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Ambiente

Marevivo-Ci Tange, legge vieti grandi eventi su spiagge e siti naturali

ROMA (ITALPRESS) – Si è svolto, nella sede nazionale della Fondazione Marevivo, il convegno dal titolo “Grandi eventi in siti naturali: quali impatti per ambiente e biodiversità”, organizzato dal Coordinamento Italiano per la Tutela degli Ambienti Naturali dai Grandi Eventi – C.I. T.A.N.G.E. – che riunisce oltre cinquanta associazioni e comitati locali e nazionali – per informare e sensibilizzare cittadini e istituzioni sulle criticità dei grandi eventi musicali e sportivi nei siti naturali. I tagli di siepi e alberi (di recente sono stati abbattuti centinaia di larici secolari per far posto a una pista da bob per le Olimpiadi Invernali a Cortina), la distruzione delle dune e della vegetazione per la realizzazione di piste di motocross e palcoscenici, l’inquinamento acustico e da smog e i rifiuti che finiscono in mare danneggiano l’ambiente, mettendo a rischio specie protette da direttive europee come fratino o tartarughe marine.
Hanno introdotto Rosalba Giugni, Presidente Marevivo e Franco Sacchetti, Referente Coordinamento Ci Tange, che hanno ribadito “la necessità di intervenire con leggi e azioni concrete per vietare che simili manifestazioni continuino a privilegiare gli interessi economici a quelli ambientali”, sottolineando l’impegno delle numerose Associazioni che si sono riunite per fare fronte comune “contro un mostro che assume dimensioni sempre più grandi e incontrollate. Spiagge e siti naturali non sono luoghi idonei. Si chiede che venga rivisto il piano normativo, auspicando nuovi momenti di confronto soprattutto sul piano giuridico”. Bruno Cignini, Zoologo, docente Università di Roma “Tor Vergata”ha moderato l’incontro.
Dal dibattito è emersa una urgenza: che la Valutazione di Incidenza per eventi che riguardano il demanio pubblico, sia affidata a enti terzi che, lontani dagli interessi economici delle amministrazioni locali, possano garantire una analisi obiettiva della fattibilità di tali manifestazioni, basata su metodologie scientifiche.
“I CAM, che regolamentano gli eventi pubblici e vietano per la loro realizzazione l’utilizzo delle spiagge, dovrebbero essere applicati anche agli eventi privati, soprattutto quando questi si svolgono, in collaborazione con gli Enti locali, sulle aree del Pubblico Demanio, spesso accordate a canoni di locazione irrisori in confronto al lucro che viene prodotto – è emerso nel corso del convegno -. Queste manifestazioni, oltre al gravissimo danno ambientale, rappresentano per i cittadini momenti di alta disinformazione, di cui si fanno “complici” Enti e Istituzioni nel momento in cui abdicano al loro ruolo educativo e di amministrazione. Rappresentano quindi pericolosi precedenti al quale va posto un freno senza indugio, a tutela dell’Ambiente, dei Beni comuni e della biodiversità”.
L’incontro ha rappresentato un primo passo importante per cercare di comporre le esigenze di vari attori, nel tentativo di arginare la dilagante tendenza all’utilizzo di luoghi naturali per eventi che sottendono una visione strumentale della natura la quale invece necessita di essere “valorizzata”, come invece garantisce la Costituzione.
Il convegno ha visto gli interventi istituzionali di Oliviero Montanaro, Direttore Generale Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Francesco Tomas, Contrammiraglio (CP) Reparto Ambientale Marino del Corpo delle Capitanerie di Porto e Irene Davi, Tenente Colonnello Comandante del Gruppo Carabinieri Forestale Rieti a cui è stata presentata la proposta di realizzare un tavolo tecnico con tutti gli interlocutori coinvolti, associazioni ambientaliste, Ministero e Enti regionali e Amministrazioni locali, assenti al convegno pur essendo state invitati.
Oliviero Montanaro ha dichiarato che “le Istituzioni devono tenere a mente i loro due elementi fondanti, ovvero che agiscono attraverso opere condivise e che rappresentano gli interessi di tutti. E’ importante favorire un dialogo tra associazionismo compatto, Istituzioni e Amministrazioni locali, per tutelare non solo le aree protette già esistenti ma anche e soprattutto quelle non riconosciute come tali, attraverso la promozione di un Codice Deontologico condiviso”.
Francesco Tomas ha fatto riferimento non solo alle recenti modifiche all’Art. 9 che hanno introdotto il principio di tutela della biodiversità nella nostra Costituzione ma anche all’Art.41, ricordando che “ogni iniziativa economica privata, seppur libera, non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”. Ha ribadito, infine, il ruolo positivo del Coordinamento che, raggruppando tante sigle, esprime “una sintesi delle esigenze del mondo ambientalista grazie alla quale le Istituzioni possono prendere delle decisioni”.
Cristina Cotorobai, nota attivista ed eco-influencer, ha aperto gli interventi degli esperti con una riflessione sulla necessità di tornare ai suoni primordiali della natura, nell’interesse di tutti.
Leonardo Marotta, ambientologo, TAG Costa Mare ha parlato della selezione, valutazione e gestione dei piccoli e grandi eventi in aree naturali. “Esistono gli strumenti e le leggi, si tratta di metterli in fila e creare metodi di valutazione preventiva, usando il metodo scientifico, che arrivino a definire le aree in cui poter organizzare gli eventi”, ha evidenziato.
Augusto De Sanctis, Consigliere Stazione Ornitologica Abruzzese Siti Natura2000 appenninici, ha dichiarato: “In Appennino, fuori e dentro le aree protette, è un fiorire di piccoli e grandi eventi impattanti, anche su specie di rilievo europeo come l’Orso bruno e l’Aquila reale. Si va dai motoraduni a Campo Imperatore nel cuore del Parco Nazionale del Gran Sasso, dove il silenzio dell’altopiano viene interrotto dal rombo dei motori che si sente per chilometri, al raduno di fuoristrada a Villalago, il paese dell’orsa Amarena”. Una proliferazione incontrollata sulla quale gli enti di controllo non hanno mostrato di intervenire adeguatamente.
Marco Cervellini, Ecologo della vegetazione, TAG Costa Mare ha parlato dell’importanza dell’approccio scientifico per la conservazione degli ecosistemi naturali, partendo dal caso Jova Beach Party 2022 nel corso del quale il censimento botanico effettuato dal professor Bacaro a Viareggio, secondo il Protocollo standard (es. manuale 142/2016 ISPRA), si è rivelato l’unica metodologia efficace per bloccare le ruspe, riconoscendo per la prima volta il valore naturalistico di una spiaggia antropizzata, e ha fatto un appello al mondo scientifico perchè si faccia promotore di questa istanza attraverso un lavoro di censimento di aree sensibili che permettano anche valutazioni prima e dopo un evento.
Corrado Battisti, Naturalista, Referente Monumento Naturale Palude di Torre Flavia CMRC ha descritto scientificamente gli impatti e le implicazioni a breve, medio e lungo termine sull’ambiente del Jova Beach Party a Torre Flavia, valorizzando il ruolo positivo del coinvolgimento della comunità, in particolare di scuole e bambini, nella gestione di un’area protetta.
Giuseppe Marino, Legambiente Marsala (in collegamento) ha esposto il caso della fruizione incontrollata allo Stagnone di Marsala, “un sito europeo costiero di rilevanza comunitaria, che ormai viene usato come campo gara per il kite surf. Un’attività sportiva che ha praticamente desertificato l’avifauna che un tempo frequentava l’area e che oggi viene disturbata da centinaia di fruitori molto spesso ignari dell’impatto della loro attività”.
Chiara Grasso, Etologa, giornalista e Presidente di Eticoscienza, in collegamento, ha focalizzato il suo intervento sull’inquinamento acustico e luminoso, “fonte di disturbo sul comportamento e il benessere animale”, ha concluso.

