ROMA (ITALPRESS) – Ogni persona ha un posto che ama particolarmente, che lo rende orgoglioso, che lo riempie di meraviglia. “Ti Amo Italia” quest’anno coinvolgerà direttamente i consumatori nella scelta dei luoghi della nuova limited edition. Infatti quest’anno i consumatori avranno la possibilità di ispirare la nuova limited edition candidando i luoghi d’Italia che vorrebbero vedere raffigurati sui vasetti e votando la selezione finale. Nutella collaborerà con ENIT (Agenzia Nazionale del Turismo) e con il Ministero del Turismo, per creare l’edizione 2021, che sarà quindi una fotografia d’Italia ancora più “vicina ai consumatori”, frutto dei loro suggerimenti.
A partire da fine aprile, tramite una call to action sui social network di Nutella aperta a tutti, gli utenti potranno condividere sulle proprie pagine social (Instagram e Facebook) una foto raffigurante il luogo che vorrebbero vedere sul vasetto. Basterà inserire il nome della località, l’hashtag #tiamoitalia e #nomedellaregione, taggando Nutella Italia.
I luoghi candidati serviranno da ispirazione e saranno poi oggetto di una selezione a 4 mani in collaborazione con ENIT, che da anni lavora per creare sempre più consapevolezza dei luoghi straordinari intorno a noi, e con il Ministero del Turismo. La scelta finale, rappresentativa di ogni regione d’Italia, sarà oggetto di una votazione da parte degli utenti: le fotografie più votate tramite social, saranno raffigurate il prossimo ottobre sui vasetti della prima Limited Edition ispirata dai consumatori.
La limited edition 2020 di Ti amo Italia in collaborazione di ENIT, oltre a promuovere il territorio italiano ha avuto il record di contenuti pubblicati sul web (uno ogni 7 minuti), coinvolgendo utenti, consumatori, enti pubblici e regioni, generando un sentiment fortemente positivo legato al senso di appartenenza, come mai prima d’ora.
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“Ti amo Italia 2021”, ritorna la Special Edition Nutella
Crea e Campus Bio-Medico per nutrizione sana e alimenti sostenibili
ROMA (ITALPRESS) – Nutrizione e ricerca avanzata sugli alimenti in un’ottica di sviluppo sostenibile, transizione ecologica e di salute globale. Questi gli aspetti su cui si focalizza la collaborazione scientifica e didattica tra il CREA con il suo Centro di Ricerca Alimenti e Nutrizione e l’Università Campus Bio-Medico di Roma in ambito universitario e nei progetti di ricerca, formalizzata dall’accordo quadro di collaborazione firmato da Carlo Gaudio, presidente CREA e da Raffaele Calabrò, rettore Ucbm presso l’Università Campus Bio-Medico di Roma.
L’accordo, della durata di tre anni, permetterà alle due istituzioni di rafforzare la collaborazione già esistente e di dare vita a progetti comuni, in particolare nei corsi di laurea in Scienze della Nutrizione Umana e in Scienze e Tecnologie alimentari e gestione di filiera. “E’ il primo accordo quadro stipulato tra il CREA e un’Università dall’insediamento del nuovo CDA, che ricalca nei suoi obiettivi il modello virtuoso di scambio tra ricerca, sperimentazione e formazione. Servirà ad approfondire sinergie scientifiche già in essere, consolidando così un sistema della conoscenza basato sulla ricerca di qualità, coerente con le sfide globali e caratterizzato da un approccio multidisciplinare al tema della sostenibilità. Una sfida per tutto l’agroalimentare, nella quale la comunità scientifica del CREA intende impegnarsi attivamente”, ha affermato Gaudio. “Oggi è una giornata importante – ha sottolineato Calabrò – perchè la collaborazione tra CREA e Ucbm potrà significare negli anni crescita della qualità della ricerca, occasioni di studio per i nostri studenti, progetti nell’agrifood e nell’economia circolare in una simbiosi che porterà sicuramente una crescita reciproca”.
“La nostra collaborazione – ha ricordato Laura De Gara, preside della facoltà dipartimentale di Scienze e Tecnologie per l’Uomo e l’Ambiente e membro del Consiglio Scientifico del CREA – potrà svilupparsi ancora più fruttuosamente, in particolare, negli ambiti della nutrizione e in quello delle tecnologie alimentari, nonchè nel settore della bioeconomia, molto importante per gli studi in economia circolare e per la sostenibilità nella produzione degli alimenti. Sono convinta che questo accordo darà frutti importanti anche nell’ambito della terza missione”.
