FIRENZE (ITALPRESS) – Rinnovarsi, questo l’obiettivo che dovranno porsi le attività agricole agroalimentari e forestali toscane per applicare il green deal e la strategia farm to fork dell’Unione europea. E’ questo è il senso del nuovo protocollo d’intesa che è stato appena siglato tra Regione Toscana e Accademia dei Georgofili, una collaborazione attiva perchè la Toscana possa portare avanti con i dovuti strumenti gli impegni che l’Europa chiede. “Con questo nuovo protocollo di intesa si rafforza ulteriormente il rapporto che lega la Regione Toscana all’Academia dei Georgofili, una istituzione che ha sede in Toscana ma che affronta temi e problematiche di interesse globale – ha detto la vicepresidente e assessora all’agroalimentare Stefania Saccardi – Le sfide che l’agricoltura toscana deve affrontare sono sempre più impegnative e una soluzione positiva alle tante questioni aperte non può prescindere dalla conoscenza e dalla capacità di innovare che il mondo scientifico mette a disposizione degli Enti e degli operatori agricoli. Nell’Accademia dei Georgofili queste competenze trovano una sintesi completa e l’Accademia non può che porsi come uno degli interlocutori principali a cui la Regione si rivolge per la definizione e l’attuazione delle proprie politiche di innovazione in campo agricolo”.
“L’Accademia dei Georgofili – ha detto il suo presidente Massimo Vincenzini – è nata oltre due secoli e mezzo fa proprio in Toscana, ai tempi del granduca Pietro Leopoldo. E’ stata dunque questa regione, la prima in cui essa ha operato mettendosi al servizio del progresso dell’agricoltura. Il primo documento che abbiamo, scritto dal fondatore Ubaldo Montelatici nel 1753, descrive esattamente così gli intenti dell’Accademia: ‘… voler porre ogni studio in fare continue e ben regolate sperienze ed osservazioni per condurre a perfezione l’arte tanto giovevole della toscana coltivazionè. Naturalmente oggi si parla di sfide globali che riguardano il settore primario, basti pensare ai cambiamenti climatici o alla sicurezza alimentare, tuttavia mi fa piacere rinnovare la collaborazione con la Regione Toscana anche per ricordare le origini del Georgofili. Oggi, come allora, utilizzeremo le nostre conoscenze scientifiche per innovare l’agricoltura e renderla più sostenibile nelle sue tre declinazioni, ambientale, economica e sociale”.
La Regione Toscana e l’Accademia dei Georgofili collaborano ormai da tempo su temi di interesse comune che riguardano direttamente il mondo agricolo toscano.
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Accordo Regione Toscana-Accademia Georgofili per agricoltura del futuro
McDonald’s, prodotti Dop e Igp e Bastianich protagonisti di My Selection
ROMA (ITALPRESS) – Grazie anche alla partnership con la Fondazione Qualivita che da oltre 20 anni si occupa della valorizzazione dei prodotti a indicazione geografica, e con il supporto di Origin Italia, l’associazione che riunisce 70 consorzi di tutela, torna My Selection, la linea di ricette realizzate a quattro mani da McDonald’s e Joe Bastianich per esaltare e portare al grande pubblico i prodotti di eccellenza del Made in Italy. Una collaborazione, quella tra McDonald’s, i Consorzi di tutela e i produttori locali, che dura da 14 anni e che ha visto a oggi coinvolti nel menu della catena 16 prodotti certificati tra i più famosi delle eccellenze agroalimentari italiane per un totale di quasi 3.500 tonnellate di materia prima e circa 40 ricette.
I protagonisti di My Selection 2022, disponibili in tutti i 630 ristoranti McDonald’s d’Italia, sono tre: My Selection Chicken Asiago DOP, con il famoso formaggio veneto, petto di pollo italiano e salsa con olive taggiasche liguri; My Selection Montasio DOP & Pancetta, con Montasio panato, carne bovina 100% italiana, pancetta italiana e una speciale salsa alla Mela Alto Adige IGP; infine, l’immancabile My Selection BBQ, ormai un classico dell’assortimento caratterizzato dalla salsa BBQ con Aceto Balsamico di Modena IGP e Cipolla Rossa di Tropea Calabria IGP. Solo per la nuova edizione di My Selection verranno acquistate circa 650 tonnellate di ingredienti tipici, DOP o IGP; in particolare, 111 tonnellate di Asiago DOP, 400 tonnellate di Montasio DOP, 14 tonnellate di purea di Mela Alto Adige IGP, 42 di Cipolla Rossa di Tropea Calabria IGP, 14 di Aceto Balsamico di Modena IGP, 5 tonnellate di olive taggiasche liguri e 64 di pancetta italiana.