– foto ufficio stampa Marevivo –
(ITALPRESS).

Acqua bene comune ma a caro prezzo per le Isole minori

ROMA (ITALPRESS) – La realizzazione e la messa in funzione di impianti di dissalazione a terra nelle isole minori italiane, e in particolare in quelle siciliane, sta continuando a mostrare criticità evidenti nella produzione e nella fornitura di acqua potabile per le lunghissime tempistiche realizzative necessarie all’entrata in funzione degli stessi impianti; per gli elevatissimi costi di gestione e manutenzione; per la scarsa qualità dell’acqua immessa nella rete – causa di profondi disagi per gli abitanti e motivo che concorre allo spopolamento – e per l’inquinamento ambientale prodotto dallo scarico in mare, vicino alla costa, di massicce quantità di salamoia fortemente impattante e spesso contaminata da reagenti chimici. Sono queste le maggiori evidenze scaturite dallo studio “Costi ambientali ed economici della dissalazione”, curato da Roberto Di Vincenzo (già dirigente dell’allora Ministero della Marina mercantile) e Giuseppe Taverna (già dirigente per il servizio idrico integrato e l’approvvigionamento idrico delle Isole minori della Regione Siciliana), i cui dati sono stati presentati alla conferenza stampa “Crisi idrica: soluzioni normative e tecnologiche verso la Giornata Mondiale dell’Acqua” promossa da Fondazione UniVerde e Marevivo, in partnership con Marnavi e Idroambiente e in media partnership, tra gli altri, con Italpress e TeleAmbiente, che si è svolta presso la Sala Stampa della Camera dei Deputati.
Pur partendo da metodologie di indagine disgiunte, per avere due valutazioni indipendenti che fossero anche una di verifica all’altra sotto l’aspetto dell’attendibilità delle conclusioni cui si è pervenuti, le relazioni tecniche dei due esperti sul case study delle Isole minori siciliane, dopo aver individuato e stimato tutte le voci che concorrono al costo medio di produzione di acqua dissalata da impianti fissi, giungono a conclusioni sostanzialmente analoghe, ovvero un costo elevato che si attesta intorno ai 12 euro/mc. Importi scaturiti, è opportuno ribadire, da analisi dettagliate di tutte le voci di spesa che concorrono alla realizzazione, gestione e conduzione degli impianti a terra esistenti e ricavati utilizzando criteri di estimo navale e marittimo che consentono anche di stimare preventivamente i costi di produzione con gli impianti che si intende realizzare.
Uno dei principali fattori che viene messo in evidenza, sono gli elevatissimi consumi energetici: citando i casi più eclatanti, per gli impianti di Lipari e Lampedusa la bolletta è stimata in ben 2,8 milioni di euro all’anno; 1,9 milioni di euro servono per mantenere in funzionamento quello di Pantelleria. Secondo i dati presentati dall’ing. Roberto Di Vincenzo – al lordo di voci di spesa quali: ammortamento, consumi energetici, reagenti chimici, sostituzione di membrane, costi del personale, analisi, manutenzione e ausiliari – i dissalatori di Lipari e Lampedusa presentano conti assai “salati” con una gestione annua per oltre 12 milioni di euro; Pantelleria: 8,3 milioni di euro/anno; Vulcano, circa 3,4 milioni di euro/anno; Ustica, 2,8 milioni di euro/anno. Seguirebbero: Filicudi, Stromboli e Favignana con costi di gestione annui previsionali che si attesterebbero su oltre 2,2 milioni di euro.
Fondazione UniVerde e Marevivo da anni ormai sollecitano le Istituzioni a porre maggiore attenzione alle sfide e ai costi dell’approvvigionamento idrico alle isole minori italiane, secondo modelli che siano davvero sostenibili da un punto di vista ambientale ma anche economico. Altro fattore rilevante sono i potenziali impatti sanitari dell’acqua dissalata da impianti fissi, un caso di studio che sta evolvendo rapidamente nel contesto scientifico italiano e strettamente legato alla qualità della risorsa prodotta.
La relazione dell’architetto Giuseppe Taverna – redatta a otto anni dall’entrata in funzione, e a due anni dal termine dei contratti di gestione, dei dissalatori a terra installati sulle isole di Lampedusa, Linosa, Pantelleria, Ustica e Lipari, e a due anni dall’avvio del contratto dell’impianto fisso di Vulcano – mette in luce lacune e inadeguatezze dell’attuale sistema di approvvigionamento idrico delle isole siciliane dove risiedono stabilmente circa 33.000 abitanti (che nei periodi estivi decuplicano): “Le criticità riscontrate nel sistema idrico delle isole siciliane – si legge nel documento – hanno in parte influito ad abbassare la qualità della vita con un conseguente spopolamento dei territori”, dove l’approvvigionamento di acqua potabile è affidato proprio ad impianti fissi di dissalazione che, in alcuni casi, sono talmente obsoleti, usurati e soggetti a malfunzionamenti da pregiudicare la qualità dell’acqua prodotta. Frequenti le denunce delle Autorità locali preposte alla salute pubblica per la presenza di