ROMA (ITALPRESS) – “L’allarme clima è ancora sottovalutato e l’emergenza sanitaria rischia di allontanare ancora la consapevolezza dell’urgenza di azioni di adattamento ai cambiamenti climatici”. Lo afferma l’ex ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio, che nel 2007 con la conferenza governativa sul Clima lanciò i punti per il piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici e ora chiede al governo di guidare il G20 con l’obiettivo #climateFirst “in alternativa al negazionismo di Trump”.
“In poche settimane il disastro nel Crotonese, le vittime in Sardegna e ora emergenza ovunque. La crisi climatica è sottovalutata nonostante anni di appelli e l’allarme di scienziati, associazioni e ecologisti”, sottolinea Pecoraro Scanio.
“Alluvioni, valanghe, lutti e danni sono in aumento costante”, continua il presidente della fondazione Univerde, che lancia una proposta: “La priorità dei programmi per i fondi Next Generation deve essere all’emergenza climatica. Occorre investire sulla sicurezza idrogeologica dell’Italia per limitare i danni ed evitate lutti nei prossimi mesi ed anni perchè il clima è già cambiato e i fenomeni estremi aumenteranno. Occorre investire sulla transizione energetica per evitare nei prossimi decenni che il cambiamento diventi catastrofico con il rischio estinzione della specie homo sapiens”.
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Pecoraro Scanio “Allarme clima sia priorità per Next Generation Eu”
Pecoraro Scanio “Anticipare al 2040 stop ai fossili”
ROMA (ITALPRESS) – Il presidente della fondazione Univerde, Alfonso Pecoraro Scanio, ha incontrato il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri (Programmazione economica e investimenti), Mario Turco, rilanciando l’appello #climateFirst per investire le risorse del Next Generation della UE su transizione energetica e bioeconomia circolare e guidare il G20 verso la priorità dell’emergenza clima.
Pecoraro Scanio, già ministro dell’Ambiente ha dichiarato: “Apprezzo l’impegno del sottosegretario Turco perchè ci sia un monitoraggio degli investimenti, in particolare ora che i fondi del Next Generation dovremmo essere indirizzati verso Green Deal e digitalizzazione. Occorre davvero puntare su emergenza climatica. #climateFirst vuol dire valutare di anticipare dal 2050 al 2040 lo stop ai fossili, capire che abbiamo poco tempo per evitare l’estinzione dell’homo sapiens”.
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Per geologi urgente approvare legge nazionale a difesa del suolo
ROMA (ITALPRESS) – Il 95% del cibo che, ogni giorno, mettiamo sulle nostre tavole proviene dal suolo e il 33% del suolo globale è già degradato. Sono sufficienti questi due dati per capire l’importanza che lo stesso ricopre per la sopravvivenza degli esseri umani e degli animali. “In Italia dopo il boom economico, il consumo del suolo da un valore iniziale pari al 2,7% ha subìto una tendenza al generale incremento arrivando al 6,9% nel 2008. Per pochi anni è stato registrato un significativo rallentamento fino al 2013, ma poi, anche se con ritmi meno accentuati, il consumo è ripreso”, afferma Filippo Cappotto, vice presidente del Consiglio dei Geologi. “Nel 2019, secondo i dati del rapporto annuale Ispra 2020, il consumo di suolo ha raggiunto il 7,1%. Si è passati da 8.100 chilometri quadrati degli anni ’50 a 21.400 chilometri quadrati nel 2019 sul territorio totale italiano. Attualmente, quindi, ogni giorno il suolo artificiale impermeabilizzato aumenta di 2 metri quadri al secondo”, aggunge. L’utilizzo sconsiderato e indiscriminato del suolo provoca danni irreparabili. “L’uomo ha costruito anche nelle zone più a rischio del Paese, come le aree di espansione dei fiumi – spiega Cappotto – tombando valloni, rii e torrenti, amplificando dunque il quadro sempre più preoccupante del dissesto idrogeologico e mettendo a rischio la sicurezza del territorio”. I costi degli interventi di difesa del suolo prima degli eventi catastrofici, sono stati stimati con un rapporto di 1 a 10 rispetto a quelli del post emergenza, è quindi ormai chiaro come sia necessario attuare misure preventive in periodi brevi. “E’ necessario semplificare le procedure, ma allo stesso tempo rafforzare l’imprescindibile ruolo del geologo nella prevenzione e programmazione territoriale”, spiega. In Italia non è ancora stata approvata una legge organica di difesa del suolo; alcune regioni lo hanno già fatto in attesa della legge nazionale ferma in Parlamento. “Le recenti norme dell’Emilia-Romagna – sostiene Cappotto – ad esempio pongono l’obiettivo del consumo di suolo a saldo zero entro il 2050. Anche in Sicilia la nuova legge di governo del territorio approvata dall’Ars, nell’agosto 2020, punta al consumo di suolo ridotto o pari a zero con principi di ‘sostenibilità’ e resilienza improntati al riuso del costruito e al recupero dell’esistente”.
