Agroalimentare

“L’Arte del Pizzaiuolo Napoletano” Patrimonio Unesco compie 6 anni

NAPOLI (ITALPRESS) – A sei anni dall’iscrizione dell’elemento “L’arte del Pizzaiuolo Napoletano” nella Lista Rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità – UNESCO, sono aumentate a livello esponenziale le richieste, da ogni parte del mondo, di veri pizzaiuoli di scuola napoletana. Un segnale che gratifica quanti si sono impegnati per far iscrivere e, successivamente, valorizzare l’elemento ma che impone anche attente riflessioni e l’adozione di misure per la salvaguardia della sua integrità affinchè venga tramandato un sapere tradizionale e culturale vivente e autentico. Una best practice quella del “pizzaiuolo napoletano” che si inserisce in un quadro più ampio, quello della “cultura del cibo” legata alla tradizione della cucina italiana che da sempre rende il nostro Paese crocevia di un Grand Tour enogastronomico unico.
Spirito di festa ma anche di collaborazione è quanto è emerso a Napoli il 7 dicembre, in occasione dell’evento “Dall’Arte del Pizzaiuolo Napoletano alla Cucina Italiana: Patrimonio culturale e Made in Italy certificato contro Agropirateria, Italian sounding e Fake food” promosso da Fondazione UniVerde, Coldiretti Campania e Associazione Pizzaiuoli Napoletani, in collaborazione con gli event partners: ITA0039 – 100% Italian Taste Certification by Asacert – Assessment & Certification, La Fiammante, Mulino Caputo, Bernardo – Legnami Certificati; e ospitato al Villaggio Coldiretti. Realtà che hanno sostenuto la campagna #PizzaUnesco e nuovi compagni di viaggio che intendono supportare la candidatura de “La Cucina italiana tra sostenibilità e diversità bioculturale” a Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità e difendere lo straordinario patrimonio agroalimentare italiano. Tra i media partner l’agenzia di stampa Italpress.
“Il sesto anniversario è occasione per valutare i risultati di grande rilancio dell’arte del pizzaiuolo di tradizione e scuola napoletana e ca va sans dire della pizza napoletana, ottenuti dopo la vittoriosa campagna internazionale #PizzaUnesco – spiega Alfonso Pecoraro Scanio, Presidente della Fondazione UniVerde -, ma anche per rafforzare la tutela di questo patrimonio culturale e rilanciare il nostro sostegno alla candidatura della cucina italiana nella Lista Rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità. Non dimentichiamo, inoltre, che il riconoscimento Unesco dell’arte del pizzaiuolo napoletano è stato di grande aiuto anche per l’agroalimentare italiano nella campagna contro l’agropirateria e il fake food che ho lanciato da ministro dell’Agricoltura perchè il sapere tradizionale del pizzaiuolo è sì immateriale ma il suo eccellente prodotto, la pizza, si fa con i nostri prodotti agroalimentari e una pratica culturale così fortemente identitaria senza qualità e autenticità dei prodotti rischia di essere deteriorata o addirittura di scomparire. Anche per questi motivi sostengo convintamente la candidatura della cucina italiana tra sostenibilità e diversità bioculturale perchè certo consentirà di tutelare l’agroalimentare made in Italy e tantissime tradizioni e ricette, tra le più amiche della natura e della salute, che si collegano alla Dieta mediterranea. Auspico che tutti coloro che ci hanno aiutato nella vittoriosa campagna #PizzaUnesco, che a tutt’oggi è rimasta la più popolare della storia dell’Unesco, facciano altrettantò.
Per Ettore Bellelli, Presidente di Coldiretti Campania, “l’arte del Pizzaiuolo, fatta di rito e gestualità oltre che del savoir faire partenopeo, parla al mondo del grande patrimonio agroalimentare campano che ruota proprio intorno a questo disco di pasta. Parla dei nostri pomodori, dell’olio, della mozzarella di bufala campana DOP, del fiordilatte. Il sigillo UNESCO per questo patrimonio immateriale rappresenta perciò un grande elemento di fortificazione della nostra identità culturale. Siamo lieti che il sesto anniversario del riconoscimento dell’arte del Pizzaiuolo si festeggi al villaggio Coldiretti perchè va nella stessa direzione che perseguiamo da sempre con il nostro impegno: la tutela della biodiversità e del Made in Naples che è poi, di fatto, il Made in Campania”.
Sergio Miccù, Presidente dell’Associazione Pizzaiuoli Napoletani, ha sottolineato: “Siamo giunti al sesto anniversario del riconoscimento dell’arte del pizzaiuolo napoletano quale patrimonio culturale immateriale dell’umanità – Unesco, un riconoscimento che ha dato grandissima visibilità alla figura professionale del pizzaiuolo, sempre più attento alla selezione di prodotti di qualità per offrire ai consumatori un prodotto d’eccellenza. Oltre alla continua divulgazione e internazionalizzazione dell’arte, stiamo ora puntando sulla formazione della nuova generazione. Riteniamo che la formazione debba iniziare già negli istituti di scuola alberghiera, con il rilascio di un diploma professionale di pizzaiuolo da parte del Ministero dell’Istruzione. Solo attraverso questo approccio possiamo garantire una maggiore tutela per la nostra arte”.
“A sei anni dall’iscrizione nella prestigiosa Lista Rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità, si sono moltiplicate le iniziative e l’attenzione per l’arte del pizzaiuolo napoletano – ha detto Nicola Caputo, Assessore all’Agricoltura della Regione Campania -, un segnale importante per il made in Naples e il made in Italy che occorre continuare a tutelare e valorizzare nel miglior modo possibile, innanzitutto valorizzando gli ingredienti della pizza, dal pomodoro all’olio e la mozzarella. Quella del pizzaiolo napoletano è un’arte autentica che si basa su una competenza che permette di sfruttare appieno la qualità dei prodotti agroalimentari dei territori campani. Si tratta di un patrimonio capace di attivare una rinascita sociale ma anche economica dei territori e delle produzioni di qualità”.
