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Agroalimentare

Coronavirus, brusca frenata anche per l’agricoltura

ROMA (ITALPRESS) – Anche l’agricoltura, come gli altri settori produttivi dell’economia italiana, ha risentito della grave crisi del sistema economico innescata dall’emergenza sanitaria legata alla pandemia e dalle misure contenitive che ne sono conseguire. Infatti, rispetto al trimestre prece­dente, si registra una contrazione del PIL pari a -12,8% e del valore aggiunto in tutti i comparti produttivi: -3,7% agricoltura, silvicoltura e pesca, -20,2% l’industria e -11% i servizi. Ma non solo: in caduta, rispetto al trimestre precedente, risultano anche i consumi finali (-8,7%) e gli investimenti fissi lordi (-14,9%). E’ quanto emerge dalla fotografia scattata nel II trimestre del 2020 da CREAgritrend, il bollettino trimestrale messo a punto dal CREA, con il suo Centro di Ricerca Politiche e Bioeconomia.
Si è verificata nei primi quattro mesi del 2020, rispetto allo stesso periodo del 2019, una forte contrazione dell’indice della pro­duzione dell’industria alimentare pari a -3,7% (-7,3% a maggio e -3,5% a giugno) e delle bevande pari a -8% (-24,2 % a maggio e -9,4% a giugno). Anche l’indice del fatturato dell’industria alimentare ha mostrato una flessione (-2,6% rispetto al secondo quadrimestre dell’anno precedente), sebbene nel mese di giugno si sia evidenziato rispetto al 2019 un incremento di + 3,5% dell’indice del fatturato totale (mercato interno e estero) e di +8% dell’indice del fatturato sui mercati esteri. Ulteriore frenata dell’industria delle bevande con una forte riduzione sia sul mercato in­terno (-14%) sia su quello estero (-9,7%). In particolare, la contrazione si è verificata nei mesi di maggio (-27,1%) e di luglio (-8,9%).
Le esportazioni agroalimentari nel II trimestre 2020, pari a circa a 10,62 miliardi di euro, si riducono, rispetto allo stesso periodo del 2019, del -3,6% mentre le importazioni calano del -12%. In forte aumento i flussi verso Germania, Svizzera e Regno Unito. I prodotti maggiormente esportati sono stati pa­sta e conserve di pomodoro e pelati. Le diminuzioni più significati­ve riguardano l’export di vini rossi e rosati Dop (-20,6%) e del caffè tor­refatto.
Sulla base dei dati raccolti su Twitter successivi alla fase 3 (dal 16 giugno al 30 settembre), in controtendenza rispetto al periodo precedente, emerge un clima di fiducia nei confronti del settore primario e delle sue politiche con prevalenza dei giudizi positivi e molto positivi (55%) rispetto ai negativi e molto nega­tivi (42%), registrando una variazione del +23% rispetto alla rilevazione del primo semestre.
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Cibo made in Italy, accordo Enpaia-Università Campus Bio-Medico Roma

