Agroalimentare

“Agricolture al centro”, Cia lancia il suo Manifesto per l’Italia

ROMA (ITALPRESS) – Dalla legge sul giusto prezzo agricolo lungo la filiera al piano di insediamento abitativo nelle aree rurali, dalla sperimentazione in campo aperto delle nuove tecniche genomiche all’ora di educazione alimentare nelle scuole. Sono alcune delle richieste lanciate da Cia-Agricoltori Italiani alla sua IX Conferenza Economica, in corso oggi e domani al Palazzo dei Congressi di Roma. Istanze contenute in un vero e proprio Manifesto, da far sottoscrivere alle istituzioni, con l’obiettivo unico di rilanciare la centralità economica, ambientale e sociale delle tante agricolture diffuse sui territori.
“Dopo anni di disinteresse, la politica si è finalmente accorta del ruolo strategico dell’agricoltura – ha dichiarato il presidente nazionale di Cia, Cristiano Fini, in apertura dei lavori -. Ci è voluta una pandemia globale, una guerra e una crisi energetica per mettere tutti d’accordo sull’importanza del settore, che però ora merita interventi strutturali, risorse adeguate e tempi certi per fare davvero la differenza”.
“Riportare le “Agricolture al Centro”, come recita lo slogan della nostra Conferenza – ha spiegato Fini – vuol dire unire le forze e fare presto e bene”. A partire dagli 8 miliardi del Pnrr riservati al comparto, tra la gestione del Masaf e quella del Mase, investendo su innovazione e ricerca per ottimizzare le produzioni; logistica e trasporti per connettere aree e mercati; agroenergie per ridurre la dipendenza dall’estero e incentivare la transizione green; cultura del Made in Italy per difendere la qualità e la tipicità dell’agroalimentare tricolore contro falsi, etichette fuorvianti e cibo sintetico.
Tutti punti che trovano largo spazio nel Manifesto di Cia, presentato in Conferenza Economica davanti ai ministri Francesco Lollobrigida, Antonio Tajani, Raffaele Fitto, al viceministro Maurizio Leo, al commissario Ue Janusz Wojciechowski e a 600 imprenditori agricoli associati provenienti da tutta Italia. Un documento programmatico che mette nero su bianco emergenze e proposte, richiamando all’azione il Governo, per definire insieme un nuovo grande progetto di Sistema Paese con l’agricoltura protagonista, basato su quattro ambiti: rapporti di filiera e di mercato; servizi infrastrutture e aree rurali; clima energia e ambiente; orizzonte Europa.
A supporto, per Cia, lo studio ad hoc di Nomisma “Le nuove sfide per l’agricoltura italiana”, illustrato dal responsabile per l’agroalimentare Denis Pantini. Ritrae un’Italia in crisi e più preoccupata della media Ue per inflazione, povertà e guerra, con il 51% dei cittadini in difficoltà economiche contro il 45% del resto d’Europa. Cambiano così i consumi alimentari per l’84% dei cittadini, con lo stop al superfluo per il 46% e solo il 22% che non rinuncia alla qualità. Volano, quindi, i discount, il cui valore cresce del 12% annuo. Tra i nuovi trend, quello dei novel food, con la produzione di insetti per alimenti in Ue in crescita di 180 volte dal 2019 al 2025, passando da 500 a 90.000 tonnellate, e le derive più pericolose dei cibi sintetici. Gli investimenti globali sulla carne in vitro, ad esempio, aumentano vertiginosamente da 6 milioni di dollari del 2016 a 1,3 miliardi attuali.
Dati Nomisma alla mano, c’è poi un’Italia agricola che si distingue in Europa per le attività connesse, come agriturismi, fattorie sociali e didattiche, agroenergie. Valgono 5,3 miliardi e incidono sulla produzione nazionale per oltre il 10% contro una media Ue di appena il 4%. Pesa, invece, il gap cronico di servizi e infrastrutture tra città e aree interne, dove sale al 28% il rischio di esclusione sociale ed è maggiore l’incidenza di NEETs (giovani che non hanno impiego, non studiano e non si formano): 22% in Italia rispetto al 15% della media comunitaria. L’agricoltura, essenziale per queste aree, paga per prima sia i ritardi infrastrutturali che quelli digitali, con la penisola ancora al 18° posto in Ue, dietro anche a Slovenia, Lituania e Lettonia.
Ma l’Italia dei campi è anche tra i Paesi più in corsa per il Green Deal: ha già avviato il percorso di riduzione dei fitofarmaci (-38%), impiega per il 45% i prodotti ammessi nel bio e può centrare il target del 25% di superfici biologiche, con 2,2 milioni di ettari già convertiti e uno scarto da colmare di 900 mila ettari entro il 2030. Il Paese, che sconta fortemente gli effetti del conflitto con il caro-energia, sta progressivamente diversificando le sue fonti di approvvigionamento, riducendo l’import di gas dalla Russia dal 40% del 2021 al 19% del 2022, grazie pure alla quota del 20% di rinnovabili, in cui conquistano posizioni biomasse e agrovoltaico.
“Tra punti distintivi e punti critici, il report di Nomisma fotografa tutte le potenzialità del comparto – ha concluso il presidente della Cia -. Ora dimostriamo insieme, con governo, organizzazioni produttive e cittadini, che possiamo costruire una nuova visione di Paese, capace di pensarsi davvero e, prima di tutto, a trazione agricola e agroalimentare”.

