Agroalimentare

Nascono le praline di cioccolato al Parmigiano Reggiano

TORINO (ITALPRESS) – Nell’ambito di Terra Madre, Salone del Gusto di Torino, l’evento mondiale dedicato al buon cibo e alle politiche alimentari, il Consorzio del Parmigiano Reggiano ha presentato in anteprima la pralina al Parmigiano Reggiano realizzata dalla cioccolateria Lavoratti 1938. La storica azienda artigianale di Varazze, nel savonese, in crisi a causa dell’emergenza sanitaria da Covid, è stata recentemente acquisita e rilanciata dalla società Dolcezze di Riviera, nel cui cda siede Fabio Fazio, volto popolare della TV, presente alla rassegna negli inediti panni di produttore di cioccolato.
L’evento si conferma in linea con le iniziative del Consorzio, incentrate sui temi della biodiversità (con appuntamenti sul Parmigiano Reggiano di Montagna, delle vacche Bianche Modenesi e delle Rosse Reggiane) e della varietà di abbinamenti, resi possibili dal gusto unico e deciso della DOP più amata: si va infatti dal vermouth alle birre artigianali, dal gin al sakè giapponese, dalla Fassona di Razza Piemontese fino, appunto, al cioccolato artigianale.
“E’ ormai evidente a tutti”, ha confermato Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio, “che il Parmigiano Reggiano è un prodotto estremamente versatile, in grado non solo di conferire carattere ai grandi piatti, ma anche di abbinarsi con disinvoltura a vini, distillati, prodotti ittici e, come avrete presto modo di scoprire, al cioccolato di qualità. Esiste infatti un Parmigiano Reggiano per tutti i gusti: e non parliamo solo di stagionature e di razze, ma anche di prodotti “certificati” che vanno incontro alle esigenze più diverse, quali il prodotto di Montagna, il Kosher, l’Halal e il Biologico. A colpirci nel rilancio di Lavoratti 1938 non sono stati solo la passione e l’impegno investiti nel salvataggio dell’azienda, ma anche la decisione di non utilizzare coloranti nella lavorazione: una scelta che trova una consonanza con la tradizione di naturalità e rispetto delle materie prime del Parmigiano Reggiano”.
Lavoratti 1938 rivive a Varazze, in provincia di Savona, con nuove ambizioni: quelle di Fabio Fazio e dell’imprenditore e ristoratore Davide Petrini, decisi a rilanciare la storica cioccolateria della loro terra d’origine. “Abbiamo salvato un pezzo della nostra infanzia”, ha dichiarato Fazio durante la conferenza stampa del 15 settembre a Portofino, presso il ristorante di Carlo Cracco.
L’obiettivo è quello di produrre un cioccolato d’autore realizzato con le ricette del maestro pasticcere Corrado Assenza del Caffè Sicilia di Noto, artigiano del gusto di fama internazionale, attento selezionatore di ingredienti e paladino della qualità assoluta. Capofila della ricerca e sviluppo il professor Ernesto Carrega, docente presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore a Piacenza e Cremona, specializzato in tecnologie di lavorazione dei prodotti dolciari; è lui l’artefice dell’arduo compito di realizzare i sogni dell’azienda. Un’intera squadra ha lavorato con cura e dedizione a ogni aspetto della filiera: dal rinnovo degli impianti alla scelta e tracciabilità delle materie prime, dall’attenzione all’ambiente a un modello di crescita basato su sostenibilità e responsabilità sociale.
“Abbiamo osato unire la piacevolezza e l’equilibrio del nostro cioccolato all’ingrediente che rappresenta al meglio l’Italia nel mondo: il Parmigiano Reggiano, garanzia assoluta di eccellenza senza eguali”, ha dichiarato Fazio. “Ne è nata una pralina sorprendente in cui il cioccolato custodisce le diverse stagionature di Parmigiano in modo perfetto”. Pensate come pre-dessert o come accompagnamento per l’aperitivo, le praline al Parmigiano Reggiano offrono quattro diverse stagionature selezionate da Lavoratti in collaborazione con il Consorzio. “Siamo orgogliosi”, ha proseguito il volto popolare della TV, “di poter annunciare questa ricetta inedita che, dopo un’accurata ricerca, sposa le diverse stagionature di Parmigiano Reggiano con differenti percentuali di massa di cacao del nostro cioccolato. Non abbiamo dubbi: è stato senz’altro il modo migliore per inaugurare il nostro piccolo e appassionato percorso”.

