ROMA (ITALPRESS) – L’attività di contrasto alle frodi è importante in una situazione in cui nel 2020 sono aumentate del 17% le importazioni di derivati del pomodoro dalla Cina che con la spedizione di 69 milioni di chili è il principale fornitore dell’Italia nell’anno del Covid. E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti su dati Istat divulgata in occasione del sequestro da parte dei carabinieri per la tutela agroalimentare di 4.477 tonnellate di pomodoro, per lo più confezioni di conserve (3.500 tonnellate) etichettate come ‘pomodoro 100% italianò e/o ‘pomodoro 100% toscanò pronte per la commercializzazione, il resto (977 tonnellate) prodotto semilavorato e concentrato di pomodoro di provenienza estera (extra-Ue), in fusti e bidoni, nel deposito Italian Food spa del Gruppo Petti nello stabilimento di Venturina (Livorno).
Grazie al pressing della Coldiretti è infatti in vigore l’obbligo di indicare in etichetta l’origine per pelati, polpe, concentrato e altri derivati del pomodoro era arrivato grazie alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale 47 del 26 febbraio 2018, del decreto interministeriale per l’origine obbligatoria sui prodotti come conserve e salse, oltre al concentrato e ai sughi, che siano composti almeno per il 50% da derivati del pomodoro.
Occorre tuttavia vigilare poichè nell’ultimo anno si è verificato un aumento degli sbarchi dall’estero di derivati di pomodoro che arrivano per quasi l metà dalla Cina in fusti industriali da 200 chili di peso di concentrato da rilavorare e confezionare.
I derivati del pomodoro sono il condimento più apprezzato dagli italiani che ne consumano circa 30 chili a testa all’anno a casa, al ristorante o in pizzeria secondo le stime della Coldiretti. Ad essere preferiti, sono stati nell’ordine – conclude la Coldiretti – le passate, le polpe o il pomodoro a pezzi, i pelati e i concentrati.
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Stop frodi, più 17% import pomodoro dalla Cina
Per gli allevamenti bovini arriva la sfida della transizione ecologica
ROMA (ITALPRESS) – Gli allevamenti di bovini di fronte alla sfida della sostenibilità, alla transizione ecologica, al modo in cui coniugare tradizione e innovazione. E’ questo il tema del webinar promosso da Cia-Agricoltori Italiani dal titolo “Allevamenti bovini e transizione ecologica”, un evento online si è svolto in diretta da un’azienda specializzata nell’allevamento di bovini a Eraclea, in provincia di Venezia.
Per il presidente di Cia Veneto Gianmichele Passarini, il settore “ad oggi rappresenta in termini di fatturato circa 40 miliardi di euro dislocati tra produzione e trasformazione. Un settore che coniuga da anni – ha evidenziato – tradizione con innovazione e sostenibilità ambientale, una produzione storicamente allocata all’interno del concetto di economia circolare”.
“L’obiettivo che ci prefiggiamo con la nostra azione di governo – ha spiegato Stefano Patuanelli, ministro delle politiche agricole alimentari e forestali – è offrire leve e strumenti necessari per assicurare la transizione ecologica e digitale, che rappresenta l’obiettivo principale del Green new deal. Questo processo di transizione deve andare di pari passo a quello riguardante il rafforzamento della competitività del settore agricolo che non è raggiungibile senza il contributo attivo della vostra filiera”, ha aggiunto Patuanelli nel suo videomessaggio rivolto ai partecipanti al webinar.
“Questo contributo – ha proseguito – merita di essere adeguatamente sostenuto fornendo ad agricoltori e allevatori un pacchetto di strumenti-intervento per facilitare la transizione verso sistemi alimentari sostenibili e consentendo loro di beneficiare di un’enorme opportunità economica a tutela del proprio reddito. La sfida della sostenibilità – ha aggiunto – non è una questione puramente ambientale ma di competitività delle filiere produttive e più in generale del nostro modello di sviluppo agroalimentare”. Per il ministro “la filiera zootecnica italiana è ai primi posti per la qualità delle produzioni, i nostri allevatori hanno da tempo avviato un percorso virtuoso” e “ci sono i margini per rendere i nostri allevamenti ancora più green in un’ottica circolare”. “Strumenti e risorse – ha sottolineato – sono messi a disposizione dal Pnrr e dalla riforma della Pac”.
