare le colonnine elettriche” per ricaricarle, aggiunge Dragotto.
Che cos’è che l’ha portata al successo? “La professionalità, sicuramente. L’azienda è nata quasi per caso, ho avuto l’idea dell’autonoleggio a 15-16 anni: da un’intuizione avuta da ragazzino”, portata avanti “con lungimiranza, razionalità e determinazione. Chiaramente, una volta avuta l’idea, bisognava trovare i soldi per realizzarla”, sottolinea.
“Il denaro serve a stare bene e a pagare gli stipendi, ma quello che è importante è quello che farai, raggiungere la vetta… anche se non si arriva mai al top perchè c’è sempre qualcosa da raggiungere”, spiega Dragotto. “Una volta diplomato, ho trovato due impieghi prima nei cantieri navali e poi imbarcato sulle navi, un lavoro che mi ha permesso di conoscere il mondo e di mettere da parte un milione e 350mila lire, che mi ha permesso di iniziare l’attività di autonoleggio con la prima macchina e, dopo una decina d’anni siamo arrivati ad avere 5-600 macchine. A quel punto non mi sono fermato, volevo attraversare i confini della Sicilia: negli anni Ottanta ho aperto un ufficio a Roma, poi a Milano e man mano in tutta Italia”.
Durante la pandemia, “quando tutto era fermo e non c’era denaro da investire”, l’alternativa era restituire le macchine. “Io però ho scommesso” sulla scienza e sui vaccini: “mi sono chiesto ‘è possibile che su 8 miliardi di persone non c’è uno scienziato che ne scopre uno?’. Quando finalmente sono arrivati i vaccini, eravamo gli unici” ad avere le macchine a disposizione. “Nel 2021 abbiamo recuperato tutto quello che avevamo perso, nel 2022 abbiamo fatto bingo e poi ci siamo quotati in Borsa. L’idea è non restare in Italia, ma conquistare l’Europa: da due anni siamo in Albania, a Malta, tra due mesi saremo in Croazia, tra meno di un mese saremo in Portogallo, abbiamo aperto uffici in Francia e in Austria”.

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