Agroalimentare

Parmigiano Reggiano, a Roma un bilancio dei primi 90 anni

ROMA (ITALPRESS) – Il Consorzio del Parmigiano Reggiano prosegue oggi (4 aprile), a Roma, gli appuntamenti legati al 90° anniversario della fondazione con un momento di incontro a Palazzo Piacentini, sede del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, con le istituzioni (presente Adolfo Urso, ministro dell’omonimo dicastero) e i rappresentanti della stampa italiana. Per il presidente del Consorzio, Nicola Bertinelli, è l’occasione per raccontare la crescita e l’evoluzione di uno dei marchi italiani più noti del mondo: basti pensare che dalla nascita del Consorzio, a cui aderirono oltre 2.000 caseifici che lavoravano circa 37.000 tonnellate di Parmigiano Reggiano, la produzione è più che quadruplicata. Nel 2023, infatti, i 292 caseifici aderenti (situati nella zona di origine della Dop, che comprende le province di Parma, Reggio Emilia, Modena, Mantova a destra del fiume Po e Bologna a sinistra del fiume Reno) hanno prodotto 4,014 milioni di forme, pari a circa 161.000 tonnellate. Il giro d’affari al consumo ha toccato il massimo storico di 3,05 miliardi di euro (+5% sul 2022) con risultati positivi per le vendite totali a volume (+8,4%), sostenute da un andamento positivo dell’export (+5,7%), e, soprattutto, delle vendite in Italia (+10,9%).
Il Consorzio è inoltre tra i protagonisti della mostra Identitalia, The Iconic Italian Brands, esposta nell’atrio principale del Ministero fino a sabato 6 aprile, dedicata ai più importanti marchi che hanno fatto e stanno facendo la storia del Paese. L’iniziativa, alla quale hanno aderito 100 aziende per un totale di 113 marchi dei settori agroalimentare, abbigliamento, cura della persona, arredamento e automotive, nasce per celebrare i 140 anni dell’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, che nel 2019 si è arricchito del “Registro speciale dei marchi storici di interesse nazionale”, contenente i brand iscritti da più di 50 anni e ancora attivi. Tra questi ultimi anche il Consorzio, il più antico d’Italia per quanto concerne i prodotti alimentari, fondato il 27 luglio 1934 con la funzione di tutelare, difendere e promuovere un prodotto millenario le cui antiche e nobili origini risalgono addirittura al Medioevo, salvaguardandone la tipicità e pubblicizzandone la conoscenza nel mondo.
Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, ha affermato: “Il Consorzio Parmigiano Reggiano, tra i protagonisti della mostra “Identitalia, The Iconic Italian Brands”, con i suoi 90 anni di attività, rappresenta una importante realtà della filiera agroalimentare italiana. Il 15 aprile, con oltre 300 eventi, festeggeremo la prima Giornata Nazionale del Made in Italy, che nasce grazie all’omonima legge quadro, fortemente voluta dal governo Meloni, per valorizzare, promuovere e tutelare le realtà produttive italiane. Il nostro brand non è solo il biglietto da visita dell’Italia nel mondo, ma ne rappresenta il patrimonio identitario, una somma di tante realtà straordinarie che compongono la nostra penisola”.
“Siamo fieri che il Ministero ospiti questo incontro nella sua splendida sede e di essere tra i protagonisti della mostra dedicata ai più importanti marchi della storia d’Italia”, dichiara Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano. “La nostra Dop è un prodotto che nasce da un sogno: quello della comunità della zona di origine, di coloro che in un piccolo territorio sono stati capaci di creare un’icona del Made in Italy amata dai consumatori in Italia e all’estero, unica e inimitabile proprio perchè inscindibilmente legata alle sue radici. Inoltre, esattamente 90 anni fa, il 27 luglio 1934, nasceva il nostro Consorzio, il più antico d’Italia per quanto concerne i prodotti alimentari, votato alla tutela, alla difesa e alla promozione di questa eccellenza, per salvaguardarne la tipicità e pubblicizzarne la conoscenza nel mondo. E’ questa la missione che ci ha guidato negli ultimi 90 anni di storia del Paese e che continuerà a guidarci nel futuro. Perchè il Parmigiano Reggiano non è solo un pezzo di formaggio: è parte delle nostre vite”.
-foto ufficio stampa Consorzio del Formaggio Parmigiano Reggiano-(ITALPRESS).