“Siamo estremamente orgogliosi di riconfermare il nostro ruolo accanto ai Consorzi di tutela del nostro Paese, soggetti importantissimi non solo per diffondere la conoscenza delle eccellenze agroalimentari, ma anche per favorire e promuovere la sostenibilità delle filiere del food – commenta Dario Baroni, amministratore delegato McDonald’s Italia -. Accanto a loro, il nostro ruolo è duplice: da un lato, rendere accessibili a tantissime persone prodotti che spesso sono conosciuti solo nei territori da cui provengono. Dall’altro, funzionare come anello di congiunzione tra la filiera e il consumatore finale, consentendo un dialogo tra produzione e grande pubblico”.
“Una sinergia che dura da 14 anni quella fra Qualivita e McDonald’s – aggiunge Mauro Rosati, direttore Fondazione Qualivita – che ha sempre messo al centro qualità ed esatta informazione al consumatore, attraverso un corretto utilizzo dei prodotti italiani DOP IGP e una positiva collaborazione con i Consorzi di Tutela. My Selection rappresenta una modalità sicuramente vincente per apprezzare e diffondere le eccellenze italiane”.
“I Consorzi di Tutela sono un importante veicolo per lo sviluppo delle filiere di qualità italiane – afferma Cesare Baldrighi, presidente Origin Italia -. Il loro coinvolgimento diretto da parte di McDonald’s nella valorizzazione di ingredienti DOP IGP attraverso iniziative come quella di My Selection è indice di un modus operandi che garantisce sia le imprese che i consumatori.
Auspico che grazie a questa esperienza possano svilupparsi progetti analoghi anche all’estero”.
La lunga storia di collaborazione tra McDonald’s e i Consorzi di tutela si aggiunge al percorso di italianità che l’azienda intraprende ormai da diverso tempo e grazie al quale oggi l’85% dei suoi fornitori ha sede in Italia. Numeri rilevanti anche in termini di investimento nel settore agroalimentare del Paese, con l’acquisto di 94mila tonnellate di prodotti italiani ogni anno,
pari a un valore di circa 200 milioni di euro.
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Agroalimentare, nel III trimestre 2021 Pil +2,6%
ROMA (ITALPRESS) – Si conferma buona la performance economica dell’agroalimentare nel III trimestre 2021, con un aumento del PIL nei confronti sia del trimestre precedente (+2,6%) sia del medesimo periodo dell’anno precedente (+3,9%), dovuto alla ripresa del settore dei servizi e dell’industria. Ciò è legato alla domanda estera e a quella interna con la crescita dei consumi finali nazionali (+2,2%, di cui lo 0,9% per beni durevoli) e degli investimenti fissi lordi (+1,6%). E’ quanto emerge dalla fotografia scattata nel terzo trimestre del 2021 da CREAgritrend, il bollettino trimestrale messo a punto dal CREA, con il suo Centro di Ricerca Politiche e Bioeconomia.
Rispetto allo stesso periodo del 2020, fra luglio e settembre 2021, si è verificato un aumento sia dell’indice della produzione che di quello del fatturato: per l’industria alimentare rispettivamente +5,8% (con picco a settembre) e +8% nel complesso (e +13% sui mercati esteri); per l’industria delle bevande rispettivamente +8,3% (con un picco di 11 % ad agosto) e +12% nel complesso (e +21% sui mercati esteri).
Le esportazioni agroalimentari nel III trimestre 2021 hanno superato i 12,5 miliardi di euro e, rispetto allo stesso periodo del 2020, crescono del +11,7% , confermando l’ottimo andamento rilevato nel trimestre precedente, in particolare verso la Spagna (+26%) e la Polonia (oltre 20%). In aumento anche le importazioni (+13,9%), con Brasile e Grecia che si confermano come principali fornitori (oltre il 30%). I prodotti maggiormente esportati sono stati vini e gli altri alcolici, carni preparate, prodotti dolciari e i lattiero-caseari. Sul fronte delle importazioni si segnala la ripresa del comparto ittico (+16%), fortemente colpito dalla pandemia nel 2020.