“Abbiamo coscienza – ha detto il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, in un videomessaggio – di essere una regione agricola: la seconda agricoltura italiana con oltre 6 miliardi di fatturato, 350 prodotti tipici, primi per vini con più di 55 denominazioni, tra le quali va ricordata la più grande al mondo, il prosecco”. Zaia ha sottolineato “il grande lavoro che stanno facendo i nostri agricoltori in un contesto che va a permearsi con gli altri comparti produttivi. Da noi agricoltura è innovazione e ricerca – ha aggiunto – e lo si vede da un grande segnale dell’agricoltura veneta: tutti gli anni i giovani vi entrano in maniera importante con nuove imprese”.
“Quando parliamo di sostenibilità ambientale dei sistemi zootecnici facciamo principalmente riferimento alle emissioni di gas serra e al loro impatto sui cambiamenti climatici”, ha spiegato Bruno Ronchi, ordinario di Nutrizione e Alimentazione Animale dell’Università della Tuscia. “La zootecnia – ha aggiunto – è in uno stato di pesante accusa, talvolta anche con dati non corrispondenti alla realtà”.
Per Ronchi, però, in tema di sostenibilità, “dovremmo anche correttamente considerare i benefici multipli forniti dagli allevamenti al genere umano”. “A livello nazionale, l’agricoltura nel complesso – ha ricordato – rappresenta poco più del 7% delle emissioni, quindi a ben guardare sono altri i problemi in termini di emissioni di gas serra, come trasporti e produzioni industriali. Nell’ambito di questo 7% di ‘responsabilità’ dell’agricoltura – ha continuato – , il 65% delle emissioni, pari a poco più del 5% del totale nazionale, deriva dagli allevamenti”.
Dino Scanavino, presidente nazionale Cia-Agricoltori Italiani, ha poi sottolineato “come sia possibile integrare l’attività di allevamento dei bovini da carne” con la transizione ecologica e ha evidenziato “quanto sia avanzata la capacità degli allevatori in termini tecnologici da trent’anni a questa parte”.
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Vino, nel primo trimestre del 2021 export calato del 20%
ROMA (ITALPRESS) – “Il comparto vitivinicolo è tra i settori dell’agroalimentare nazionale che hanno maggiormente risentito delle misure messe in campo per fronteggiare l’emergenza pandemica, con particolare riferimento al blocco delle frontiere e alla chiusura del canale HoReCa, il quale da solo vale il 40-45% del prodotto venduto e che ha causato ripercussioni maggiori sulle produzioni di fascia medio-alta; l’emergenza Coronavirus ha portato a un drammatico crollo del consumo di vino italiano all’estero, che ha raggiunto il minimo storico da oltre trent’anni, con un calo del 20% dell’export nel primo trimestre del 2021”. Lo ha sottolineato il presidente della Copagri Franco Verrascina intervenendo alla riunione del Tavolo Vitivinicolo, svoltasi in videocollegamento al Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali alla presenza del sottosegretario Gian Marco Centinaio.
“Il trend preoccupante è stato principalmente determinato dagli Stati Uniti, primo mercato di riferimento per il vino italiano, dove gli acquisti si sono ridotti del 22% in quantità; la pandemia si è fatta sentire anche sull’export verso la Germania, secondo acquirente mondiale per le bottiglie nazionali, dove si è registrata una diminuzione del 24%, percentuale ingente ma addirittura inferiore a quella fatta registrare dall’export verso la Gran Bretagna, crollato del 33% anche in relazione alla Brexit”, ha precisato il presidente.
“Alla luce di tali numeri, le imprese hanno estremo bisogno di liquidità per poter guardare al futuro e programmare la produzione; i produttori, in particolare, chiedono di accelerare con le misure messe in campo per il contenimento delle rese, discusse ormai oltre un anno fa, ma che solo di recente hanno trovato parziale applicazione, con effetti tra l’altro limitati sulla liquidità a disposizione delle aziende”, ha osservato.