ROMA (ITALPRESS) – Avviata la collaborazione tra la Fondazione Enpaia (Ente Nazionale di Previdenza per gli Addetti e per gli Impiegati in Agricoltura) e l’Università Campus Bio-Medico di Roma, finalizzata a svolgere attività di ricerca scientifica e sviluppare didattiche complementari alla formazione culturale di studenti e laureati dell’Ateneo nonchè di dipendenti, soci e iscritti di Enpaia, anche attraverso l’organizzazione di programmi formativi in linea con gli attuali scenari e le più rilevanti esigenze del settore dell’Agricoltura.
Presenti alla firma per l’Università Campus Bio-Medico di Roma il Rettore Raffaele Calabrò, la Preside della Facoltà di Scienze e Tecnologie per l’Uomo e per l’Ambiente, Laura De Gara e il Direttore Generale della Campus Bio-Medico SpA, Domenico Mastrolitto, insieme al Presidente Giorgio Piazza e al Direttore Generale Roberto Diacetti per la Fondazione Enpaia.
“L’accordo tra Ucbm ed Enpaia è un passo in avanti importante per accrescere gli scambi di conoscenze ed esperienze tra mondo universitario e mondo delle imprese agroalimentari – ha sottolineato il rettore Raffaele Calabrò – Vogliamo dare ai nostri studenti la possibilità di conoscere da vicino le realtà produttive del settore agroalimentare italiano e crediamo che solo un contatto diretto con le aziende possa dare un valore aggiunto alla loro esperienza di formazione. D’altra parte è fondamentale che il mondo produttivo possa trovare nella ricerca universitaria un punto di riferimento su temi come la sostenibilità ambientale, la bioeconomia circolare o la riduzione degli sprechi per innovare le produzioni e accrescere la qualità di un patrimonio unico quale è l’agroalimentare italiano”.
L’accordo si inserisce nell’ambito di un più ampio rapporto di partnership tra i due Enti, che ha già portato, lo scorso luglio, alla sottoscrizione di una convenzione per l’assistenza sanitaria con il Policlinico Universitario Campus Bio-Medico a beneficio della Fondazione Enpaia.
Per il presidente di Enpaia, Giorgio Piazza: “Quello firmato con l’Università Campus Bio-Medico di Roma è un accordo molto importante, che porterà rilevanti risvolti per il mondo dell’agricoltura. Creare dei percorsi di interscambio, che ci consentono di accedere a livelli di conoscenza molto alta, rappresenta per le imprese agricole, iscritte alla Fondazione Enpaia, un vantaggio competitivo notevole, capace di generare ricchezza sul territorio. Per tale ragione, sono certo che il rapporto con il Campus Bio-Medico si ripercuoterà positivamente su tutta filiera agricola, aiutando altresì gli agricoltori in una gestione più efficace delle loro imprese”.
Da maggio 2020 la Fondazione Enpaia è divenuta uno dei principali soci azionisti della Campus Bio-Medico SpA, soggetto Promotore dell’Università Campus Bio-Medico di Roma.
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Vino, 13,5 mln per promozione sui mercati internazionali in Toscana

FIRENZE (ITALPRESS) – Tredici milioni e mezzo di euro per promuovere il vino toscano sui mercati internazionali. Con 2,5 milioni in più rispetto al 2019, è questa la somma destinata al bando “OCM Vino – Promozione” promosso dalla Regione Toscana per lanciare e portare avanti la campagna vitivinicola 2020/2021 sui mercati esterni all’Unione Europea.
“Abbiamo voluto dare un’iniezione importante di risorse e di fiducia al Sistema Vino Toscana – ha detto la vicepresidente e assessore all’agricoltura Stefania Saccardi – In un momento di grande difficoltà a causa dell’emergenza sanitaria vogliamo sostenere uno dei fattori di traino del settore agroalimentare come è il comparto vitivinicolo toscano, forte di un valore dell’imbottigliato ex-fabrica di circa un miliardo di euro, e lo si fa dando una risposta forte e chiara. Per questo abbiamo accolto con favore l’aumento della percentuale di contributo comunitario concessa dalla Commissione europea portando dal 50 al 60% il contributo massimo per le spese sostenute per realizzare ciascun progetto e, al tempo stesso, abbiamo aumentato la dotazione rispetto al 2019, aggiungendo altri 2,5 milioni di euro circa per il finanziamento di questa misura per la campagna 2020”. Alla misura possono accedere le organizzazioni professionali, le organizzazioni di produttori di vino e le loro associazioni, le organizzazioni interprofessionali, i consorzi di tutela, i produttori di vino, cioè le imprese, singole o associate che abbiano ottenuto i prodotti da promuovere dalla trasformazione dei prodotti a monte del vino, propri o acquistati e/o che commercializzano vino di propria produzione o di imprese ad esse associate o controllate, i soggetti pubblici, le associazioni temporanee di impresa e di scopo, costituende o costituite, le associazioni, le federazioni e le società cooperative e, infine, le reti di impresa.
“La volontà è stata quella di cogliere tutte le opportunità e le novità messe a disposizione dalla normativa nazionale – prosegue la vicepresidente Saccardi – al fine di garantire il finanziamento di un numero di progetti tale da assicurare l’efficacia della misura e consentire l’accesso anche alle piccole e micro imprese che sono quelle che in questa fase soffrono di più”. Lo stesso soggetto può presentare o partecipare a più progetti, purchè siano rivolti a Paesi terzi o mercati di Paesi terzi diversi. Il limite massimo di contributo pubblico che spetta a ciascun progetto non può superare gli 800.000 euro (contro i 3 milioni di euro fissati per i progetti nazionali).
Rispetto agli anni passati, numerose le novità a vantaggio delle imprese toscane: – è stato abbassato il contributo minimo ammissibile per ciascun progetto, che in Toscana non può essere inferiore a 60.000 euro, qualora il progetto sia destinato ad un solo Paese terzo, ed a 30.000 euro per Paese terzo qualora il progetto sia destinato a due o più Paesi terzi, in quanto ritenuti limiti adeguati per la realtà vitivinicola toscana (a livello nazionale tali limiti sono pari rispettivamente a 500.000 e 250.000 euro); – è stato ridotto il contributo minimo che ciascun soggetto partecipante deve richiedere, portandolo a 2.000 euro per Paese terzo e addirittura a 1.000 euro nel caso il progetto sia rivolto ad un Paese emergente, al fine di garantire la partecipazione alla misura anche alle piccole e/o micro imprese; – è possibile inserire tra i Paesi destinatari del progetto anche il Regno Unito, causa Brexit.
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Giansanti (Confagricoltura) “Serve piano sull’agroalimentare”