elevate quantità di boro nell’acqua dissalata, causa di fenomeni di corrosione delle tubature. Nel caso di Lipari, l’ultimo appalto indetto dalla struttura commissariale con O.P.C.M. n. 3738 del 5 febbraio 2009 (trasferito alla Regione Siciliana con Ordinanza di Protezione Civile n.159 del 21 marzo 2014), per ammodernare il vecchio impianto di dissalazione a distillazione con un nuovo ad osmosi inversa, non è stato completato per l’intervenuta rescissione del contratto con l’impresa e oggi non produce più di 1,5 mln di mc, insufficienti per il fabbisogno idrico dell’isola. L’impianto allo stato attuale risulta incompleto, privo di collaudo statico, delle norme di sicurezza, del previsto impianto fotovoltaico e con entrambe le condotte, di appresamento e scarico, compromesse. Come viene messo in evidenza nella relazione, concorrono poi alla determinazione della tariffa la complessiva somma di circa 2,5 milioni di euro per l’integrazione con navi per l’emergenza causata dai ripetuti guasti e per fornire la frazione di acqua calda.
Tenuto conto dell’origine vulcanica delle varie isole siciliane, alcune ancora interessate da fenomeni eruttivi; considerate la morfologia dei loro territori che complica gli sviluppi progettuali su terra e la mancanza di interconnessione della rete – peraltro interessata da perdite di carico che superano il 50% (e in alcuni casi, come quello di Lipari, addirittura oltre il 60%) – considerato poi il pregio naturalistico di molte isole che ha portato, per citarne alcune, a costituire il Parco nazionale di Pantelleria, le Aree marine protette delle Egadi, di Ustica e delle Pelagie o, ancora, ad iscrivere le Eolie nel Patrimonio dell’Umanità – il coro degli interventi aperti dalla presentazione dei dati dello studio è stato pressochè unanime sulla necessità di garantire il diritto all’acqua potabile e di qualità ai cittadini delle isole minori italiane senza pregiudicare la tutela degli aspetti sanitari e il patrimonio naturale e senza sprecare denaro pubblico.
Alfonso Pecoraro Scanio (Presidente della Fondazione UniVerde): “E’ importante una efficace valutazione scientifica dei costi economici, sociali e ambientali di qualunque opera. L’iniziativa di oggi prevede un focus sugli impatti della dissalazione con impianti fissi, che in base ai dati presentati possono essere molto rilevanti. Dobbiamo tenere conto di soluzioni meno impattanti e, in molti casi, meno costose per la fornitura di acqua potabile e per il risparmio idrico. E’ anche una questione di buon senso, poichè disseminare le isole minori o interi arcipelaghi di dissalatori fissi, energivori e particolarmente dannosi per la salute dei cittadini e per gli ecosistemi costieri non è una buona politica. L’ipotesi di adottare dissalatori mobili marini, realizzati con tecnologia italiana, rappresenta una valida risposta sia al consumo di suolo che alla necessità di tutelare flora e fauna marine e oggi rappresenta la soluzione più sicura per la fornitura di acqua potabile di qualità alle isole minori. Questo è il senso dell’iniziativa di oggi e dell’appello che rivolgiamo a Governo e Parlamento per una efficace funzione di indirizzo”.
Carmen Di Penta (Direttore Generale di Marevivo): “Per cercare le soluzioni migliori al nostro sostentamento è utile definire opere di mitigazione per la salvaguardia del bene ‘marè. Ho usato il termine ‘benè e non ‘risorsà, perchè se non salvaguardiamo il bene, perderemo anche la risorsa. Senza dimenticare che la siccità ci costringe a trovare anche questa volta soluzioni alternative e più sostenibili”.
Sui temi dei processi sostenibili di dissalazione, del diritto all’acqua potabile di qualità per i cittadini delle isole minori e della tutela del mare, Fondazione UniVerde e Marevivo hanno da sempre promosso appuntamenti di pubblico confronto, informazione e coinvolto le Istituzioni italiane per ottenere norme adeguate. Un ambizioso messaggio rafforzatosi con la tappa internazionale ad Atene, svoltasi lo scorso ottobre, che ha visto le due organizzazioni impegnate in un confronto con l’UNEP/MAP – United Nations Environment Programme / Mediterranean Action Plan (il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente che coordina il Piano d’Azione per il Mediterraneo), allo scopo di aprire la strada ai progressi verso un’economia blu davvero rispettosa degli ecosistemi marini.