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Confagricoltura, Fnsea e Dbv chiedono accordo sulla riforma della Pac
ROMA (ITALPRESS) – Alla vigilia di una riunione tra Consiglio, Parlamento e Commissione Ue (Trilogo) che potrebbe essere decisiva per la nuova Politica Agricola Comune, i Presidenti di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, FNSEA, Christiane Lambert e DBV-Deutscher Bauernverband, Joachim Rukwied, non solo in rappresentanza degli agricoltori francesi, italiani e tedeschi, ma rispettivamente presidente, vicepresidente e past president del COPA, esprimono preoccupazione per la discussione in corso sulla PAC.
“La PAC è, e deve rimanere, una politica economica – sostengono i tre presidenti – concepita per stabilizzare e sostenere il reddito degli agricoltori, come affermato nel Trattato UE, affrontando contemporaneamente le attuali sfide ambientali”.
“In questo momento, invece – sottolinea Giansanti -, il nostro settore è sotto attacco da chi vorrebbe scaricare sull’agricoltura le principali responsabilità dei mutamenti climatici e ambientali, senza avere contezza di quanto le imprese agricole siano indispensabili per il bene di tutti: senza aziende competitive e senza agricoltura mangeremo cibo sintetico e importato da Paesi che non rispettano i nostri standard di produzione in termini di sicurezza, qualità e anche di diritti sociali e ambientali”.
Confagricoltura, FNSEA e DBV chiedono più flessibilità nell’attuazione dell’architettura verde e nessun ulteriore onere amministrativo per le imprese agricole, già alle prese con una pesante burocrazia.
Le tre associazioni sostengono una PAC più verde, di facile attuazione, attraente per gli agricoltori ed efficiente.
Per quanto riguarda la condizionalità sociale, i tre presidenti evidenziano che Francia, Italia e Germania hanno già regole severe in materia di diritto del lavoro e welfare e che questa ulteriore previsione introduce ulteriori elementi di burocrazia.
“Nella futura PAC – evidenzia da Parigi la presidente Lambert – la lotta al cambiamento climatico e la protezione ambientale dovrebbero conciliarsi con gli aspetti economici. Gli agricoltori si impegnano ad affrontare queste sfide. Gli strumenti della PAC possono supportarli proprio per un’agricoltura ancora più sostenibile”.
“E’ essenziale per il settore primario – sottolinea da Berlino il presidente Rukwied – che la nuova PAC consenta agli agricoltori europei di continuare a produrre alimenti sicuri e nutrienti, oltre che proteggere la biodiversità e il clima. Per questo, la funzione di sostegno al reddito della PAC è di fondamentale importanza, sia per affrontare i mercati, sia per rispondere alle sfide ecologiche”.
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Cdp, Intesa, Mipaaf e La Molisana insieme per contratto filiera grano
ROMA (ITALPRESS) – Cassa Depositi e Prestiti e Intesa Sanpaolo hanno finalizzato un nuovo contratto di filiera del IV Bando dei Contratti di Filiera e di Distretto previsto dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (MIPAAF) dal valore di oltre 9 milioni di euro per supportare la crescita e lo sviluppo di quattro aziende della filiera cerealicola di “La Molisana” operanti in Molise e Puglia.
Al progetto, denominato “Sua maestà il grano”, Cassa Depositi e Prestiti e Intesa Sanpaolo hanno partecipato con un finanziamento di 3,75 milioni di euro ciascuna, a cui si aggiungono i contributi del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali e della Regione Puglia.
I principali obiettivi del progetto riguardano il miglioramento del livello di competitività e la sostenibilità economica dei produttori alimentari di base, l’ammodernamento dei fattori di produzione della filiera, la maggior qualità del prodotto finale ed una reale sostenibilità ambientale. Il fine ultimo del progetto è la creazione di una specifica filiera del grano duro di alta gamma per ottenere produzioni qualitativamente di alto livello e incrementare, in un contesto di massima tracciabilità e sicurezza alimentare, produzioni italiane con particolari caratteristiche proteiche e nutrizionali.
Il fine ultimo dell’operazione è quello di realizzare investimenti a rilevanza nazionale che, partendo dalla produzione agricola, si sviluppino nei diversi segmenti della filiera agroalimentare, basandosi su vincoli associativi e statutari di conferimento.
“Il made in Italy – spiega Giuseppe Ferro, amministratore delegato de La Molisana spa – funziona molto bene se i prodotti sono di altissima qualità, partendo dalla materia prima, il grano nel nostro caso, passando per la tecnologia di ultima generazione per l’essiccazione della pasta, per arrivare sugli scaffali e quindi a tavola”.