– foto ufficio stampa Consorzio Parmigiano Reggiano –

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Tasca d’Almerita-Tenuta Capofaro premiata per miglior carta vini del mondo

SALINA (MESSINA) (ITALPRESS) – E’ la più innovativa Carta Vini del Mondo del 2022, secondo la rivista The World of Fine Wine. Stiamo parlando della carta vini della Tenuta Capofaro, una delle cinque Tenute della famiglia Tasca d’Almerita. Le carte di vini di successo, sostiene la testata, dimostrano non solo una profonda competenza di settore, ma anche l’esperienza e la passione dei loro creatori. Il prestigioso riconoscimento è attribuito in seguito a una rigorosa selezione effettuata da una giuria internazionale – composta da sommelier campioni del mondo, maestri sommelier, maestri del vino e scrittori di vino altamente qualificati – che premia le carte con una selezione insolita di vini o una personalità particolare che li modella. “L’importanza della geografia del vino è il messaggio di questa carta. Ciò che rende magico il vino, secondo noi, è la sua capacità di descrivere il luogo di provenienza; i vini che ci piacciono ed emozionano sono quelli capaci di esprimere il loro senso geografico. La carta dei vini sviluppata da Giulio Bruni è un Atlante vinicolo che dà risalto alla connotazione geografica, inserendo il vino tra paralleli e meridiani ” – dice Alberto Tasca, ottava generazione della famiglia Tasca d’Almerita, alla guida dell’azienda “Quando nel 2001 siamo sbarcati a Capofaro per costruire il nostro progetto di ospitalità, siamo partiti proprio dalla vigna, dalla volontà di valorizzare le varietà maggiormente vocate dei territori. Questo premio oggi riconosce quel lavoro, volto a farci essere punto di contatto tra vino e luogo”. “Sono felice che ancora una volta la Sicilia sia nell’olimpo del vino mondiale”. Capofaro nasce dall’amore per la vigna e per il mare della famiglia Tasca d’Almerita, una scenografica tenuta sull’isola di Salina pensata per gli amici, gli ospiti e tutti i viaggiatori di gusto, nel segno della migliore ospitalità mediterranea. Pochi luoghi nel Mediterraneo hanno il fascino eterno di questo lembo di terra, disegnato dai filari delle viti di Malvasia digradanti verso il mare e arroccato su una falesia che guarda un orizzonte cobalto, in cui campeggiano le sagome di Stromboli e Panarea. Capofaro – membro del circuito Relais&Chateaux – ha creato un “sentire” che va ben oltre la struttura di Resort o Hotel isolano: è un luogo dell’anima e una wine destination unica, al centro del Mediterraneo. Forse, la più spettacolare di tutte. “Dopo anni di collaborazioni per la stesura di alcune carte dei vini, arrivato in Sicilia, il Mediterraneo mi ha subito chiarito che quegli schemi un pò rigidi con cui erano state sempre pensate le carte dei vini – con la classica distinzione tra bianco/rosso/spumanti – non mi appartenevano più” – dice il giovane Giulio Bruni, sommelier di Tasca d’Almerita e responsabile della Tenuta Capofaro – ”
“Avevamo bisogno di ritornare sul concetto di Geografia del vino, quella introdotta da Jacky Rigaux con il suo trattato sulla Degustazione Geo-Sensoriale. Questa carta è un piccolo Atlante enografico, frutto del bisogno di trasferire i valori del luogo in cui il vino nasce; una selezione di produttori che, in linea con i nostri valori, rispettano l’identità del territorio in cui operano. A Capofaro la natura è sovrana, in tutti i suoi elementi, e Tasca d’Almerita è sua attenta custode. Le vigne a picco sul mare cristallino, gli orti e i prati sparsi in angoli ombreggiati, le piccole dimore bianche che si fondono col paesaggio eoliano: prim’ancora che un angolo di paradiso, Capofaro è un ecosistema armonico. E’ qui che la Vigna Anfiteatro di Capofaro, una conca verdeggiante e spettacolare posta nel cuore della tenuta, fa da sfondo naturale a uno dei più emozionanti Wine Bar del Mediterraneo e, di certo, il più ambito delle Eolie.
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– credit photo Tasca d’Almerita –