ROMA (ITALPRESS) – “Sono anni che diciamo che manca un piano che possa mettere al centro una visione generale italiana sull’agroalimentare”. Lo ha detto Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica “Primo Piano” dell’Agenzia di stampa Italpress.
“Penso – ha spiegato – che il governo si sia trovato ad affrontare un’emergenza epocale e imprevista. Il problema è che manca una logica di programmazione. Si è pensato al ristoro dei danni del settore produttivo e dei lavoratori ma non alla fase 2 che non è mai esistita e chissà quando arriverà”. “Le attività agricole e agroindustriali – ha aggiunto – passano attraverso due ministeri. Se non si parlano e non sviluppano una politica agroindustriale è evidente che gli agricoltori vanno in una direzione e l’industria alimentare in un’altra. I paesi forti hanno bisogno di un’agricoltura forte perchè oggi l’autosufficienza alimentare determina sovranità alimentare. Oggi noi italiani riusciamo a produrre il 75% di quello che mangiamo. Per arrivare a 100 bisogna fare un piano, avere una strategia e una visione su dove andare e quali filiere investire. In questi anni è mancata la programmazione”. Con la pandemia “il danno più grande – ha evidenziato – lo abbiamo avuto dalla chiusura generale a livello globale di tutto quello che è il canale della ristorazione. In questi anni eravamo cresciuti moltissimo in termini di export”, ha aggiunto spiegando che invece negli ultimi tempi “è molto frenato”. “In questi mesi gli italiani – ha detto – possono essere orgogliosi di avere avuto agricoltori che hanno prodotto e mai fatto mancare nulla”. “Spero – ha aggiunto poi in riferimento al Recovery fund – che queste risorse economiche che arriveranno all’Italia vengano spese bene”. Il presidente di Confagricoltura ha infine lanciato un messaggio ai giovani: “Abbiamo bisogno di tanti giovani per rilanciare l’immagine dell’agricoltura italiana e conquistare spazi di mercato”.
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Coronavirus, Federalimentare “Stavolta non vogliamo pannicelli caldi”