Patty L’Abbate (Vicepresidente della Commissione Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici, Camera dei Deputati): “La siccità è un problema che si sta intensificando pertanto occorrono azioni concrete per contrastare cambiamento climatico. A livello locale, quando parliamo di isole minori, dobbiamo renderci conto che il dissalatore fisso ha il suo costo e può creare anche una problematica di natura ambientale perchè la salamoia che viene fuori come scarto dall’impianto danneggia l’ecosistema. Una soluzione alternativa può essere quella del dissalatore mobile, ovviamente con una valutazione del rendimento e dei costi economici e ambientali. Un ulteriore punto da evidenziare riguarda la necessità di evitare gli sprechi d’acqua attraverso i fondi previsti dal PNRR per il risanamento delle condotte presenti in Italia, che causano le perdite di acqua potabile. Infine, bisogna sempre valorizzare il concetto di economia circolare dell’acqua e quindi da un lato evitare gli sprechi di acqua, ma anche poter riutilizzare l’acqua piovana nel miglior modo possibile, oltre che utilizzare l’acqua reflua in agricoltura, soprattutto per quelle coltivazioni che non sono di prodotti ad uso umano”.
Se la legge “Salvamare” si proponeva di colmare il vuoto normativo esistente, dettando criteri generali di disciplina in tema di dissalazione, con decreto legge n. 39 del 14 aprile 2023, coordinato con la legge di conversione n. 68 del 13 giugno 2023, sono stati tuttavia cassati l’obbligo di VIA (Valutazione di impatto ambientale – tranne che per i dissalatori con produzione di oltre 17.000 mc d’acqua/die, non realizzabili peraltro sulle isole minori), e la preventiva riduzione delle perdite dalle condotte idriche. Restano a tutt’oggi non emanate le cosiddette “linee guida” sull’analisi dei rischi ambientali e sanitari correlati agli impianti di desalinizzazione tanto che in una nota del MASE si ribadisce “è un processo che presenta degli impatti ambientali da considerare attentamente nella valutazione del rapporto costi/benefici ed è necessario garantirne una adeguata gestione di tutte le fasi al fine di limitarne gli impatti negativi su salute umana e ambiente”.
Mario Antonio Scino (Capo di Gabinetto al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica): “Cogliamo l’opportunità di discutere di questo studio ‘Costi ambientali ed economici della dissalazionè presentato dalla Fondazione UniVerde e dalla Fondazione Marevivo per approfondire a livello normativo e amministrativo le migliori soluzioni per accompagnare le tecnologie volte a risolvere le problematiche rappresentate nello studio stesso, anche in attesa dell’approvazione del regolamento europeo sulle acque”.
Giuseppe Cavuoti (Dirigente della Struttura di Missione al Ministero per la Protezione Civile e le Politiche del Mare presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri): “Per quanto riguarda il settore idrico, si rileva che nelle piccole isole l’acqua potabile è un bene limitato e le soluzioni per accedervi sono, in genere, ad alto impatto ambientale, considerato l’uso delle energie per trasportarlo o le possibili esternalità negative degli impianti fissi di dissalazione. La scarsità d’acqua rappresenta, dunque, per molte di queste isole un problema endemico, ancora lontano dall’essere risolto. Il Piano del Mare, tra gli interventi da promuovere indica, tra gli altri, anche di innovare le reti idriche esistenti e la realizzazione/implementazione di impianti di depurazione delle acque reflue”.
In questo allarmante scenario, i dissalatori mobili marini rappresentano una risposta innovativa, efficace e sostenibile, dal punto di vista ambientale, sociale ed economico, alla domanda idrica delle isole minori italiane, anche nei periodi di alta stagione o in caso di prolungate emergenze.
In sintesi, rispetto agli impianti a terra, la tecnologia italiana del dissalatore mobile marino consente, tra i tanti vantaggi, di abbattere costi e tempi di costruzione – non risentendo della natura vulcanica di molte isole -, oneri di manutenzione, evitare consumo di suolo da parte di strutture altamente energivore e ridurre le emissioni e gli impatti ambientali lungo le coste di isole spesso incontaminate e talvolta ricadenti in Aree marine protette, scrigni di floridi ecosistemi e biodiversità. Infine, essendo modulabile a seconda delle richieste stagionali, elimina il problema derivante dai picchi estivi garantendo affidabilità del servizio e flessibilità della produzione.
A differenza degli impianti fissi – che captano acqua di incerta qualità lungo la costa, spesso in prossimità di porti e, comunque, in prossimità dell’area di sversamento della salamoia – il dissalatore mobile marino preleva acqua a largo e in profondità, dove le condizioni la rendono di migliore qualità e pertanto sottoposta a trattamenti meno impattanti. Nondimeno, disperde gradualmente la salamoia durante la navigazione, anche sfruttando la forza motrice dell’elica per evitarne la concentrazione in singoli punti che provoca la totale distruzione dell’ecosistema marino nell’intera area interessata dallo sversamento. L’acqua prodotta è sicura e di qualità, remineralizzata secondo le normative vigenti. Inoltre, è stato recentemente definito un accordo di ricerca con l’Istituto Superiore di Sanità per la definizione del Piano di sicurezza dell’acqua potabile per questa tipologia di impianto.