“Riteniamo fondamentale sostenere le filiere strategiche del nostro Paese, in particolare quelle che operano nel settore agroalimentare – spiega Paolo Calcagnini, Vicedirettore Generale di CDP -, per continuare ad accompagnare la crescita e lo sviluppo sostenibile delle eccellenze del Made in Italy nel mondo. Con questa operazione confermiamo la nostra vicinanza al Mezzogiorno e a quelle imprese che dimostrano grande capacità di coniugare sostenibilità e tradizione, leve fondamentali per proiettarsi con successo sul mercato nazionale ed estero”.
“Essere attenti nel recepire e rispondere alle istanze del comparto agroalimentare è uno degli obiettivi della nuova direzione che il nostro Gruppo ha dedicato all’agribusiness. Una missione strategica alla luce dell’importanza economica e culturale che questo settore riveste per il nostro Paese – sottolinea Renzo Simonato, responsabile Direzione Agribusiness Intesa Sanpaolo -. Il finanziamento alla filiera cerealicola de La Molisana è un importante esempio di gioco di squadra tra pubblico e privato per sostenere, accompagnare e valorizzare le eccellenze del nostro Made in Italy. Tutto questo concorre a rendere ancora più resilienti e competitive le nostre aziende, in un contesto in cui non si può prescindere dalla capacità di essere all’avanguardia anche sul tema della sostenibilità”.
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Bando per rilanciare “Comunità di cibo e della biodiversità” in Toscana
FIRENZE (ITALPRESS) – Un avviso pubblico per istituire nuove “Comunità del cibo e della biodiversità di interesse agricolo e alimentare” o per dare sostegno a quelle già esistenti.
Lo ha pubblicato la Regione Toscana rivolgendo il bando sia alle Comunità del cibo già strutturate (che hanno cioè predisposto e approvato delle regole di funzionamento con un soggetto referente e una propria organizzazione) e alle Comunità non strutturate e che dunque partecipando al Bando dovranno impegnarsi a farlo.
Le Comunità che risponderanno al bando dovranno presentare una proposta progettuale per la quale, se accettata, è previsto un contributo massimo di 12.000 euro su un importo complessivo di 60.000 euro.
La scadenza per partecipare al bando è fissata entro la mezzanotte del 27 maggio. “Con questo bando rilanciamo le Comunità del Cibo riconoscendone il ruolo fondamentale nello sviluppo locale – ha detto la vicepresidente e assessora all’agroalimentare Stefania Saccardi – Vogliamo ripartire dalle Comunità del Cibo che interpretano al meglio i principi di prossimità, accessibilità, solidarietà e salubrità custodendo il territorio, il suo paesaggio, la sua memoria, le persone che in esso scelgono di vivere oggi e le persone che, speriamo sempre più numerose, vi abiteranno domani, producendo cibo sano e buono, rilanciando un sistema agroalimentare che proprio in questa crisi sanitaria ha mostrato tutti i suoi limiti. E immaginando anche uno sviluppo del territorio, salvaguardando, tutelando e valorizzando la biodiversità che contribuisce alla costruzione della ruralità intesa come produttrice di coesione sociale, di appartenenza al luogo, di salute e di stili di vita”.&nbs p;
Cosa sono le Comunità di cibo
Nate spontaneamente in Toscana, si sono riconosciute come previsto dall’art. 13 della L. 194/2015. Sono ambiti locali derivanti da accordi tra agricoltori locali, agricoltori e allevatori custodi, gruppi di acquisto solidale, istituti scolastici e universitari, centri di ricerca, associazioni per la tutela della qualità della biodiversità di interesse agricolo e alimentare, mense scolastiche, ospedali, esercizi di ristorazione, esercizi commerciali, piccole e medie imprese artigiane di trasformazione agraria e alimentare e enti pubblici che hanno come finalità quella di tutelare e valorizzare le risorse genetiche locali, attraverso, ad esempio, lo sviluppo di filiere corte, la definizione di accordi commerciali, lo studio del germoplasma locale, la condivisione dei saperi locali e il coinvolgimento della cittadinanza.