– foto xi2/Italpress –

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Vino, Centinaio “Fare fronte comune contro etichette Irlanda”

ROMA (ITALPRESS) – “L’Irlanda ha fatto il suo passo, ora tocca a noi. Dopo che il governo di Dublino ha presentato all’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) le sue etichette allarmistiche, i Paesi contrari devono fare fronte comune e presentare formale opposizione in quella sede entro i tre mesi previsti. A guidare questa coalizione non può che essere l’Italia”. Lo dichiara il vicepresidente del Senato, Gian Marco Centinaio (Lega). “Dispiace dover constatare che ancora una volta l’Europa non si sia dimostrata capace di difendere i propri prodotti di qualità e perfino il libero mercato interno, che l’Irlanda per sua stessa ammissione violerebbe con queste etichette. Non possiamo accettare questa concorrenza sleale nei confronti dei nostri produttori di vino, sarebbe un precedente molto preoccupante. Di fronte all’ignavia del silenzio-assenso di Bruxelles, non rimane che proseguire la nostra battaglia anche su altri tavoli, senza abbandonare comunque quello europeo”, conclude Centinaio.
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-foto agenziafotogramma.it.

Culatello di Zibello diventa più dolce, nuovo disciplinare riduce sale

ZIBELLO (PARMA) (ITALPRESS) – E’ stato pubblicato il 3 febbraio sulla Gazzetta Ufficiale il nuovo disciplinare di produzione del Culatello di Zibello DOP. Il Ministero dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare e delle Foreste (MASAF) ha pubblicato il decreto di approvazione delle modifiche ordinarie che riguardano l’articolo 6 che stabilisce le caratteristiche chimico-fisiche e microbiologiche (pH, umidità e cloruro di sodio) della denominazione di origine. Si è provveduto ad aggiornare le caratteristiche analitiche del prodotto all’evoluzione delle razze suine e alle tecniche di allevamento e consente di produrre oggi con standard qualitativi sempre più elevati, anche e con particolare riferimento al valore del sale che è stato ulteriormente rivisto verso il basso.
“Il Culatello di Zibello è un prodotto di nicchia – ogni anno, poco più di 90mila Culatelli di Zibello si possono fregiare della prestigiosa denominazione DOP – che sta riscuotendo ampi consensi sia in Italia che all’estero. Il comparto conta circa 300 occupati, con un giro d’affari che nel 2021 ha superato i 23 milioni di euro”, spiega in una nota il Consorzio di Tutela del Culatello di Zibello, che associa tutte le 23 aziende produttrici e, nel giugno 2010, ha ottenuto il riconoscimento da parte del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (MIPAAF).
Attualmente presieduto da Romeo Gualerzi, il Consorzio, con apposito marchio, “garantisce al consumatore che il Culatello di Zibello DOP rispetti esattamente le tradizioni e venga fatto ancora “come una volta” – prosegue la nota -. Dal 1996, a garanzia della meticolosità del procedimento di produzione e dell’unicità del prodotto, il Culatello di Zibello gode della Denominazione d’Origine Protetta (DOP), un marchio di qualità che viene attribuito dall’Unione Europea sulla base di precisi regolamenti comunitari, conferito a quei prodotti le cui peculiarità qualitative dipendono essenzialmente o esclusivamente dal territorio in cui vengono prodotti”.

