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Transizione energetica, accordo tra ENI e Agenzia Energie Rinnovabili

MILANO (ITALPRESS) – Eni e l’Agenzia Internazionale per le Energie Rinnovabili (IRENA) hanno firmato un accordo di partnership di durata triennale, per collaborare nella promozione delle energie rinnovabili e per accelerare la transizione energetica, in particolare nei paesi esportatori di fonti fossili. L’accordo è stato sottoscritto dall’Amministratore Delegato di Eni, Claudio Descalzi, e dal Direttore Generale di IRENA, Francesco La Camera, nel periodo in cui Milano ospita la riunione ministeriale preparatoria “Pre-COP 26”.
Secondo i termini dell’accordo, Eni e IRENA collaboreranno per facilitare il dialogo e la condivisione delle esperienze sull’accelerazione della transizione energetica e sullo sviluppo delle energie rinnovabili nei paesi esportatori di combustibili fossili, nonchè per identificare gli ostacoli agli investimenti del settore privato nelle energie rinnovabili nei paesi in cui Eni opera e promuovere soluzioni in coordinamento con i governi.
In particolare, Eni e IRENA promuoveranno l’integrazione del continente Africano nella catena del valore dei biocarburanti, tramite iniziative di capacity building istituzionale, agribusiness e di sviluppo industriale destinate alla produzione di biofuel avanzati, favorendo la decarbonizzazione del settore dei trasporti e contribuendo all’aumento delle opportunità di sviluppo.
“La partnership costruisce sull’impegno di Eni a contribuire alla decarbonizzazione del mix energetico dei paesi africani, facendo leva sulle fonti di energia rinnovabile per ridurre l’uso dei combustibili fossili nella produzione di energia. Inoltre, la partnership rappresenta per Eni un’occasione per rafforzare il dialogo con IRENA, condividere le proprie competenze e
il portafoglio di soluzioni tecnologiche, e rafforzare il posizionamento internazionale come leader nella transizione energetica e partecipare attivamente al dibattito istituzionale sulle politiche energetiche che l’agenzia promuove”, si legge in una nota.
Per l’Amministratore Delegato di Eni, Claudio Descalzi, “L’accordo con IRENA è un passo avanti nell’impegno di Eni di raggiungere le zero emissioni nette entro il 2050, facendo leva sulle rinnovabili e su altre soluzioni tecnologiche e industriali per affrontare con successo la transizione energetica. Abbiamo disegnato l’evoluzione di Eni nei prossimi anni coniugando gli obiettivi di continuo sviluppo in un mercato dell’energia in forte evoluzione con una significativa riduzione dell’impronta carbonica del nostro portafoglio, impegnandoci a raggiungere le zero emissioni nette entro il 2050. L’alleanza di oggi può dare un’ulteriore accelerazione a questo processo, così come noi saremo in grado dare il nostro contributo in termini di know-how e impegno”.
Il Direttore Generale di IRENA, Francesco La Camera, ha sottolineato come “Siamo giunti a un momento cruciale nella transizione energetica, che richiede l’impegno e la partecipazione attiva di tutti gli attori energetici. E’ nell’interesse delle grandi compagnie petrolifere e delle nazioni esportatrici di combustibili fossili abbracciare la transizione e puntare a giocare una posizione di leadership in essa. La partnership tra Eni e IRENA rafforzerà i nostri impegni comuni per far avanzare l’agenda per un futuro a basse emissioni di carbonio nel decennio d’azione”.
Eni si è impegnata a raggiungere la completa neutralità carbonica entro il 2050; la totale decarbonizzazione di prodotti e operazioni verrà conseguita attraverso bioraffinazione, economia circolare, efficienza e digitalizzazione, aumento della capacità da rinnovabili, idrogeno blu e verde, progetti di cattura, utilizzo e stoccaggio del carbonio e iniziative REDD+.