“Bisogna poi puntare su interventi quali lo stoccaggio e la distillazione volontaria di crisi per dare risposte immediate al comparto; quest’ultimo strumento, però, che non senza qualche difficoltà ha da poco iniziato ad essere applicato a macchia di leopardo sull’intero territorio nazionale, va reso più agevole dal punto di vista normativo e va al contempo attualizzato, andando in particolare a individuare un prezzo adeguato al mercato che non vada a ledere la redditività delle imprese”, ha aggiunto il presidente della Copagri.
“Allo stesso modo, è necessario dare certezza giuridica ai produttori agricoli, definendo in modo chiaro il perimetro della proroga per le domande di autorizzazione dei nuovi impianti viticoli 2021, con il fine di dare gambe ai decreti ministeriali finora discussi per andare in tale direzione”, ha concluso Verrascina, evidenziando “la necessità di continuare a lavorare anche sul versante della semplificazione e della sburocratizzazione del settore, esigenze molto sentite al pari del credito”.
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Gelate, Confagricoltura chiede proroga diritti impianto vigneti
ROMA (ITALPRESS) – “Grazie al ministro Patuanelli per aver portato ufficialmente all’attenzione delle istituzioni europee, con la richiesta di interventi straordinari dell’Unione, la gravità dei danni provocati dalle recenti gelate notturne, in particolare a carico dei vigneti e delle produzioni ortofrutticole”. Così il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, a proposito dell’iniziativa assunta ieri nel corso della videoconferenza dei ministri dell’Agricoltura dell’Unione europea.
La Commissione – rileva Confagricoltura – si è impegnata a valutare la situazione in vista dell’assunzione di specifici provvedimenti a favore degli Stati membri più colpiti.
“Tra le richieste che abbiamo già sottoposto al ministro Patuanelli – sottolinea Giansanti – c’è la proroga della validità delle autorizzazioni per l’impianto e il reimpianto di superfici vitate in scadenza quest’anno”.
“Una richiesta assolutamente giustificata dal fatto che le gelate hanno colpito un settore già alle prese con una difficile situazione di mercato determinata dalla pandemia, che ha imposto ripetute chiusure del canale HoReCa nella UE e a livello internazionale”.
“In questo contesto – aggiunge il presidente di Confagricoltura – la situazione finanziaria delle imprese non consente di far fronte agli investimenti necessari per gli impianti e i reimpianti dei vigneti. La proroga è indispensabile e ampiamente giustificata”.
Per quanto riguarda il settore ortofrutticolo, Confagricoltura ha sostenuto la richiesta del COPA-COGECA, che riunisce le organizzazioni agricole e della cooperazione degli Stati membri, di estendere le misure di flessibilità – già varate lo scorso anno – per rendere più incisiva l’azione delle associazioni di produttori.
“Nell’immediato – conclude Giansanti – il nostro impegno è rivolto a dare il necessario e rapido sostegno agli agricoltori colpiti dalle gelate. Abbiamo anche avviato la riflessione su un nuovo sistema di prevenzione e gestione delle calamità naturali, in grado di assicurare soluzioni innovative e più efficaci per gli agricoltori di fronte ai cambiamenti climatici”.
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Per 44% italiani frutta e verdura coltivata in giardini e orti urbani
ROMA (ITALPRESS) – Oltre 4 italiani su 10 (44%) coltivano frutta e verdura in giardini, terrazzi e orti urbani spinti dalla crisi economica generata dal Covid ma anche dalla voglia di trascorrere più tempo all’aperto dopo le lunghe settimane di lockdown e misure di restrizione contro la pandemia. E’ quanto emerge da una indagine Coldiretti/Ixè che fotografa una nuova tendenza da parte dei cittadini ad utilizzare ogni spazio verde a disposizione per garantirsi cibo sano da offrire a se stessi e agli altri. La crisi economica provocata dall’emergenza Covid – rileva la Coldiretti – fa infatti rivalutare la funzione degli orti di “guerra” quando nelle città italiane, europee e degli Stati Uniti si diffondevano gli coltivazioni per garantire approvvigionamenti alimentari. Sono famosi i “victory gardens” degli Stati Uniti e del Regno Unito dove nel 1945 venivano coltivati 1.5 milioni di allotments sopperendo al 10% della richiesta di cibo. Ma sono celebri anche gli orti di guerra italiani nati al centro delle grandi città per far sì che, nell’osservanza dell’imperativo del Duce, “non (ci fosse) un lembo di terreno incolto”. Sono negli annali della storia le immagini del foro Romano e di piazza Venezia trasformati in campi di grano e la mietitura svolta in piazza Castello, centro e cuore di Torino in ogni epoca. Ora i tempi sono cambiati ed ai motivi economici si sommano quelli di voler trascorrere più tempo all’aperto a contatto con la natura dopo mesi di chiusura forzata in casa. Una tendenza che – continua la Coldiretti – si accompagna anche da un diverso uso anche del verde privato con i giardini e i balconi delle abitazioni che sempre più spesso lasciano spazio ad orti per la produzione “fai da te”. Ma non manca neppure chi ha approfittato dell’opportunità messa a disposizione dagli enti locali che da nord a sud dell’Italia organizzano e affittano veri e propri orti urbani che – sottolinea Coldiretti – registrano una crescita del 18,5% in cinque anni superando i 2,1 milioni di metri quadrati secondo l’analisi della Coldiretti sugli ultimi dati Istat al 2019.