Il Crea partner del progetto per miglioramento genetico dell’olivo

ROMA (ITALPRESS) – L’olivicoltura del futuro è già iniziata, grazie al progetto internazionale GEN4OLIVE che mira a protocolli comuni per caratterizzare la resilienza di diversi genotipi dell’olivo alle condizioni climatiche estreme, testare la resistenza ai parassiti e definire metodiche riproducibili per l’analisi della qualità dell’olio di oliva delle varietà delle collezioni. Il CREA, con il suo Centro di Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura (CREA OFA), è uno dei due partner italiani che contribuirà a selezionare oltre 300 genotipi di olivo per valutare la resistenza e la tolleranza a Xylella fastidiosa, ampliando la scelta varietale. Il progetto, iniziato nel 2020, si concluderà nel 2024 e mira a promuovere e valorizzare le risorse genetiche dell’olivo, mettendole a disposizione di breeder e agricoltori. Al fine di descrivere e caratterizzare sotto il profilo morfologico, biologico ed agronomico più di 300 varietà presenti nelle 5 banche di germoplasma e almeno 200 accessioni selvatiche come nuove fonti di risorse genetiche, durante il primo anno di progetto sono stati messi a punto dei protocolli comuni. Siamo, ad oggi, al secondo anno di applicazione. Il Centro Olivicoltura, Frutticoltura Agrumicoltura, sede di Rende, sta realizzando una collezione internazionale presso l’azienda sperimentale CREA in Monteroni di Lecce, per la valutazione della suscettibilità varietale a Xylella fastidiosa. I dati morfologici raccolti per almeno 3 anni serviranno ad ottenere i migliori genitori per l’avvio di programmi di miglioramento genetico e per la selezione varietale di genotipi caratterizzati da tratti agronomici più idonei alla coltivazione in condizioni di cambiamento climatico. Il progetto prevede anche lo sviluppo di marcatori molecolari per la caratterizzazione genetica delle varietà e delle accessioni, da impiegare anche per processi di selezione di nuovi materiali genetici. Le varietà selezionate e le nuove varietà permetteranno ai produttori di ottenere una riduzione dei costi ed un minore impatto ambientale: avranno a disposizione, infatti, risorse genetiche di olivo più idonee a contrastare e mitigare i cambiamenti climatici in atto e più tolleranti agli stress biotici, mantenendo però elevata la produttività e il valore salutistico degli oli corrispondenti.
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-foto ufficio stampa Crea-

Ue, a maggio commercio agroalimentare +32%

BRUXELLES (ITALPRESS) – Il commercio agroalimentare dell’Unione europea cresce del 32% rispetto al 2021 e segna un record a maggio 2022, con esportazioni e importazioni pari rispettivamente a 19,4 e 15,6 miliardi. E’quanto emerge dalla relazione pubblicata dalla Direzione Generale Agricoltura e Sviluppo Rurale della Commissione Europea.
I prezzi si adattano all’inflazione globale delle materie prime. Nel 2022 cresce l’export verso Regno Unito, Stati Uniti, Ucraina, Africa del Nord e subsahariana, ma cala verso la Cina, da dove aumentano invece le importazioni. Le esportazioni verso il Medio Oriente e il Nord Africa rimangono stabili su base mensile, ma sono comunque aumentate del 44% rispetto a maggio 2021. L’export di cereali cresce del 75% su base annua raggiungendo 919 milioni di euro. In particolare, quello di grano fa segnare +35% rispetto a maggio 2021.
Le importazioni raggiungono livelli record, crescendo del 15% da aprile a 15,6 miliardi. Gli aumenti maggiori riguardano i semi oleosi i cereali, cresciuti mensilmente rispettivamente di 459 e 72 milioni di euro.
– foto agenziafotogramma.it-
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Parmigiano Reggiano, torna l’appuntamento con “Caseifici Aperti”