Insediato il nuovo Cda di Ismea, Proietti presidente, Zaganelli dg

ROMA (ITALPRESS) – Si è tenuta la riunione di insediamento del Consiglio di Amministrazione di ISMEA, presieduto da Livio Proietti, nominato Presidente dell’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare con Decreto del Presidente della Repubblica del 22 febbraio 2024.
Gaia Morelli, già membro del precedente CdA, e Alessandro Beduschi, assessore all’agricoltura della Regione Lombardia, nominati consiglieri del Consiglio di Amministrazione ISMEA con Decreto ministeriale n. 111261 del 6 marzo 2024, hanno deliberato, su proposta del Presidente, la nomina a Direttore Generale di Maria Chiara Zaganelli, riconfermata nel ruolo, e a vicepresidente di Gaia Morelli.
“Sono onorato di assumere la Presidenza di ISMEA”, ha dichiarato Livio Proietti nel dare un caloroso benvenuto ai componenti del Consiglio di amministrazione. “Un Istituto – ha proseguito – strategico per il settore agroalimentare italiano che ho avuto modo di conoscere a fondo e di guidare durante la mia gestione da Commissario straordinario, apprezzandone la credibilità costruita negli anni e l’assoluta qualità del management e delle risorse umane che lo compongono”.
“Ringrazio il Presidente Proietti e i Consiglieri per la fiducia nuovamente accordatami – ha dichiarato Maria Chiara Zaganelli. Al termine di una gestione commissariale che ha consentito il rafforzamento strategico dell’Istituto con l’adozione del nuovo Statuto, siamo oggi pronti ad affiancare il Ministero con il dovuto impegno e la necessaria determinazione, continuando a offrire i nostri strumenti e a dare risposte concrete alle imprese del settore agroalimentare italiano”.
Con l’insediamento del Consiglio di Amministrazione, che resterà in carica per quattro anni, e la nomina del Direttore Generale, l’ISMEA porta a compimento il processo di riorganizzazione.

– foto Ismea –

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Parmigiano Reggiano, nel 2023 record fatturato oltre 3 mld