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Cibo, un terzo nel mondo è prodotto da piccoli agricoltori
ROMA (ITALPRESS) – A livello globale circa un terzo del cibo prodotto in tutto il mondo è frutto del lavoro dei piccoli agricoltori, ovvero di 5 aziende agricole su 6 che hanno meno di due ettari di estensione, sfruttano soltanto il 12% circa di tutto il suolo agricolo del pianeta e producono approssimativamente il 35 % dei generi alimentari mondiali.
E’ quanto è emerso da uno studio pubblicato nella rivista World Development e condotto dalla Fao. Secondo stime aggiornate, esistono attualmente nel mondo più di 608 milioni di aziende agricole a conduzione familiare, che occupano tra il 70 e l’80% dei terreni agricoli mondiali e producono approssimativamente l’80% dei generi alimentari mondiali in termini di valore.
Inoltre, dal nuovo studio si possono ricavare stime sulle dimensioni delle aziende agricole: il 70% circa di tutte le aziende agricole, che lavorano soltanto il 7% di tutti i terreni agricoli, hanno dimensioni inferiori all’ettaro, mentre il 14% delle aziende, che controllano il 4% del suolo agricolo, hanno dimensioni comprese tra uno e due ettari; infine, il 10% di tutte le aziende agricole, che operano sul 6% del suolo agricolo, hanno dimensioni comprese tra due e cinque ettari. Al tempo stesso, l’1% delle aziende agricole mondiali di più grandi dimensioni, vale a dire con estensione superiore ai 50 ettari, utilizza più del 70% dei terreni agricoli mondiali, di cui quasi il 40% si può ricondurre ad aziende agricole con oltre 1.000 ettari di estensione. In generale, le dimensioni delle aziende agricole aumentano con l’aumentare del reddito medio nazionale: il 99% delle aziende agricole nei paesi ad alto reddito ha un’estensione superiore a cinque ettari, una percentuale questa che nei paesi a basso reddito scende al 28%.
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Covid, riaperti 140 mila bar, ristoranti e agriturismi
ROMA (ITALPRESS) – Sono quasi centoquarantamila i bar, i ristoranti, le pizzerie e gli agriturismi con attività di ristorazione all’aperto presenti nelle regioni gialle dove è tornato il servizio al tavolo all’esterno ma non quello al bancone interno per i bar. E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti sugli effetti dell’entrata in vigore del decreto anti-Covid dal 26 aprile con la nuova mappa dei colori che prevede una Italia in giallo con 46,6 milioni di italiani in zone gialle (78% del totale) e sole 5 regioni in arancione (Basilicata, Calabria, Puglia, Sicilia e Valle d’Aosta) ed una in rosso (Sardegna) dove resta vietata la ristorazione al tavolo.
“Consentire la riapertura dei ristoranti a pranzo e cena per chi ha spazio esterno riguarda – stima la Coldiretti – in media circa la metà dei servizi di ristorazione presenti con i posti all’aperto dei locali che sono, però, molti meno rispetto a quelli al coperto. Le maggiori difficoltà si registrano nei centri urbani stretti tra traffico ed asfalto mentre nelle campagne ci si sta organizzando secondo Campagna Amica per offrire agli ospiti degli agriturismi la possibilità di cenare sotto gli uliveti in mezzo alle vigne che stanno germogliando oppure nell’orto con la possibilità di raccogliersi la verdura direttamente”.