REGGIO EMILIA (ITALPRESS) – Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna e Mantova si apprestano a festeggiare il Parmigiano Reggiano Dop. Sabato 1 e domenica 2 ottobre torna “Caseifici Aperti”. Visite guidate al caseificio e al magazzino di stagionatura, spacci aperti, eventi per bambini e degustazioni, uniti alla passione dei casari offriranno la possibilità di vivere un’esperienza unica: un viaggio alla scoperta della zona d’origine del Parmigiano Reggiano, delle sue terre ricche di storia, arte e cultura. Assistere alla nascita della forma, passeggiare nei suggestivi magazzini di stagionatura, acquistare il formaggio direttamente dalle mani di chi lo crea: tutte esperienze uniche che il visitatore potrà vivere in un autentico viaggio nel tempo alla scoperta del metodo di lavorazione artigianale, rimasto pressochè immutato da mille anni. Partecipare a Caseifici Aperti è semplice: basta visitare il sito del Consorzio, www.parmigianoreggiano.it e consultare l’elenco dei caseifici aderenti; a disposizione c’è anche un comodo strumento di geolocalizzazione per individuare il caseificio più vicino.
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-foto ufficio stampa Parmigiano Reggiano-

Per 54% degli italiani imprenditori devono garantire cibo sicuro

ROMA (ITALPRESS) – Presentato nel corso del Forum Enpaia, il secondo numero dell’Osservatorio Enpaia-Censis “L’agricoltura italiana nelle nuove sfide” dal quale emerge, in particolare, come il mondo agricolo, anche nei momenti più difficili di questi anni, abbia saputo garantire la continuità delle forniture di cibo salutare e sicuro, contribuendo alla sostenibilità ambientale e alla lotta al riscaldamento globale. Per il 54% degli italiani infatti, gli imprenditori agricoli devono garantire la disponibilità di cibo sicuro, sano, sostenibile e di alta qualità; per il 29% la tutela del benessere degli animali allevati; per il 24% la promozione della vita nei luoghi rurali e nelle campagne; per il 19% un’offerta articolata di cibo di qualità; per il 16% la sua fornitura in modo stabile in ogni situazione. L’agricoltura e i suoi protagonisti hanno visto rinforzare la loro social reputation, il grado di fiducia sociale nei loro confronti, a testimonianza di un’azione efficace e apprezzata: il 96% degli italiani ritiene che l’agricoltura sia molto o abbastanza importante per il nostro futuro. Il 74%, inoltre, è convinto che gli agricoltori abbiano già dato un contributo importante nella lotta al riscaldamento globale, quota più alta di 16 punti percentuali rispetto al dato medio europeo. L’impatto dei costi più alti per il cibo tocca sia i prodotti agricoli subito utilizzabili sia quelli processati dell’industria alimentare. E’ inevitabile, allora, sottolinea l’Osservatorio Enpaia-Censis, una modificazione delle diete degli italiani. Ad esempio, le dinamiche dei prezzi di frutta e verdura stanno già imponendo una pericolosa contrazione del loro consumo: gli acquisti di frutta e verdura in quantità si sono ridotte in un anno dell’11%. In particolare, gli acquisti di zucchine (-16%), di pomodori (-12%), di patate (-9%), di carote (-7%) e di arance (-8%). Per Giorgio Piazza, presidente Fondazione Enpaia, “l’Osservatorio Enpaia-Censis, presentato nel corso del Forum di quest’anno, evidenzia come negli ultimi due anni l’agricoltura ha riaffermato la centralità nell’economia, concorrendo notevolmente ad attenuare la recessione. In tale direzione – ha aggiunto -, il settore agricolo sta raccogliendo a pieno titolo la sfida della sostenibilità divenuta prioritaria, a maggior ragione dopo la pandemia, unitamente alla funzione sociale che gli italiani ritengono appartenga all’agricoltura: essere un baluardo per l’approvvigionamento di cibo nelle emergenze che in futuro potrebbero insorgere e, più in generale, per la nostra sovranità alimentare”. Secondo Massimiliano Valerii, direttore generale del Censis, “nelle attuali difficoltà resta alta la fiducia degli italiani nell’agricoltura, perchè garantisce gli approvvigionamenti anche nelle situazioni estreme, è impegnata, da tempo, nella lotta al riscaldamento globale e il buon cibo italiano contribuisce al benessere delle persone. In questa fase, poi, di fronte al decollo dei costi di energia e materie prime, è essenziale non lasciare sole le imprese agricole, perchè la loro crisi avrebbe costi sociali altissimi”.
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-foto ufficio stampa-