– Foto Fondazione Univerde –

(ITALPRESS).

Il Bioparco di Roma svela al pubblico la tigrotta Kala

ROMA (ITALPRESS) – Kala, la cucciola di tigre di Sumatra nata al Bioparco di Roma, è finalmente visibile al pubblico. Oggi per la prima volta è uscita nell’area dedicata a questi meravigliosi felini; dopo un primo momento di cautela e titubanza, la piccola ha iniziato ad esplorare centimetro per centimetro l’exhibit esterno, sotto lo sguardo attento dei genitori Tila e Kasih, che non la perdono mai di vista.
Kala – il suo nome deriva dall’unione dei nomi dei genitori – ha appena compiuto tre mesi, è molto vivace e curiosa, gioca tutto il giorno senza interruzione da sola e con entrambi i genitori. Dalla nascita, la piccola ha vissuto in una zona protetta dove, grazie alle telecamere interne, è stato possibile riprendere, e condividere tramite i canali social del Bioparco, le sue fasi di crescita, senza disturbare la famiglia di felini: dai controlli veterinari, alle coccole dei genitori, alle pesature.
La coppia di genitori proviene da strutture zoologiche europee: la mamma Tila è nata nel 2011 allo Zoo di Chester (Inghilterra) e proviene dallo Zoo di Heidelberg, in Germania. Il papà Kasih è nato nel 2014 allo Zoo di Beauval, in Francia.
“La nascita al Bioparco di Kala è molto importante per molteplici ragioni, sottolinea la Presidente della Fondazione Bioparco di Roma, professoressa Paola Palanza -: la riproduzione è un segnale di benessere degli animali e ne arricchisce l’esperienza sociale; da etologa ho inoltre osservato un bel comportamento di cura e di incoraggiamento all’esplorazione da parte materna e di interazione di gioco, anche con il padre. La tigre di Sumatra è una specie gravemente minacciata di estinzione, ne sopravvivono circa 500 individui. Il Bioparco di Roma partecipa attivamente ai programmi internazionali di tutela della specie, sia attraverso progetti di conservazione in natura (in-situ) sia contribuendo al mantenimento della sottospecie in cattività”.
L’educazione ambientale “è una missione importantissima ed è una attività in cui il Bioparco spende moltissime energie e moltissimo impegno. Noi vogliamo portare un messaggio educativo alle giovani generazioni e tante sono le attività rivolte ai bambini, questo perchè, se noi creiamo una giovane generazione attenta alle tematiche della biodiversità e pronta a comprenderne l’importanza di tutelarla, questo forse ci salverà. Noi vogliamo essere sempre più un presidio di tutela della biodiversità”, spiega inoltre Palanza in un’intervista all’agenzia Italpress.
“Il Bioparco, come tutti i giardini zoologici moderni, ha una missione fondamentale e molto chiara che è quella della conservazione della biodiversità oltre ad una serie di attività corollario, perchè insieme alla conservazione fatta attraverso una rete degli zoo europei e mondiali – prosegue -, c’è anche l’importanza della ricerca scientifica sulle specie che sono minacciate di estinzione, la missione di educazione dei visitatori e delle giovani generazioni; inoltre, il rispetto della diversità delle specie e degli ambienti che è fondamentale per la salute del pianeta e per la salute umana, infatti, la salute del nostro ambiente determina anche la nostra salute. Preservare l’ambiente e la biodiversità è importante per il futuro del Pianeta e della salute umana. Credo che questa sia la missione dei moderni giardini zoologici qual è il Bioparco”.

– Foto archivio Bioparco –

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Rifiuti, nel 2022 raggiunto il 65,1% di raccolta differenziata