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Fondazione Cariplo e F20, ecco le raccomandazioni per il clima

MILANO (ITALPRESS) – Si è concluso a Milano il F20 Climate Solutions Forum 2021, incontro annuale promosso da Foundations Platform F20, un network internazionale di più di 70 fondazioni che promuovono lo sviluppo sostenibile.
L’edizione 2021 del Forum, dal titolo “Green Recovery, Sustainable Finance, Just Transition: Putting Words into Deeds” è stata co-organizzata da Fondazione Cariplo, in collaborazione con altre fondazioni partner di F20 – Fondazione Unipolis, Fondazione Compagnia di San Paolo e Fondazione di Comunità di Messina – e con il supporto di Assifero, ASviS e ACRI.
Al Forum hanno partecipato, tra gli altri John Kerry, attualmente inviato speciale del Presidente degli Stati Uniti d’America per la gestione del clima ed emergenze climatiche; Ban Ki-moon già segretario generale delle Nazioni Unite; Johan Rockstrom, direttore del Potsdam Institute for Climate Impact Research; Enrico Giovannini, Ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili.
Obiettivo del F20 Climate Solutions Forum 2021 era quello di indicare possibili priorità e identificare sfide e opportunità nella lotta ai cambiamenti climatici e nello sviluppo di resilienza in un mondo post-Covid da consegnare ai leader del G20.
Nel dialogo con gli esperti internazionali e i leader politici e della società civile, sono intervenuti anche Francesco Profumo, Presidente ACRI, Giovanni Fosti, Presidente di Fondazione Cariplo, Giuseppe Banfi, membro della Commissione Centrale di Beneficienza di Fondazione Cariplo, Pierluigi Stefanini, Presidente e Portavoce di ASviS e Presidente di Fondazione Unipolis, Maria Luisa Parmigiani, Direttrice di Fondazione Unipolis e Co-chair di F20, Alberto Anfossi, Segretario Generale Fondazione Compagnia di San Paolo.
Sei le raccomandazioni di F20 ai leader dei paesi più industrializzati del mondo emerse al termine della due giorni del Forum.
I paesi del G20 dovrebbero: – Unire le forze con il G7 e far convergere l’impegno a livello nazionale dei paesi membri per contrastare l’impatto economico e sociale della crisi globale generata dalla pandemia da COVID-19, con gli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) e l’accordo di Parigi sul clima. I paesi del G20 devono coordinarsi e realizzare una ripresa globale che sia verde, resiliente, sana ed equa per tutti. Priorità da mettere al centro dei piani di ripresa nazionali, assicurando un’adeguata disponibilità di risorse finanziarie. Il G7, sottogruppo del G20, deve dare in primis l’esempio e aumentare le proprie ambizioni rispetto agli impegni attualmente assunti attraverso i Nationally Determined Contributions (Contributi promessi stabiliti a livello nazionale). – Impegnarsi per raggiungere “emissioni zero”, in linea con l’obiettivo di contenere il riscaldamento globale a 1,5°C, specificando le fasi e gli obiettivi intermedi previsti fino al 2030. Questo comporta di riconoscere la centralità sia della fase di eliminazione rapida dei combustibili fossili che delle cosiddette Nature-based Solutions: non c’è spazio per una compensazione delle emissioni di gas serra non sostenibile e non regolamentata. – Garantire una Transizione Equa entro il 2030 definendo obiettivi intermedi concreti, anche con la partecipazione attiva di diversi stakeholder – dalle comunità e lavoratori a livello locale al settore privato e mondo accademico – alla stesura dei piani nazionali per la Just Transition. Con un approccio olistico, per non lasciare nessuno indietro, che tenga opportunamente conto delle diseguaglianze tra paesi e all’interno dei paesi stessi, e in cui welfare sociale, diritto alla salute e gli interessi delle future generazioni siano le grandi priorità. – Decarbonizzare la finanza e gli investimenti rendendo obbligatori piani di decarbonizzazione per le istituzioni finanziarie, anche al fine di concretamente attuare lo “spostamento dei trilioni” e colmare il “Climate Finance Gap”. – Concedere l’alleggerimento del debito, anche attraverso interventi di moratoria del debito, ai paesi altamente indebitati atti a consentire la loro ripresa e il loro sviluppo economico.