Sentiment analysis 2021: sulla base dei dati raccolti su twitter dal 13 settembre 2021 e il 12 dicembre 2021, emerge un consolidato clima favorevole nei confronti del settore con percentuali piuttosto stabili rispetto al trimestre precedente. Si registra, infatti, un lieve aumento (+1%) del sentimento di fiducia, con prevalenza dei giudizi positivi e molto positivi (68%) rispetto ai negativi e molto negativi (30%).
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Toscana, Marche e Friuli le regioni più bio d’Italia
MILANO (ITALPRESS) – La Toscana, le Marche e il Friuli Venezia-Giulia salgono sul podio delle regioni più bio d’Italia, seguite da Veneto, Umbria ed Emilia-Romagna. Lo certifica una ricerca sulla filiera bioeconomica italiana elaborata da SRM, Centro Studi legato al gruppo Intesa Sanpaolo. Dopo il primo gruppo di regioni composto da Toscana, Marche, Friuli Venezia-Giulia, Veneto, Umbria ed Emilia-Romagna, caratterizzato da un’impronta bio e da un livello di transizione bioeconomica più elevati, segue un secondo gruppo, sempre distinto da un’impronta bio elevata ma con un più basso livello di transizione bioeconomica, composto da Abruzzo, Puglia, Basilicata, Trentino Alto-Adige, Molise, Sardegna e Calabria. Questi primi due gruppi, a parità di impronta bioeconomica, si contraddistinguono, quindi, per un diverso livello di transizione sul quale incide anche la dimensione innovativa del sistema produttivo che risulta maggiore nel primo gruppo. Il terzo gruppo, con un’ancora più bassa impronta bio dell’economia e con livelli di transizione tecnologica variabili, vede presenti Campania, Lombardia, Piemonte e Sicilia, mentre agli ultimi posti si piazzano Lazio, Liguria e Valle d’Aosta. C’è da evidenziare che molte di queste regioni, come ad esempio la Lombardia, la Campania ed il Lazio si caratterizzano per una maggiore diversificazione produttiva (rispetto alle regioni delle rispettive macroaree) ed una più articolata e variegata specializzazione industriale, che possono penalizzarle nella valutazione del reale ruolo nella bioeconomia.
Il valore aggiunto della bioeconomia italiana è di circa 100 miliardi e impiega oltre due milioni di addetti. Con questi valori l’Italia è fra i Paesi in Europa a più alta incidenza della bioeconomia all’interno del sistema economico, il 6,4% in termini di Valore aggiunto e quasi l’8% per l’occupazione. Dall’analisi territoriale, il Nord Est è la prima area del Paese per valore aggiunto realizzato dalla filiera bioeconomica (29,6 miliardi). Segue il Nord Ovest (28,3 miliardi), il Mezzogiorno (24,4 miliardi) e infine il Centro (19,3 miliardi). Prendendo in considerazione gli addetti, la prima area è quella meridionale (con circa 732mila occupati, il 36,5% del dato nazionale).
La filiera agro-alimentare rappresenta l’attività più rilevante della bioeconomia in tutte le aree geografiche, e soprattutto nel Mezzogiorno dove il peso del valore aggiunto della filiera arriva quasi al 79% (Italia: 62%) e quello degli addetti all’85,7% (Italia: 70%). Le regioni meno performanti – rileva lo studio di SRM – sono quelle che debbono maggiormente impegnarsi nel processo di transizione bioeconomica dei settori parzialmente bio, e tra queste si collocano diverse realtà meridionali.
Il Pnrr offre una grande occasione di rilancio per la bioeconomia perchè destina la quota più rilevante delle risorse alla transizione ecologica. Nello specifico, si tratta di 59,47 miliardi (pari al 31% del totale delle risorse del Pnrr) a cui vanno aggiunti ulteriori 9,16 miliardi del Piano Complementare e 1,31 miliardi di React EU. La quota di risorse destinata al Mezzogiorno è stimata pari a circa il 32,8% del totale. Un’altra fetta importante delle risorse del Pnrr è destinata alla transizione digitale. Dei circa 49,3 miliardi di euro della transizione digitale, ben 23,9 miliardi sono destinati alla digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo e a questi vanno aggiunti altri 5,88 miliardi di euro a valere sul Piano Complementare. La relativa quota di risorse del Pnrr destinata al Mezzogiorno è stimata pari al 36,5%. Il Mezzogiorno ha quindi un ruolo primario nella transizione verde del Paese per la rilevante impronta bioeconomica e per le potenzialità che può valorizzare, grazie anche al Pnrr. Per Salvio Capasso, responsabile servizio imprese e territorio di SRM “la bioeconomia è una filiera che si alimenta negli ambienti innovativi. La sua crescita è strettamente connessa alla continua ‘contaminazionè con la componente tecnologica. Questo richiede una maggiore apertura alla collaborazione. Strategico diventa il rapporto tra imprese, università, finanza e istituzioni, tutti attori chiamati ad accompagnare l’effettiva transizione ecologica ed energetica del Paese”.