Giuseppe Ambrosio, Direttore Generale e Presidente GdL Unesco presso il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, ha ricordato che “l’arte del pizzaiuolo napoletano rappresenta l’essenza stessa del Patrimonio Immateriale come declinata dalla Convenzione Unesco. In essa convivono tradizione, storicità, arte della manualità. Un patrimonio da preservare e diffondere, come la bontà della pizza, sempre più nel mondo intero”.
Secondo Rosanna Romano, Direttore Generale per le Politiche Culturali e il Turismo della Regione Campania, “l’importante anniversario dell’iscrizione de L’arte del Pizzaiuolo Napoletano nella Lista Rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità – UNESCO è stato celebrato anche in occasione della Prima Rassegna del Patrimonio Immateriale della Campania, evento promosso di recente dalla Regione Campania in collaborazione con Scabec – Società Campana Beni Culturali. L’iniziativa, promossa per divulgare attraverso stand espositivi, dibattiti, incontri e performance il patrimonio culturale immateriale campano con le sue pratiche tradizionali connesse a saperi, celebrazioni, espressioni e cultura agro-alimentare, ha ospitato anche laboratori e degustazioni gratuite organizzate dall’Associazione Pizzaiuoli Napoletani e dall’Associazione Verace Pizza Napoletana, a conferma dell’importanza strategica che quest’arte riveste all’interno del patrimonio culturale campanò.
La sicurezza alimentare è una priorità assoluta da garantire al consumatore. La necessità di assicurare prodotti sani e di alta qualità si collega al dovere di utilizzare materiale legnoso certificato nei procedimenti di cottura in forno di pietanze come, appunto, la pizza. Su questo tema è intervenuto il generale Ciro Lungo, Comandante Regione Carabinieri Forestali Campania, sottolineando che il “combustibile legnoso utilizzato per la cottura del cibo deve essere rigorosamente di provenienza legale e di origine naturale, ottenuto dalla lavorazione esclusivamente meccanica e senza subire alcun tipo di trattamenti chimici. Un approccio, conforme alla normativa vigente, a garanzia delle foreste e dei consumatori”.
Antonio Pace, Presidente dell’Associazione Verace Pizza Napoletana, ha aggiunto: “All’alba del VI Anniversario del riconoscimento a Patrimonio Culturale Immateriale e soprattutto dei 40 anni del I° disciplinare sulla vera pizza napoletana, redatto nel 1984 dall’AVPN, primo esempio di tutela integrata del mestiere e del prodotto tradizionale, siamo lieti di aver visto affermarsi negli anni una tendenza che coinvolgendo operatori, associazioni e istituzioni, si è trasformata in Comunità. Una Comunità basata su di una regola condivisa, principio fondante per qualsiasi tutela e che potrebbe essere da esempio anche per la Cucina italiana”.
“Oggi non celebriamo solo l’arte e la cultura che la pizza esprime, stiamo preservando un’icona indiscussa della cucina italiana amata in tutto il mondo – ha detto Fabrizio Capaccioli (Amministratore Delegato di Asacert -. In un’epoca in cui la sicurezza alimentare è cruciale, ITA0039 by Asacert, si impegna a garantire che la pizza italiana, almeno quella presentata come originale, sia al riparo da contraffazioni. Asacert promuove una certificazione che è a garanzia di produzioni alimentari salubri perchè 100% italiane, ritenendo che la cooperazione tra tutti gli attori sia essenziale per preservarne l’autenticità anche all’estero dove operiamo con il Protocollo ITA0039. Assicuriamo insieme a partners come Coldiretti, Euro-Toques e tanti altri, che pizzerie e ristoranti italiani siano ambasciatori certificati della qualità italiana, contrastando fenomeni come l’agropirateria e l’Italian sounding”.
Era il 23 marzo 2023 quando il Ministero della Cultura e il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste hanno annunciato la candidatura de “La Cucina italiana tra sostenibilità e diversità bioculturale” nella Lista Rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità – UNESCO. A farsi fin da subito promotrice della candidatura è stata la rivista La Cucina Italiana, dal 1929 il mensile di cucina più autorevole e di lunga tradizione in Italia e nel mondo.
Maddalena Fossati Dondero, Direttore ‘La Cucina Italianà e promotrice della candidatura Unesco ‘La Cucina italiana tra sostenibilità e diversità bioculturalè, ha ribadito che “dopo il riconoscimento dell’Arte del Pizzaiuolo Napoletano sarebbe bello veder dichiarata la Cucina italiana come Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità, in quanto valore massimo dell’identità del nostro Paese”.
Secondo Vincenzo Santo, Presidente CNA Campania Nord, “l’Italian sounding è il nemico più grande della nostra enogastronomia. Il richiamo a prodotti campani e più in generale italiani sui mercati esteri è ricorrente con vere e proprie ‘trappole commercialì costruite ad arte per attirare l’utente-acquirente. La mozzarella è probabilmente quello che vanta il maggior numero di contraffazioni all’estero, fenomeno che è incrementato in maniera esponenziale anche con l’esplosione degli e-commerce. Prodotti marchiati come mozzarella di bufala campana dop negli ultimi anni sono stati sequestrati in Indonesia, in Cina e in Giappone. Accanto all’azione di controllo, ne va fatta una di ‘legittimazionè delle nostre eccellenze. In questo quadro è preoccupante l’atteggiamento unilaterale di diverse istituzioni nei confronti degli allevatori bufalini impegnati da mesi in una battaglia a difesa del comparto. Come Cna Campania Nord abbiamo assunto una posizione chiara a loro sostegno: non è abbattendo in maniera indistinta i capi bufalini che si risolve il problema dell’eradicazione della brucellosi. Per poter ingaggiare una vera e propria lotta alla pirateria alimentare è necessario innanzitutto dare forza alle nostre eccellenze, evitando disastri come quello attuale con gli allevatori”.
Hanno inoltre partecipato all’evento i rappresentanti delle realtà partners: Francesco Franzese (CEO La Fiammante), Antimo Caputo (Amministratore delegato di Mulino Caputo), Diego Bernardo (Amministratore di Bernardo legnami certificati).