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Enpaia chiude il bilancio 2020 con un utile netto di 17,6 milioni
ROMA (ITALPRESS) – La Fondazione Enpaia chiude il bilancio di esercizio 2020 con un utile netto di 17,6 milioni di euro, in crescita del 18,1% (nel 2019 era di 14,9 milioni). Si tratta di un ulteriore segnale di consolidamento di una tendenza già evidenziata negli ultimi due anni, che dimostra come Enpaia, nonostante la crisi generata dalla pandemia da Covid-19, abbia reagito positivamente, anche rispetto al calo segnato dal settore agricolo. Si evidenzia una migliore performance della gestione finanziaria, il cui risultato ha generato un rendimento netto del 3,7%, in aumento rispetto al 2019 (2,7%). Complessivamente il rendimento netto, calcolato sui valori di libro dell’intero portafoglio della Fondazione (mobiliare e immobiliare), si attesta sul 3,3%, rispetto al 2,5% del 2019. Nel 2020 la Fondazione ha inoltre implementato, in maniera significativa, anche gli investimenti per l’ammodernamento dei sistemi informatici che si completerà entro il 2021, con il fine di realizzare una rivoluzione digitale della propria infrastruttura tecnologica per migliorare la qualità dei servizi offerti.
Nel 2020 si registra un miglioramento dei ricavi della Fondazione che segna un incremento di circa 23 milioni di euro, pari a un +10% rispetto al 2019. In particolare, tale variazione è attribuibile alla crescita dei proventi della gestione finanziaria (+26 milioni), al calo dei ricavi della gestione ordinaria (-1,7 milioni) e al decremento dei proventi immobiliari (-1,4 milioni di euro). La crisi sanitaria da Covid-19 non ha fermato gli investimenti finanziari della Fondazione il cui impiego lo scorso anno è stato di ben 779 milioni di euro. In particolare, per far convergere la struttura del portafoglio finanziario all’Asset Allocation Strategica, è stato ridotto il portafoglio assicurativo diretto e sono aumentati gli investimenti in strumenti OICR, in fondi alternativi (FIA), di cui una buona parte concentrati nel settore infrastrutture, e in strumenti azionari riguardanti utilities nazionali ad alto dividendo. Un secondo round di investimenti ha riguardato il venture capital, per complessivi 15 milioni di euro, nel settore del tech transfer e negli investimenti strategici mission related che hanno riguardato anche il settore agricolo. Nel 2020 la Fondazione ha venduto immobili residenziali per un totale di 8,4 milioni di euro, realizzando una plusvalenza di 2,5 milioni di euro, rispetto a quella prevista di 10,4 milioni. Nel 2021 si prevede un’accelerazione del turnaround immobiliare che dovrebbe incrementarne la redditività. Anche nel 2020 cresce sia il numero dei dipendenti, sia quello delle aziende; i primi sono 38,698 nel 2020 rispetto ai 38,324 nel 2019, con una crescita dell’1% (nel 2019 la crescita era stata pari allo 0,7% su base annua), con la componente femminile che registra un aumento del 2,2% su base annua e quella maschile un calo dello 0,1%. Le aziende iscritte nel 2020 sono 8,626 contro le 8,494 del 2019. La crescita del numero di iscritti è un trend che viene quindi confermato anche nel 2020. In uno scenario difficile per l’economia nazionale, a causa dell’emergenza sanitaria, anche il sistema agroalimentare italiano che vale il 12% del PIL, impiega oltre 1 milione di persone e ha garantito l’approvvigionamento e la sicurezza alimentare a tutta la popolazione durante il lockdown, ha subito un rallentamento. I suoi effetti sono stati proiettati anche sulle entrate contributive della Fondazione, che sono state complessivamente pari a 145,216,092 euro, in diminuzione solo dell’1,2% rispetto all’anno precedente (nel 2019 erano 146,963,841 euro). Mentre le prestazioni erogate sono state pari a 146,864,027 euro, in aumento di circa il 4% rispetto a quelle del 2019 (140,471,288). Il decremento dei contributi è da imputare prevalentemente alla manovra di sospensione dei versamenti contributivi (4,3 milioni di euro) a sostegno delle aziende agricole, messa in campo dalla Fondazione e solo in parte alla riduzione dell’accertato nell’anno 2020 (1,7 milioni di euro). Anche le Gestioni Separate di Periti Agrari e Agrotecnici e la Gestione Speciale dei dipendenti dei Consorzi di Bonifica hanno avuto un andamento quasi in linea con quello della Fondazione, chiudendo, nonostante le difficoltà dovute alla crisi sanitaria, il bilancio in pareggio grazie ad una buona performance dei rendimenti finanziari. La Fondazione Enpaia conferma, dunque, il suo ruolo di riferimento nel comparto agricolo grazie agli ottimi risultati di gestione e al consolidamento della nuova struttura che, negli ultimi anni, ha consentito di migliorare risultati e servizi agli iscritti.