Rendere il nesso Acqua-Energia-Cibo-Salute e il nesso Clima-Biodiversità parti integranti e fondamentali delle agende del G7 e del G20. Questo significa anche una maggiore convergenza con il Summit Onu sulla Biodiversità e la COP 26 sul clima che quest’anno puntano a raccogliere un impegno concreto per la protezione e ripristino di alcune aree naturali maggiormente a rischio (Amazzonia, Congo/Uganda, Borneo). E lo faranno anche le Fondazioni e la Filantropia, sempre più impegnate in progettualità cross-settoriali e inclusive.
“Foundations Platform F20 riunisce più di 70 organizzazioni filantropiche che chiedono con forza azioni più ambiziose e finanziamenti per il clima da parte delle nazioni del G20 per allineare la loro agenda all’Accordo di Parigi per il clima e con gli obiettivi di sviluppo sostenibile. Che le fondazioni stiano prendendo posizione in questi anni cruciali è un segno importante”, dice Klaus Milke, Presidente di Foundations Platform F20.
Nel suo intervento, Ban Ki-moon ha ribadito la centralità del prossimo G20 nella sfida al cambiamento climatico: “Ad ora gli interventi globali per affrontare la crisi climatica sono largamente insufficienti rispetto a quello che serve. I leader sono di fronte a una straordinaria opportunità di agire ma il tempo a disposizione si sta esaurendo. La leadership del G20 è cruciale per garantire un futuro più sicuro. Il G20 rappresenta il 90% del PIL mondiale, l’80% del commercio globale e l’80% delle emissioni. Quello che succederà al G20 a fine ottobre sarà quindi determinante per la COP26”.
“Il fatto che il Regno Unito e l’Italia siano sede del G7 e del G20 quest’anno, nonchè della COP26 rappresenta un’enorme opportunità per una risposta ben coordinata alla pandemia, oltre che alla crisi climatica e alla perdita di biodiversità a livello globale”, sottolinea Stefan Schurig, Segretario Generale di Foundations Platform F20.
Johan Rockstrom ha sollecitato la necessità di cogliere questo momento storico post emergenziale come un’opportunità per un inderogabile cambiamento: “E’ il momento della trasformazione e la scienza è molto chiara nel dirci che questa è l’ultima possibilità che abbiamo se vogliamo evitare di superare punti di non ritorno che ci porterebbero in modo irreversibile nella direzione sbagliata”.
“Viviamo un momento di grande trasformazione, in cui stanno crescendo le disuguaglianze. Dobbiamo essere pronti a costruire una transizione ecologica che sia giusta e che tenga conto degli impatti sociali che inevitabilmente emergeranno. E’ proprio per attuare una transizione reale che dobbiamo considerare il suo impatto sociale: se non è sostenibile sotto tutti gli aspetti non sarà nè giusta nè realizzabile”, ha detto Giovanni Fosti, Presidente di Fondazione Cariplo.
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OMC, per l’industria la sfida della cattura e stoccaggio della CO2

RAVENNA (ITALPRESS) – L’Italia produce circa 350 milioni di tonnellate di anidride carbonica all’anno, di cui circa 80 milioni di tonnellate provengono da attività considerate “energivore” come acciaierie, industrie di ceramiche, cementifici e il comparto della carta. Se ne è parlato a Ravenna nel corso della seconda giornata della Omc – Med Energy Conference and Exhibition 2021. Al centro dell’iniziativa il tema della sostenibilità nel settore dell’energia.
Tra gli obiettivi che la Comunità Europea si pone per il 2030 uno è quello di ridurre del 55%, rispetto al 1990, le emissioni di CO2, per arrivare poi nel 2050 ad essere carbon neutral.