– Foto ufficio stampa Fondazione UniVerde –

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Parmigiano Reggiano, i 25 battitori “accordano” i loro strumenti

MANTOVA (ITALPRESS) – Per il terzo anno consecutivo, il Consorzio del Parmigiano Reggiano ha tenuto lo stage di taratura dei martelli presso i Magazzini Generali Fiduciari del Gruppo Montepaschi a Suzzara (MN). L’appuntamento ha visto come protagonisti i 25 battitori del Consorzio, le figure chiamate a “espertizzare” (questo il termine tecnico) ogni singola forma della Dop prima che venga immessa sul mercato, provenienti da tutte e cinque le province della zona d’origine (Parma, Reggio Emilia, Modena, Mantova alla destra del fiume Po e Bologna alla sinistra del fiume Reno). L’appuntamento è stato anche l’occasione per annunciare la nomina di un nuovo battitore, Andrea Pasquali per la provincia di Parma, e la promozione a battitore senior di Tommaso Emiliano Bertani Pecorari per la provincia di Reggio Emilia.
I 25 esperti si sono dedicati alla tradizionale battitura per la selezione delle forme sotto l’attenta supervisione del servizio istituzionale del Consorzio, dei segretari di sezione e del personale dell’Organismo Controllo Qualità Produzioni Regolamentate per la vita delle Dop. L’evento si è tenuto nello stabilimento dei Magazzini Generali Fiduciari del Gruppo Montepaschi, specializzati nell’offerta di servizi di stagionatura e stoccaggio di formaggio a pasta dura fino a 250.000 forme e abilitati all’emissione di fedi di deposito che favoriscono l’accesso a operazioni bancarie di anticipazione e finanziamento.
Il Parmigiano Reggiano è l’unica Dop al mondo a prevedere il controllo di ogni singola forma da parte di tecnici specializzati consortili. Il battitore espertizza le forme affidandosi a un particolare martelletto, a una tecnica appresa in anni e anni di esperienza e formazione, e soprattutto alla sua sensibilità, al suo talento e alla sua passione. Battendo ripetutamente il martelletto sulla forma, ascoltandone il suono e percependone le vibrazioni, è in grado di capire quali e quante possibili “imperfezioni” ci siano all’interno.
Il Parmigiano Reggiano è un prodotto realizzato con modalità artigianali, pertanto ogni forma è diversa dall’altra: ecco perchè è indispensabile esaminarle una per una. Dato che la produzione annuale si attesta a oltre 4 milioni di forme, ogni battitore ha a disposizione un massimo di circa 10 secondi per testare una singola forma. In questo lasso brevissimo di tempo, deve essere in grado di raccogliere tutte le informazioni necessarie senza margini di errore. L’operazione viene effettuata a partire dalla stagionatura minima di 12 mesi e il periodo annuale di battitura è suddiviso in tre lotti da quattro mesi ciascuno. Ogni settimana viene stabilito un programma in cui i caseifici sono assegnati in ordine tassativamente casuale: nessun battitore può espertizzare le forme dello stesso caseificio o magazzino in due lotti successivi. Solo dopo il suo intervento, le forme possono chiamarsi Parmigiano Reggiano. “Pertanto, il lavoro del battitore è fondamentale per garantire l’eccellenza della Dop”, si legge in una nota.
Il lungo percorso formativo per diventare battitori è affidato al Consorzio del Parmigiano Reggiano e per accedervi è necessario il possesso di un diploma di scuola media superiore. I primi tre anni sono dedicati all’apprendistato, in cui gli allievi seguono una formazione teorica e pratica affiancando i battitori senior sul campo. Imparano quali e quanti sono i caseifici del territorio e i magazzini di stagionatura, come girare una forma, come riconoscere le rotture nella pasta, quali “strappi”, “occhi”, “tagli”, “bolle”, o correzioni sulla crosta e, ovviamente, come usare il martello: dove battere la forma, quanti colpi dare, per quanto tempo, con quale cadenza. Il martello è uno strumento abbastanza semplice in sè, ma occorrono grande sensibilità ed esperienza per saper cogliere anche le più piccole differenze di suono. Nessuna macchina potrebbe mai sostituire l’orecchio del battitore.
Dopo il periodo di apprendistato, sono i battitori senior a giudicare gli allievi che, se idonei, possono proseguire il percorso di formazione affiancandoli come battitori junior per diventare, dopo altri tre anni, a loro volta senior. Ma la formazione non si esaurisce qui. Seguono le diverse specializzazioni, che possono durare anche 9 anni: per l’espertizzazione del Parmigiano Reggiano Prodotto di Montagna, per il Premium, per il 40 mesi, per l’export. Infine, ai battitori che si siano distinti per l’esperienza e la lunga durata del servizio, viene assegnato il titolo onorifico di battitore decano.
I cinque battitori delle province di Bologna e Modena sono Andrea Aguzzoli (battitore), Mariano Bortolai (senior), Davide Campana (senior), Enzo Marcolini (senior) e Paolo Pritoni (senior).
I due battitori della provincia di Mantova sono Elia Maioli (battitore) e Sante Spiaggiari (senior).
Gli otto battitori della provincia di Parma sono Mattia Bertinelli (battitore), Francesco Di Noto (senior), Fulvio Galloni (decano), Claudio Maffina (decano), Matteo Mori (battitore), Andrea Pasquali (battitore), Federico Rotelli (senior) e Costantino Vernizzi (decano).
I dieci battitori della provincia di Reggio Emilia sono Tommaso Emiliano Bertani Pecorari (senior), Matteo Bettuzzi (battitore), Michele Bossari (battitore), Daniel Chiesi (battitore), Luciano Ferrari (decano), Renato Giudici (decano), Giovanni Marconi (battitore), Renello Reverberi (decano), Fabio Salsi (decano) e Alessandro Stocchi (battitore).
“Quando si pensa alla lavorazione della nostra Dop”, dichiara Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio, “raramente si riflette sul fatto che l’udito è un senso fondamentale nella produzione del Parmigiano Reggiano. Il talento dei nostri battitori nel comprendere come un suono o una vibrazione si traducano nell’uniformità o in un potenziale difetto del formaggio è un’arte che nessuna macchina, per quanto sofisticata essa sia, può replicare. Come per gli elementi di un’orchestra, diventare battitore è un’arte che richiede studio, applicazione e una propensione naturale. Come Consorzio siamo orgogliosi dei nostri “musicisti”, che danno un contributo fondamentale nel rendere il Parmigiano Reggiano ciò che è: un simbolo unico, inimitabile e amato in tutto il mondo delle eccellenze Made in Italy”.

– Foto ufficio stampa Consorzio Parmigiano Reggiano –

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Barilla supporta le comunità con iniziative di solidarietà

