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FERRERO, MAXI ACQUISIZIONE NEGLI USA

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Il Gruppo Ferrero e le sue società collegate hanno raggiunto un accordo definitivo in base al quale acquisirà il business dei biscotti, degli snack alla frutta, dei gelati e delle crostate da Kellogg Company per 1,3 miliardi di dollari (1,16 miliardi di euro al cambio attuale) in contanti. Questi business hanno generato un fatturato di circa 900 milioni di dollari nel 2018.

Ferrero acquisirà un forte portafoglio di marchi molto amati negli Stati Uniti nella categoria dei biscotti, tra cui il marchio iconico di biscotti Keebler, i biscotti top selling nel consumo “on the go” Famous Amos, il marchio di biscotti premium per famiglie Mother’s e i biscotti senza zucchero Murray, così come Little Brownie Bakers, fornitore di biscotti per le Girl Scouts. Ferrero acquisirà anche il business degli snack alla frutta Kellogg’s, compresi gli snack Stretch Island e Fruity, insieme ai coni gelato e le crostate Keebler’s.

Dal 2017, Ferrero ha acquisito diversi marchi e aziende statunitensi e, con questa transazione, entrerà in nuove categorie di prodotti strategici, rafforzando ulteriormente la sua posizione nel mercato nordamericano.

 

Ferrero acquisirà da Kellogg anche sei stabilimenti di produzione statunitensi di proprietà, situati in tutto il paese, ad Allyn (Washington) Augusta (Georgia) Florence e Louisville in Kentucky e due stabilimenti a Chicago in Illinois; così come un impianto di produzione in affitto a Baltimora, nel Maryland.

“Il business di Kellogg dei biscotti, degli snack alla frutta, dei gelati e delle crostate rappresentano un’eccellente soluzione strategica per Ferrero, perché consentono di continuare ad aumentare la nostra presenza complessiva e l’offerta di prodotti nel mercato nordamericano”, afferma Giovanni Ferrero, presidente esecutivo del Gruppo Ferrero. “Con questa operazione non vedo l’ora di portare molti marchi iconici Kellogg nel portafoglio Ferrero, di accogliere i nuovi colleghi nella nostra vasta comunità e di proseguire la nostra tradizione nel far crescere i marchi, come abbiamo fatto attraverso le acquisizioni di successo di Fannie May, Ferrara Candy Company e l’ex business dolciario statunitense di Nestlé. Abbiamo un grande rispetto per Kellogg, per la sua eredità e i suoi valori e siamo orgogliosi che abbia scelto Ferrero come una buona casa per questi business”.

 

“Stiamo acquisendo un portafoglio di marchi consolidati amati dai consumatori, con posizioni sul mercato molto forti attraverso le loro rispettive categorie, permettendoci di diversificare in modo significativo il nostro portafoglio e di sfruttare le nuove entusiasmanti opportunità di crescita nel mercato dei biscotti più grande del mondo”, spiega Lapo Civiletti, CEO del Gruppo Ferrero.

“L’acquisizione rappresenta un’opportunità entusiasmante per portare avanti i nostri obiettivi strategici di crescita e non vediamo l’ora di condividere i nostri piani aziendali con i nostri clienti, fornitori e gli altri partner nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, e dare il benvenuto ai nostri nuovi colleghi di Kellogg’s”, sottolinea Todd Siwak, CEO di Ferrara Candy Company.

La transazione è soggetta alle consuete condizioni di chiusura e approvazioni normative e si prevede che si chiuderà nella seconda metà dell’anno.

JP Morgan Securities plc, Davis Polk & Wardwell LLP sono stati consulenti di Ferrero.

 

VINITALY, 53^ EDIZIONE CHIUDE CON 125 MILA VISITATORI

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Il 53° Vinitaly ha chiuso il 10 aprile a Verona registrando 125mila presenze da 145 nazioni, in linea con l’edizione precedente ma aumentando invece la qualità e il numero dei buyer esteri accreditati che quest’anno registrano ancora un aumento del 3% per un totale di 33 mila presenze.