“Enpaia anche nel 2021 si conferma una Cassa con ottime performance. Nonostante la pandemia – afferma il Presidente della Fondazione Giorgio Piazza – siamo riusciti a mantenere un trend positivo per quanto riguarda l’andamento economico che tende a rafforzarsi nei prossimi anni. Anche nel 2021 Enpaia continua a garantire la sostenibilità economica della gestione ordinaria e un solido patrimonio che assicura la copertura degli impegni previdenziali nel lungo periodo”. “L’esercizio 2020 – sottolinea il Direttore Generale Roberto Diacetti – si chiude, non a caso, con un utile di 17,6 milioni di euro. Si tratta di un segnale forte di buona amministrazione che si rende concreto nei numeri dei ricavi, dovuti ai buoni risultati degli investimenti. In tal senso, la Fondazione ha ormai intrapreso un percorso virtuoso dotandosi di una struttura che gli permette di migliorare le proprie performance, in termini di risultati e contestualmente di innalzare la qualità dei servizi offerti agli iscritti”.
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Slow Food presenta programma con Fao su patrimonio agricolo mondiale
ROMA (ITALPRESS) – La ricostruzione post-pandemia offre l’opportunità di cambiare rotta e di investire in un sistema alimentare globale resiliente agli shock futuri, promuovendo un’agricoltura sostenibile e diversificata, capace di determinare una crescita sostenibile e proteggere le risorse naturali. Ma abbiamo un chiaro modello di sviluppo per il futuro? La risposta a questa domanda ha preso forma nel corso di un convegno online nell’ambito di Terra Madre Salone del Gusto per illustrare gli obiettivi e le potenzialità del Programma GIAHS della FAO, a seguito della collaborazione che ha preso vita con Slow Food nell’ambito del progetto Building capacity: corso internazionale avanzato applicativo su GIAHS (Globally Important Agricultural Heritage Systems) finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS) e che vede coinvolto il Dipartimento di scienze e tecnologie agrarie, alimentari, ambientali e forestali (DAGRI) dell’Università di Firenze in qualità di soggetto attuatore e Polo Universitario città di Prato (PIN) in qualità di partner.
«Siamo di fronte al fallimento dell’agricoltura intensiva e industriale» ha affermato Mauro Agnoletti, Presidente del Comitato Scientifico FAO GIAHS (SAG) e coordinatore scientifico del progetto Building capacity: corso internazionale avanzato applicativo su GIAHS. «L’agricoltura tradizionale presenta input e output a livello energetico e di emissioni di carbonio che la rendono più efficiente rispetto ai sistemi agricoli industriali, i quali possono avere rese maggiori ma richiedono anche maggiore energia. E’ quindi più sostenibile in termini di impatto ambientale. Nel continente europeo rileviamo un calo delle superfici coltivate, perchè molti agricoltori abbandonano le zone rurali. Di conseguenza abbiamo una riduzione della diversità nel paesaggio. Questo porta effetti negativi non solo da un punto di vista estetico ma anche politico e sociale. La biodiversità è un processo storico, e il paesaggio è il risultato degli effetti ambientali espressi insieme ai valori culturali attraverso la forma del territorio. Questo è un valore da tener presente quando si parla di qualità».
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Covid, stop coprifuoco vale 80% fatturato ristoranti
ROMA (ITALPRESS) – Lo stop al coprifuoco aiuta le aperture serali a cena che valgono da sole, con l’arrivo della bella stagione e la ripresa del turismo, l’80% del fatturato di ristoranti, pizzerie ed agriturismi. E’ quanto stima la Coldiretti in riferimento all’ordine del giorno della maggioranza alla Camera che impegna il governo a valutare nel mese di maggio l’orario del coprifuoco sulla base dell’andamento del quadro epidemiologico. Il superamento del coprifuoco – sottolinea la Coldiretti – è importante per tutte le realtà della ristorazione a partire dagli 24mila agriturismi particolarmente colpiti dai limiti di orario perchè situati nelle aree rurali lontani e quindi raggiungibili in tempi più lunghi dagli ospiti provenienti dalle città. Una misura attesa dopo mesi di lockdown che – precisa la Coldiretti -. hanno privato gli italiani di una componente importante della socialità e tagliato pesantemente i redditi degli operatori con un crollo del fatturato della ristorazione del 42% nel 2020. Un beneficio che – conclude la Coldiretti – si trasferisce a cascata sull’intera filiera con 1,1 milioni di tonnellate di cibi e di vini invenduti dall’inizio della pandemia.
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