PARMA (ITALPRESS) – L’impegno concreto verso le comunità locali è una costante del modo di fare impresa di Barilla, che nel tempo ha coinvolto le persone del Gruppo in numerose iniziative di solidarietà per generare valore a vantaggio di territori e comunità. Barilla si conferma la prima contributrice di banco Alimentare, per quantità di eccedenze di cibo donate in termini quantitativi. Tanto che nella giornata del volontariato d’impresa voluta dal Gruppo, sono stati 160 i dipendenti che spontaneamente, in 10 regioni diverse hanno dedicato il proprio impegno nella preparazione di pacchi alimentari destinati alle famiglie più bisognose per un totale di 16 tonnellate di prodotti donati. Iniziative che non solo rispondono al problema della povertà e dello spreco alimentare, ma aprono all’inclusione e al rispetto verso l’altro. Non solo, il Gruppo Barilla ha attivato una serie di iniziative solidali nei diversi Paesi in cui opera, nel 2022 con circa 3.200 tonnellate di prodotti donati, si è impegnato a favorire l’accesso al cibo a un numero crescente di persone, valorizzando l’inclusione e supportando lo sviluppo dei territori. Alle donazioni di prodotto si affianca anche il sostegno economico teso a finanziare interventi sul territorio: 2,2 milioni nel 2022, a cui si aggiunge il milione donato nel 2023 alla Protezione Civile a sostegno degli interventi di ricostruzione nelle aree dell’Emilia-Romagna colpite dalla terribile alluvione; inoltre, per il tramite della Protezione Civile, lo scorso novembre, Barilla ha sostenuto una donazione di 50 quintali di prodotto, tra pasta, prodotti da forno e sughi a supporto delle comunità toscane anche in questo caso colpite dal maltempo. Le persone Barilla sono parte integrante di questa visione. Gli “Angeli Barilla” sono dipendenti dell’azienda volontari della Protezione Civile, che in più occasioni sono partiti con la colonna mobile d’emergenza Barilla, per offrire cibo, solidarietà e soccorso alle popolazioni in difficoltà e ai Volontari di Protezione Civile impegnati nelle opere di intervento e supporto. Realizzata nel 2014 da Barilla, in collaborazione con la Protezione Civile di Parma, la colonna mobile Barilla si compone di sei mezzi: 2 camion con cucina mobile attivabile quattro ore dopo la chiamata d’emergenza e in grado di erogare fino a 500 pasti caldi l’ora, 1 camion isotermico, 2 pullman per il trasporto dei volontari e 1 autocarro dotato di gruppo elettrogeno. L’obiettivo è quello di garantire la preparazione e somministrazione di alimenti nelle prime ore sia ai Volontari di protezione Civile impegnati, sia alla popolazione. Il progetto della Colonna Mobile è stato fortemente supportato dalla Famiglia Barilla che, fin dall’alluvione in Piemonte del 1994, collabora attivamente con la Protezione Civile Nazionale. Uno degli impegni di Barilla per un mondo e una vita migliori, si conferma quello di supportare e aiutare le comunità e i territori in cui è presente. E lo fa con azioni concrete che nel 2021 hanno visto 12 milioni e circa 2.700 tonnellate di prodotti donati nei Paesi in cui il Gruppo opera. A queste iniziative si affianca il sostegno dell’Azienda a enti benefici, autorità locali, aziende del territorio e associazioni non-profit, tramite sponsorizzazioni, donazioni economiche e di prodotto. L’obiettivo è di favorire l’accesso al cibo a un numero crescente di persone, valorizzare l’inclusione sociale, supportare lo sviluppo e il benessere dei territori garantendo così un futuro di qualità.
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– Foto: ufficio stampa Barilla –

Voiello celebra l’orgoglio napoletano Miez’a Via con un murale