MILANO (ITALPRESS) – “Il 2023 è stato un anno davvero straordinario in cui è stata collocata sul mercato la più alta produzione di Parmigiano Reggiano, quella del 2021: oltre 4,1 milioni di forme”. Con questi numeri molto lusinghieri Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio Parmigiano Reggiano, ha aperto a Milano la conferenza stampa di presentazione dei dati economici 2023 del Consorzio. Nel complesso, il giro d’affari al consumo ha toccato il massimo storico di 3,05 miliardi di euro contro i 2,9 miliardi del 2022, con un aumento del 5%. Risultati positivi per le vendite totali a volume (+8,4%), sostenute da un andamento positivo dell’export (+5,7%), e, soprattutto, delle vendite in Italia (+10,9%).
Quali le ragioni di questo andamento positivo? Secondo Bertinelli è anche perchè “il prezzo relativo tra il Parmigiano Reggiano e i suoi competitor hanno fatto sì che la distribuzione spingesse tanto il Parmigiano Reggiano. I consumatori non se ne sono accorti, ma a livello di produzione è stato riconosciuto un prezzo per il prodotto fresco di circa un 5% in meno”. Infatti per il Parmigiano Reggiano 12 mesi da caseificio produttore la media annuale delle quotazioni all’origine è stata pari a 10,12 euro/kg nel 2023 rispetto alla media del 2022 equivalente a 10,65 euro/kg.
La produzione è risultata stabile rispetto al 2022: 4,014 milioni di forme vs 4,002 milioni nel 2022 (+0,3%). Tra le provincie della zona di origine, prima per produzione è Parma (1.350.415 forme vs 1.357.224, -0,50%), seguita da Reggio Emilia (1.217.380 forme vs 1.245.159, -2,23%), Modena (860.971 forme vs 849.145, +1,39), Mantova (476.361 forme vs 455.439, +4,59) e Bologna (109.173 forme vs 95.303, +14,55%). Tale stabilizzazione costituisce un punto di forza per guidare il comparto verso condizioni di equilibrio negli anni di commercializzazione 2024 e 2025. La quota Italia si attesta al 57%. Per quanto riguarda i canali distributivi, la GDO rimane il primo (65%), seguita dall’industria (17,1%), che beneficia della crescente popolarità dei prodotti caratterizzati dalla presenza di Parmigiano Reggiano tra gli ingredienti. Il canale Horeca rimane fanalino di coda, e quindi con un enorme potenziale di sviluppo, attestandosi all’8,2% del totale. II restante 9,9% è distribuito negli altri canali di vendita.
“Per quanto riguarda le prospettive per il 2024, vediamo mercati positivi perchè abbiamo ripristinato un equilibrio tra offerta di prodotto e domanda. Ma la crescita del Parmigiano Reggiano deve vedere i mercati internazionali e in particolare quei paesi dove la cultura del cibo italiano è importante. Un esempio sono gli Stati Uniti dove ci sono 22 milioni di americani con passaporto italiano e ne abbiamo mappati 60 milioni interessati al consumo del Parmigiano Reggiano” ha spiegato Bertinelli aggiungendo però che sul fronte nordamericano “la preoccupazione sono le prossime elezioni presidenziali: se le cose andranno in una certa direzione con lo slogan America First, abbiamo il timore che accada di nuovo quanto già successo: l’impennata dei dazi sul Parmigiano Reggiano”.
Le vendite dirette dei caseifici (per oltre l’85% in Italia, con circa 8.000 t. vendute) rappresentano il 5% delle vendite totali e hanno registrato un forte aumento (+10,8%) La quota export rappresenta oggi il 43%, con una crescita del 5,7%. Risultati particolarmente positivi in Spagna (+7,8%) e Francia (+6,9%). Da ricordare che quest’ultima è il secondo paese per l’export del Parmigiano Reggiano. Gli Stati Uniti rappresentano il primo mercato estero per la Dop (+7,7% su base annua). Tra le crescite più vistose c’è l’Australia che ha registrato rispetto al 2022 un +21,8%. Uniche note negative sono quelle registrate in Canada (-6,5%) e Giappone (-8,2%), rispettivamente per problemi legati alle quote e al cambio.
Con 31,8 milioni di euro investiti per marketing, comunicazione e sviluppo dei mercati nel 2023, Parmigiano Reggiano ha confermato il percorso avviato da alcuni anni per diventare un vero brand globale, pronto ad affrontare gli ostacoli posti da mercati estremamente vasti, ricchi di prodotti d’imitazione e caratterizzati da una marcata confusione al momento dell’acquisto. Il Consorzio sta lavorando assiduamente per valorizzare la distintività della Dop, fornendo al consumatore più informazioni sulle sue caratteristiche: la stagionatura, la provenienza, il processo produttivo e il gusto, tutti particolari che offrono l’opportunità di differenziarsi dai concorrenti.
Altro tema centrale della conferenza è stata l’attenzione al turismo enogastronomico. Solo nel 2023 i visitatori totali nei caseifici del comprensorio sono stati 170.000, in aumento del 10% sul 2022. Di questi, 44.600 visitatori (+19% sul 2022) hanno prenotato la visita tramite il portale dedicato sul sito del Consorzio, di cui la metà provenienti dall’estero. Un trend positivo anche grazie al nuovo regolamento UE che concede ai consorzi maggiori poteri decisionali per la promozione di questo tipo di turismo.
Per Riccardo Deserti, direttore del Consorzio Parmigiano Reggiano, questa decisione “permette di avere scritto nero su bianco che tra i compiti dei consorzi di tutela c’è anche quello di occuparsi dello sviluppo turistico nelle zone d’origine. Un riconoscimento del ruolo che le indicazioni geografiche hanno nel e per il territorio, oltre ad aprire alla possibilità di essere più concreti ed efficaci nello sviluppo di queste attività”.
In quest’ottica si inserisce l’iniziativa “Caseifici Aperti”, la manifestazione promossa dal Consorzio che due volte all’anno offre agli appassionati la possibilità di visitare i caseifici partecipanti e scoprire i segreti della lavorazione della Dop: l’edizione di primavera 2024 è prevista per sabato 20 e domenica 21 aprile. I due appuntamenti del 2023 hanno infatti registrato 24.500 partecipanti, con un aumento del 19,5% sul 2022.
Secondo Deserti iniziative come queste “sono importantissime anche per l’aspetto culturale. Avere le porte aperte è un messaggio a tutti i consumatori che non c’è nulla da nascondere nelle indicazioni geografiche. Ma dall’altro lato è davvero una visione di marketing, nel senso di legare il consumatore al nostro prodotto. Sullo scaffale dei supermercati il prodotto può sembrare anche identico a tanti altri formaggi industriali. Solo vivendo l’esperienza di contatto diretto con il casaro, l’allevatore e il territorio riusciamo non solo a fare cultura, ma a porre le basi per un rapporto più profondo con il prodotto e a costruire i consumatori del futuro”.
-foto ufficio stampa Parmigiano Reggiano-
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Carne coltivata. Studio Unife-Swg, dagli italiani interesse e curiosità