ROMA (ITALPRESS) – “La stretta che il governo sta imponendo per la seconda volta all’Horeca (bar, ristoranti e così via) è ancora più dolorosa della precedente: colpisce un settore portante che stava entrando a fatica nella fase della convalescenza dopo la stangata subita. E’ una misura al di sopra di quanto il settore può sostenere e che può rivelarsi letale. Stavolta, perciò, niente pannicelli caldi o misure insufficienti: per difendere il settore c’è bisogno di contributi importanti volti a proteggere i ristoratori e le loro attività”. Lo dice il presidente di Federalimentare Ivano Vacondio in merito al nuovo DPCM, in relazione alla chiusura delle attività dedicate alla ristorazione alle 18.
“Si sta chiedendo a questo settore un grande sacrificio per salvaguardare la salute di tutti, ma un impegno del genere ha bisogno di rassicurazioni che siano realmente compensative” afferma Vacondio, che aggiunge: “Per intenderci: gli aiuti inseriti nel dl agosto che prevedevano 600 milioni a fondo perduto erano già inadeguati prima, ora sarebbero un vero e proprio schiaffo. Ci vuole un ordine di grandezza tutto diverso: sappiamo la situazione della finanza pubblica, ma uno zero in più a quella cifra sarebbe auspicabile. Il rischio, altrimenti, è quello di dover fare i conti con l’impossibilità, da parte del settore, di riuscire a ripartire, con una contestuale penalizzazione per il rilancio complessivo del Paese”.
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Coronavirus: Cia “Stop alle 18 Agriturismi equivale a chiusura”

ROMA (ITALPRESS) – “Lo stop alle 18 previsto dal nuovo Dpcm per le 24mila strutture agrituristiche nazionali equivale alla chiusura delle attività, che non potranno sostenere i costi di apertura con i soli proventi del pranzo, i cui introiti nei giorni feriali hanno incidenza molto ridotta rispetto a quelli determinati dalla fascia oraria 18-21”. E’ quanto si legge nella nota di Cia-Agricoltori Italiani in riferimento al nuovo Dpcm.
“La misura del Governo non tiene, inoltre, in nessun conto delle garanzie di distanziamento sociale offerte dagli spazi in piena campagna e metterà definitivamente in crisi un settore che era faticosamente in ripresa dopo mesi di lockdown, con un danno fin qui stimato da Cia-Agricoltori Italiani in 600 milioni. Se a queste ingenti perdite di quote di mercato si aggiungeranno i prevedibili effetti delle nuove misure restrittive, assisteremo, dunque, a un’ecatombe di fallimenti con ricadute disastrose per i 100mila addetti del settore.
Il nuovo Dpcm avrà anche un impatto fortemente negativo per tutte le aziende agricole che hanno come unico sbocco commerciale il canale dell’Horeca -ristoranti, bar, mense, hotel- e che pagheranno un conto salato per la contrazione delle forniture di cibo fresco a tutto il comparto dell’agroalimentare ‘fuori casà, in un Paese in cui circa un terzo dei consumi viene realizzato lontano dalle mura domestiche”.
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Riconoscimento Igp per il Limone dell’Etna

PALERMO (ITALPRESS) – Fumata bianca per il “Limone IGP dell’Etna” che, questa mattina, ha ottenuto da parte dell’Unione Europea, l’iscrizione nel “registro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette”.
Sale pertanto a 34 il numero delle DOP/IGP siciliane nel Food e a 5 il numero degli agrumi iscritti: arancia rossa di Sicilia (IGP); Limone di Siracusa (IGP); Limone Interdonato Messina (IGP); arancia di Ribera (DOP).
Complessivamente, tra Food e Wine, la Sicilia vanta numeri da record, con ben 65 prodotti a marchio di qualità (34 food e 31 wine). Il “Limone dell’Etna”, si legge nel disciplinare, identifica i limoni coltivati nell’area lungo la fascia costiera etnea, in un’area compresa tra il fiume Alcantara, a nord, ed il confine settentrionale del comune di Catania.
Le varietà utilizzate sono il “Femminello” e il “Monachello”, la cui buccia, ricca di olii essenziali, ha un colore che varia da verde chiaro a giallo citrino o giallo chiaro, a secondo della maturazione; un peso che oscilla da 80 a 90 grammi; ed una forma ellittica, ovoidale o sferoidale.
La qualità dei frutti del “Limone dell’Etna” è da attribuire allo sviluppo e alla maturazione in un ambiente pedoclimatico molto specifico, con suoli di origine vulcanica, tipici delle aree prossime al vulcano Etna e clima mitigato dal mare.
Soddisfazione è stata espressa dall’Assessore regionale per l’Agricoltura Edy Bandiera: “Un altro prodotto, simbolo dell’agricoltura siciliana, si affaccia, con il giusto riconoscimento, sul grande panorama europeo delle Denominazione d’ Origine. Fattore questo che non può che accrescerne il valore di mercato, dove viene percepito soprattutto per le straordinarie qualità salutistiche e l’ elevata attività antiossidante. Un plauso, prosegue Bandiera, va certamente all’ associazione “Limone dell’Etna, e con essa al Presidente Renato Maugeri, per avere dato l’input affinchè si ottenesse questo importante risultato ed ancora ai dirigenti e funzionari dell’assessorato Agricoltura della Regione Siciliana, che ne hanno avviato e portato a compimento l’istruttoria regionale”.
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Il Food&beverage continua a crescere