«È stato il Vinitaly più grande di sempre con 4.600 aziende, 130 in più dell’anno scorso, e 100mila metri quadrati espositivi netti, ma da domani saremo già al lavoro per migliorare ancora – commenta Maurizio Danese, presidente di Veronafiere -. Continua la focalizzazione sulla selezione di visitatori verso una presenza sempre più professionale e internazionale. A riprova, sono aumentate di 20mila, per un totale di 80 mila, le presenze di wine lover al fuori salone di Vinitaly and the City. Registriamo molta soddisfazione da parte degli espositori e questo significa che la svolta intrapresa nel 2016 è la direzione da seguire. Dopo quella in Brasile, abbiamo lanciato la nuova piattaforma di promozione Wine To Asia attiva dal 2020 in Cina, a Shenzhen. Inoltre, il ruolo guida per il sistema vitivinicolo è stato confermato dall’attenzione istituzionale, con la visita del presidente del Consiglio, dei due vicepremier, del presidente del Senato, del ministro delle Politiche agricole e del Turismo, e a livello europeo con il commissario per l’Agricoltura».

 

«Una delle cifre anche di questa edizione di Vinitay è stata di sicuro l’internazionalità, con l’ulteriore incremento del 3% dei top buyer presenti tra i padiglioni – spiega Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere -. Merito delle ulteriori risorse investite sull’attività di incoming, con la selezione e gli inviti da 50 paesi target e la collaborazione con Agenzia ICE. Nella top five delle provenienze degli operatori primeggiano gli Stati Uniti (+2% sul 2018), seguiti da Germania (+4%), Regno Unito (+9%), Cina (+3%) e Canada (+18%). Su questo fronte molte bene il Giappone (+11%): un risultato che, sommato agli altri registrati dal Far East, supporta la nostra scelta di creare un nuovo strumento di promozione permanente dedicato all’Asia.

Ma questo è stato anche un Vinitaly sempre più digital e connesso che ha certificato la centralità nella nostra community globale della Directory online in nove lingue che conta più di 4.500 aziende e 18mila vini (aumentati del 20%) e ha registrato oltre 1 milione di visite nelle ultime due settimane, senza dimenticare il debutto della geolocalizzazione nei padiglioni, per facilitare l’incontro tra domanda e offerta”.

 

Ad integrare e ampliare l’offerta di Vinitaly, si sono svolte come ogni anno in contemporanea Sol&Agrifood, la manifestazione di Veronafiere sull’agroalimentare di qualità ed Enolitech, rassegna su accessori e tecnologie per la filiera oleicola e vitivinicola, a cui quest’anno si è affiancata Vinitaly Design che ha proposto prodotti e accessori che completano l’offerta legata alla promozione del vino e all’esperienza sensoriale: dall’oggettistica per la degustazione e il servizio, agli arredi per cantine, enoteche e ristoranti, sino al packaging personalizzato.

La 54^ edizione di Vinitaly è in programma dal 19 al 22 aprile 2020.

 

TERSI IN TOP 100 PERSONALITÀ MONDO DEL VINO

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Il wine manager cesenate Lorenzo Tersi tra le 100 personalità più influenti nel mondo del vino.
A dirlo è la rivista specializzata “Cronache di Gusto” che annualmente in occasione di Vinitaly a Verona presenta il report sui più importanti influencer e opinion leader del settore.

Una speciale classifica che per il terzo anno consecutivo inserisce Tersi nella top 100 nazionale.
Il wine manager cesenate da oltre 20 anni affianca produttori vitivinicoli, cantine e aziende agroalimentari attraverso la società LT Wine Food Advisor di cui è fondatore. “La sua passione e le competenze sviluppate nella consulenza nel mondo del vino gli conferiscono la capacità di cogliere, analizzare e interpretare i cambiamenti di questo settore e individuare gli scenari in cui poter configurare nuove dimensioni e opportunità”, si legge nella scheda redatta dalla rivista. Tersi ha un ruolo attivo anche nel nostro territorio: è consigliere di Cesena Fiera, contesto nel quale ha ideato Fattore R il Forum dell’economia della Romagna, ed è vicepresidente di Cesena Lab incubatore d’impresa per start up aziendali nel mondo del web, digital e new media.

 

2018 DA RECORD PER IL PARMIGIANO REGGIANO

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Il 2018 è stato un anno da record per la produzione Dop del Parmigiano Reggiano, cresciuto dell’1,35% rispetto all’anno precedente. In totale sono state prodotte 3,7 milioni di forme per 148mila tonnellate: disposte una a fianco all’altra coprirebbero la distanza che c’è tra Reggio Emilia e Londra e il loro peso equivarrebbe a 18 Torri Eiffel. 

