ROMA (ITALPRESS) – Nell’anno della pandemia, il settore agroalimentare ha garantito i rifornimenti nel mercato unico europeo. Non solo, sono anche aumentate le esportazioni fuori dalla Ue, a fronte di una contrazione del commercio internazionale di oltre il 5% a livello mondiale. Secondo i dati definitivi della Commissione europea, evidenzia Confagricoltura, l’export di settore si è attestato nel 2020 a 184 miliardi di euro, con un aumento dell’1,5% sull’anno precedente. Il saldo dell’interscambio commerciale con i Paesi terzi si è chiuso in attivo per 62 miliardi, tre punti percentuali in più rispetto al 2019. “I dati dimostrano una volta di più la vitalità economica dell’agroalimentare europeo. E’ un asset strategico da salvaguardare e valorizzare”, dichiara il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti: “Da sottolineare anche i risultati ottenuti dal Made in Italy: con circa 46 miliardi di euro, le esportazioni di settore sono arrivate a incidere per oltre il 10% sul totale delle vendite all’estero dell’Italia”.
L’export della Ue è stato trainato lo scorso anno dal forte aumento degli acquisti cinesi di carni suine (oltre 2 miliardi in più sul 2019) e grano (1,7 miliardi). Di converso, le limitazioni del canale HoReCa per l’emergenza sanitaria hanno frenato le esportazioni di vini sui mercati dei Paesi terzi (1,2 miliardi di euro in meno). “Ora dobbiamo essere pronti a intercettare la ripresa economica, già in atto in Cina e nel continente asiatico”, rileva Giansanti. “Il prodotto interno lordo farà segnare quest’anno negli Stati Uniti un rialzo di oltre il 6%, quasi il doppio rispetto alle stime riferite alla Ue. Le stime del WTO indicano una ripresa del commercio internazionale superiore all’8% sul 2020”. “Ci sono tutte le condizioni per riprendere il percorso di crescita che ha visto le esportazioni agroalimentari italiane raddoppiare nell’arco di dieci anni”, aggiunge il presidente di Confagricoltura. “L’export agroalimentare della Spagna ha sfiorato nel 2020 i 57 miliardi di euro. E’ un traguardo che possiamo raggiungere e migliorare, – conclude Giansanti – a vantaggio di tutte le componenti della filiera e dell’economia italiana. Dobbiamo porci obiettivi ambiziosi in termini di crescita”.
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Cresce l’export agroalimentare extra Ue
Confagricoltura, nel 2020 ogni italiano ha consumato 219 uova
ROMA (ITALPRESS) – Gli italiani per le festività pasquali scelgono le uova di gallina, vivacizzando i mercati. Lo rileva Confagricoltura sottolineando che le galline ovaiole allevate in Italia sono capaci di soddisfare completamente il fabbisogno nazionale. Un vero patrimonio tricolore costituito da quasi 13 miliardi di uova prodotte in più di 2.600 allevamenti, concentrati prevalentemente nel Nord Italia.
“Gli avicoltori italiani – ricorda Simone Menesello, presidente della Federazione nazionale di prodotto allevamenti avicoli di Confagricoltura – allevano le galline secondo i dettami etici e di benessere animale, offrendo un prodotto sano e di qualità”. L’uovo infatti è l’unico alimento ad alto valore nutritivo, capace di fornire proteine nobili a costi contenuti, ricco anche di vitamine: A (nel tuorlo), B9 (acido folico), B12 (la vitamina della memoria) e la vitamina D. Nel 2020, secondo Ismea, i consumatori hanno premiato gli allevamenti a terra che rappresentano ormai il 60% delle uova consumate e commercializzate nel canale della GDO e hanno registrato il maggior incremento di consumi rispetto al 2019. Buoni i risultati per le uova più di “nicchia” provenienti dagli allevamenti all’aperto (+13,4%) e quelli di uova certificate biologiche.