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Sviluppo sostenibile, gli atenei italiani spingono sulla formazione
ROMA (ITALPRESS) – Quanto si stanno impegnando le università italiane nei percorsi didattici dedicati alla sostenibilità? Quali saranno le competenze dei futuri laureati? Che impatto avrà la pandemia, e quali modelli saranno necessari per uno sviluppo davvero sostenibile? A queste e altre domande ha risposto un campione di docenti attraverso l’indagine intitolata “Università, sostenibilità e Next Generation” presentata da Osservatorio Socialis e CSA Research nel corso della cerimonia di consegna del Premio Socialis 2020 alle migliori tesi di laurea su CSR e Sviluppo sostenibile, cui è seguito un talk con esponenti delle imprese, della società civile, del non profit e delle stesse università.
Pur dichiarando l’attuale impegno nella sostenibilità appena superiore alla sufficienza (voto medio pari a 6,5 su 10) per il 95% del campione l’impegno degli atenei sui temi della sostenibilità crescerà nei prossimi 2-5 anni, e per quattro docenti su dieci crescerà molto. Tra le ragioni di queste previsioni prevale tra tutte la consapevolezza della centralità del tema, che «si riverserà necessariamente sulle attività didattiche». Importante anche il ruolo di promozione svolto dalle istituzioni pubbliche e dai fondi dedicati al tema, che orienteranno le agende accademiche. Alcuni docenti ritengono che alla sensibilità sullo sviluppo sostenibile espressa dalla società civile, ed in particolare dai giovani, possa validamente rispondere una specifica offerta formativa, in grado di attirare nuove matricole. Anche il mondo economico esprime attenzione al tema della sostenibilità, richiedendo professionalità adeguate alle sfide del futuro particolarmente complesso. Infine, in una minoranza di risposte si considera la sostenibilità un ossequio alla «moda», prevedibilmente destinata quindi ad esaurirsi nel tempo.
Per il 65% dei professori la crisi sanitaria legata all’emergenza Covid-19 avrà un impatto sui percorsi didattici legati ai temi della sostenibilità. Crisi che impone di allargare il campo ad una visione di tipo eco-sistemico, di accompagnare la società in un percorso di «resilienza trasformativa dei modelli produttivi, dei consumi e della fornitura dei servizi collettivi, di ripensare tutte le attività, compresi i percorsi didattici universitari, per renderli più accessibili ed inclusivi”.
Sette professori su 10 sostengono che sarà il mondo accademico e della ricerca ad agire da propulsore nell’attivazione di percorsi didattici legati alla sostenibilità, mentre il 50% si dice convinto che sarà (anche) la società civile ad esigerli.
A livello didattico circa 4 professori su 10 affermano che esiste una prevalenza di corsi su vari temi specialistici declinati in chiave di sostenibilità che coesistono in egual misura con corsi specifici sulla sostenibilità. Nel futuro il 60% degli intervistati prevede un aumento della coesistenza di entrambe le tipologie, mentre gli atenei tenderanno a puntare ancora meno su corsi specifici.
A ulteriore dimostrazione della pervasività del tema della sostenibilità, vi è la previsione di un’ampia diffusione di tali percorsi didattici in ambito economico e scientifico (71% in entrambi i casi), ambientale ed ecologico (66%), ingegneristico ed architettonico (53%).
“L’indagine evidenzia quanto il tema della sostenibilità sia la base dei saperi del futuro – ha commentato Roberto Orsi, direttore dell’Osservatorio Socialis -. Il crescente interesse dell’offerta formativa delle Università, le tendenze indicate e le esigenze del mondo del lavoro ci dimostrano quanto la pandemia ci costringa a pensare seriamente a nuovi paradigmi, e a promuovere con forza modelli di sviluppo sostenibile non di facciata. Se vogliamo un futuro migliore dobbiamo organizzare meglio i modelli produttivi e la cultura delle organizzazioni, i consumi e la fornitura dei servizi collettivi, attraverso un processo all’interno del quale istruzione e formazione saranno i principali driver del cambiamento”.