Vino, corso di alta formazione della scuola Superiore Sant’Anna di Pisa

PISA (ITALPRESS) – Gli atenei della Toscana continuano a formare i professionisti delle strategie di marketing e comunicazione internazionale del vino italiano: sono aperte fino al 10 ottobre le iscrizioni all’ottava edizione del master universitario di primo livello “Vini italiani e mercati mondiali”. Il master, organizzato dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, in maniera congiunta con l’Università di Pisa, l’Università per Stranieri di Siena, l’Università di Siena, in collaborazione con l’Associazione Italiana Sommelier (AIS), si è accreditato come il punto di riferimento per l’alta formazione nel settore specifico della produzione enologica nazionale. Chi consegue il titolo diventa uno specialista in temi che riguardano la conoscenza dei vini italiani, anche grazie alle competenze in degustazione attraverso il conseguimento, all’interno del master, del diploma di sommelier AIS, dei territori che li producono e dei risvolti qualitativi, culturali, socio-economici e commerciali, delle tecniche e delle modalità di comunicazione specifiche per i prodotti enologici. “Il vigneto Italia continua ad avere numeri importanti e in crescita, rappresentando uno dei punti di forza del comparto agroalimentare nazionale con un ruolo di traino per l’intera economia – commenta il direttore del master, Pietro Tonutti, docente di viticoltura alla Scuola Superiore Sant’Anna -. Anche se il consumo di vino a livello nazionale è capillarmente diffuso, soltanto metà circa della produzione nazionale è destinata al consumo interno ed è fondamentale perseguire politiche e strategie di consolidamento del trend positivo dell’export che rappresenta un fattore di assoluta importanza per il settore enologico nazionale con positive ripercussioni anche su altri ambiti ad esso collegati, per esempio turismo, che sta rivestendo un ruolo sempre più forte nelle strategie aziendali, e promozione più generale del Made in Italy. Da qui la necessità di formare figure professionali in grado di creare opportunità e sviluppare nuove dinamiche aziendali e di diffondere in maniera adeguata e con successo la conoscenza dei vini italiani, delle numerose Dop e della cultura legata alle tradizioni enologiche e ai diversi territori”.
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Uno studio, possibile un’agricoltura più “verde” senza usare erbicidi

