REGGIO EMILIA (ITALPRESS) – Il 2019 e’ stato un anno record per la produzione della DOP Parmigiano Reggiano che cresce complessivamente dell’1,47% rispetto all’anno precedente. I 3,75 milioni di forme (circa 150 mila tonnellate) prodotte nel 2019 rappresentano il livello piu’ elevato nella storia del Parmigiano Reggiano. Un giro d’affari al consumo pari a 2,6 miliardi.
Il Parmigiano Reggiano ha vissuto un momento felice anche per quanto riguarda le quotazioni. Se, nel 2016, il costo al kg era pari a 8,60 euro, nel 2019 la quotazione media annua si e’ attestata a 10,75 euro con un incremento del 25%. Il mercato del Parmigiano Reggiano e’ un mercato che sta diventando sempre piu’ internazionale. L’Italia rappresenta oggi poco meno del 60% del totale, contro una quota export del 41% (+4,3% di crescita a volume rispetto all’anno precedente). La Francia e’ il primo mercato (21% dell’export totale), seguito da Usa (20,9%), Germania (17,8%), Regno Unito (12,3%) e Canada (3,9%).
Crescono anche i nuovi mercati come Australia (+21,3%), Cina (+36,4%) e Paesi Arabi (+2,9%). Rallenta invece il Canada (-26,5%) a causa degli adattamenti del CETA. Per quanto concerne i primi due mesi del 2020, le vendite Parmigiano Reggiano hanno gia’ registrato un aumento di volumi di vendita, in particolare nella GDO dove la crescita ha sfiorato il +20%. Meno felice al contrario l’andamento delle quotazioni, considerando che il prezzo all’ingrosso ad aprile si attesta poco sopra gli 8 euro al kg contro i 10,75 euro del 2019. “La situazione di crisi che stiamo affrontando a causa della pandemia – afferma Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio Parmigiano Reggiano – non ha interrotto le attivita’ del Consorzio che si e’ da subito attrezzato per portare avanti i controlli qualita’ a tutela e garanzia del consumatore. Il nostro lavoro continua – aggiunge Bertinelli – abbiamo provveduto a una rivisitazione del piano marketing 2020 alla luce di tutte le limitazioni che stiamo subendo a causa del lockdown e a quelle che saranno le prossime fasi di questo lento ritorno alla normalita’. Serviranno inoltre misure per calmierare la produzione, cosi’ come azioni sul canale horeca per consentire una ripartenza in un segmento di mercato che si e’ completamente fermato”.
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Un 2019 record per il Parmigiano Reggiano
Consorzio Brunello di Montalcino a sostegno del brand
Il rinvio, a giugno, della ripresa della ristorazione e del turismo in Italia mette in ulteriore difficoltà il mercato del vino del Belpaese. Una crisi asimmetrica, perché penalizza principalmente Montalcino e le altre aree – anche toscane – icona del made in Italy enologico che nell’horeca nazionale e internazionale trovano il proprio sbocco naturale.