“Lo scorso anno – conclude il presidente della FNP di Confagricoltura – ogni italiano ha consumato 219 uova, valorizzando un alimento completo, buono ed economico che merita di essere apprezzato sempre più dai consumatori”.
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Parmigiano Reggiano, la ginnasta Giorgia Villa diventa ambassador
REGGIO EMILIA (ITALPRESS) – La ginnasta Giorgia Villa, punta di diamante della Nazionale di ginnastica artistica per le Olimpiadi di Tokyo 2020, diventa ambassador del Parmigiano Reggiano.
Il Consorzio riconferma l’investimento sul mondo dello sport e dei giovani, con la missione di accompagnare le grandi storie sportive, concentrandosi su atleti con grandi prospettive per il futuro, per supportare e promuovere valori come il rispetto, lo spirito di sacrificio e la genuinità. Villa va ad aggiungersi a un team di “eccellenze italiane” di cui fanno già parte la giovane promessa del tennis Jannik Sinner, l’astro nascente del basket statunitense Nico Mannion, lo schermidore bolognese Matteo Neri e la nuotatrice paralimpica parmigiana Giulia Ghiretti. Villa, 18 anni, è considerata uno dei talenti più brillanti di tutto il panorama della ginnastica artistica mondiale.
“Sono orgogliosa di essere stata scelta come ambassador da un brand come Parmigiano Reggiano, che rappresenta l’eccellenza italiana nel mondo. Mi capita di viaggiare tanto per via delle gare e mi sorprende sempre quanto questo prodotto straordinario sia conosciuto e amato a livello internazionale. L’ho sempre mangiato con grande piacere, perchè unisce un gusto unico a valori nutritivi perfetti per l’alimentazione di un atleta. Spero di poter condividere con Parmigiano Reggiano tanti momenti importanti e di ricambiare la fiducia dimostrata nei miei confronti”, ha dichiarato Giorgia Villa.
“Siamo fieri che Giorgia si aggiunga alla squadra che andrà a rappresentare i valori del Parmigiano Reggiano alle Olimpiadi di Tokyo 2020. In un momento di difficoltà per i giovani come quello attuale, il Consorzio vuole testimoniare tutta la propria fiducia in loro, nelle loro virtù e nella forte speranza che rappresentano per il nostro futuro”, ha dichiarato il presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano, Nicola Bertinelli.
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Nutriscore, Patuanelli “Ribalteremo i tavoli”
“Nel mio impegno a Bruxelles della scorsa settimana abbiamo parlato di questo enorme problema, i cittadini vanno informati ma non condizionato attraverso un idiota meccanismo a semaforo. Non ho altro modo di chiamare il nutriscore”. Lo ha detto il ministro delle Politiche Agricole, Stefano Patuanelli, intervenuto al Summit Coldiretti con il Governo “Recovery “Food”, l’Italia riparte dal cibo”, che si sta svolgendo a Roma. “Si tratta di un modo di condizionare le abitudini alimentari sbagliato – ha aggiunto -. È un marketing che funziona perfettamente, dal punto di vista della comunicazione è un lavoro eccezionale delle multinazionali ma mette a rischio la nostra produzione e non tiene conto del valore della dieta mediterranea. Non batteremo i pugni, ribalteremo i tavoli. Nutriscore privilegia i cibi iperlavorati e potrebbe rappresentare la chiave per aprire la porta ai cibi sintetici, che metterebbe a rischio il settore primario. Si stanno aprendo degli spiragli e il dibattito si sta alzando di livello, ritengo che ci sia una buona prospettiva per bloccare questa norma. Siamo i primi della classe in tante cose, dobbiamo continuare ad esserlo e questo da fastidio, ovviamente questo è un modo per portare via il valore aggiunto del nostro Paese”.
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Parmigiano Reggiano, con JRE il progetto “40 chef per il 40 mesi”
ROMA (ITALPRESS) – Il Consorzio Parmigiano Reggiano e JRE-Jeunes Restaurateurs d’Europe hanno scelto di esaltare le qualità di Parmigiano Reggiano 40 mesi con il progetto “40 chef per il 40 mesi”. Quaranta chef da tredici paesi europei hanno sviluppato ricette uniche e inedite ma allo stesso tempo close to home, ossia strettamente legate alla propria zona di origine.