FERRARA (ITALPRESS) – Quello della carne coltivata (detta anche “artificiale”, “pulita” o “cruelty-free”) è uno scenario complesso, ancora in profondo divenire, sia per gli affinamenti tecnologici e di processo necessari per ottimizzarne efficienza (sostenibilità economica) ed efficacia (consistenza, proprietà nutrizionali e resa gustativa), sia per gli studi e i test richiesti per verificarne piena sicurezza e l’eventuale portata dei vantaggi ad essa riconducibili.
Si tratta di uno scenario potenzialmente rivoluzionario, per i benefici che potrebbe produrre a livello collettivo e individuale, principalmente in termini di: copertura della crescente domanda mondiale di carne, riduzione della pressione ambientale generata dalla produzione intensiva di carne, riduzione dei rischi per la salute collettiva collegati alla produzione intensiva di carne (ad esempio epidemie), riduzione dei rischi individuali per la salute collegati a un eccessivo consumo di carne rossa.
Per comprendere il sentiment degli italiani nei confronti di un tema così controverso un gruppo di ricerca dell’Università di Ferrara ha condotto uno studio, insieme a SWG, individuando 4 diverse categorie di italiani che per diverse ragioni potranno avere un ruolo nella sperimentazione e/o diffusione su vasta scala della carne coltivata. Più precisamente, sono stati intervistati 5 chef affermati, 741 futuri chef (studenti/studentesse al quinto anno dell’istituto alberghiero), 1000 consumatori e 1000 possessori di animali domestici.
Tutti e 5 gli chef intervistati sono sostanzialmente favorevoli ad introdurre la carne coltivata nei loro menu. Per 2 di loro la carne coltivata rappresenta “un’innovazione alimentare speciale da proporre in menù dedicati”; uno la considera “non strettamente necessaria, ma una possibile soluzione ai problemi della produzione intensiva di carne”; per un quarto “non è strettamente necessaria, ma una possibile alleato di un’agricoltura di qualità”; il quinto la intende “come ‘cibo modificatò per una vita migliore e un mondo migliore, sia nell’ottica della salute che del risparmio di risorse”.
Andando ai futuri chef, il 71% circa degli intervistati è tendenzialmente favorevole o convintamente favorevole alla carne coltivata, in generale; il 69% circa tenderebbe ad assaggiarla o la assaggerebbe convintamente; il 63% tenderebbe ad utilizzarla o la utilizzerebbe nei propri menù futuri. Tuttavia, va specificato che l’86% di questi non la utilizzerebbe al posto della carne tradizionale, bensì in aggiunta, all’interno degli stessi menù o di menù dedicati.
E per quanto riguarda i consumatori? Il 70% circa degli intervistati è tendenzialmente favorevole alla carne coltivata, in generale; il 64% tenderebbe ad assaggiarla; il 62% tenderebbe ad acquistarla in modo più o meno ricorrente o regolare. Tra di loro sembrano essere soprattutto i mangiatori di carne “con rimorsi” (uomini) a manifestare interesse per la carne coltivata, per i suoi possibili benefici sulla salute e sull’ambiente. L’idea che la carne coltivata sia promossa da chef riconosciuti tende ad aumentare la disponibilità a pagare per questa tipologia di carne.
Infine, lo studio indaga su cosa ne pensano i possessori di cani, sempre più attenti alle diete dei loro amici a quattro zampe, concepiti sempre più come veri e propri membri della famiglia. La maggioranza degli intervistati (53%) farebbe assaggiare la carne coltivata al proprio cane, mentre solo il 22% dichiara una totale chiusura in tal senso. La percentuale di accettazione potenziale aumenta al 58% se posta in termini di disponibilità a comprarla in modo più o meno regolare. Il 43% degli intervistati sarebbe disposto a pagarla almeno quanto, o addirittura di più, dei prodotti a base di carne tradizionale, in particolare per i possibili benefici di questa scelta sull’ambiente.
“Dagli studi condotti emergono interesse e curiosità da parte degli intervistati nei confronti della carne coltivata, che – i dati sembrano certificarlo – non va vista in contrasto o contrapposizione con la carne tradizionale, soprattutto quella di qualità, bensì con quella da allevamenti intensivi, che – a ragion veduta – va intesa come “carne industriale”. Non si tratta di un dettaglio, perchè questa visione delle cose, ferme restando le verifiche sul campo che ancora aspettano la “carne di nuova generazione”, potrebbe cambiare completamente i termini della questione e del dibattito”, ha dichiarato il professore Fulvio Fortezza, Dipartimento di Economia e Management dell’Università di Ferrara.