ROMA (ITALPRESS) – “I dati di gestione dei rifiuti urbani ci dicono che nel 2022 in Italia è stato raggiunto il 65,1% di raccolta differenziata, raggiungendo gli obiettivi di legge al 2012, con un incremento dell’1,1% rispetto al 2021. Criticità sono, invece, legate all’impiantistica, specie al Sud dove sono pochi sia gli impianti di trattamento dell’indifferenziato, sia quelli che valorizzano le materie prime seconde derivanti dalla differenziata dei rifiuti urbani, con conseguente un aumento dei costi di trattamento per i Comuni e, a cascata, per gli utenti del servizio. Per questo, Anci auspica che Governo, Regioni e Autorità di regolazione, si adoperino per incrementare quanto prima la dotazione impiantistica sul territorio in una logica programmatoria di sostenibilità ambientale ed economica”.
Così il delegato Anci a Energia e Rifiuti e sindaco di Lecce, Carlo Salvemini, intervenendo alla presentazione de dati del XIII Rapporto 2023 Anci-Conai che fornisce un quadro dettagliato dello stato delle raccolte differenziate nei Comuni, analizzando i dati del riciclo degli imballaggi nel 2022.
“Il Rapporto rappresenta uno strumento importante fra quelli che il sistema consortile mette a disposizione di Comuni e cittadini con l’obiettivo di creare conoscenza, consapevolezza e quindi impegno”, ha sottolineato il presidente Conai, Ignazio Capuano. “I numeri – ha precisato – si mantengono incoraggianti e le percentuali di riciclo degli imballaggi sono in aumento. Per questo, è fondamentale un impegno sinergico e pragmatico di tutti gli attori della filiera ricordando che la tutela ambientale deve essere l’unico obiettivo comune”.
Per Enzo Bianco, membro del comitato di coordinamento Anci-Conai, “anche quest’anno abbiamo fatto un ulteriore passo avanti che consolida la posizione di leadership che l’Italia ha in questo campo in Europa. Tra i Paesi europei, l’Italia è quella che ha la maggiore percentuale, 2/3 della raccolta dei rifiuti vanno nel settore differenziato. Però ci sono Italie diverse, in cui la percentuale è straordinaria e altre realtà, in particolare quelle del sud, dove siamo ancora indietro. C’è un clima di collaborazione, pensiamo di investire attenzione e risorse anche sulle regioni del sud che sono indietro, per riuscire a fare un’Italia che va avanti tutta intera”.
Il Rapporto conferma infatti importanti differenze territoriali di performance della differenziata evidenziando una crescita dei valori della differenziata in alcune aree del Sud del Paese. In valore assoluto, in Italia a fronte di quasi 29 milioni di tonnellate di rifiuti urbani prodotti, 18,6 milioni sono raccolte in maniera differenziata, di queste circa 5,6 milioni sono imballaggi conferiti ai Consorzi di filiera afferenti al mondo Conai. Andamento crescente nel quinquennio 2018-2022 anche per i corrispettivi totali riconosciuti ai Convenzionati dai Consorzi di filiera Conai, con il picco nel 2021 (688 milioni) e una flessione nel 2022 (670 milioni), in larga parte dovuta a dinamiche di mercato degli imballaggi e alla presenza di quantitativi significativi gestiti da consorzi autonomi nella plastica, alla riduzione dei quantitativi gestiti da Comieco nella filiera della carta, e, in via minore da Ricrea nell’acciaio. Incrementi significativi si registrano, invece, per le filiere del vetro (Coreve, +9,2%, quasi 9 milioni di euro) e dell’alluminio (Cial, +6,3%).
In tema di regolazione, “in occasione dell’aggiornamento biennale del MTR-2 – ha ricordato il direttore Divisione Ambiente Arera Lorenzo Bardelli – l’Autorità ha introdotto obiettivi di miglioramento/mantenimento del grado di copertura dei costi efficienti della raccolta differenziata degli imballaggi al fine di incentivare la valorizzazione del materiale raccolto unitamente alla riduzione dei relativi costi di raccolta per ambito tariffario, mettendo a disposizione del settore strumenti ulteriori per valutare la propria compliance agli obiettivi eurounitari. Con riferimento alla chiarezza e alla stabilità delle regole applicabili all’impiantistica – ha precisato – l’Autorità sta completando l’attività di valutazione relativa all’ottemperanza alle recenti sentenze del Consiglio di Stato”.
Rispetto al supporto verso le realtà del Mezzogiorno, il responsabile Piani di sviluppo della raccolta differenziata al Centro-Sud, Fabio Costarella, ha evidenziato l’impegno costante di Conai. “Negli anni – ha detto – abbiamo messo a disposizione dei Comuni risorse economiche e know-how. Nel 2022, in particolare, abbiamo aiutato quasi 200 Comuni in Campania, Puglia, Calabria e Sicilia a presentare oltre 1.770 progetti finanziabili con i fondi del Pnrr. Un valore progettuale complessivo di circa 115 milioni”.

– Foto: Agenzia Fotogramma –

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Barbaro “Ambiente, rinforzata collaborazione con Norvegia”

ROMA (ITALPRESS) – “Alla luce della vicinanza del nostro Paese con il Circolo polare artico sentiamo più di altre nazioni il problema dello scioglimento dei ghiacci i cui effetti ricadono su tutto il pianeta. Per questo abbiamo un settore di ricerca e studio avanzato i cui dati sono a disposizione. Con l’Italia abbiamo una stretta collaborazione, in particolare con la Marina militare”. Così la vice-ministra norvegese degli Affari Esteri Maria Varteressian presente con l’Ambasciatore norvegese in Italia Johan Vibe in un incontro con il sottosegretario all’Ambiente e alla Sicurezza energetica Claudio Barbaro. “Dati e ricerche preziosi che ci consentiranno di capire sempre di più quanto l’inquinamento è causa portante dei sempre più frequenti disastri ambientali”, ha sottolineato Barbaro. Durante l’incontro, sono stati discussi diversi temi, con un focus specifico sugli obiettivi da raggiungere a livello globale in tema di tutela degli ecosistemi. “Per il raggiungimento degli obiettivi internazionali, in particolare del 30 by 30 – ha continuato Barbaro – il nostro ministero sta lavorando per l’istituzione di nuove aree protette terrestri, marine e costiere. Si tratta di un tema legato specificamente alle mie deleghe che seguo con particolare attenzione, anche al fine di ragionare in un’ottica di innovazione del sistema delle aree protette italiane. Uno dei temi portanti che portiamo avanti quest’anno con la nostra presidenza del G7. L’idea è quella di arrivare alla formulazione di un comunicato finale in cui i leader diano impulso a una serie di elementi, articolati essenzialmente in 3 assi, uno dei quali è proprio declinato nel rafforzamento, protezione, conservazione, uso sostenibile e ripristino della biodiversità e degli ecosistemi”.
– Foto Ufficio Stampa MASE –
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“Un albero per il futuro” nel giardino della Rai e nelle scuole d’Italia