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Mipaaf candida espresso italiano a patrimonio dell’Unesco
ROMA (ITALPRESS) – “In Italia il caffè è molto di più di una semplice bevanda: è un vero e proprio rito, è parte integrante della nostra identità nazionale ed è espressione della nostra socialità che ci contraddistingue nel mondo”. Così il sottosegretario alle Politiche agricole alimentari e forestali, Gian Marco Centinaio, annuncia l’approvazione odierna all’unanimità da parte del Mipaaf della candidatura a patrimonio immateriale dell’Umanità dell’Unesco de “Il caffè espresso italiano tra cultura, rito, socialità e letteratura nelle comunità emblematiche da Venezia a Napoli”.
“Siamo molto soddisfatti di essere arrivati a una candidatura unitaria”, prosegue Centnaio. “Oggi stesso sarà trasmessa alla Commissione nazionale italiana per l’Unesco e confidiamo che questa la approvi e la trasmetta entro il 31 marzo a Parigi. La tazzina di espresso rappresenta per tutti gli italiani un rito sociale e culturale che trova riscontro anche nella letteratura e che appassiona tutto il Paese, da Napoli a Venezia fino a Trieste passando per Roma e Milano. Una candidatura tanto più importante in un momento storico in cui le restrizioni dovute alla pandemia hanno penalizzato i rapporti sociali, molti dei quali – conclude Centinaio – avevano come cornice il bancone o il salotto all’aperto di un bar davanti a un buon caffè italiano”.
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Caro bollette, Federalimentare “A rischio 40mila posti nel settore”
ROMA (ITALPRESS) – “Le Pmi dell’industria alimentare sono con l’acqua alla gola e, se le cose non cambiano al più presto, entro il 2022 molte aziende chiuderanno con una perdita stimata di oltre 40mila posti di lavoro. Molte delle nostre industrie sono energivore tanto quanto quella dell’acciaio o della ceramica e come queste hanno bisogno immediato di attenzione e di aiuto, non possono essere dimenticate da nessuno”. Ivano Vacondio, presidente di Federalimentare, commenta così la drammatica situazione che l’industria alimentare sta vivendo per gli aumenti dei costi energetici i quali, sommati a quelli delle materie prime, riducono drasticamente la marginalità delle aziende.
“E’ un momento critico per larga parte dell’industria, certo, ma l’alimentare ha un ruolo sociale fondamentale. Se si fermano le nostre aziende, a risentirne saranno i bisogni primari di tutti i consumatori e questo non possiamo permetterlo”, spiega.
“Eppure stiamo andando verso una situazione sempre più disperata, tant’è che alcune delle nostre aziende hanno iniziato a fermare gli impianti nelle ore in cui il costo dell’energia è più alta, per poi riattivarli nelle fasce orarie in cui i consumi sono minori. Un segnale drammatico. Non vedo grandi soluzioni davanti a me: l’industria alimentare non può più sobbarcarsi l’intero costo della produzione e presto, inevitabilmente, parte di questi aumenti peseranno anche sulle spalle dei consumatori che, trovandosi in difficoltà, compreranno di meno con una conseguente diminuzione dei consumi, un danno per tutto il Paese”, osserva.
Sulle nuove misure a cui sta lavorando il governo, Vacondio commenta: “Abbiamo chiesto aiuto al Governo inviando anche una lettera formale a Draghi in cui ribadiamo la situazione nella quale ci troviamo. Staremo a vedere, ma la mia paura è che non ci siano sufficienti risorse per risolvere questo problema diventato enorme. Anche perchè la vera questione è che stiamo facendo i conti con la corsa alla sostenibilità ambientale che, semplicemente, non è sostenibile economicamente. E’ necessario che si rivedano i tempi di raggiungimento degli obiettivi delle agende 2030 e 2050 perchè così come sono non tengono conto della sostenibilità sociale e di quella economica, che infatti stanno saltando. Questa situazione ne è la dimostrazione”.