Per questo il Consorzio del vino Brunello di Montalcino ha fatto presente all’assessore all’Agricoltura della Regione Toscana, Marco Remaschi, la propria particolare situazione, oltre alle relative proposte per uscire dall’emergenza e dalla sempre più insostenibile quanto imprevista tensione finanziaria. “In questa fase di grave crisi per il vino toscano – ha detto il presidente del Consorzio del vino Brunello di Montalcino, Fabrizio Bindocci – il nostro ente non abdica al suo ruolo guida anche nel campo della promozione. Siamo infatti convinti che questa non sia una crisi strutturale, ma una difficoltà congiunturale generata dal Covid-19 cui contrapporre, assieme a un’adeguata dotazione creditizia, una reazione forte basata sulle attività di promozione e marketing”. “È infatti allo studio a partire dalla seconda parte di quest’anno – ha aggiunto Bindocci – un piano articolato di presenza capillare sui maggiori canali commerciali online nei principali mercati di sbocco – dalla Germania agli Stati Uniti, dal Giappone, al Canada, all’Italia – a supporto del brand Montalcino e delle sue produzioni”. A questo proposito, nella lettera inviata all’assessore Remaschi, il Consorzio sottolinea anche la necessità di poter modificare le norme attuative dei programmi di Ocm e Psr attraverso una proroga di 18 mesi del termine delle azioni previste, una rimodulazione delle stesse ed eventualmente una rinuncia all’investimento senza penali da parte delle imprese. E ancora, rinnovare per altri 3 anni la misura di promozione relativa ai Piani di sviluppo rurale anche con stanziamenti specifici riservati ai consorzi di tutela, oltre alla richiesta di ripristino di una quota regionale extra (20%) in aggiunta al 50% garantito da fondi Ue sulla misura Ocm Promozione Paesi terzi. “L’obiettivo è mettere subito in sicurezza le aziende e allo stesso tempo prepararci nel migliore dei modi al ritorno della domanda. Non temiamo l’abbondanza di stock in cantina perché il Brunello in giacenza non perde ma acquista valore. Per questo – ha concluso Bindocci – non è pensabile che le nostre aziende possano cedere il passo alle speculazioni”.
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McDonald’s, donati 200 tonnellate prodotti alimentari e 10 mila pasti
MILANO (ITALPRESS) – McDonald’s conferma il suo ruolo di azienda vicina all’Italia e alle comunita’ locali in cui opera: insieme ai suoi dipendenti e ai suoi franchisee, sin dall’inizio dell’emergenza sanitaria, ha attivato iniziative di sostegno al Paese e a chi ne e’ piu’ colpito. Lo testimonia la distribuzione di 200 tonnellate di prodotti alimentari freschi e di 10.000 pasti a settimana ai bisognosi, ai volontari e al personale sanitario impegnato nell’emergenza su tutto il territorio nazionale. Insieme a Fondazione per L’Infanzia Ronald McDonald Italia, inoltre, McDonald’s ha donato 1 milione di euro per contribuire all’acquisto di moduli di degenza per il nuovo ospedale della Fiera di Milano e per l’acquisto di un’unita’ completa di rianimazione per potenziare il reparto di Terapia Intensiva dell’Ospedale Buzzi. “Il nostro legame con l’Italia e’ forte e radicato nel tempo, per questo per noi e’ naturale supportare il Paese e chi ne ha piu’ bisogno. Insieme ai nostri franchisee e ai nostri dipendenti, vogliamo fare la nostra parte per sostenere da una parte chi ogni giorno lavora instancabilmente per garantire cure a chi ne ha bisogno, dall’altra chi in questo momento storico e’ piu’ fragile” dichiara Mario Federico, Amministratore Delegato di McDonald’s Italia. McDonald’s ha collaborato con associazioni ed enti distribuiti su tutto il territorio – tra questi, Banco Alimentare in Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Calabria, Sicilia, per la distribuzioni di prodotti alimentari freschi; Cooperativa Farsi Prossimo a Milano, Medicina Solidale Onlus, Isola Solidale e Acli a Roma, Caritas diocesana di Brescia, l’Istituto Don Calabria a Verona, le Cucine Popolari di Bologna, la Comunita’ di Sant’Egidio Piemonte Onlus, la Parrocchia Sacro Cuore di Gesu’ e il Convento Frati Cappuccini San Nazzaro della Costa a Novara, per la consegna di pasti caldi ai bisognosi. Infine, non e’ mancato anche il sostegno al personale sanitario, con pasti e colazioni donati alla sezione locale della Croce Rossa di Piacenza e ad aziende ospedaliere come l’Ospedale Amedeo di Savoia di Torino, l’Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti Villa Sofia Cervello di Palermo, l’Ospedale da campo allestito dell’ONG Samaritan’s Purse a Cremona.