A parlare di CCUS, cioè di cattura, utilizzo e stoccaggio dell’anidride carbonica, e delle scelte di Eni in merito è Luigi Ciarrocchi, CCUS & Forestry (CCUS&F) director del gruppo, che spiega come grazie alle CCS, ovvero “Carbon Capture and Storage” e CCU “Carbon Capture and Utilization”, stanno nascendo nuove strade per la sostenibilità.
“La decarbonizzazione – sottolinea Ciarrocchi – è un tema molto pressante e sappiamo bene che non esiste una sola strada per arrivare agli obiettivi che ci siamo dati per il 2050. E’ necessario perseguire una serie di strumenti e tecnologie per poter raggiungere l’obiettivo: bisogna promuovere e sostenere le energie rinnovabili, assolutamente necessarie, che rappresentano un punto fondamentale. Come è fondamentale l’efficienza energetica, i biocarburanti, i carburanti a basso contenuto carbonico o addirittura senza contenuto carbonico. Tutte queste azioni rientrano nella strategia di Eni”.
E’ necessario utilizzare un approccio globale, che comprenda più soluzioni, continua il direttore Eni, “e tra queste un processo tecnologico importante è la cattura delle emissioni di attività industriali come acciaierie, cementifici, cartiere, aziende ceramiche che vengono dette “hard to abate”. In particolar modo – ha proseguito – per queste emissioni bisogna catturare la CO2 emessa da processi industriali, stoccarla in giacimenti depletati in maniera sicura oppure usarla per produrre materiali di alto pregio e valore che possono poi essere utilizzati, per esempio nell’industria dei cementi. Da emissione dannosa diventa dunque qualcosa di utile e che partecipa al ciclo produttivo, con benefici per l’ambiente”.
Un problema che sempre più va affrontato a livello di tutto il pianeta in quanto, specifica Ciarrocchi, che aggiunge: “Se noi saremo virtuosi, ma ad esempio nazioni come Cina o India non lo saranno, continuando a emettere CO2, gli sforzi fatti saranno vani. Serve dunque un approccio sistemico e globale”.
“Dobbiamo utilizzare tutte le soluzioni, la sostenibilità deve essere ambientale, sociale, economica per non lasciare indietro nessuno”, conclude Ciarrocchi.
La XV edizione di Omc si chiuderà giovedì 30 a Ravenna con una sessione dedicata a “Prospettive della transizione energetica: investimenti necessari per sostenere un Sistema energetico decarbonizzato”.
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Clima, Papa Francesco “Non c’è più tempo da perdere, bisogna agire”

ROMA (ITALPRESS) – “Non c’è più tempo per aspettare, bisogna agire. Dobbiamo avere una comune preoccupazione: fare in modo che l’ambiente sia più pulito, più puro e si conservi. E prenderci cura della natura, affinchè essa si prenda cura di noi”. E’ quanto sottolinea Papa Francesco nel messaggio rivolto ai partecipanti all’evento dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa in corso a Strasburgo fino al 30 settembre. Si tratta di un evento, incentrato sui temi dell’ambiente e dei diritti umani, che si tiene alla vigilia della COP26, in programma a novembre a Glasgow. Per Francesco è necessario “un reale cambiamento di rotta”, “una nuova coscienza del rapporto dell’essere umano con se stesso, con gli altri, con la società, con il creato e con Dio”.
Nel messaggio Francesco osserva che questa crisi ecologica ci invita “a un dialogo interdisciplinare e operativo a tutti i livelli, da quello locale a quello internazionale”. Ma anche a “una responsabilità individuale oltre che collettiva”. “Si dovrebbe quindi parlare anche dei doveri di ogni essere umano per vivere in un ambiente sano, salutare e sostenibile. Invece, quando parliamo solo di diritti – conclude il Papa – pensiamo unicamente a ciò che è a noi dovuto. Dobbiamo pensare anche alla responsabilità che abbiamo verso le generazioni future, e al mondo che vogliamo lasciare ai nostri bambini e ai nostri giovani”.