ROMA (ITALPRESS) – Far appassionare i ragazzi al mondo delle piante e coinvolgerli nella loro cura: sono questi gli obiettivi del programma televisivo “Clorofilla” di Rai Gulp e del progetto “Un albero per il futuro”, gestito dal Raggruppamento Carabinieri Biodiversità. L’attenzione di Rai e il lavoro sul campo da parte dei militari dell’Arma sono stati raccontati con varie inizative nella mattinata del 29 febbraio nella sede Rai di Viale Mazzini a Roma, con la partecipazione di alunni della scuola primaria e secondaria di primo grado dell’Istituto Comprensivo Aristide Leonori di Roma.
Momento centrale della mattinata è stata la messa a dimora accanto all’iconica statua del cavallo nel giardino della sede Rai di una pianta di Corbezzolo. La pianta farà parte di quel bosco diffuso che sta nascendo intorno alle scuole di tutta Italia grazie a “Un albero per il futuro”, progetto portato avanti sul territorio dai Carabinieri della Biodiversità, che hanno proposto agli alunni presenti dei laboratori di educazione ambientale.
A spiegare l’impegno in favore della natura, della sua conoscenza e della sua tutela sono stati direttore di Rai Kids, Luca Milano, il direttore Rai per la Sostenibilità ESG, Roberto Natale, il Comandante del Raggruppamento Carabinieri Biodiversità, Gen. B. Raffaele Manicone, l’autrice e conduttrice del programma Clorofilla, Alessandra Viola.
“Un albero per il futuro” è un progetto di sensibilizzazione alle tematiche ambientali e di educazione alla legalità promosso dai 28 reparti carabinieri della Biodiversità e dal Ministero dell’Ambiente, rivolto a tutte le Scuole italiane. Sostenuto dal programma Rai “Clorofilla”, il progetto prevede di donare giovani alberi appartenenti a specie tipiche della flora locale che i carabinieri forestali consegnano e mettono a dimora assieme agli studenti delle scuole aderenti. Ogni piantina viene georeferenziata: sarà possibile così trovarla sulla mappa del “bosco diffuso” su tutto il territorio nazionale e seguire, giorno per giorno, sul sito dedicato unalberoperilfuturo.rgpbio.it i risultati ottenuti in termini di stoccaggio di carbonio, ovvero di riduzione dell’anidride carbonica. Un impegno concreto per favorire la partecipazione dei ragazzi alla tutela ambientale ed al contrasto dei cambiamenti climatici.
Obiettivi condivisi dalla Rai che, attraverso Rai Kids, ha lanciato il programma “Clorofilla”, in onda su Rai Gulp tutti i giorni, alle ore 18.20 e disponibile su RaiPlay. Scopo della trasmissione, di cui è stata mostrata una puntata durante l’evento, è far appassionare i ragazzi alla botanica e alle piante, in modo originale, piacevole e sorprendente, combattendo quella “cecità vegetale” che spesso impedisce di riconoscere le piante e la natura intorno a noi. In un set virtuale, che riproduce di volta in volta prati, boschi e sottoboschi e lidi, l’autrice e conduttrice Alessandra Viola guida il pubblico alla scoperta del mondo delle piante: è vero che le piante sentono, comunicano tra loro, hanno una loro intelligenza? Possiamo conoscerle meglio ed entrare in contatto con loro?
Clorofilla è una produzione Rai Kids realizzata presso il Centro di Produzione Rai di Torino, con il supporto tecnico del Centro Ricerche, Innovazione Tecnologica e Sperimentazione RAI ed in collaborazione con RAI Per la Sostenibilità.
L’arbusto di Viale Mazzini, appartenente alla famiglia delle Ericacee, pianta ornamentale soprannominata “Albero Italia” per i propri colori.
-foto ufficio stampa Carabinieri –
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Axpo-IGE, progetto per produrre 12 tonnellate di idrogeno verde al giorno