Per il progetto, inquadrato in una partnership triennale tra il Consorzio e JRE, sono stati selezionati ristoranti in Austria, Belgio, Croazia, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Romania, Serbia, Slovenia, Spagna, Irlanda e Regno Unito.
Così come Parmigiano Reggiano è legato indissolubilmente alla propria Area di Origine – formata dalle province di Parma, Reggio Emilia, Modena e parte delle province di Mantova e Bologna – anche gli chef hanno dovuto trovare una chiave di lettura “locale” per i propri piatti, dando vita a ricette fusion e abbinamenti sorprendenti: da Parmigiano Reggiano 40 mesi, trota, burro, ginepro e ostrica del ristorante austriaco Herzig ai Maultaschen con Parmigiano Reggiano 40 mesi del ristorante Krone Lamm di Berlino, fino ai Gamberi d’acqua dolce con ananas e Parmigiano Reggiano 40 mesi del ristorante Le Relais du Coche a Eyguières, in Francia.
L’iniziativa è inserita nell’ambito del Progetto Premium “40 mesi”, lanciato dal Consorzio a novembre 2019 per promuovere lo sviluppo del nuovo segmento di mercato per le lunghe stagionatura. Il Progetto Premium “40 mesi” parte dal lato dell’offerta, con un incentivo ai caseifici per trattenere sulle scalere le forme prodotte negli anni 2017, 2018 e 2019 affinchè non finiscano sul mercato prima del dovuto.
“Siamo entusiasti di collaborare con JRE – ha affermato Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio – per portare Parmigiano Reggiano 40 mesi sulle tavole dei migliori ristoranti d’Europa. La chiave del successo di Parmigiano Reggiano è proprio la sua versatilità: è utilizzato in cucina, non solo per la classica ‘spolveratà sui primi piatti, ma anche per dare un tocco di carattere a carne, pesce e persino ai dessert. Ed è proprio per questo che Parmigiano Reggiano è presente in tutti i paesi del mondo, con una quota export che cresce ogni anno e che ha superato il traguardo del 44%”.
“Per gli chef il Parmigiano Reggiano è, grazie ai suoi aspetti salutari, al suo gusto straordinario e alla sua versatilità, il compagno perfetto del buon cibo”, afferma Daniel Lehmann, Presidente di JRE-Jeunes Restaurateurs.
La stagionatura minima per Parmigiano Reggiano è di 12 mesi, mentre non esiste una stagionatura massima imposta dal Disciplinare di produzione. Durante il processo di affinamento, grazie all’azione degli enzimi liberati dai batteri lattici, le proteine vengono scomposte in pezzi più piccoli, in peptidi e in amino-acidi liberi, mattoni base della catena proteica. Questa azione di scomposizione proteica (proteolisi) determina le proprietà della struttura e sensoriali di Parmigiano Reggiano e la sua digeribilità.