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Coronavirus, da Ismea 30 milioni ad aziende agricole e pesca
ROMA (ITALPRESS) – Per venire incontro alle difficolta’ delle aziende agricole e della pesca, e in particolare di quelle colpite dalla crisi per la elevata deperibilita’ del loro prodotto e per la chiusura dei normali canali commerciali, il Consiglio di Amministrazione dell’Ismea ha deliberato uno stanziamento di 30 milioni di euro.
I fondi serviranno a erogare mutui di importo fino a 30 mila euro a tasso zero con una durata di 5 anni, di cui i primi 2 anni di preammortamento.
L’intervento, grazie all’utilizzo della cambiale agraria e della cambiale della pesca, si distingue per la semplicita’ della procedura e le tempistiche estremamente ridotte che consentono di poter erogare gli aiuti al massimo entro una settimana dalla richiesta.
L’iniziativa si inserisce nel “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza Covid” e, all’esito dell’autorizzazione della Commissione europea, la domanda potra’ essere presentata tramite il portale dell’Ismea.
L’aiuto va a sommarsi alle altre misure straordinarie assunte dall’Istituto nei giorni scorsi tra cui la sospensione delle rate dei mutui, l’estensione dell’operativita’ delle garanzie ISMEA e l’allungamento dei termini per la partecipazione alla Banca della terra.
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Indagine Vinitaly-Nomisma, il lockdown frena i consumi di vino
“Nulla sarà come prima”, il refrain post-emergenza, non vale per il popolo del vino: i consumatori italiani (l’85% della popolazione) si dichiarano infatti in buona sostanza fedeli alle proprie abitudini già a partire dalla fase 2, compatibilmente con la loro disponibilità finanziaria. Nel frattempo, non è come prima la dinamica dei consumi in regime di lockdown: il bicchiere è più mezzo vuoto che mezzo pieno, e la crescita degli acquisti in Gdo non compensa comunque l’azzeramento dei consumi fuori casa.
E se il 55% dei consumatori non ha modificato le proprie abitudini, tre su dieci affermano invece di aver bevuto meno vino (ma anche meno birra) in quarantena, a fronte di un 14% che indica un consumo superiore. È quanto emerge dall’indagine – la prima a focus emergenza a cui ne seguiranno altre nei prossimi mesi – a cura dell’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor “Gli effetti del lockdown sui consumi di vino in Italia”, realizzata su 1.000 consumatori di vino della popolazione italiana.
La presentazione della survey, moderata dal Ceo di Bertani Domains, Ettore Nicoletto, è in programma questa sera alle 17 nel corso della diretta streaming di “Italian wine in evolution” (https://winejob.it/webinar-italian-wine-in-evolution-3-appuntamento/), a cui parteciperanno il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani e il responsabile di Nomisma Wine Monitor, Denis Pantini.
Il ‘dopo’ sarà come ‘prima’ per l’80% dei consumatori. O più di prima, con i millennials che prevedono un significativo aumento del consumo in particolare di vini mixati (il 25% prevede di aumentarne la domanda), a riprova della voglia di tornare a una nuova normalità con i consueti elementi aggreganti, a partire dal prodotto e dai suoi luoghi di consumo fuori casa (ristoranti, locali, wine bar), che valgono una fetta di 1/3 del campione in termini di volume (il 42% tra i millennials).
Il vino – evidenzia l’indagine – non può dunque prescindere dal suo aspetto socializzante, se è vero che la diminuzione riscontrata è da addurre in larga parte (58%) al regime di isolamento imposto dall’emergenza Covid-19 che ha cancellato le uscite nei ristoranti, le bevute in compagnia e gli aperitivi. Per contro, chi dichiara un aumento ha scelto il prodotto enologico quale elemento di relax (23%, in particolare donne del Sud), da abbinare alla buona cucina di casa (42%), specie tra gli smart worker del Nord.