– Foto: Agenzia Fotogramma –

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Fraschetti “Patto scuola-alta ristorazione su rilancio figura cameriere”

ROMA (ITALPRESS) – Il mondo della cucina, negli ultimi anni, ha subito un processo di spettacolarizzazione, mettendo in ombra una parte fondamentale come quella del servizio di sala, quasi declassato e assente dall’immaginario comune.
Per rilanciare la professione di sala in tutte le sue varianti – cameriere, sommelier, bartender e maitre – il CMFP di Castel Fusano a Roma, coordinato dal professore Livio Ciappetta, ha organizzato un incontro sul tema. Tali figure, infatti, sono la parte visibile dell’impresa di ristorazione e ne definiscono il carattere e molto spesso ne determinano il successo o il declino. “Lo storytelling su ricette e prodotti impazza – si legge in una nota -, ma nessuno racconta più la nobiltà antica e le sfide moderne di questo importante lavoro, con i giovani che non “sognano” il lavoro di cameriere. Il numero di iscrizioni negli istituti alberghieri d’Italia, salvo rare eccezioni, conferma il picco verso il basso”.
«La sfida che abbiamo raccolto e lanciato è di immaginare il cambiamento e reinventare la figura del cameriere, per renderla attraente come lo è diventata quella dello chef. Insieme alla ristorazione romana e alle istituzioni, vogliamo costruire una nuova immagine di questo antico mestiere», spiega Fabrizio Fraschetti, Direttore del CMFP di Castel Fusano.
«Abbiamo esposto le nostre idee – ha spiegato il professore Livio Ciappetta – tramite un menù preparato e servito dalle ragazze e dai ragazzi di Castel Fusano, enfatizzando in ogni portata il ruolo della sala, nella speranza che generi un momento di riflessione sul tema. I nostri docenti di cucina sono rimasti un passo indietro lasciando il piacere della finalizzazione ai colleghi in giacca e cravatta».
Per il professore William Ventura «va valutato il valore aggiunto di una sala di livello per il ristoratore, oltre al ruolo centrale che assume nell’identità, non solo del ristorante, ma anche per veicolare le proposte dello chef e l’offerta della cantina, che vanno raccontate e sostenute».
Alla giornata hanno partecipato nomi importanti della ristorazione romana come l’ARCS (Associazione Ristoranti Centro Storico) Roma con Lorenzo Lisi e rinomati ristoranti capitolini come Orma, Pierluigi, Pipero, Il Tino, Patty Bistrot, Osteria dell’Orologio e Gastaldino.