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Agrinsieme, si rafforza la filiera e Giansanti nuovo coordinatore
Passaggio del testimone ad Agrinsieme, il coordinamento che riunisce Cia-Agricoltori italiani, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle Cooperative Agroalimentari. La guida del coordinamento passa a Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, che in Agrinsieme succede a Franco Verrascina, presidente di Copagri. “Per me è stato un onore rappresentare il coordinamento in questi due anni e nove mesi”, ha affermato Verrascina in apertura di conferenza stampa convocata proprio per presentare il passaggio di coordinamento e i prossimi obiettivi. “Abbiamo messo in campo – ha aggiunto – numerose iniziative” tra cui quelle “sul versante della Pac” e “delle infrastrutture”, ha ricordato. “Lascio – ha sottolineato – un coordinamento unito e coeso”. L’agricoltura italiana “ancora oggi ha bisogno di unità e non di divisioni”, ha poi evidenziato Giansanti. “Ci attendono sfide importanti”, ha aggiunto. “Negli anni che vengono – ha spiegato – scriveremo il futuro dell’agricoltura e dell’agroalimentare nazionale”. Poi Giansanti si è soffermato sul tema dell’autosufficienza. “Il nostro compito – ha spiegato – deve essere quello di mettere in campo giuste proposte affinché il governo metta in atto azioni per far sì che l’Italia agricola, della cooperazione agricola e dell’industria alimentare possa facilmente raggiungere e superare l’autosufficienza alimentare”. Anche Dino Scanavino, presidente di Cia-Agricoltori italiani, ha ricordato alcuni obiettivi di Agrinsieme, come “valorizzare le diverse origini, provenienze e diversità. Il tema della competitività, dell’autosufficienza alimentare, cioè della capacità di produrre alimenti e generare ricchezza – ha spiegato -, diventa la forza, la potenza dell’agroalimentare italiano”. Giorgio Mercuri, presidente di Alleanza delle Cooperative Agroalimentari, da parte sua, ha sottolineato il “valore che stiamo mettendo in campo. Oggi qui è riunita – ha continuato – la filiera del cibo italiano, del cibo sostenibile”. Nel corso dell’incontro, è stata confermata la comunanza di intenti e di lavoro tra i soggetti che rappresentano la filiera ed è stata presentata l’intesa siglata con Federalimentare. L’accordo si propone di coadiuvare le istituzioni e le forze politiche per il superamento della crisi economica, sociale e sanitaria ma anche promuovere azioni che possano contribuire a migliorare l’attuazione del Recovery Plan attraverso una corretta relazione tra tutti i soggetti del settore. Con l’intesa, inoltre, ogni singolo soggetto si attiverà a mettere in atto iniziative per valorizzare la filiera agroalimentare, dal campo alla tavola, garantendo sicurezza, tracciabilità e qualità degli alimenti. “Il settore alimentare non è stato esente dal grande terremoto provocato dalla pandemia – ha affermato Ivano Vacondio, presidente di Federalimentare – ma rimango tuttora convinto che sia uno dei comparti che può fare la differenza per la ripresa e per lo sviluppo del nostro Paese. Ora è necessario ripartire ed entrare in una nuova fase, una fase in cui sostenibilità ambientale, sociale ed economica da un lato e la ricerca, l’innovazione e la digitalizzazione dall’altro sono la base di tutta la strategia a venire, in ogni campo”.
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Vodafone, il 5G per l’agricoltura intelligente e le filiere del food
MILANO (ITALPRESS) – Vodafone lancia una nuova soluzione di Smart Agriculture e Food che grazie a 5G, intelligenza artificiale e tecnologia Blockchain traccia l’intera filiera di produzione del pane – dalla coltivazione nel campo alla vendita al consumatore finale – “e consente di elevare gli standard qualitativi dei prodotti agricoli e ridurre l’impatto ambientale”, si legge in una nota.
Sviluppata nell’ambito della sperimentazione 5G di Milano, di cui Vodafone è capofila, il progetto è stato realizzato con il Panificio Davide Longoni e in collaborazione con IBM, partner storico di Vodafone nel campo dell’innovazione e della trasformazione digitale. La soluzione è stata realizzata a partire da un sistema di sensoristica 5G installato presso un campo coltivato a segale nel Parco della Vettabbia a Chiaravalle e ha coinvolto il consumatore finale nel punto vendita del Panificio Davide Longoni a Milano.