Per il dg di Veronafiere, Giovanni Mantovani, “se poco sembra modificarsi nelle abitudini al consumo – e questa è una buona notizia -, le imprese del vino sono invece chiamate a profondi cambiamenti, alle prese con la necessità di reagire alle tensioni finanziarie e allo stesso tempo di difendersi dalle speculazioni. Il mercato e i suoi nuovi canali di riferimento saranno le principali cure per un settore che oggi necessita di un outlook straordinario sulla congiuntura e di un partner in grado di fornire nuovi orizzonti e soluzioni. Come Veronafiere – ha concluso – da qui ai prossimi mesi vogliamo prenderci ancora di più questa responsabilità a supporto del settore”.
In generale la quarantena sembra aver appiattito anche gli stimoli alla conoscenza, con la sperimentazione delle novità di prodotto in calo sul pre-lockdown (dal 73% al 59%), la preferenza verso i piccoli produttori (dal 65% al 58%), i vini sostenibili (dal 65% al 61%) e gli autoctoni (dall’81% al 76%). Tendenze queste che a detta degli intervistati torneranno identiche a prima nel post quarantena. Ciò che è cambiato, ma è da verificare se lo sarà anche in futuro, è la preferenza del canale di acquisto online, balzata dal 20% al 25%.
Per il responsabile di Nomisma Wine Monitor, Denis Pantini: “per quanto il lockdown abbia cambiato modalità di acquisto e consumo di vino da parte degli italiani, il desiderio di ritornare ‘ai bei tempi che furono’ sembra prevalere sull’attuale momento di crisi e su comportamenti futuri che giocoforza saranno improntati ad una maggior precauzione e distanza sociale. Si tratta di un asset molto importante in termini di fiducia sulla ripresa e che va preservato soprattutto alla luce della imminente fase 2, anche perché il crollo stimato sul Pil italiano per i mesi a venire rischia di avere impatti sui consumi in considerazione di una domanda rispetto al reddito che nel caso del vino risulta elastica, e come tale, a rischio riduzione in virtù della recessione economica”.
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Parmigiano Reggiano costringe Campbell’s a cambiare le etichette
Prosegue senza sosta la battaglia del Consorzio del Parmigiano Reggiano per la tutela del consumatore contro inganni e frodi. Dopo una lunga querelle, il colosso americano delle zuppe Campbell’s – che produce un fatturato di 8 miliardi l’anno – ha comunicato di accettare le richieste del Consorzio di tutela di eliminare dalle etichette dei suoi prodotti qualsiasi riferimento al Re dei Formaggi.
Sulla linea di sughi “Prego” erano infatti visibili foto di porzioni di formaggio con i noti puntini che vengono impressi all’origine su ogni forma di Parmigiano Reggiano.
I sughi Campbell’s riportano in etichetta l’ingrediente parmesan che nulla ha a che vedere con l’originale prodotto Dop italiano.
Per questo motivo, il Consorzio – con il supporto dello studio legale Shepherd, Finkelman, Miller & Shah, LLP – si è opposto ed ha richiesto all’industria conserviera statunitense di rimuovere le immagini in quanto ingannevoli per gli acquirenti.
Il Parmigiano Reggiano è una Dop e, come tale, può essere prodotta solo in zona tipica: nelle province di Parma, Reggio Emilia, Modena, parte di Bologna e di Mantova e che l’utilizzo del marchio di origine (i famosi puntini riportanti la denominazione: “Parmigiano Reggiano”) possono essere riferiti solo all’autentico prodotto italiano.
“Non è la prima battaglia che il Consorzio affronta contro multinazionali dalle risorse economiche pressoché illimitate – si legge in una nota -. Risale a qualche mese fa il ricorso depositato contro la Kraft Foods Group Brands LLC che sta tentando di ottenere la registrazione del ‘KRAFT PARMESAN CHEESE’ come marchio ufficiale in Nuova Zelanda, dove il Consorzio da oltre 20 anni ha registrato il marchio Parmigiano Reggiano. E ci sono altre cause contro Kraft in diversi paesi: Australia, Uruguay, Paraguay, Cile, Thailandia, Ecuador”.