A presentare i dati economici del comparto, alla Borsa di Milano, è stato Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio Parmigiano Reggiano che raggruppa 330 caseifici produttori, insieme al vicepresidente Guglielmo Garagnani. “Oltre all’incremento in termini di produzione e export, il Parmigiano Reggiano sta vivendo un momento felice anche in termini di quotazioni con un +2% – ha detto il presidente – in particolare, nonostante ci sia stato un aumento di offerta di prodotto sul mercato, il prezzo ha tenuto e si è attestato intorno ai 10 euro al kg per il Parmigiano Reggiano 12 mesi da caseificio produttore”. 

Un giro d’affari al consumo che vale 2,4 miliardi per la denominazione di origine protetta che si proietta sempre più verso l’estero. L’Italia rappresenta oggi il 60% del mercato, contro una quota export del 40% (+5,5% di crescita a volume rispetto all’anno precedente). La Francia è il primo mercato (11.333 tonnellate), seguito da USA (10.439 tonnellate), Germania (9.471 tonnellate), Regno Unito (6.940 tonnellate) e Canada (3.030 tonnellate). Se Francia e Regno Unito crescono (rispettivamente più 12,6% e più 2,2% ) la Germania frena (meno 4,4%) a causa della concorrenza dei prodotti similari. Al contrario, cresce il Canada (più 17,7%) che, grazie agli accordi CETA, conferma le previste opportunità di sviluppo. La conferenza stampa è stata l’occasione anche per riflettere sulle azioni che il Consorzio intraprenderà per guidarne la crescita.

La sfida è quella di collocare il prodotto a un prezzo remunerativo: nel 2019 si prevede infatti un ulteriore incremento della produzione che porterà il numero delle forme a superare quota 3,75 milioni. Per fare crescere la domanda, il bilancio preventivo del Consorzio ha previsto un investimento in comunicazione pari a oltre 24 milioni destinati a sviluppare le vendite in Italia e all’estero. 

 

“Stiamo guardando a nuovi mercati – ha detto Bertinelli – in modo particolare l’area del Golfo, quindi gli Emirati Arabi Uniti, l’Arabia Saudita, Dubai, che il prossimo anno ospiterà Expo, ma anche il Libano, tutte aree dove il Consorzio fino al 2021 investirà oltre tre milioni in comunicazione”. Come ribadito da Mauro Rosati, direttore generale della Fondazione Qualivita “il marketing messo a punto dal Consorzio Parmigiano Reggiano ha voluto diffondere una cultura che poggia su due assi principali, quello della trasparenza e quello dell’autenticità che sono i due elementi che hanno contraddistinto l’azione del Parmigiano in questi anni. Le prossime sfide riguarderanno anche temi come Blockchain e Big Data”.

 

CREA IN CAMPO CON DIVERFARMING PER INNOVAZIONE

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Quali sono le migliori strategie di diversificazione colturale in risposta ai cambiamenti climatici? E quali le innovazioni nella gestione agronomica in un contesto ambientale alterato dal clima? Di questo si è discusso in occasione del primo Regional Meeting del progetto Diverfarming, che si è svolto presso l’azienda Ferrari (stabilimento di Gariga, Piacenza), uno dei casi studio dove vengono testate la rotazione delle colture leguminosa – frumento duro – pomodoro e la fertilizzazione mediante digestato anaerobico (un fertilizzante naturale derivante dalla produzione di biogas). Si tratta di tecniche impiegate per aumentare il sequestro del carbonio nel suolo, migliorandone in questo modo la fertilità e la biodiversità microbica, nonché per ridurre l’emissione dei gas serra.

La giornata, cui ne seguiranno altre due (a Mantova ed a Cremona), è stata un’occasione di ascolto e di confronto con gli agricoltori, i produttori e i rappresentanti delle amministrazioni locali, che hanno potuto toccare con mano i vantaggi dei metodi di diversificazione delle colture.

Alla visita in campo è seguito un “fishbowl” (letteralmente “la vaschetta dei pesci”, un momento di discussione fra partecipanti e relatori) in cui si è cercato di identificare le migliori strategie per mitigare gli impatti ambientali. Tra queste ricoprono un ruolo rilevante gli approcci agronomici diversificati alternativi alla monocoltura, come ad esempio la rotazione delle colture (avvicendamento temporale di colture diverse), l’intercropping (la possibilità cioè di introdurre colture intercalari tra diverse colture principali) e il multicropping, o coltivazione multicolturale (la coesistenza di colture diverse in una stessa area).