MILANO (ITALPRESS) – L’agroalimentare tiene. Anzi, rilancia. Soprattutto grazie all’export, che verso alcuni mercati cresce anche a due cifre. In attesa di fare il punto sulle tendenze, fare networking e sviluppare il business a TUTTOFOOD 2021, a fieramilano dal 17 al 20 maggio, questo il quadro che emerge dai numeri del primo semestre di quest’anno.
Un’elaborazione su dati Istat Coeweb relativi ai settori dell’agricoltura e dei prodotti alimentari rileva che nei primi sei mesi del 2020 l’export F&B italiano è stato pari a oltre 22 miliardi di euro, in crescita del 3,5% rispetto allo stesso periodo del 2019. In testa – con un valore di 13,7 miliardi e un incremento del +5,4% in un anno – si posizionano le esportazioni di prodotti alimentari, seguite da quelle dell’agricoltura con 3 miliardi e una crescita del +1,8%.
Quali i prodotti alimentari italiani più richiesti all’estero? Sul gradino più alto del podio salgono i prodotti da forno con 2,3 miliardi di euro di valore e una crescita a doppia cifra, ben +15,6%. Seguono frutta e ortaggi lavorati e conservati, che esportano per 1,9 miliardi registrando un incremento del +6%, e i prodotti delle industrie lattiero-casearie con 1,8 miliardi, +0,8%.
Per quanto riguarda i maggiori mercati di destinazione, si segnalano in maggior crescita il Giappone con +16,9%, la Cina, +13,7% e l’Oceania a +8%. Bene anche mercati storici come Germania +6,7%, Svizzera a +5,7%, Stati Uniti e Francia, entrambi con un +4,2%. Altro dato interessante, le esportazioni si dirigono in percentuale abbastanza equilibrata verso l’Europa e i mercati extraeuropei, segno che negli ultimi anni le aziende Made in Italy si sono focalizzate sullo sviluppo dei mercati emergenti. In particolare, nel primo semestre di quest’anno l’export verso la UE-27 (senza il Regno Unito) ha sfiorato i 12,5 miliardi di euro, mentre quello verso il resto del mondo ha contabilizzato più di 9,6 miliardi.
Tra i territori italiani che hanno contributo di più all’export in testa l’Emilia-Romagna, con oltre 4 miliardi, mentre completano il podio pressochè a parimerito Veneto e Lombardia, che hanno esportato per 3,43 e 3,42 miliardi rispettivamente. Segue a poche lunghezze il Piemonte con circa 3 miliardi. Sopra il miliardo di valore si posizionano anche la Campania con quasi 2 miliardi di euro, la Toscana (1,26) e il Trentino-Alto Adige (1,16).
Che l’emergenza abbia fatto riscoprire un pò a tutti il piacere del cibo e di “spadellare” lo confermano anche i dati delle imprese del settore casalinghi che si sono iscritte al registro delle imprese: tra nate e trasformate, da gennaio ad oggi sono già 3.750.
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