– foto ufficio stampa Consorzio di Tutela del Culatello di Zibello –

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Parmigiano Reggiano protagonista a Taste con progetto Premium “40 mesi”

REGGIO EMILIA (ITALPRESS) – Parmigiano Reggiano è protagonista a TASTE, l’appuntamento di Pitti Immagine a Firenze divenuto un punto di riferimento per le eccellenze enogastronomiche italiane. Per questa XVI edizione, che si svolge dal 4 al 6 febbraio nella splendida scenografia della Fortezza da Basso, il Consorzio non è solo: oltre allo stand del padiglione centrale (piano attico C4), sono infatti anche presenti Az. Agr. Cantarelli Franco e Dina e Figli (Cadè, Reggio Emilia), Caseificio Gennari Sergio & Figli (Collecchio, Parma), Caseificio Sociale Nuovo Malandrone (Pavullo nel Frignano, Modena), Consorzio Vacche Rosse (Reggio Emilia) e 4 Madonne Caseificio dell’Emilia (sedi a Correggio, Medolla, Modena, Scandiano e Serramazzoni).
La manifestazione toscana è l’occasione per tornare a parlare di lunghe stagionature, una proposta sempre più interessante per le aziende del Parmigiano Reggiano, e in particolare del Progetto Premium “40 mesi”. Lanciato nel 2019 per promuovere lo sviluppo di questo segmento di mercato, il Progetto è partito dal lato dell’offerta, con un incentivo ai caseifici per trattenere sulle scalere le forme prodotte negli ultimi tre anni. Si è inoltre provveduto a introdurre una specifica selezione di qualità a garanzia dell’acquirente. Ad oggi, sono 47 le aziende produttrici che aderiscono, per un totale di circa 30.000 forme attualmente sul mercato, una proposta sempre più apprezzata dai consumatori di tutto il mondo.
Il Parmigiano Reggiano 40 mesi è un prodotto dalle caratteristiche inconfondibili: friabile, estremamente solubile e dalla forte personalità, è apprezzato e utilizzato dall’alta ristorazione in tutto il mondo come ingrediente per dare un tocco di umami ai piatti, cioè di quel gusto sapido e piacevole che solletica le papille gustative e rende l’esperienza sensoriale indimenticabile. Da Carlo Cracco a Massimo Bottura, sono tanti gli chef stellati che apprezzano la complessità e le caratteristiche organolettiche di questa stagionatura.
Tuttavia, è soprattutto la degustazione in purezza a trasferire al naso e al palato tutta la complessità e le caratteristiche organolettiche di questo formaggio: dal profumo deciso e speziato, con note di noce moscata e pepe, al sapore sapido e intenso, con sentori di frutta secca e brodo di carne. Il Parmigiano Reggiano oltre i 40 mesi è connotato da un colore giallo paglierino più intenso, tendente all’ambrato, con cristalli e formazioni amminoacidiche ben visibili, create dai processi proteolitici. Le lunghe stagionature sono inoltre fonte di selenio e cromo. Il selenio è un micronutriente che contribuisce alla normale funzione del sistema immunitario, alla protezione delle cellule dallo stress ossidativo, alla normale funzione tiroidea e al mantenimento di unghie e capelli normali. Il cromo contribuisce al normale metabolismo dei macronutrienti e al mantenimento dei normali livelli di glucosio nel sangue.
“Parmigiano Reggiano si avvia sempre più a diventare un vero brand globale”, ha dichiarato Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio, “pronto ad affrontare gli ostacoli posti da mercati, in primis quello statunitense, estremamente vasti, ricchi di prodotti d’imitazione e caratterizzati da una marcata confusione al momento dell’acquisto. Il Consorzio sta lavorando assiduamente per valorizzare la distintività della Dop, fornendo al consumatore più informazioni sulle sue caratteristiche. Anche per questo, abbiamo deciso di puntare sul Progetto Premium “40 mesi”, sottolineando che il Parmigiano Reggiano, a differenza di altri formaggi, può raggiungere stagionature elevate regalando al palato sensazioni uniche, mantenendo un equilibro perfetto di gusti, e diventando nelle mani degli chef uno strumento per dare un inconfondibile tocco di carattere ai piatti. Con 47 aziende aderenti e circa 30.000 forme sul mercato, non sono solo i numeri a premiarci: sono soprattutto i consumatori, che continuano a dimostrare fedeltà ai valori della nostra Dop: naturalità, sostenibilità, artigianalità e legame con la tradizione”.
-foto ufficio stampa Parmigiano Reggiano-
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Il Gruppo Ferrero acquisisce Fresystem