“Grazie alla banda ultralarga e alla bassissima latenza del 5G, la soluzione Vodafone di Smart Agriculture permette di seguire e monitorare, attraverso dati e immagini, tutte le fasi della produzione del pane – prosegue la nota -: dalla coltivazione del campo al processo di raccolta da parte del coltivatore, dalla lavorazione delle materie prime alla trasformazione in prodotti finiti da parte del panificatore, fino alla vendita al consumatore finale. La soluzione include diverse tecnologie IBM di cloud ibrido e AI per portare nuova efficienza e risultati, dal campo coltivato fino al punto vendita. Modelli predittivi, algoritmi di Computer Vision e Machine Learning elaborano in tempo reale i dati raccolti in campo e nel panificio, mentre tramite tecnologia IBM Blockchain viene garantito il tracciamento del prodotto lungo tutta la filiera al fine di garantirne l’autenticità e di certificarne il rispetto di parametri organolettici e qualitativi”.
“La digitalizzazione dell’agricoltura e delle filiere del food – afferma Giorgio Migliarina, Direttore di Vodafone Business – rappresenta un passo decisivo per promuovere maggiore efficienza, resilienza e sostenibilità per l’intero settore. Internet of Things, Intelligenza Artificiale e Blockchain offrono una grande opportunità per fornire ad agricoltori, fornitori, distributori, retailers e ai consumatori finali una panoramica completa e trasparente sulle colture, sulla catena di approvvigionamento e sulla produzione. Questo progetto dimostra come si possa ora parlare di digitalizzazione e integrazioni a scala di tecnologie diverse in filiere molto frammentate e distribuite, come quelle dell’agricoltura e del food, che hanno una quota significativa di piccole e medie imprese che contribuiscono in modo sostanziale al Made in Italy. Inoltre l’Internet of Things, di cui Vodafone è leader a livello mondiale, ha un ruolo sempre più significativo per l’ambiente e i suoi benefici saranno ulteriormente potenziati grazie al 5G, non solo nel settore dell’agricoltura, ma anche nella logistica e nella mobilità”.
Grazie al progetto 5G Vodafone di Smart Agriculture, il coltivatore può avere accesso a una grande quantità di dati, acquisiti sia nella fase di semina che di raccolto, monitorare costantemente da remoto e in tempo reale le condizioni del campo e, grazie ad algoritmi predittivi, ricevere informazioni utili per intervenire con irrigazioni mirate o per prevenire malattie delle colture, evitando così danni al raccolto e spreco di risorse preziose. A sua volta, il panificatore può seguire la fase di coltura visualizzando i dati direttamente dal campo e beneficiare di un prezioso supporto tecnologico nel processo di lavorazione del pane. Grazie ai sensori installati nel laboratorio, alla videoanalisi 5G e alle reti neurali, la soluzione permette infatti di valutare i livelli di ph dell’impasto, monitorare da remoto il processo di lievitazione del pane e avvisare il panificatore dell’avvenuta lievitazione al momento corretto, quando il prodotto è pronto per essere infornato.
La soluzione si completa estendendo informazioni e trasparenza fino al cliente finale, dal campo alla vendita: la soluzione infatti, grazie alla tecnologia Blockchain, coinvolge lo stesso consumatore che dal suo scontrino, direttamente presso il punto vendita, può accedere a tutti i dati raccolti durante la produzione, ricostruendo l’intera filiera e accertando la territorialità, l’autenticità e la qualità del prodotto che sta acquistando.
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Olio Dante, Luciano “il Sommo Poeta amava il ‘liquor d’ulivi'”
MILANO (ITALPRESS) – “Dante Alighieri era proprietario di terre e, da toscano, non possiamo escludere che producesse magari anche olio. Non a caso nella Divina Commedia troviamo un verso in cui parla del ‘liquor d’ulivì”. A raccontarlo è Enrico Luciano, CEO di Olio Dante – l’azienda olearia che prende il nome dal suo core brand e che è tra i principali produttori di olio di oliva nel panorama internazionale: l’occasione è l’intervista online rilasciata dal CEO, Enrico Luciano, e dal presidente di Olio Dante, Biagio Mataluni al talk di LinkedIn, New Normal Live, condotto dal giornalista Filippo Poletti e da Monica Bormetti.