NAPOLI (ITALPRESS) – Dopo aver portato l’estro, le sonorità e il calore partenopeo nel cuore di Milano, Voiello riaccende i riflettori su Miez’a Via a Napoli per celebrare il suo forte legame con la città. Nel capoluogo campano, il brand ha inaugurato un’installazione artistica temporanea, sulla facciata di un palazzo in Piazza Francesco Muzii, nel quartiere Arenella, realizzata dalla street artist Leticia Mandragora che racconta il mito delle origini della città e la bellezza e la varietà dei quartieri che la compongono. Al centro del murale la Partenope, mitologica fondatrice della città e considerata “Madre dei quartieri di Napoli”, viene raffigurata con in mano delle spighe di grano, simbolo di fecondità e abbondanza. E, proprio sulla coda di questa moderna Partenope, sono racchiusi 30 stemmi, raffigurati come squame, che identificano i quartieri della città e ne sottolineano la loro unicità, a partire dall’iconografia realizzata dai Vienmnsuonno1926. In qualità di fashion designer e soprattutto come appassionati conoscitori di Napoli, i Vienmnsuonno1926, che hanno già collaborato con Voiello nella creazione della capsule collection dedicata a Miez’a Via Milano, promuovono un nuovo “landtelling” per celebrare l’unicità della città partenopea attraverso la ricchezza, la bellezza e la storia dei suoi quartieri, che gli stemmi realizzati ad hoc vogliono raccontare in maniera originale.
L’artista, Leticia Mandragora, nata a Madrid da madre spagnola e padre napoletano, è legata a doppio filo al capoluogo campano, tanto da decidere di trasferircisi all’età di 15 anni. La città ospita diverse sue opere tutte caratterizzate dall’uso del blu cobalto – colore che contraddistingue da sempre anche la brand identity di Voiello – e dall’intensità delle espressioni che la sua interpretazione rende ancora più realistiche. Inoltre, la sua predilezione per la rappresentazione di soggetti femminili si lega perfettamente all’idea alla base del murale.
Gianpasquale Greco, critico d’arte e dottore di ricerca all’Università degli Studi di Napoli Federico II e professore di Storia dell’Arte negli Istituti superiori, a proposito della raffigurazione di Partenope fatta da Mandragora, afferma che è “calata nel blu cobalto che potrebbe definirsi colore ‘bandierà dell’artista. La sirena sembra unire il cielo con il mare, risalendo dalle profondità mentre punta il dito verso l’alto, apparendo come una dea della terra, genitrice e creatrice”.
“Come dimostrano anche le nostre ultime iniziative come Procida Capitale, la collaborazione con Liberato, l’evento ‘Miez’a Vià di Milano, noi crediamo da sempre nel grande fascino della cultura partenopea, nei suoi valori e nel talento degli artisti che si adoperano tutti i giorni per onorarla e celebrarla. L’atto conclusivo di ‘Miez’a Vià non poteva quindi che svolgersi a Napoli, la nostra città, alla quale siamo profondamente legati.
E per rendere omaggio alla sua universale iconicità e ai Napoletani, esuberanti, veraci e creativi come la nostra pasta, abbiamo deciso di promuovere la realizzazione di quest’opera, con la speranza che possa entrare nel cuore di tutte le persone che amano questa terra di generosità e bellezza”, commenta Francesco Del Porto, President Region Italy Barilla.
E’ stato anche allestito un percorso espositivo di fronte all’opera, che sarà visitabile fino al 5 dicembre, per far vivere ai napoletani un viaggio ideale nei 30 quartieri racchiusi nella coda di questa moderna Partenope. Ogni stemma, raffigurante uno dei 30 rioni, sarà accompagnato dal racconto dell’essenza della zona raffigurata. Inoltre, lo spazio verde della piazza antistante il murale – in collaborazione con l’associazione 100×100 Naples – per tutta la durata dell’opera verrà riqualificato e ospiterà una targa che avrà il compito di raccontare l’omaggio di Voiello alla città.
Napoli continuerà poi a essere protagonista, con i suoi rioni, anche sui social di Voiello, grazie alle interviste che saranno fatte quartiere per quartiere, alla ricerca di quelle voci napoletane e veraci che meglio di altre possono raccontare i mille volti della città, con un focus particolare, ovviamente, sulla tradizione gastronomica napoletana.
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– Foto: ufficio stampa Voiello –