Per quanto attiene le competenze acquisibili, l’indagine individua due filoni principali: il primo, promosso da un numero maggiore di docenti, in linea con quanto espresso dall’Agenda 2030, pone l’accento sul patrimonio di conoscenze e competenze orizzontali, trasversali ed interdisciplinari, che spingano i giovani ad alzare lo sguardo al lungo periodo, con l’obiettivo di pensare, pianificare e costruire nuovi modelli di sviluppo, per una società in continua evoluzione.
Il secondo filone predilige l’acquisizione di conoscenze e competenze verticali e specifiche, relative all’ambito scientifico di riferimento. I temi della sostenibilità come nuovo paradigma nella formazione di competenze tecniche e specialistiche relative all’uso delle risorse ambientali, alla misurazione dell’impatto delle attività antropiche ai processi gestionali dell’economia circolare e della finanza sostenibile.
Il Premio Socialis 2020 per le migliori tesi di laurea su CSR e Sviluppo Sostenibile è stato assegnato a: Martina Derito (Politecnico di Torino, Facoltà di Architettura e Design) con la tesi “Amunì – Dal mercato nascono i fiori”, relatore Paolo Tamborrini; Giulia Martignoni (Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Facoltà di Scienze politiche, economiche e sociali) con la tesi “La sostenibilità come leva di coesione sociale: la realtà attuale e gli scenari post emergenza Covid-19”, relatore Ferdinando Pagnoncelli; Riccardo Poggi (Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, Facoltà di Economia e Management) con la tesi “Sostenibilità e Sistemi di Misurazione delle Performance: un’analisi in “Poderi dal Nespoli”, relatore Riccardo Silvi.
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Dal riciclo benefici diretti per un miliardo di euro
MILANO (ITALPRESS) – I benefici diretti del riciclo in Italia, nel 2019, hanno superato il miliardo di euro in valore economico. A renderlo noto è CONAI, il Consorzio Nazionale Imballaggi che, in partnership con la Fondazione Sviluppo Sostenibile, ha presentato oggi i risultati generati dall’attività del sistema consortile attraverso il suo Green Economy Report.
A raccontarlo, il presidente CONAI Luca Ruini e il presidente Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile Edo Ronchi insieme a Filomena Maggino, presidente Cabina di regia “Benessere Italia” (Presidenza del Consiglio dei Ministri), e a Maria Cristina Piovesana, vice presidente Confindustria con delega ad ambiente, sostenibilità e cultura.
Il valore economico della materia recuperata grazie al riciclo è di 402 milioni di euro. Quello dell’energia prodotta da recupero energetico raggiunge i 27 milioni di euro. L’indotto economico generato dalla filiera è invece di 592 milioni di euro.
Il risparmio di materia prima vergine nel 2019 è stato pari al peso di 440 torri Eiffel: 4 milioni e 469mila tonnellate.
Nel dettaglio, 270mila tonnellate di acciaio, pari a quello usato per 702 treni Frecciarossa. Oltre 19mila tonnellate di alluminio, che corrispondono a 1,8 miliardi di lattine. Un milione e 80mila tonnellate di carta, ossia più di 433 milioni di risme di fogli A4. 907mila tonnellate di legno, l’equivalente di 41 milioni di pallet. 433mila tonnellate di plastica, pari a 9 miliardi di flaconi in PET per detersivi da un litro. E un milione e 760mila tonnellate di vetro, il corrispettivo di quasi 5 miliardi di bottiglie di vino da 0,75 litri.
Il riciclo degli imballaggi derivato dalla gestione CONAI ha permesso di risparmiare anche quasi 23 terawattora di energia primaria (l’anno precedente il risparmio era stato di 21 terawattora). Ossia il consumo elettrico medio annuo di 6 milioni di famiglie italiane.
E’ stata così evitata l’emissione di oltre 4 milioni e 300mila tonnellate di CO2: corrispondono al quantitativo di emissioni generate da circa 10mila tratte aeree Roma-New York andata e ritorno.
Il beneficio indiretto di questa quantità di CO2 risparmiata è pari a 124 milioni di euro, calcolato secondo quanto definito dalla Direttiva 2009/33 del Parlamento Europeo.