ROMA (ITALPRESS) – Il Gruppo Ferrero ha annunciato oggi l’acquisizione di Fresystem, azienda italiana leader di mercato nel settore del frozen bakery della “colazione italiana”.
“Fresystem, fondata nel 1983 e acquisita dalla famiglia Simioli nel 1991, rappresenta un punto di riferimento per gli operatori del settore – si legge in una nota -. L’azienda, che ha chiuso il 2021 con un fatturato di 60 milioni di euro, opera in Italia tramite il polo produttivo di Caivano (Napoli). Produce e distribuisce referenze a marchio Cupiello e opera come produttore per conto terzi. Il punto di forza di Fresystem è l’utilizzo di ingredienti pregiati, tra cui l’esclusivo lievito madre fresco, custodito e rigenerato quotidianamente in una zona dedicata dello stabilimento, uniti a processi e tecnologie di produzione innovativi”.
“L’acquisizione rientra nell’ambito del percorso di crescita strategico di Ferrero nel mercato allargato del fuoripasto dolce e si colloca in un segmento ad alto potenziale – prosegue la nota -.L’operazione consolida la posizione di Ferrero in Italia, che rimane un polo strategico per il Gruppo sia in termini produttivi, che di mercato. Lo stabilimento di Caivano diventa il secondo polo produttivo di Ferrero in Campania e si affianca allo storico stabilimento di Sant’Angelo dei Lombardi in provincia di Avellino”.
La transazione, soggetta alle consuete condizioni di chiusura, dovrebbe concludersi nei prossimi mesi. I termini della transazione non sono stati resi noti.

– foto ufficio stampa Gruppo Ferrero –
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“No Binge”, premiata la comunicazione sul consumo responsabile di alcol