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Roma, Acea illumina la Piramide Cestia con i colori della sostenibilità

ROMA (ITALPRESS) – In occasione dell’apertura della quinta edizione del Festival dello Sviluppo Sostenibile, organizzato da ASviS, Acea ha illuminato la Piramide Cestia con i 17 simboli degli Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals, SDGs nell’acronimo inglese) dell’Agenda 2030 dell’Onu. Acea ripete così per il secondo anno questa iniziativa, a conferma del proprio impegno a favore della diffusione della cultura della sostenibilità. L’intervento illuminotecnico è stato realizzato con flussi di luce a Led a basso consumo energetico, in modo da coniugare efficienza, estetica e risparmio energetico a testimonianza concreta dell’impegno della multiutility nell’applicazione dei valori e degli obiettivi di sostenibilità.
“L’illuminazione di uno dei più suggestivi monumenti della Roma del passato – ha dichiarato la Presidente di Asvis Marcella Mallen – ricorda a chi vive nel presente che si deve guardare al futuro e che questo è possibile solo garantendo uno sviluppo sostenibile”. “La ghiera formata dai 17 obiettivi di sviluppo sostenibile proiettata sulla Piramide Cestia – ha dichiarato la Presidente di Acea Michaela Castelli – vuole rappresentare, in modo simbolico, il contributo che il Gruppo continua a dare, al fianco di ASviS, alla campagna di sensibilizzazione sui temi della sostenibilità, promuovendo al contempo modelli di sviluppo in linea con questi obiettivi”.
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In 10 anni 587 mila ettari in più di boschi in Italia

MILANO (ITALPRESS) – Non si arresta la marcia dei boschi italiani. Aumenta la loro superficie e biomassa, e con esse la capacità di assorbire anidride carbonica E’ quanto emerge dall’ultimo Inventario Nazionale delle Foreste e dei Serbatoi forestali di Carbonio presentato oggi nel corso di un convegno che rientra tra le iniziative realizzate dall’Arma dei Carabinieri in occasione di All4Climate, l’appuntamento che si svolge a Milano preparatorio della COP26 di Glasgow.
La lettura dei dati a confronto evidenzia un aumento della superficie forestale di circa 586.925 ettari per un valore complessivo di 11.054.458 ettari di foresta, pari al 36,7 % del territorio nazionale; la consistenza dei boschi italiani, espressa come metri cubi di biomassa è aumentata del 18,4%, i valori ad ettaro sono passati da 144,9 a 165,4 metri cubi; lo stock di carbonio, nella biomassa epigea e nel legno morto, è passato da 490 milioni di tonnellate rispetto alla rilevazione del 2005 a 569 milioni di tonnellate di Carbonio organico, equivalente ad un valore della CO2 che passa da 1.798 milioni di tonnellate a 2.088 milioni di tonnellate, con un incremento di 290 milioni di tonnellate di CO2 stoccata e quindi sottratta all’atmosfera. L’anidride carbonica è il gas serra maggiormente responsabile dell’innalzamento globale delle temperature, sottratta dall’atmosfera.
Le foreste svolgono un ruolo essenziale nel garantire gli equilibri naturali e ambientali globali e, contemporaneamente, nel contribuire al soddisfacimento dei bisogni del genere umano: affinchè le foreste “contino” nelle scelte e nelle strategie politiche ed economiche del Paese, bisogna prima di tutto “contare” le foreste.
La sottrazione dall’atmosfera e l’immagazzinamento dei gas ad effetto serra, in particolare del diossido di carbonio o anidride carbonica, è una delle funzioni più importanti di recente riconosciute alle foreste che, così, contribuiscono a mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici e a regolare il clima. Infatti le foreste, come tutto il regno vegetale, rappresentano un ponte insostituibile tra il mondo inorganico e quello degli esseri viventi e una formidabile macchina biologica che cattura carbonio dall’atmosfera, lo immagazzina nelle sue fibre e lo tiene bloccato per tempi anche molto lunghi: un metro cubo di legno secco contiene circa 260 kg di carbonio, pari a circa la metà del suo peso.