Un dato significativo è anche quello relativo alle discariche, vere e proprie cicatrici sul territorio. Il Green Economy Report ne stima il numero evitato. Tra il 1998 e il 2019 il sistema CONAI ha garantito l’avvio a riciclo di quasi 32 milioni di tonnellate di imballaggi: significa che in ventidue anni è stato evitato il riempimento di 160 nuove discariche di medie dimensioni (calcolo effettuato considerando per ciascuna frazione merceologica un dato di densità apparente da fonte ERICA con uno specifico grado di compattazione).
«Sono numeri che fanno riflettere – commenta Luca Ruini -. Come ricordo spesso, l’Italia in Europa è seconda solo alla Germania per riciclo pro-capite dei rifiuti di imballaggio. Abbiamo praticamente già raggiunto gli obiettivi europei di riciclo richiesti entro il 2025, e il nostro sistema Paese continua a fare scuola in Europa. Anche perchè ha uno dei sistemi di responsabilità estesa del produttore meno costosi e più efficienti. Ora dobbiamo continuare a lavorare per incentivare l’eco-design e per sviluppare e potenziare le tecnologie per il riciclo, auspicando al più presto incentivi fiscali per chi usa materia prima seconda: la sua domanda sta purtroppo calando, e non possiamo permetterci di lasciare inutilizzati gli enormi quantitativi di materiale che il Paese ricicla. Ci auguriamo per questo si arrivi presto anche a una concreta attuazione del Green Public Procurement e alla chiusura di nuovi provvedimenti sull’End of Waste».
«Nel 2020, l’anno della pandemia, la domanda e i prezzi di mercato delle materie prime vergini sono fortemente calati, per il calo delle attività produttive e dei consumi, in particolare delle plastiche e della carta», dichiara Edo Ronchi. «Di conseguenza sono calati in modo consistente anche domanda e prezzi di mercato delle materie prime seconde ricavate dal riciclo dei rifiuti – aggiunge -. Se il nostro sistema non fosse stato adeguatamente organizzato e fosse dipeso solo dal mercato, avremmo corso il serio rischio di avere i rifiuti per strada perchè il loro riciclo – che attualmente è la loro principale forma di gestione – non era conveniente dato il forte calo dei prezzi di mercato delle materie prime seconde ricavate dal riciclo. Questa crisi è stata evitata grazie al sistema CONAI che, col contributo ambientale pagato, con bassissima elusione, dai produttori e utilizzatori di imballaggi, ha assicurato il ritiro dei rifiuti d’imballaggio della raccolta differenziata sull’intero territorio nazionale, di tutti i tipi compresi quelli meno convenienti, a prescindere dalle condizioni di mercato delle MPS, ha consentito ai Comuni di continuare ad incassare un corrispettivo economico e ai riciclatori, in particolare difficoltà, di beneficiare di un sostegno dei prezzi, mantenendo in funzione la filiera e evitando la chiusura degli impianti di riciclo».
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Per Nestlè obiettivo zero emissioni entro il 2050
ASSAGO (MILANO) (ITALPRESS) – In qualità di firmataria dell’impegno “Business Ambition for 1,5°C” delle Nazioni Unite, Nestlè è una delle prime aziende a condividere il suo piano contro i cambiamenti climatici, dettagliato e con scadenze ben definite, in anticipo rispetto a quanto programmato. L’azienda – nonostante continui a crescere – sta infatti adottando misure volte a dimezzare le sue emissioni entro il 2030 e raggiungere quota zero entro il 2050.
Le azioni si concentrano sul sostegno agli agricoltori e fornitori per accelerare il passaggio verso l’agricoltura rigenerativa, ma anche sul rimboschimento di centinaia di milioni di alberi nei prossimi 10 anni e sul completamento della transizione dell’azienda verso l’utilizzo del 100% di energia elettrica da fonti rinnovabili entro il 2025.
Inoltre, Nestlè sta costantemente incrementando il numero di marche “carbon neutral”.
“Il Board riconosce quanto sia strategicamente importante adottare misure decisive per affrontare il cambiamento climatico. Il Board supporta anche l’accelerazione e il potenziamento del nostro impegno per garantire il successo a lungo termine dell’azienda e contribuire a creare un futuro sostenibile per le generazioni a venire”, afferma il presidente del Consiglio di Amministrazione di Nestlè, Paul Bulcke.