ROMA (ITALPRESS) – Si è svolta a Roma, presso il centro congressi La Sapienza, la cerimonia di premiazione del progetto “No Binge – Comunicare il consumo responsabile”, al termine di un ciclo di lezioni che ha visto gli studenti della laurea magistrale in Organizzazione e Marketing, coinvolti in un contest per sviluppare messaggi sulla prevenzione dell’abuso di alcol tra i giovani.
Agli studenti è stato affidato il compito di ideare campagne di comunicazione finalizzate a contrastare il consumo scorretto di alcol tra i giovani e prevenire fenomeni come quello del binge drinking (elevato consumo di alcol in un ridotto arco di tempo). Gli studenti hanno accolto con entusiamo la sfida e presentato numerosi progetti di elevata serietà, sensibilità e creatività, dimostrando un approccio consapevole alla tematica. L’originalità dei claim, le proposte social, il coinvolgimento di influencer e i messaggi proposti, hanno evidenziato il valore della collaborazione tra imprese, università e studenti nell’affrontare un tema di rilevanza economica, sociale e culturale.
Gli studenti del corso Marketing Planning del secondo anno magistrale, suddivisi in team, hanno presentato 58 progetti, raccogliendo la sfida analitico-creativa del brief. La Commissione di Valutazione -composta da Barbara Herlitzka, Presidente Comitato Esecutivo C.A.S.A. (Centro di Studio e di intervento per gli aspetti sociali del consumo delle bevande acoliche) di Federvini, Vittorio Cino Direttore generale di Federvini, da Cecilia Grieco e Alberto Mattiacci docenti del corso, Alberto Marinelli, Direttore Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale Università La Sapienza, Rodolfo Maralli, Presidente e Direttore Sales & Marketing Worldwide di Banfi – ha valutato i progetti e definito una classifica.
A vincere la prima edizione del progetto “No Binge- Comunicare il consumo responsabile è stata la squadra “Draw the insight”, composta da Anna Fornaro, Angela Gorgoglione e Giulia Zeoli.
Premiati anche i migliori 20, mentre alle prime 5 squadre verranno offerti premi speciali, consistenti in visite aziendali, esperienze di degustazione ed altro.
L’iniziativa ha visto, tra gli altri, la partecipazione del’associazione europea spiritsEUROPE che rappresenta l’industria europea delle bevande spiritose, della Febe (Federaciòn Española de Espirituosos – Espirituosos España) e di Anebe (Associaçào Nacional de Empresas de Bebidas Espirituosas Portogallo) che condividono con Federvini l’impegno a diffondere il consumo responsabile al fine di sviluppare una campagna paneuropea che possa coinvolgere diversi Stati Membri.
“In Italia il consumo di vini e spiriti si contraddistingue per un approccio responsabile, in accompagnamento ad uno stile di vita equilibrato – sottolinea La Sapienza e Federvini -. Anche per quanto riguarda la frequenza con cui si beve, l’Eurostat rivelava come nel 2021, nella classifica sul consumo episodico scorretto di alcol l’Italia è ultima insieme a Cipro al 4%, ben lontana dalla media Ue del 19%. Questo ribadisce come i paesi di cultura mediterranea associno un consumo equilibrato di bevande alcoliche a situazioni di convivialità e in prossimità dei pasti”.
Federvini ritiene che “l’educazione del consumatore rappresenti il miglior strumento per la lotta all’abuso, laddove al contrario, strumenti come proibizionismo e demonizzazione si sono dimostrati inefficaci”. Federvini ha anche lanciato, da ottobre scorso, il sito sul consumo responsabile: https://consumoresponsabile.federvini.it/, ribadendo il divieto di consumo per alcune particolari categorie di persone come minori, conducenti e donne in stato di gravidanza.
“Voglio ringraziare l’Università Sapienza di Roma per il contributo a questa iniziativa e tutti gli studenti che vi hanno partecipato. La prevenzione dall’abuso di bevande alcoliche è un tema centrale per Federvini: crediamo che tale iniziativa aiuti il dialogo tra il mondo delle imprese, le università e i giovani – commenta Barbara Herlitzka, presidente del Comitato CASA -. I progetti degli studenti hanno evidenziato sensibilità, creatività e qualità straordinarie nel trattare una questione di grande rilevanza sociale, culturale e produttiva. Ci piacerebbe replicare questo esperimento virtuoso anche presso altre realtà accademiche italiane, per proseguire quella che riteniamo essere l’unica soluzione possibile alla lotta all’abuso di alcol: l’educazione”.
“Abbiamo volentieri raccolto l’idea di Federvini di coinvolgere le studentesse e gli studenti Sapienza in una sfida che richiede di applicare la potenza concettuale e strumentale del marketing a temi socialmente utili e rilevanti – spiega Alberto Mattiacci, Ordinario di Economia e Gestione delle Imprese in Sapienza e titolare del corso Marketing Planning, che ha promnosso il contest -. Quando lanciammo il progetto, a fine estate 2022, non immaginavamo che la sua conclusione avrebbe coinciso con un momento di grande attenzione anche mediatica sul tema dell’educazione al consumo di alcolici. Sembra evidente che l’alternativa a un approccio paternalistico o, peggio ancora, proibizionista al consumo, non possa che essere la crescita di conoscenza e consapevolezza delle persone, giovani in particolare. Ci fa piacere aver aperto questa via in Italia e speriamo, fin dal prossimo anno accademico, di riuscire a coinvolgere altri Atenei in questo esercizio civile”.
“Mai come in questi giorni, il tema del consumo consapevole dell’alcol, specie tra i giovani, è stato così attuale, così dibattuto e così divisivo. Il progetto Sapienza-Federvini si è quindi mosso nella direzione giusta; prevenire, informare, educare, soprattutto le nuove generazioni, nel solco della scienza, ma anche della cultura e del buon senso, senza fare terrorismo mediatico e qualunquismo da bar – sottolinea Rodolfo Maralli, Presidente e Direttore Sales & Marketing Worldwide di Banfi, nella sua veste di docente a contratto presso la cattedra di Marketing Planning, nel modulo all’interno del quale il progetto è inserito -. L’Italia è un paese virtuoso, con un consumo quasi sempre responsabile e consapevole, un primato che va, quindi, difeso e rafforzato, usando l’università come il mezzo più autorevole per educare e fare cultura del Made in Italy”.