In questo contesto l’attività di monitoraggio degli ecosistemi forestali si inserisce coerentemente ed efficacemente nella realizzazione degli obiettivi strategici individuati dall’Unione Europea nell’ambito del “Green Deal”, che mira al raggiungimento della neutralità delle emissioni inquinanti entro il 2050.
L’Inventario Nazionale delle Foreste e dei serbatoi forestali di Carbonio (INFC) è un’indagine campionaria periodica finalizzata alla conoscenza della qualità e quantità delle risorse forestali del Paese, fonte di statistiche forestali a livello nazionale e regionale. INFC è uno strumento di monitoraggio che produce conoscenza concreta a supporto della politica forestale e ambientale realizzato dall’Arma dei Carabinieri tramite il Comando Unità Forestali Ambientali e Agroalimentari in collaborazione con partner scientifico il CREA (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi per l’economia agraria) e il contributo dei Corpi Forestali delle Regioni e Province Autonome.
Al fine di ottenere statistiche aggiornate e rispondere ad una pluralità di esigenze informative connesse alla gestione delle foreste e del territorio, nel novembre del 2017 sono stati avviati i rilievi in campo dell’INFC2015, terzo inventario forestale nazionale italiano, i cui risultati fanno convenzionalmente riferimento all’anno 2015. I rilievi, conclusi nei primi mesi del 2020, hanno completato l’indagine avviata nel 2013 con la fotointerpretazione dell’uso e copertura del suolo, prima fase dell’inventario.
Le definizioni e i protocolli di rilievo di INFC2015, oltre che il disegno di campionamento, sono gli stessi adottati per la precedente indagine INFC2005, allo scopo di facilitare la comparazione dei risultati ottenuti. I dati prodotti sono a disposizione delle Organizzazioni internazionali, delle Amministrazioni pubbliche, sia nazionali che regionali, della Società civile, delle Istituzioni di ricerca.
I risultati dell’ultimo Inventario fanno anche emergere ulteriori aspetti ambientali di grande rilievo, rendendoci ancor più palese l’importanza strategica delle nostre foreste nel contribuire al rispetto degli impegni internazionali assunti dall’Italia, al benessere dell’ambiente e della società e ponendoci, di conseguenza, di fronte alla responsabilità di proseguire, nell’interesse della collettività, nelle attività di monitoraggio quantitativo e qualitativo degli ecosistemi forestali, con continuità e con sempre maggiore professionalità.
L’Inventario rappresenta già, ma sempre più lo sarà in futuro, una sorta di “termometro verde” in grado di misurare la consistenza e lo stato di vitalità delle foreste, ma soprattutto permetterà di valutare il loro contributo per mitigare la “febbre planetaria”.
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Clima, Cingolani “Aperti a qualsiasi idea innovativa dei giovani”

ROMA (ITALPRESS) – Con gli attivisti dei Fridays for Future “diciamo le stesse cose, perchè i due contributi delle attiviste sono stati molto chiari: bisogna ricordare ai Paesi avanzati che devono versare 100 miliardi ai Paesi poveri e che non bastano nemmeno, dovremmo fare di più. Bisogna ricordare anche che siamo in ritardo con la tabella di marcia, la C02 prodotta continua ad aumentare e continua ad aumentare il trend di riscaldamento. Questo lo abbiamo detto tutti quanti. E’ chiaro che i giovani in questo momento hanno un ruolo di spinta, devono creare l’onda di commozione ma anche di contestazione e di protesta, d’altro canto le istituzioni devono trovare soluzioni, ma se fossero semplici le avremmo già trovate e applicate. Qualunque cosa noi facciamo nella direzione del cambiamento climatico ha impatti sociali estremamente complessi: purtroppo quelle che dobbiamo sviluppare sono soluzioni complesse. Va benissimo l’esortazione e la contestazione, però noi siamo aperti a qualsiasi idea nuova e innovativa migliore di quelle che abbiamo. Stiamo facendo tutti del nostro meglio”. Lo ha detto il ministro per la Transizione Energetica Roberto Cingolani all’incontro “Sviluppo sostenibile e digitale: la sfida dei giovani parte da Milano”, organizzato da Sky in occasione dei due appuntamenti internazionali “Youth4Climate: Driving Ambition” e “Pre-COP26” e in onda su Sky TG24.