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Tabacco, Confagricoltura “Garantire futuro e occupazione alla filiera”
ROMA (ITALPRESS) – Il futuro della filiera tabacchicola italiana è a rischio: occorre intervenire velocemente per dare prospettive ad un’eccellenza del “made in Italy””. Questo l’allarme lanciato da Confagricoltura che ricorda come la coltivazione, concentrata in Veneto, Toscana, Umbria e Campania dia lavoro a 50.000 addetti, per la maggioranza donne, in zone spesso difficili, a rischio abbandono e senza alternative produttive e occupazionali.
“Il settore – mette in evidenza Confagricoltura – ha mostrato segni di sofferenza a causa dei mutamenti economici del comparto, dell’aumento dei costi di produzione e di una normativa che non è riuscita ad adattarsi ai cambiamenti intercorsi. Quello tabacchicolo è un comparto storico nel nostro Paese. Siamo fra i primi produttori in Europa e raggiungiamo quasi il 30% dell’intero totale prodotto in UE. Oltre 1600 aziende su 13 mila ettari e 50 milioni di chilogrammi, sono oggi il nocciolo duro di questa filiera. Per Confagricoltura è necessario salvaguardare e dare slancio al settore, per il ruolo importante nell’economia locale e nell’eccellenza tecnologica del Paese, garantendo le necessarie condizioni di minima sostenibilità economico-finanziaria attraverso rapide e adeguate scelte politiche”.
“E’ necessario – conclude Confagricoltura – concordare con le manifatture una programmazione degli acquisti di lungo periodo, rilanciare con il Mipaaf i programmi di acquisto e rinnovare gli accordi, assicurando economicità per le imprese ed il rafforzamento della filiera e dell’indotto”.
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Un nuovo software per calcolare le emissioni di ammoniaca in agricoltura
ROMA (ITALPRESS) – Si chiama SCENA ed è il nuovo software per calcolare le emissioni di ammoniaca in agricoltura e negli allevamenti, sviluppato da ENEA nell’ambito del progetto ES-PA.
“La principale fonte di ammoniaca in Italia è rappresentata dalle emissioni che derivano dalla zootecnia e dalla fertilizzazione dei terreni agricoli. Con questo software intendiamo offrire alle amministrazioni pubbliche regionali e provinciali uno strumento di facile utilizzo, grazie al quale saranno in grado di pianificare azioni mirate di riduzione delle emissioni di ammoniaca in atmosfera”, spiega Ilaria D’Elia, ricercatrice ENEA del Laboratorio di Inquinamento Atmosferico.
In dettaglio, il software SCENA (Strumento di Calcolo delle Emissioni di ammoNiaca nel settore Agricolo) elabora stime sulle emissioni di ammoniaca per le diverse categorie di animali allevati e per l’uso agricolo di fertilizzanti ad elevato contenuto di azoto.
Nell’elaborazione vengono utilizzati dati che comprendono: il numero di animali e la quantità di fertilizzante; i fattori di emissione per numero di capi delle principali categorie del settore zootecnico nelle diverse fasi (pascolo, ricovero, stoccaggio e spandimento), allineati con l’inventario nazionale elaborato da ISPRA e con i metodi di riduzione delle emissioni presenti nel Codice di Buone Pratiche Agricole allegato al Piano Nazionale di Controllo dell’Inquinamento Atmosferico; la quantità di azoto emessa per i diversi fertilizzanti azotati; le tecniche di abbattimento definite come percentuale di applicazione per ciascuna categoria animale e fase per il settore zootecnico e per tipo di tecnica di distribuzione e per tipo di terreno per il settore agricolo.
Come evidenziato dagli inventari nazionali delle emissioni in atmosfera prodotti annualmente da Ispra, in Italia, solo nel 2019 (IIR, 2021), il 94,3% delle emissioni di ammoniaca deriva dalle attività del settore zootecnico e dall’uso dei fertilizzanti azotati, con un contributo, in termini percentuali, dei due settori rimasto sostanzialmente stabile dagli anni ’90 ad oggi.
“Al 2030, secondo quanto fissato dalla direttiva europea NEC, l’Italia dovrà ridurre le emissioni di ammoniaca del 16% rispetto ai valori del 2005. Notevole attenzione è posta sull’ammoniaca in quanto precursore del particolato fine, nocivo per la salute umana. Con il software SCENA, vogliamo offrire uno strumento innovativo che permetta di valutare l’efficacia dei programmi attivati o da attivare allo scopo di rispettare l’obiettivo di riduzione nazionale”, conclude Chiara Nobili, ricercatrice ENEA del Laboratorio Sostenibilità, Qualità e Sicurezza delle produzioni agroalimentari di ENEA, responsabile della linea di attività in ES-PA.
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