– foto Epr Comunicazione –

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Mozzarella di Bufala Campana Dop, crescono produzione ed export

ROMA (ITALPRESS) – La Mozzarella di Bufala Campana è il formaggio Dop che fa registrare la crescita di produzione più alta tra il 2016 e il 2022, mettendo a segno un aumento del 26%, a fronte di una crescita media del 10% della produzione certificata dei formaggi DOP. Nove italiani su dieci hanno consumato mozzarella di bufala nell’ultimo anno, il 25% almeno una volta a settimana e il 20% è pronto a farlo anche a colazione. Vola anche l’export nel 2022, con un aumento a volume del 9% sul 2021 tra i principali produttori di Bufala Campana. Il fatturato alla produzione della filiera ha raggiunto i 530 milioni di euro, ma lo sviluppo del comparto è messo a rischio da tre fattori esplosi nel 2022: aumento dell’inflazione (+17% per formaggi e latticini), incremento dei costi di produzione e perdita del potere di acquisto del consumatore, che hanno già portato a un impoverimento della filiera. Anche per il 2023 in cima alle preoccupazioni del comparto c’è proprio il calo della redditività. E’ la fotografia dello stato di salute scattata dal primo Osservatorio Economico sulla filiera della Mozzarella di Bufala Campana DOP, realizzato in partnership con UniCredit e Nomisma, presentato a Milano nella Tree House di UniCredit.
La giornata di lavori si è aperta con un videomessaggio del ministro dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare, Francesco Lollobrigida, e i saluti del presidente del Consorzio di Tutela, Domenico Raimondo, e dell’Head of Client Strategies di UniCredit Italia, Annalisa Areni. A seguire la tavola rotonda sul tema “Economia e innovazione, gli scenari futuri per la Mozzarella di Bufala Campana DOP” con Luca Bianchi, direttore di Svimez; Pier Maria Saccani, direttore del Consorzio di Tutela e Ferdinando Natali, Responsabile per il Sud di UniCredit Italia. Tutti moderati da Fabio Tamburini, direttore del quotidiano “Il Sole 24 Ore”.
L’Osservatorio ha analizzato struttura, performance e mercati del comparto. Nel 2022 sono stati prodotti 55 milioni e 814 mila chili di mozzarella DOP, con una crescita del 3,8% sull’anno precedente. Aumenta anche la quantità di latte idoneo alla DOP, passando da 295.434 tonnellate del 2021 a 305.829 del 2022. Inoltre negli ultimi dieci anni, dal 2012 al 2022, si è ampliato pure il patrimonio di bufale da latte allevate nell’area DOP, passando da 321.433 a 374.297 capi.
E’ il Nord Ovest dell’Italia il territorio dove si acquista più mozzarella DOP (il 34,9%), mentre all’estero la Francia si conferma il primo Paese tra i mozzarella-lovers, assorbendo da sola il 33% dell’export. Tra i mercati più promettenti per i prossimi anni spicca, a detta dei produttori, il continente asiatico con Emirati Arabi, Giappone, Cina e Corea del Sud nella top ten degli scenari futuri.
Nomisma ha tracciato anche l’identikit del consumatore della Bufala Campana DOP: è maschio, appartiene alle Generazioni X (41-55 anni) e Millennials (26-40 anni), è un imprenditore con figli con titolo di studio e reddito alti, abita in Centro Italia e conosce il valore aggiunto del marchio DOP.