“Un Paese che ambisca ad essere sano e sostenibile deve conciliare due istanze diverse: quella di un clima sostenibile per le future generazioni e quella di una società sostenibile. Le analisi dei dati devono essere spietate, però le soluzioni devono essere sostenibili, dobbiamo utilizzare la scienza che ci dà dati incontrovertibili per trovare queste soluzioni sostenibili – ha sottolineato il ministro -. Dobbiamo garantire anche la sostenibilità, perchè altrimenti la gente perde il lavoro e non riesce ad andare avanti”.
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Solinas, Sardegna dice “no” a deposito scorie nucleari

CAGLIARI (ITALPRESS) – Lo Stato rispetti la volontà del Consiglio Regionale della Sardegna e l’esito del referendum del 2011: il “no” del popolo sardo alle scorie nucleari sul nostro territorio è irrevocabile. La Sardegna ha già pagato, e continua a pagare, alti tributi alla solidarietà nazionale. Lo ribadisce il Presidente della Regione Christian Solinas, che per sostenere anche in ambito tecnico scientifico le ragioni della posizione della Sardegna in merito all’ipotesi di stoccaggio di scorie nucleari in 14 siti del nostro territorio regionale, ha istituito un Comitato tecnico scientifico che ha già trasmesso il 26 marzo scorso le argomentazioni che dimostrano l’inopportunità di una simile scelta, che oltre a rappresentare un pericolo per l’immagine della nostra Isola, si scontrerebbe con quanto stabilito per legge e per effetto di un referendum popolare. Il seminario organizzato da Sogin è stato l’occasione per ribadire e argomentare la posizione netta della Sardegna. Nel 2011, in occasione del referendum, oltre il 97% del popolo sardo votò contro la localizzazione delle scorie sull’isola. Anche il Consiglio Regionale, in diverse fasi, si è pronunciato in modo nettamente contrario.
La Sardegna, ricorda il Presidente Solinas, ospita più della metà delle servitù militari presenti in Italia, circa il 65%, a danno della valorizzazione del territorio isolano. E in base ai Trattati costitutivi dell’Unione Europea, i territori insulari andrebbero supportati ed aiutati, in quanto oggettivamente svantaggiati rispetto agli altri sotto alcuni aspetti. E’ anche per questo che l’eventuale collocazione del Deposito sull’isola apparirebbe come l’ennesimo e irragionevole sacrificio imposto al territorio, che già sopporta un carico superiore a quello di qualsiasi altra regione d’Italia. E’ evidente, a parere del Presidente Solinas, l’irragionevolezza di una eventuale collocazione del deposito su un’isola. I rischi, in caso di incidente, sarebbero enormemente accresciuti dalla impossibilità per la popolazione di essere efficacemente e rapidamente evacuata dalle zone interessate. La posizione della Regione Sarda è quindi netta: laddove la Cnapi, la Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee, fosse stata redatta sulla base di studi e cartografie aggiornate, nonchè su indagini di campo, tutte le aree individuate in Sardegna sarebbero state escluse. Il nostro “no” è fortemente motivato ed irrevocabile, conclude il Presidente Solinas. La mobilitazione civile, pacifica e democratica contro ogni ipotesi di stoccaggio in Sardegna deve proseguire, interessando tutte le articolazioni della società sarda in una stagione di unità e di profonda coesione, nel nome e per il bene della Sardegna.
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