“Il Consorzio Parmigiano Reggiano è attento e pronto a combattere ogni frode – ha evidenziato il presidente Nicola Bertinelli – questo successo alimenta la nostra fiducia nella battaglia per la difesa del ‘parmesan’ che stiamo conducendo da decenni, prima in Europa e ora nel Mondo. Se una multinazionale come Campbell usa le immagini del Parmigiano Reggiano su un prodotto contenente parmesan, questa è la prova evidente che per i consumatori di Campbell il nome ‘parmesan’ non è generico, e viene legato alla DOP Parmigiano Reggiano”.
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Quattro nuovi spot per Caffè Borbone
ROMA (ITALPRESS) – Quattro nuovi spot per Caffe’ Borbone, azienda che produce cialde e capsule. Il primo, gia’ in Tv da domenica 19 aprile, e’ dedicato alla linea compostabile, che garantisce un completo smaltimento nell’umido e il rispetto dell’ambiente.
Innovazione, sostenibilita’ e tradizione: sono questi i leit motiv di ogni spot, ciascuno focalizzato sulle peculiarita’ di un prodotto diverso.
“Un impulso comunicativo dato dagli ottimi risultati ottenuti dalle operazioni di posizionamento del brand del 2019, e che ora rendono necessario, come secondo step, il racconto delle diverse leve, specifiche per ogni prodotto”, dice il direttore Marketing e Comunicazione, Mario de Rosa.
Il primo spot – prodotto da Indiana Production – e’ in linea con il momento contingente, di forte difficolta’, dove la rassicurazione diventa necessita’. In primo piano dunque la famiglia, la casa, la relazione genitori-figli, dove i primi si fanno portavoce del valore del rispetto della natura. A fare da cornice il calore e la bellezza di Napoli che rimarcano l’origine e la territorialita’ di un’azienda che vuole tutelare la tradizione del caffe’ espresso facendone il suo primo valore.
Dopo di questo saranno trasmessi sul piccolo schermo “film” che racconteranno le altre linee di Caffe’ Borbone.
La Tv – in particolare i principali canali nazionali – sara’ il media principale della campagna, pianificata da MediaCom Italia. Il piano digital vedra’ un forte utilizzo delle piattaforme social.
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Agricoltura, Uila-Uil “Chiarezza su fabbisogno occupazionale”
“In base alle elaborazioni del nostro ufficio studi, possiamo affermare che il reale fabbisogno occupazionale in agricoltura conseguente all’emergenza Covid-19, non supera le 40.000 unità, numeri ben diversi da quelli diffusi in questi giorni e sui quali occorre fare chiarezza”. Così il segretario generale della Uila-Uil, Stefano Mantegazza, commenta i dati che sono stati illustrati ieri nel corso di una video conferenza con le ministre del lavoro Nunzia Catalfo e delle politiche agricole Teresa Bellanova insieme ai rappresentanti delle parti sociali agricole. Secondo l’osservatorio Uila sull’occupazione in agricoltura, al 31 marzo scorso i braccianti presenti nel nostro paese erano 578.000, con una flessione del 6% rispetto all’anno precedente. Un dato confermato anche dalle richieste del bonus di 600 euro, previsto dal decreto Cura Italia, che sono state circa 575.000. A questi lavoratori, vanno aggiunte altre 330.000 persone che hanno lavorato, nel 2019, meno di 51 giornate; di queste ben 270.000 hanno lavorato meno di 30 giornate. L’ufficio studi segnala inoltre che, nei primi 15 giorni di aprile, sono arrivati in Italia 3.000 braccianti e altri sono attesi in questi giorni. Verifiche effettuate in singoli territori confermano una scarsità di manodopera che, complessivamente su scala nazionale, non supera le 40.000 unità. “Sono numeri che dimostrano che, a fronte di un’occupazione certa e del pagamento del salario contrattuale, l’attuale platea di lavoratori agricoli sarebbe più che sufficiente a rispondere alla mancanza di quei lavoratori stranieri che ancora non sono rientrati nel nostro Paese”, conclude Mantegazza.
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