“Come emerso dalla survey sul consumatore, in uno scenario economico incerto, le famiglie italiane sono pronte a rendere più leggero il carrello della spesa, ma la mozzarella di bufala campana DOP figura in fondo alla lista dei cibi eventualmente da tagliare e lo farebbe solamente il 10% dei consumatori”, ha sottolineato Denis Pantini, responsabile Agroalimentare di Nomisma, che ha illustrato i dati.
“In questi primi mesi, con il Governo Meloni – ha dichiarato il ministro Lollobrigida – abbiamo lavorato per rendere centrale la nostra battaglia contro l’italian sounding. Dobbiamo difenderci da chi tenta di vendere prodotti che nulla c’entrano con il nostro sistema di produzione e di trasformazione. Il nostro impegno per proteggere la qualità delle produzioni italiane è massimo, perchè abbiamo un patrimonio unico e non delocalizzabile. In questo senso, è anche attraverso il monitoraggio delle filiere che possiamo garantire alle persone di trovare del buon cibo. In legge di Bilancio, poi, abbiamo inserito misure che favoriscono l’innovazione, fattore necessario anche per contrastare quelle patologie che aggrediscono la zootecnia e l’agroalimentare in tutte le sue filiere”.
“Il percorso di valorizzazione della filiera si arricchisce di una tappa importante. E’ la prima volta che si mettono insieme sinergie così prestigiose per dare una direzione al futuro della filiera. I numeri della mozzarella DOP, seppure incoraggianti, vanno letti in una congiuntura davvero complessa, che ci preoccupa anche in questo 2023”, ha sottolineato il presidente del Consorzio di Tutela, Domenico Raimondo. “Siamo convinti – ha proseguito – che le eccellenze agroalimentari del Paese vadano interpretate e analizzate come motore economico. Per diffondere una sempre maggiore consapevolezza di questo ruolo chiave, abbiamo dato vita all’Osservatorio, che è improntato alla valorizzazione del Made in Italy di qualità. La circostanza che questo progetto parta dal Sud è per tutti noi senza dubbio un valore aggiunto. Ringrazio UniCredit e Nomisma per una partnership che è anche una rete tra eccellenze”.
“Le imprese del comparto mostrano una buona tenuta nonostante il periodo complesso come quello attuale, ma per rafforzarne la competitività è importante pensare a nuovi modelli imprenditoriali costruiti su strategie di medio e lungo periodo come il sostegno alla filiera, la diversificazione dei canali di vendita e delle fonti finanziamento – ha aggiunto Annalisa Areni, Head of Client Strategies di UniCredit Italia -. Le aziende della filiera hanno all’orizzonte importanti opportunità legate sia al PNRR, che è una occasione da cogliere per favorire una vera transizione sostenibile del sistema produttivo, sia al nuovo Piano Stretegico della PAC 2023-2027. Anche per questo come UniCredit abbiamo aderito con convinzione all’invito del Consorzio di Tutela a collaborare per la creazione di un Osservatorio nazionale che possa far emergere il potenziale di crescita di questa filiera che rappresenta la prima DOP del Mezzogiorno, una vera e propria eccellenza sempre più apprezzata anche all’estero, e che come banca sosteniamo anche con prodotti e servizi strutturati sugli specifici bisogni del settore”.