ROMA (ITALPRESS) – Axpo e l’azienda australiana di idrogeno verde Infinite Green Energy hanno firmato un Accordo di Sviluppo Congiunto (Joint Development Agreement, JDA) per il Progetto Idrogeno Valle Peligna, in Abruzzo. Il JDA delinea la partnership strategica, il design avanzato e gli investimenti nell’impianto, che contribuirà alla decarbonizzazione delle industrie nel Comune di Corfinio. Quella che sarà una delle più grandi strutture commerciali di idrogeno verde in Italia, fornirà green hydrogen a clienti nei settori industriale e dei trasporti. L’impianto fornirà anche energia elettrica rinnovabile alla rete locale entro la seconda metà del 2025.
“Siamo entusiasti di collaborare con IGE a questo promettente progetto – ha commentato Guy Buhler, Head of Hydrogen di Axpo -. La produzione di idrogeno verde avrà un ruolo importante nell’accelerazione della transizione energetica, che è al centro della strategia aziendale di Axpo, creando al contempo opportunità per persone e imprese”.
“Investire su nuove forme di energia rinnovabile è uno dei capisaldi della strategia di sviluppo di Axpo – ha sottolineato Simone Demarchi, Amministratore Delegato di Axpo Italia -. Vedere il nostro Paese protagonista di opportunità così importanti per una crescita che metta al centro l’energia green, è al contempo un grande onore e una responsabilità nei confronti di comunità, aziende e persone”.
Per il CEO di IGE, Stephen Gauld, “la collaborazione con una società energetica internazionale come Axpo continuerà a rafforzare la fiducia dei nostri azionisti e partner strategici. La partnership sottolinea l’impegno di IGE non solo nella lotta ai cambiamenti climatici, ma anche nella realizzazione di un futuro energetico sostenibile, creando nuovi posti di lavoro nelle nostre comunità locali che trarranno beneficio dalla produzione di energia verde”.
Inoltre, IGE sta già discutendo con i produttori di truck a idrogeno riguardo alle possibili applicazioni nel settore del trasporto.
Il progetto Valle Peligna vedrà un iniziale acquisto di energia verde da parte di Etex, uno dei principali fornitori europei di prodotti per l’edilizia a base di gesso. La fornitura di energia verde per alimentare le linee di produzione nelle sue fabbriche aiuterà anche l’azienda a raggiungere l’obiettivo di sostituire l’uso del gas naturale con l’idrogeno. Nel complesso, IGE stima un risparmio annuale di emissioni di CO2 dal progetto di circa 67.000 tonnellate, comprese quelle provenienti da settori ‘hard-to-abatè.
Il progetto Valle Peligna Hydrogen prevede un elettrolizzatore da 30 MW in grado di produrre fino a 4.200 tonnellate di idrogeno all’anno, che equivalgono ad un risparmio di circa 18 milioni di litri di carburante diesel. Da quando IGE ha lanciato il progetto, 18 mesi fa, le autorità locali hanno denominato l’area ‘Valle dell’Idrogenò.
Lo sviluppo potrebbe anche includere una stazione di rifornimento di idrogeno. Una ulteriore possibilità è rappresentata da un contributo allo sviluppo della Rete di Trasporto Transeuropea dell’Unione Europea, in cui le stazioni di idrogeno dovranno essere posizionate ogni 200 chilometri entro il 2030.

– foto ufficio stampa Axpo –
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Terna e Rse insieme per progetti in ambito energetico e ambientale

ROMA (ITALPRESS) – Terna, il gestore della rete elettrica di trasmissione nazionale, e RSE – Ricerca sul Sistema Energetico, società leader nell’analisi e nella ricerca applicata al settore energetico, hanno siglato un accordo di collaborazione quinquennale finalizzato allo sviluppo e all’applicazione di processi e tecnologie nel campo energetico e ambientale, promuovendo, in tale contesto, iniziative di studio e attività di sviluppo e innovazione.
L’intesa è stata firmata il 14 febbraio a Roma da Giuseppina Di Foggia, Amministratore Delegato e Direttore Generale di Terna, e da Franco Cotana, Amministratore Delegato di RSE.
“Siamo orgogliosi di aver stretto questo accordo con un’eccellenza nel panorama italiano ed europeo da sempre impegnata nello studio e nell’individuazione di soluzioni efficienti per il settore energetico”, ha dichiarato Giuseppina Di Foggia, Amministratore Delegato e Direttore Generale di Terna. “La collaborazione che avviamo da oggi ci permetterà di sviluppare nuove tecnologie che sempre più risponderanno alle crescenti esigenze e sfide imposte dalla transizione energetica, coerentemente con i target nazionali e internazionali di decarbonizzazione”.
“La transizione energetica globale impone una maggiore diffusione dell’energia elettrica in tutti i settori. L’Italia ha quindi bisogno di reti elettriche performanti, intelligenti e capillari, in grado di servire utenti sempre più esigenti. La firma dell’accordo tra RSE e Terna sancisce una collaborazione importante per lo sviluppo delle reti, non solo in corrente alternata ma anche in corrente continua, e per il trasporto dell’energia in tutto il Paese”, ha commentato Franco Cotana, Amministratore Delegato di RSE.
Grazie alla collaborazione, Terna e RSE potranno dunque cooperare, mediante azioni di pianificazione, programmazione e coordinamento, al fine di creare un contesto favorevole allo sviluppo della ricerca, delle tecnologie e alla diffusione di progetti di innovazione, di sicurezza energetica e resilienza della rete elettrica, di fondamentale importanza per Terna, in qualità di abilitatore della transizione energetica, e per RSE, nel suo ruolo di promotore di innovazione, efficienza e circolarità nell’intera filiera dell’energia e della sostenibilità.
In particolare, la partnership prevede la stipula di una convenzione quadro finalizzata all’avvio di reciproche collaborazioni su temi quali, ad esempio: pianificazione e progettazione ottimale della rete, metodologie di smart asset management, osservabilità, controllabilità e resilienza del sistema elettrico, sviluppo di nuove tecnologie per la flessibilità della rete, scenari di sviluppo della domanda e della generazione da fonti rinnovabili, big data management e data science, uso di tecnologia IoT (Internet of Things), cyber security, intelligenza artificiale e altre tecnologie abilitanti la transizione energetica nazionale.
Lo stato di avanzamento dei progetti verrà monitorato da un Comitato di Gestione di cui faranno parte rappresentanti di Terna e di RSE.
-foto ufficio stampa Terna –
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