“A preoccupare tutti è invece il limite fissato per il coprifuoco alle 22 poichè – spiega la Coldiretti – gli agriturismi sono situati nelle aree rurali e ci vuole tempo per raggiungerli dalle città”. Le riaperture sono indicate come priorità da quasi un italiano su tre (30%) che desidera tornare in pub, ristoranti e agriturismi per trascorrere momenti conviviali a tavola insieme a parenti e amici, secondo un sondaggio condotto on line sul sito www.coldiretti.it. Una misura attesa dopo mesi di lockdown che hanno primato gli italiani di una componente importante della socialità e tagliato pesantemente i redditi degli operatori con un crollo del fatturato della ristorazione del 42% nel 2020. Un beneficio che si trasferisce a cascata sull’intera filiera con 1,1 milioni di tonnellate di cibi e di vini invenduti dall’inizio della pandemia.
“Si stima che 330mila tonnellate di carne bovina, 270mila tonnellate di pesce e frutti di mare e circa 220 milioni di bottiglie di vino – sottolinea la Coldiretti – non siano mai arrivati nell’ultimo anno sulle tavole dei locali costretti ad un logorante stop and go senza la possibilità di programmare gli acquisti anche per prodotti fortemente deperibili. Al danno economico ed occupazionale si aggiunge il rischio di estinzione per oltre 5mila specialità dell’enogastronomia locale, dai formaggi ai salumi fino ai dolci, per la mancanza di sbocchi di mercato per l’assenza di turisti e la chiusura di ristoranti e agriturismi dove le tradizioni dai campi alla tavola sono tramandate da secoli. Complessivamente nell’attività di ristorazione sono coinvolte 70mila industrie alimentari e 740mila aziende agricole lungo la filiera impegnate a garantire le forniture per un totale di 3,6 milioni di posti di lavoro. Si tratta di difendere la prima ricchezza del Paese con la filiera agroalimentare nazionale che – conclude Coldiretti – vale 538 miliardi pari al 25% del Pil nazionale ma è anche una realtà da primato per qualità, sicurezza e varietà a livello internazionale”.
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Federcuochi “Riaperture congressi sì matrimoni no, misure illogiche”
ROMA (ITALPRESS) – “Congressi sì, matrimoni no. Sono misure illogiche, discriminanti, con le quali si penalizza ancora una volta tutto il comparto della ristorazione”. E’ quanto dichiara Federcuochi, commentando la notizia della riapertura al 1° luglio per i congressi. “Non è dato sapere invece quando potrà ripartire il comparto catering e banqueting per matrimoni e cerimonie simili, che da solo produce miliardi di euro di fatturato e che è completamente fermo da oltre un anno, con perdite intorno al 90% e chiusure definitive a ripetizione” lamenta la Federazione, che in Italia rappresenta quasi 20 mila cuochi e che ogni giorno raccoglie la disperazione di tanti imprenditori del settore. “Il mondo del wedding – spiega – deve programmare i propri eventi con mesi di anticipo, ma nelle riaperture annunciate dal Governo, non vediamo nessun accenno alla data in cui il settore potrà ricominciare a lavorare, mentre si lasciano ripartire fiere, congressi, cinema, teatri, persino le piscine, tutti luoghi che prevedono un afflusso significativo di persone. Ben vengano, naturalmente, tutte queste riaperture, ma su quali basi il governo applica questa discriminazione? Se parliamo di distanziamento, allora si prenda in considerazione anche il parametro dei metri cubi, non solo di quelli lineari, poichè le location normalmente utilizzate per le cerimonie hanno altezze e superfici tali da minimizzare i rischi in termini di contagio”. “Quindi – aggiunge – perchè i congressi sì e i matrimoni no? La ristorazione sta pagando un prezzo altissimo non solo al Covid, ma anche alla burocrazia: in Inghilterra e Usa la campagna vaccinazioni prosegue rapida e capillare su milioni e milioni di cittadini, mentre l’Italia pur essendo stata tra i primi Paesi ad organizzarsi contro il contagio, è ancora ben lontana dal raggiungere tali risultati”.
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