Barilla racconta la filiera del grano 100% italiano con Street Art green

MILANO (ITALPRESS) – Continua il racconto della linea I Classici Barilla, una pasta ottenuta interamente con grani duri selezionati 100% italiani, scelti tra le varietà migliori, coltivati in 13 regioni italiane e prodotta esclusivamente in Italia. E questa volta Barilla sceglie un linguaggio creativo nuovo e responsabile, la Street Art di graffiti sostenibili, uno stile Urban contemporaneo, per condividere con tutta la città il suo impegno per una filiera del grano di qualità, corta, controllata e tutta italiana. Un grano italiano, che cresce a due passi da noi, così vicino che lo ritroviamo accanto mentre camminiamo per le vie della città.
E proprio i marciapiedi, le vie e le piazze di Milano, in questi giorni, sono decorati da 150 graffiti, che regaleranno a tutta la città una forma di street art diffusa per raccontare l’impegno di Barilla per una filiera produttiva corta e per un grano 100% italiano. Realizzate da GreenGraffiti con la tecnica della Stencil Art, le spighe riprodotte sulla pavimentazione disegnano una mappatura artistica delle vie del grano che coinvolge i principali quartieri del capoluogo.
Con la scelta della Street Art di GreenGraffiti Barilla rivela il suo Gesto d’Amore per l’ambiente. GreenGraffiti nasce, infatti, come alternativa sostenibile per comunicare sul territorio cittadino limitando la quantità di risorse utilizzate e azzerando la produzione di rifiuti. I messaggi vengono installati utilizzando una sofisticata pittura alimentare direttamente sulla pavimentazione senza la necessità di supporti plastici o cartacei. Al termine della lavorazione gli stencil in alluminio vengono completamente riciclati, mentre i disegni sono facilmente rimovibili con un semplice getto d’acqua calda. Si tratta di una tecnica green, che grazie all’integrazione di un composto atossico, Pureti, evolve in un presidio mangia-smog, in grado di contribuire in modo sostanziale alla pulizia dell’aria cittadina.
Ancora una volta Barilla rivela il suo legame con l’arte e questa volta lo fa con una creatività nuova, la Street Art, e di grande effetto. Il disegno dei graffiti riproduce le spighe di brano e la Blue Box, l’iconica linea I Classici Barilla, dipingendo il contesto urbano di giallo, blu e rosso. Un intreccio di colori e forme che non solo regala un’esperienza d’arte visiva, ma invita anche a scoprire la filiera corta di Barilla, una vera e propria catena del valore che consente non solo di ottenere e produrre una pasta di ottima qualità, ma anche di contribuire a migliorare il sistema agronomico nazionale, promuovendo un modello di agricoltura sostenibile.
Nel rispetto del territorio e della tradizione agricola italiana, infatti, Barilla esprime il suo Gesto d’Amore per le persone, selezionando quattro esclusive varietà di grani duri, coltivati responsabilmente in 13 regioni italiane e caratterizzate da un alto contenuto di proteine (grado proteico con picchi di oltre il 14% nel grano e oltre il 13% nelle semole), un’elevata qualità del glutine e un colore giallo dorato. La cura per la materia prima si riflette anche nella valorizzazione delle risorse e delle comunità locali. In questi giorni i graffiti arricchiscono le strade di Milano.