– Foto ufficio stampa CMFP di Castel Fusano –

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Dazi Ue sul grano russo, sul commercio agroalimentare tensioni Usa-Cina

ROMA (ITALPRESS) – La Commissione UE ha presentato al Consiglio la proposta di introdurre dazi straordinari su cereali, semi oleosi e prodotti derivati da Russia e Bielorussia.
A riguardo, il commissario europeo all’Agricoltura, Janusz Wojciechowski, ha dichiarato: “La Federazione Russa utilizza i prodotti agricoli come un’arma. Le vendite di grano russo all’estero ammontano ormai a 50 milioni di tonnellate, che corrispondono al 25% delle esportazioni su scala globale. Alla luce di queste cifre, le decisioni assunte a Mosca possono avere un effetto fortemente destabilizzante. Quindi, dobbiamo tutelarci”.
L’andamento e le prospettive del mercato mondiale delle commodities agricole risentono anche della competizione geopolitica ed economica tra Stati Uniti e Cina – sottolinea Confagricoltura nella sua nota settimanale -. All’inizio del 2020 fu sottoscritto un accordo bilaterale con cui la Cina assunse l’impegno di aumentare le importazioni di prodotti agricoli Usa per un ammontare di 200 miliardi di dollari in due anni. L’export di mais USA sul mercato cinese salì fino a 17 milioni di tonnellate. L’intesa non è stata rinnovata e attualmente, sulla base degli ultimi dati diffusi dal dipartimento di Stato all’Agricoltura (USDA), le vendite si sono ridotte a 1,7 milioni di tonnellate.
Le autorità di Pechino hanno deciso di dirottare gli acquisti verso il Brasile che fa parte dei BRICS, il gruppo delle economie emergenti a cui aderiscono, tra gli altri, Federazione Russa, India e Sud Africa, oltre alla stessa Cina. In dettaglio, più del 30% delle esportazioni di mais del Brasile sono state destinate lo scorso anno al mercato cinese. Una situazione sostanzialmente analoga si è registrata per gli acquisti di soia. La perdita del mercato cinese è stata compensata con un forte aumento – oltre il 30% – delle esportazioni USA verso l’Unione europea.
A seguito dell’aggressione russa all’Ucraina e delle tensioni in Medio Oriente, l’ordine globale si è deteriorato – prosegue Confagricoltura -. L’andamento del commercio internazionale è influenzato in misura crescente dagli interessi geopolitici piuttosto che dalle convenienze economiche.
Il 26 marzo il Consiglio Agricoltura della UE avvierà la discussione sulle proposte di riforma della PAC presentate dalla Commissione per dare una concreta risposta alle proteste degli agricoltori. Il progetto legislativo dell’Esecutivo prevede modifiche positive nell’ottica della semplificazione burocratica, ma resta sullo sfondo l’assoluta inadeguatezza della PAC rispetto alle condizioni di instabilità sullo scenario internazionale.
Restano aperte le questioni legate alla stabilità dei mercati, all’aumento del bilancio agricolo, alla tutela del potenziale produttivo e del reddito degli agricoltori. E ancora: la diffusione delle innovazioni tecnologiche per una maggiore sostenibilità ambientale e la gestione del rischio in funzione del cambiamento climatico.
Per Confagricoltura “serve, insomma, ed è urgente, la messa a punto di una nuova strategia per l’agricoltura e per il sistema agroalimentare. E’ questa la priorità da affrontare subito dopo le elezioni al Parlamento europeo e l’insediamento della nuova Commissione”.