PISA (ITALPRESS) – Andare verso un’agricoltura più “verde”, che non utilizzi fertilizzanti di sintesi ed erbicidi – come il glifosate, il più diffuso al mondo – senza compromettere le rese delle colture, appare una strada percorribile. La conferma arriva da uno studio triennale coordinato dal Centro di ricerca in Scienze delle Piante della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica internazionale “Agronomy for Sustainable Development”, che rientra nella top 2% delle riviste di Agronomia. A conclusione di una ricerca triennale condotta in campo, il team della Scuola Superiore Sant’Anna e dell’Università di Pisa ha valutato gli effetti della semina su terreno sodo (non lavorato) del girasole, in presenza dei residui di una coltura di copertura di veccia, pianta erbacea comune nei prati, coltivata come foraggio, dai fiori viola.
La copertura di veccia ha protetto il suolo, ha ridotto la presenza di malerbe e ha fornito azoto al girasole, contribuendo alla sua crescita sana e rigogliosa. Nel caso della veccia devitalizzata in piena fioritura utilizzando il solo “roller crimper” (si tratta di un attrezzo che comprime ma non taglia alla base le piante, facendole appassire mentre sono ancorate al suolo) e senza fare uso di glifosate, le piante infestanti del girasole sono state controllate del tutto e la coltura ha dato risultati produttivi ed economici paragonabili, se non superiori, rispetto alla tradizionale tecnica che combina l’uso del “roller crimper” con quello del glifosate.
Gli agricoltori tendevano a considerare il glifosate indispensabile per controllare la flora infestante, soprattutto in agricoltura conservativa, che prevede la semina delle colture direttamente sulle stoppie della coltura precedente.
Nei tre anni della loro ricerca, il team ha costruito un “sistema” per potenziare al massimo i servizi forniti spontaneamente dalla natura, introducendo alcune innovazioni. Ad esempio, alla coltura di copertura della veccia sono state affiancate diverse modalità di devitalizzazione con il “roller crimper”, sono state testate date diverse per la semina del girasole, così da modulare sia la sensibilità della veccia a essere devitalizzata dal “roller crimper”, sia la quantità di biomassa prodotta. La conseguenza di questa procedura è stata l’arrivo all’ottimale controllo della flora infestante. Ma, per confermare la possibilità di fare a meno del glifosate, il team ha messo a confronto rese e remuneratività economica dei diversi sistemi di coltura, dimostrando come, in questo caso, si potesse fare a meno di questo erbicida.
“Dal 1996, anno da cui in gran parte del mondo (Europa esclusa) sono coltivate varietà di soia, mais, cotone, colza, barbabietola ed erba medica geneticamente modificate in grado di tollerarlo – commenta Paolo Bàrberi, docente di Agronomia e coltivazioni erbacee della Scuola Superiore Sant’Anna – le quantità di glifosate utilizzate a livello globale sono aumentate di 15 volte. Numerose evidenze scientifiche indicano che il glifosate e i suoi prodotti di degradazione non sono così innocui come sembravano. Residui di queste sostanze vengono costantemente ritrovati nel suolo, nelle acque, nei sedimenti e nella catena trofica. Negli USA e in Europa fino all’80 per cento delle persone e degli animali allevati hanno residui di glifosate nelle urine, e l’erbicida è stato inserito dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) come sostanza sospettata di causare tumori”.
“Alla fine del 2022 l’Unione Europea – prosegue Paolo Bàrberi – dovrà decidere sul rinnovo dell’autorizzazione all’uso del glifosate, ma è già evidente che si andrà verso una sua progressiva restrizione; alcune regioni, Toscana inclusa, si sono già espresse in questo senso. Pertanto, c’è urgente richiesta di soluzioni valide, dal punto di vista tecnico ed economico, che permettano di svincolarsi dall’uso di questo erbicida. La nostra ricerca – conclude Paolo Bàrberi – si inserisce in questo contesto e aveva l’obiettivo di dimostrare che è possibile sviluppare sistemi colturali efficienti a basso o nullo impiego di glifosate attraverso un uso razionale della biodiversità coltivata”.
“I risultati del nostro studio – sottolinea Daniele Antichi, docente di Agronomia e coltivazioni erbacee dell’Università di Pisa – possono essere di grande impatto anche per l’agricoltura biologica, un sistema agricolo fortemente supportato a livello europeo e che fa della rinuncia all’impiego di agrofarmaci di sintesi uno degli elementi portanti. Questo mette ancor più in evidenza la crucialità delle tecniche agroecologiche, nel panorama attuale del settore, tecniche sulle quali da più di un decennio i nostri team collaborano proficuamente a livello di ricerca e sviluppo insieme agli agricoltori del territorio”.

– foto ufficio stampa della Scuola Superiore Sant’Anna –
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