– foto ufficio stampa Consorzio Tutela Mozzarella di Bufala Campana Dop –

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Rapporto AGRIcoltura100, imprese sostenibili le più competitive

ROMA (ITALPRESS) – Le imprese agricole sostenibili crescono più rapidamente in termini di fatturato e competitività. Lo dimostrano i dati del terzo Rapporto “AGRIcoltura100”, studio sulla sostenibilità del settore agricolo, voluto da Reale Mutua e Confagricoltura, presentato a Roma, a Palazzo della Valle.
L’indagine, finalizzata a promuovere il contributo dell’agricoltura alla crescita sostenibile e al rilancio del Paese, è stata realizzata da Innovation Team, società del Gruppo Cerved, e ha coinvolto 2.806 imprese agricole di tutta Italia, il 30% in più rispetto alla seconda edizione. L’indice AGRIcoltura100 considera il numero e l’intensità delle iniziative adottate in tutte le aree del Paese basandosi su 236 variabili relative alla sostenibilità ambientale e sociale, alla gestione e delle relazioni con le filiere e le comunità locali e alla qualità dello sviluppo e dell’occupazione. Oltre alla maggiore competitività delle aziende attente a questi temi, il Rapporto 2023 rileva anche il forte legame tra sostenibilità e produttività e il ruolo centrale dell’innovazione quale acceleratore verso gli obiettivi.
“Supportiamo da sempre il mondo agricolo italiano, fonte di ricchezza del nostro Paese ed eccellenza a livello internazionale – afferma Luca Filippone, direttore generale di Reale Mutua -. La storica partnership tra Reale Mutua e Confagricoltura si concretizza nel sostegno ad iniziative virtuose come AGRIcoltura 100, che permettono di dare un contributo concreto allo sviluppo del settore primario, diffondendo consapevolezza e best practices in merito all’impatto generato da sostenibilità e innovazione sull’ambiente e sulla società”.
Per il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti l’interesse del settore a “intraprendere il percorso della sostenibilità è vivo, concreto e guidato dalla necessità di coniugare i doveri legati alla produzione di cibo per una popolazione in crescita al mitigare gli effetti del cambiamento climatico e a salvaguardare l’ambiente. La strada da percorrere è quella dell’innovazione e delle nuove tecnologie grazie alle quali è possibile perseguire gli obiettivi ambientali ed economici. Insieme, perchè gli uni non escludono gli altri”, evidenzia.
L’agricoltura ha dimostrato forte resilienza nella fase più acuta della crisi e i dati raccolti dimostrano come il movimento della sostenibilità viaggi in controtendenza rispetto agli indici di criticità e al contesto economico e politico instabile: le aziende con un livello elevato di sostenibilità passano dal 49,8% nel 2021 al 52,7% nel 2022, a dimostrazione della capacità del settore primario di integrare pienamente la sostenibilità nel modello di business.Dal report si evince come la consapevolezza dell’importanza attribuita alla sostenibilità sia ormai radicata stabilmente nell’identità delle imprese: l’85% delle aziende ritiene prioritario investire nella qualità dei prodotti per garantire il consumatore, il 73% di doversi occupare con più impegno della protezione dell’ambiente, mentre il 66% ritiene necessario rafforzare le relazioni per fare rete e raggiungere gli obiettivi. Ben l’80% delle imprese con alto indice di sostenibilità manifesta anche un elevato livello di innovazione; al contrario, appena il 2% delle aziende con un basso livello di sostenibilità può qualificarsi come innovativa.
I risultati dell’indagine sulle aree interessate dalle iniziative imprenditoriali rispecchiano un impegno trasversale delle aziende agricole in ambito sociale, ambientale e di governance. Il campo in cui le aziende focalizzano maggiormente il proprio impegno è nel miglioramento dell’utilizzo delle risorse quali acqua, suolo ed energia (98,7%), un dato che rimarca un’attenzione prevalente sui temi ambientali, mentre l’impegno nella tutela della qualità alimentare e della salute (92%, in aumento dello 0,5% rispetto al 2021) sottolinea la volontà delle imprese di garantire maggiormente il consumatore finale. L’impegno nell’area della sicurezza sul lavoro (64,5%) e nell’area gestione dei rischi (79,5%, in aumento del 3% rispetto al 2021) rispecchiano come l’impatto delle strategie sostenibili non sia isolato all’area ambientale, ma abbia una forte incidenza anche nell’area sociale e di governance. Un fattore sostanziale, che rimarca il valore della sostenibilità in funzione della crescita del settore, è l’interdipendenza tra la sostenibilità e la competitività: il 57% delle imprese con un alto livello di sostenibilità è anche molto competitivo sul mercato. Tre le aziende vincitrici di questa edizione: Santissima Annunziata – San Vincenzo (LI, Toscana); Azienda Agricola Bosco dè Medici di Palomba Giuseppe – Pompei (NA, Campania); Azienda Agraria Sperimentale Stuard – Parma (PR, Emilia-Romagna).

– foto xb1/Italpress –

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