– foto ufficio stampa Barilla –
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Mattarella promulga Ddl carne coltivata, Governo si conformerà a Ue

ROMA (ITALPRESS) – Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha promulgato in data odierna il disegno di legge recante “Disposizioni in materia di divieto di produzione e di immissione sul mercato di alimenti e mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati nonchè di divieto della denominazione di carne per prodotti trasformati contenenti proteine vegetali”.
Il governo – rende noto il Quirinale – ha trasmesso il provvedimento accompagnandolo con una lettera con cui si è data notizia dell’avvenuta notifica del disegno di legge alla Commissione europea e con l’impegno a conformarsi a eventuali osservazioni che dovessero essere formulate dalla Commissione nell’ambito della procedura di notifica.
“Con la puntuale promulgazione della legge da parte del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ringrazio, da oggi l’Italia diventa ufficialmente la prima Nazione al mondo a contrastare attivamente la produzione di carne coltivata, con una norma che ne vieta la produzione, la commercializzazione e l’importazione. Un importante traguardo che dimostra come l’Italia sia tornata vettore, modello e avanguardia politica su temi come la sicurezza alimentare collegata alla salute. Come ha spiegato il presidente del Consiglio Giorgia Meloni, nel corso della COP28, bisogna garantire buon cibo a tutti. Oggi c’è un Governo che mantiene ad ogni costo gli impegni assunti, soprattutto quelli in difesa degli interessi nazionali”, sottolinea il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida.
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– Foto: Agenzia Fotogramma –

Meloni “Sicurezza alimentare priorità della nostra politica estera”

DUBAI (EMIRATI ARABI UNITI) (ITALPRESS) – “Il sistema alimentare italiano è tra i più avanzati e conosciuti in tutto il mondo, penso ad esempio ai principi della dieta mediterranea che non appartengono solo all’Italia e al Mediterraneo, ma appartengono a tutto il mondo. Siamo consapevoli di quanto il nostro know how sia prezioso anche per gli altri: la sicurezza alimentare per tutti è anche una delle priorità strategiche della nostra politica estera”. Lo ha detto la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nel suo intervento alla Cop 28 di Dubai.
“Abbiamo un progetto basato sulla collaborazione ad armi pari con il continente africano, rivolto al settore agricolo: il nostro scopo non è fare beneficenza, perchè la mia idea è che l’Africa non abbia bisogno di beneficenza ma di qualcosa di diverso: la possibilità di competere su un piano di parità”, ha sottolineato Meloni.
“Dobbiamo far prosperare l’Africa con le proprie risorse, perchè possa garantire a se stessa una produzione alimentare sufficiente e una crescita economica”, ha aggiunto.
“Vogliamo impegnarci nella sicurezza alimentare – ha detto ancora il premier -. La sfida che abbiamo questa settimana non è solo garantire cibo per tutti, ma garantire cibo sano per tutti: questo significa che non vogliamo considerare la produzione alimentare come una questione di sopravvivenza, vogliamo considerarla come il mezzo per una vita sana”.
“Il ruolo della ricerca è essenziale in questo contesto, ma voglio essere chiara: non dobbiamo produrre cibo in laboratorio e magari andare verso un mondo in cui i ricchi possono mangiare cibo naturale, mentre il cibo sintetico è consumato dai più poveri, con impatti che non possiamo prevedere”, ha sottolineato.

– Foto: Agenzia Fotogramma –

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Federvini, nei primi 9 mesi del 2023 frena l’export