– Foto: Agenzia Fotogramma –

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Ferrero entra nel mercato delle barrette energetiche con Fulfil

MILANO (ITALPRESS) – Il Gruppo Ferrero entra per la prima volta nel mercato delle barrette energetiche con il brand Fulfil, che permette di espandersi nel segmento better-for-you, incontrando le esigenze e le tendenze in evoluzione dei consumatori, con l’obiettivo di affermarsi come leader in Italia.
Il mercato delle barrette energetiche vale in Italia 79 milioni di euro e ha registrato una crescita dinamica negli ultimi tre anni pari al 45% a valore. Al suo interno, le barrette proteiche dominano il settore con un valore di 67 milioni di euro (+43% nel 2023 rispetto all’anno precedente) e l’84% in termini di quota di mercato. Nel 2023 oltre 4 milioni di famiglie hanno comprato barrette energetiche con una frequenza media di 4,8 atti di acquisto che rappresentano un aumento di oltre 30% rispetto all’anno precedente.
“La novità Fulfil – si legge in una nota – si inserisce all’interno del segmento delle barrette energetiche come una barretta proteica ricca di 9 vitamine e con pochi zuccheri, con una golosa copertura esterna di cioccolato e un interno morbido, per offrire ai consumatori un’intensa esperienza di gusto – si legge in una nota -. L’offerta delle barrette energetiche negli ultimi anni in Italia ha cambiato il suo posizionamento, passando da una gamma di prodotti specifici per lo sport alla proposta di snack per uno stile di vita attivo, scelti dal consumatore non solo in base alle caratteristiche nutrizionali, ma anche per il gusto e la praticità di consumo e la novità Fulfil si inserisce proprio in questa direzione”.
Le nuove barrette proteiche Fulfil saranno distribuite in GDO (grande distribuzione organizzata), nel canale OOH (out of home), in particolare nei punti vendita Chef express ed Autogrill, e nel canale di palestre, circoli sportivi e farmacie in quattro diverse varianti di gusto: cioccolato & nocciola, cioccolato croccante al latte, cioccolato & caramello salato, cioccolato & crema alle arachidi.
“Si distinguono sotto il profilo organolettico e nutrizionale per l’alto contenuto di proteine (almeno 34 g di proteine per 100 g di prodotto), i pochi zuccheri (meno di 5 g di zucchero per 100 g di prodotto) e sono arricchite con 9 vitamine (E, C, B1, B2, B3, B5, B6, B9 e B12) – prosegue la nota -. Ogni barretta fornisce almeno il 30% di vitamine della dose giornaliera raccomandata (VNR). Ottime come pratico snack da gustare in ogni momento della giornata, sono perfette per il consumo on the go grazie al pratico pack da 55g”.
Fulfil è un prodotto che nasce in Irlanda nel 2016 e diventa in un solo anno leader di mercato nel Paese. Nel 2017 viene lanciato in Gran Bretagna, dove si attesta al secondo posto nel mercato delle barrette proteiche. Raggiunge i 50 milioni di barrette vendute nel 2019 e sbarca negli USA nel 2020, arrivando a 120 milioni di pezzi venduti nel 2021. A fine giugno 2022, il Gruppo Ferrero ha finalizzato l’acquisizione di Fulfil Nutrition, azienda di barrette vitaminiche e proteiche di alta qualità, per poi fare il suo debutto nel mercato italiano nel 2024. Fulfil Nutrition vende direttamente nel Regno Unito, oltre a distribuire in Irlanda e in altri mercati europei e dell’Asia Pacifico.