Nel XXI canto del Paradiso, infatti, il Sommo Poeta, di cui ricorrono i 700 anni dalla scomparsa, ricorda la figura del teologo e cardinale San Pier Damiani, che nella seconda metà dell’XI secolo andò da Faenza all’eremo di Gamogna, portando il “liquor d’ulivi”, l’olio degli Appennini. Olio Dante nasce nel 1898 a Genova: 11 anni fa il marchio è tornato di proprietà italiana, dopo che gli Oleifici Mataluni di Montesarchio lo hanno acquisito dal gruppo spagnolo SOS-Cuetara.
“Portare sulle tavole l’immagine del sommo poeta è una bella responsabilità – racconta il presidente Mataluni, nipote di produttori di olio -. Dante è sulle nostre bottiglie da sempre: è il nostro modo per riverirlo. Abbiamo voluto omaggiarlo quest’anno con una bottiglia celebrativa dove è presente un cartiglio particolare. Continueremo a portare il suo volto in giro per il mondo”.
La storia dell’olio che parla italiano inizia nel 1898, quando le prime bottiglie con il marchio Dante iniziarono a essere spedite in Nord America, Argentina e in Australia. “Fu Andrea Costa, capostipite dell’omonima famiglia genovese, a iniziare a commercializzare olio di oliva e tessuti dalla Sardegna alla Liguria, per poi specializzarsi nell’acquisto di olio nei Paesi del Mediterraneo. “Per consolidare la rete di vendita scelsero il nome di Dante, simbolo dell’italianità e della poesia”, puntualizza Luciano.
Da una ricerca di mercato condotta all’estero – racconta Luciano, a proposito del ritratto dantesco presente sulla bottiglia di olio – “è emerso che, ahimè, qualcuno pensava che fosse l’effige di una vecchia signora con una coroncina in testa. Il nostro sforzo è di cercare di spiegare ai nostri importatori e distributori esteri chi è Dante, in modo tale che veicolino il nome del grande poeta. Continueremo a portarlo sulle tavole, espandendoci per i nostri azionisti, le banche che hanno dato fiducia a Olio Dante, i nostri collaboratori e il territorio campano dove operiamo”.
Con 33 milioni di litri di olio prodotto e commercializzato annualmente, Olio Dante guarda al futuro con l’orgoglio del lavoro svolto finora: “Dietro a ogni bottiglia c’è tanto lavoro e molta attenzione a tutti i processi – rimarca Mataluni su LinkedIn, il portale dedicato al lavoro -. Io vivo l’azienda in costante presenza, 12 ore al giorno: lo faccio con tanta pazienza e tanta passione. Questo è il senso di chi vuole svolgere il bellissimo mestiere di produttore di olio”.
E di pazienza, con l’olio di oliva, ce ne vuole tanta: “L’ulivo è una delle rarissime piante con ciclo biennale: a parità di condizioni climatologiche – dice Luciano – ci sono anni di carica e anni di scarica. Una volta che le olive vengono raccolte dalla pianta, entro sei ore devono essere frante con le migliori tecnologie possibili, per ottenere un olio di qualità”.
Circa la commercializzazione Olio Dante resta fedele alla distribuzione tradizionale: “Nel 2020 abbiamo fatto un esperimento con Amazon – spiega il CEO Luciano – e le rese sono state molto modeste. Nonostante avessimo proposto un packaging che evitasse la frangibilità del prodotto, il canale e-commerce non è ancora maturo per questo tipo di prodotto a bassa marginalità, dove i costi di consegna incidono molto: se uno va al supermercato e acquista olio, non deve infatti pagare la consegna. L’olio di oliva, inoltre, è spesso promozionato nella grande distribuzione: questo porta a poterlo comprare a buon prezzo durante tutto l’anno e, di conseguenza, c’è meno interesse ad andare su internet”.
Per questa ragione – tira le somme il CEO – “l’e-commerce è un canale a cui guardiamo con grande interesse per l’export in mercati come la Cina. Per quanto riguarda l’Italia continueremo a essere un produttore presente nei canali tradizionali della grande distribuzione, nei piccoli negozi e nel food service”.
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