Diverfarming, progetto europeo quinquennale di cui il CREA è il referente per l’Italia ed il Nord-Mediterraneo, mira a costruire sistemi colturali diversificati a bassi input chimici, in grado di garantire la resa delle colture e ridurre gli impatti ambientali, cercando di offrire, quindi, una possibile soluzione alle criticità agro-climatiche.

Il CREA, con i suoi centri di Agricoltura e Ambiente, Cerealicoltura e Colture Industriali e Genomica e Bioinformatica, si occupa nello specifico di valutare gli effetti delle tecniche adottate in aree con condizioni pedoclimatiche differenti sui principali parametri fisico-chimici e biologici del terreno, sulla microbiodiversità e sulle emissioni, individuando, attraverso un modello previsionale, la migliore gestione in termini di conservazione della sostanza organica, di incremento della biodiversità, di mantenimento della fertilità del suolo e di resilienza dell’agroecosistema (cioè la sua capacità di rispondere ai cambiamenti repentini). Gli altri partner italiani del progetto sono l’Università della Tuscia, Barilla e il Consorzio Casalasco.

 

SIGLATA INTESA ENEL-CONFAGRICOLTURA

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Favorire l’innovazione, l’efficienza energetica, la sostenibilità e i processi di digitalizzazione per aumentare la competitività del settore agricolo. È l’obiettivo dell’accordo che Enel e Confagricoltura hanno firmato per identificare le possibili sinergie tra il settore energetico e quello agricolo e produrre benefici economici, sociali e ambientali. 

L’intesa prevede l’istituzione di un tavolo tecnico dedicato alla qualità del servizio elettrico per l’analisi delle esigenze delle imprese, un programma di incontri di formazione per migliorare le condizioni di sicurezza durante lo svolgimento di attività agricole in prossimità di impianti di rete.

Enel e Confagricoltura puntano inoltre, attraverso una collaborazione a livello regionale con l’attivazione di un canale diretto per il monitoraggio delle condizioni del servizio elettrico e per agevolare il ripristino delle attività in caso di emergenza. 

 

Grazie a questo protocollo le oltre 375.000 imprese associate a Confagricoltura potranno infine beneficiare di un servizio di consulenza commerciale ed energetica che accompagnerà ogni fase dei rapporti contrattuali con le società del Gruppo Enel. 

“L’intesa – sottolinea Carlo Tamburi, direttore Enel Italia – dimostra l’approccio sostenibile di Enel e l’attenzione al cliente attraverso l’individuazione di soluzioni innovative in grado di soddisfarne ed anticiparne le esigenze. Il settore agricolo rappresenta per il nostro Paese un’eccellenza riconosciuta in tutto il mondo e la collaborazione con Confagricoltura ci permetterà di migliorare ulteriormente la qualità dei servizi che offriamo alle aziende del comparto”.

“L’accordo – afferma Massimilano Giansanti, presidente di Confagricoltura – vuole contribuire ad assicurare alle aziende associate un adeguato livello di qualità del servizio, anche attraverso il presidio delle situazioni di emergenza. E allo stesso tempo grazie al monitoraggio continuo delle esigenze delle imprese, rafforzare la competitività delle imprese e di tutte le filiere agroalimentari congiuntamente alla sostenibilità delle produzioni agricole”.

 

CONSORZIO PARMIGIANO “FILIERA IN SALUTE”

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Il Consorzio del Parmigiano Reggiano segue con attenzione le indiscrezioni circa il presunto interessamento del gruppo francese Lactalis per uno tra i primi dieci esportatori italiani di Parmigiano Reggiano. “La società rappresenta un soggetto che sicuramente ricopre un ruolo importante nella commercializzazione del ‘Re dei Formaggi’, ma che fa parte di un universo composto da tante altre aziende che sono italiane e rimarranno in Italia”, afferma il presidente del Consorzio, Nicola Bertinelli, che si sente in ogni modo di rassicurare i consumatori circa la provenienza e l’autenticità della DOP: “Se da una parte, da italiani, vorremmo che il business rimanesse 100% italiano, dall’altra l’interessamento di Lactalis testimonia la buona salute della nostra filiera e l’attrattività economico-finanziaria che è in grado di esercitare a livello internazionale. Ricordiamo che il Parmigiano Reggiano è la DOP italiana con il più alto valore alla produzione, il giro d’affari è stato pari a 1,4 miliardi nel 2018, un giro d’affari al consumo di 2,4 miliardi e una quota export che è arrivata a toccare il 40%”.