– Foto ufficio stampa Ferrero –

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Torna a Pasqua la colomba Dolce&Gabbana e Fiasconaro

PALERMO (ITALPRESS) – Per la primavera 2024, Dolce&Gabbana e Fiasconaro rinnovano la loro collaborazione: sulle tavole in festa torna la Colomba, la creazione dolciaria della tradizione italiana simbolo di pace, amicizia e condivisione, sentimenti che da sempre accomunano queste due eccellenze del Made in Italy.
La Colomba tradizionale, si legge in una nota, è declinata in due distinte proposte da forno: la Colomba alle Mandorle di Sicilia, una ricetta tradizionale, che esalta la fragranza dell’impasto grazie ai canditi freschi d’arancia di Sicilia e alla copertura di glassa e mandorle rigorosamente siciliane, disponibile nel formato da 750 grammi con latta ellittica, e la Colomba con Cioccolato e Confettura di Fragoline di Bosco di Sicilia, una leccornia con doppia glassatura di cioccolato fondente e confettura di fragoline di bosco, arricchita da squisite gocce di cioccolato e accompagnata da un barattolo di crema di cioccolato di Sicilia, presentata nel formato da 1 chilo (800 grammi e 200 grammi di crema) custodito in una elegante latta rettangolare.
Alle due golosità della Collezione, si unisce quest’anno una nuova, piccola creazione: la Colombina all’essenza di mandarino, senza canditi, arricchita dalla glassa alle mandorle e decorata con zucchero e pistacchio in granella, disponibile nel formato da 100 grammi. Il profumo inebriante di questa prelibatezza riporta alla mente le calde e avvolgenti atmosfere siciliane: l’aroma zuccherino dell’agrume si sposa con il gusto pieno e raffinato delle mandorle, in un connubio che esalta le unicità dell’isola mediterranea.
“La tradizione pasticciera siciliana di Fiasconaro e l’estro di Dolce&Gabbana – sottolinea la nota – si intrecciano in una storia tutta italiana di eccellenza, sapere e passione per il buon cibo, che accompagna tutte le fasi della preparazione, fino alla cottura e al confezionamento. La genuinità degli ingredienti, scrupolosamente selezionati tra le migliori materie prime del territorio, è esaltata dalla lievitazione naturale della pasta, un lavoro lungo e paziente che garantisce a queste preparazioni leggerezza e fragranza ineguagliabile”.
“Accanto alla straordinaria qualità di questi prodotti – prosegue la nota -, spicca la creatività delle confezioni in latta che custodiscono i dolci come tesori preziosi, raccontando la passione per l’artigianato e il saper fare. Le iconiche maioliche siciliane, che richiamano la freschezza e la libertà del mare dell’isola, diventano protagoniste delle scatole in latta intrise dell’inconfondibile stile di Dolce&Gabbana. Un’offerta creativa in continua evoluzione, che quest’anno propone una nuova variante, la Maiolica Rosa. Con le sue vibranti sfumature che ricordano i mandorli in fiore nella Valle dei Templi di Agrigento nel periodo primaverile, questa nuova tonalità conferisce alla confezione un delicato e romantico tocco di stile”.
Per i più golosi, i dolci possono essere accompagnati da tre diversi gusti di creme spalmabili: al pistacchio, alla mandorla e al cioccolato di Sicilia. Completano la Collezione i Torroncini, immancabili peccati di gola perfetti per assaporare tutto il gusto dell’isola in un solo morso. Queste morbide delizie alle mandorle di Avola e Pistacchio di Sicilia sono ricoperte di cioccolato fondente, al latte, all’arancia e al limone e sono racchiuse in latte di tre diversi formati, impreziosite dai decori tipici del carretto siciliano e geometrie ispirate ai mosaici bizantini di Palermo.
I prodotti saranno in vendita presso il DG Martini di Milano, in corso Venezia 15, su world.dolcegabbana.com/food-beverage e in selezionati punti vendita gourmet in Italia e all’estero.
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