ROMA (ITALPRESS) – Un quadro sul quale pesano le incertezze legate alla limitata crescita del PIL e al trend dell’inflazione, che mette a rischio la resilienza dei comparti cardine della Federazione. E’ la fotografia generale che emerge dall’analisi dei dati della nuova release dell’Osservatorio Federvini a cura di Nomisma e TradeLab, che rileva come il flebile segno più del prodotto interno lordo nazionale (+0,7% nel 2023 con previsione di +0,8% per l’anno prossimo) sia di fatto neutralizzato dal trend inflattivo (+1,8% sul 2022). Scenario in chiaroscuro che ha influenzato il clima di fiducia di imprese e consumatori: dopo una parziale stabilità nel primo semestre dell’anno, si registra una flessione a partire dall’estate.
“Dopo un 2022 caratterizzato da una forte ripresa post pandemia, l’andamento di quest’anno era in larga parte previsto, anche alla luce di un quadro caratterizzato da tensioni geopolitiche e dal rallentamento più marcato nell’Eurozona – dichiara Micaela Pallini, Presidente Federvini – I dati del nostro Osservatorio evidenziano nel complesso la capacità di resilienza del settore dei vini, degli spiriti e degli aceti italiani che si conferma un pilastro fondamentale dell’agroalimentare nazionale. Oggi più che mai è il momento di fare sistema di fronte alle sfide internazionali. La posizione dell’Italia in difesa di uno dei suoi settori più rappresentativi dovrà trovare costanza e continuità, non solo a partire dalla discussione sulla proposta di regolamento imballaggi, che torna in agenda il prossimo 18 dicembre al Consiglio UE dopo un primo esito positivo al Parlamento europeo, ma anche nel corso di altri processi normativi quali quelli relativi a etichettatura e QR Code”.
Sul fronte delle esportazioni dei vini, l’Italia registra nei primi otto mesi del 2023 una flessione pari allo 0,7% a valore ma una tenuta sul fronte dei volumi (+0,8%). Un dato che in ogni caso va ponderato alla luce del record registrato nel 2022, anno in cui si è concretizzata una forte ripresa dopo il periodo pandemico, tanto è vero che rispetto alle esportazioni pre-Covid (2019), l’incremento nelle quantità risulta vicino al +4%. Inoltre, se guardiamo agli altri grandi Paesi esportatori, solo la Nuova Zelanda mostra una “flebile” tenuta, mentre la Spagna perde il 2,5% a valore, l’Australia il 16%, gli USA il 23,4% e il Cile in decisa picchiata con -25,5%.
Positivo il trend delle esportazioni in quantità di vini italiani in Francia (+15,5%) mentre flettono gli altri mercati di riferimento quali Stati Uniti (-11,5%), Regno Unito (-1,9%) e Giappone (-16,3%). Nota confortante dagli spumanti che crescono in Francia (+24,8%) e Svezia (+20,8%).
Luci ed ombre per il mondo degli spirits, con una crescita a valore del 5% rispetto al 2022 con un peso complessivo superiore al miliardo di euro, ma con flessioni in volume (-2,4%). I liquori crescono marginalmente in valore negli USA con un +1,4% mentre perdono qualcosa a volume (-0,7%). Infine, l’export totale di Grappa che si contrae a volume di oltre il 12%, a fronte di una riduzione a valori del 6%.
Quanto agli aceti, l’export nei primi otto mesi dell’anno si riduce in modo particolare negli Stati Uniti, il principale mercato di sbocco (-19% a valore e -28% a volume). A volume si registra una dinamica positiva in Austria (+92%), Regno Unito (+7,5%) e Germania (+2,7%).
Nei primi nove mesi del 2023, il vino registra un +3,3% sul 2022 per un ammontare superiore ai 2 miliardi di euro. Sul totale delle vendite la categoria dei fermi e frizzanti ricopre la quota più ampia (77%) seguiti dagli spumanti (21,8%) e dal vermouth (0,7%). Positivo il trend di vendita degli spumanti (+6,2% a valori) con la categoria dei fermi e frizzanti che cresce del 2,6% a valore, sostenuta dal gradimento dei vini a marchio Igp (+3,5% a valore) e Dop (+2,7% a valore).
Segno più per gli spiriti italiani (+2,6%) rispetto allo scorso anno con un valore di circa 900 milioni di euro. Tra le categorie i distillati e le acquaviti rappresentano il 44,9% del totale, seguono liquori dolci (19,8%), aperitivi alcolici (19,1%) e amari (16,3%). Grappa e whisky si attestano tra i prodotti più venduti in GDO. Quanto ai liquori dolci in testa il limoncello, la sambuca e i liquori cremosi. Spicca la crescita dei prodotti a base d’uovo (+12,5% a valori) e al caffè (+9,9% a valori). Tra gli aperitivi, si evidenzia un vero e proprio boom per gli alcolici pre-miscelati (+25% a valori e +23,8% a volumi).
+2,7% per gli aceti sul 2022 per un valore totale di 105 milioni di euro nei primi tre trimestri dell’anno. L’aceto di vino è il più consumato (46,7% del totale), con l’Aceto Balsamico di Modena IGP al 34,3% e l’aceto di mele al 19%. Quanto al trend di vendita in GDO, l’aceto di mele si mette in luce (+5,9% a valori) ed è l’unica categoria che tiene anche a volumi (+0,6%) insieme all’aceto di vino (+1,5%).
Per l’out of home, il trend evidenziato dall’approfondimento a cura di TradeLab nell’ambito dell’Osservatorio Federvini rivela un incremento di spesa di 2,5 miliardi di euro rispetto all’anno scorso (+4,3% in termini di valore del mercato). In totale è aumentato anche il numero di visite (+0,7%). Nel periodo tra gennaio e settembre in dettaglio gli aperitivi serali crescono del 3% in termini di presenze e del 5% a valore, la cena vede un +1% di presenze e un +4% a valore, mentre crollano le occasioni dopocena e notturne (-14% in presenze e consumi).
Numeri che cambiano se guardiamo esclusivamente ai mesi estivi: il trimestre luglio-settembre del 2023 si è chiuso infatti con un dato di contrazione rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Il trend negativo (-6% a visite e -4% a valore) è il risultato di più fattori concomitanti quali il quadro economico e inflattivo sfavorevole, il benchmark molto positivo del 2022, le condizioni meteo altalenanti durante la stagione nonchè l’aumento del numero degli italiani che hanno scelto di trascorrere le vacanze all’estero.
In termini di consumazioni le bevande alcoliche hanno rappresentato il 12% del totale dei consumi (1,1 miliardi di consumazioni di vino e spiriti nel corso dei primi tre trimestri dell’anno). Il consumo di vino e dei cocktails alcolici è cresciuto dell’1%, quello delle bollicine del 9%. Riscontro al ribasso invece per amari (-7%) e spiriti lisci (-11%).

– Foto ufficio stampa Federvini –

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