 

ENEA E FEDERALIMENTARE PER L’ECONOMIA CIRCOLARE

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Oltre 200 imprese di sei Paesi europei coinvolte in iniziative per ridurre l’impronta ambientale di sei prodotti di largo consumo: olio d’oliva, vino, acqua in bottiglia, mangimi, salumi e formaggio. Ma anche tecnologie, soluzioni e oltre 60 buone pratiche per il settore disponibili sul sito dedicato pefmed-wiki.eu. Sono questi i risultati del progetto europeo PEFMED, coordinato da ENEA, presentati a Roma nell’ambito del convegno “Product Environmental Footprint: un’opportunità per rafforzare l’economia circolare nel settore agroalimentare”, che ha fatto il punto sugli strumenti concreti per migliorare la sostenibilità della filiera agroalimentare mediterranea.

Finanziato con circa 2 milioni di euro dalla Commissione europea, il progetto PEFMED ha coinvolto in Italia anche il Ministero dell’Ambiente e Federalimentare che ha coordinato le iniziative di trasferimento tecnologico delle maggiori federazioni agroindustriali degli altri Paesi coinvolti (Grecia, Francia, Portogallo, Slovenia e Spagna). Le iniziative nei sei Paesi hanno riguardato complessivamente nove filiere agroindustriale sulle quali è stata testata una metodologia comune per la valutazione dell’impronta ambientale dei prodotti nel loro ciclo di vita, secondo il metodo europeo PEF (Product Environmental Footprint), per individuare le maggiori criticità ambientali ma anche per promuovere la produzione di prodotti a basso impatto ambientale nel mercato europeo e la competitività delle aziende.

 

In parallelo all’applicazione della PEF, un team di ricercatori, imprenditori ed esperti ha associato al metodo un set di indicatori socio-economici relativi diritti umani, condizioni di lavoro, salute e sicurezza, patrimonio culturale, governance e impatti socio-economici sul territorio, con l’obiettivo di definire per ogni azienda un business plan sostenibile, “una vera e propria strategia di eco-innovazione e di marketing in grado di individuare aree di intervento e soluzioni tecnologiche e gestionali e ridurre gli impatti sia ambientali che socio-economici di prodotto e filiera, con un’attenzione al territorio e agli strumenti di politica economica disponibili”, spiega Caterina Rinaldi, ricercatrice ENEA e coordinatrice del progetto. “Il metodo e gli strumenti utilizzati nel progetto hanno dimostrato di essere efficaci per aziende e filiere e potrebbero servire a rispondere adeguatamente ai bisogni dei consumatori, soprattutto se associati ad uno schema di certificazione, come ad esempio il marchio nazionale ‘Made Green in Italy’ del Ministero dell’Ambiente”, conclude Rinaldi.

 

“Ritengo che la partecipazione al progetto PEFMED sia stata decisamente positiva su diversi fronti”, evidenzia Ivano Vacondio Presidente di Federalimentare, “la Federazione, ancora una volta, ha dimostrato come il settore alimentare sia attento e sensibile ai temi della sostenibilità e delle dichiarazioni ambientali di prodotto. Nell’ambito del progetto, una serie di imprese agroalimentari italiane ed europee hanno svolto delle sperimentazioni e testato concretamente l’applicazione della PEF su alcuni prodotti per valutarne le potenziali performance ambientali. “Tuttavia permangono aree da sviluppare ulteriormente, per consentire un uso credibile e di successo della PEF. Solo per citarne alcune: è necessario sviluppare ulteriormente le regole di categoria di prodotto (le PEFCR), aumentare la rappresentatività delle banche dati e rendere la PEF fattibile anche per le piccole e medie imprese (PMI). Dal punto di vista della comunicazione, le informazioni basate sulla PEF devono essere volontarie e off-pack”. Non da ultimo, ringrazio il coordinamento e il team dei ricercatori ENEA, che hanno collaborato in maniera egregia a fianco di Federalimentare durante questi anni”, conclude il presidente.