Nel 2018 l’azienda ha generato 92 milioni di tonnellate di emissioni di gas a effetto serra, questo dato sarà il punto di partenza per misurare i progressi compiuti.
“La lotta al cambiamento climatico non può aspettare e nemmeno noi possiamo. Si tratta di un elemento fondamentale per il successo a lungo termine del nostro business”, ha commentato il CEO di Nestlè Mark Schneider. “Abbiamo un’opportunità unica per fronteggiare il cambiamento climatico poichè siamo presenti in quasi tutti i Paesi del mondo e abbiamo le capacità, le dimensioni e la portata per fare la differenza. Lavoreremo insieme ad agricoltori, partner industriali, governi, organizzazioni non governative e con i nostri consumatori per ridurre la nostra impronta ambientale”, ha aggiunto.
L’azienda sta già lavorando con i suoi 500.000 agricoltori e 150.000 fornitori per sostenerli nell’attuazione di pratiche agricole rigenerative. Nestlè sta anche potenziando il suo programma di riforestazione che prevede di piantare 20 milioni di alberi ogni anno per i prossimi 10 anni nelle aree in cui l’azienda acquista le proprie materie prime.
Per quanto riguarda le sue attività, nei prossimi cinque anni Nestlè prevede di completare la transizione verso il 100% di energia elettrica da fonti rinnovabili nei suoi 800 siti presenti in 187 Paesi.
All’interno della sua gamma di prodotti, Nestlè sta ampliando continuamente la sua offerta di alimenti e bevande a base vegetale e riformulando i prodotti per renderli più rispettosi dell’ambiente.
Magdi Batato, Executive Vice President e Head of Operations, ha commentato: “Considerando che quasi due terzi delle nostre emissioni provengono dall’agricoltura, è chiaro che l’agricoltura rigenerativa e la riforestazione rappresentino i punti focali del nostro percorso verso l’obiettivo delle zero emissioni nette. Questi sforzi ridurranno le emissioni e miglioreranno la biodiversità su larga scala. Continueremo inoltre a eliminare le emissioni dalle nostre attività e a migliorare la nostra gamma di prodotti. Si tratta di un lavoro molto articolato e noi ci impegniamo a realizzarlo”.
L’azienda prevede di investire complessivamente 3,2 miliardi di CHF nei prossimi cinque anni per accelerare gli sforzi, inclusi 1.2 miliardi di CHF per stimolare l’agricoltura rigenerativa lungo tutta la filiera. Questi investimenti saranno finanziati principalmente attraverso efficienze operative e strutturali, per mantenere neutrali i profitti generati da questa iniziativa.
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Da carta e cartone i nuovi materiali per il packaging sostenibile
ROMA (ITALPRESS) – La pandemia che ha colpito l’Italia ha dato una forte accelerazione ai cambiamenti degli stili di vita delle persone. Il lockdown e le diversi misure restrittive date dal coprifuoco hanno sviluppato una sempre maggiore richiesta di consegne a domicilio, e questo, insieme a una maggiore sostenibilità ambientale, ha portato a un’accelerazione di sviluppo e ricerca sui materiali da imballaggio. E’ stato questo il tema al centro del webinar organizzato da Comieco per presentare la ricerca “I nuovi modelli di consumo e la riprogettazione del packaging: la scelta di materiali sostenibili nell’era dell’economia circolare”, realizzata dall’Istituto di Management della Scuola Superiore Sant’Anna. Lo studio analizza le soluzioni industriali che la filiera cartaria sta mettendo a punto proprio per progettare e realizzare imballaggi che riescano allo stesso tempo a soddisfare esigenze di sostenibilità, innovazione e funzionalità con l’obiettivo di facilitarne la raccolta e il riciclo.
“Questa ricerca – ha spiegato il direttore generale di Comieco, Carlo Montalbetti – ha trovato un forte impulso proprio dalla fase pandemica in cui ci siamo trovati, che ha accelerato una serie di fenomeni. In particolare c’è stato un cambiamento radicale nel contesto italiano per quanto riguarda le tradizionali modalità d’acquisto con l’online e questo ha rivoluzione tutta la logistica. Questo fenomeno lo abbiamo ritrovato, in particolare, nel delivery, consegna del cibo, che porta con se tutta un’altra tematica sui contenitori che contengono i cibi, quindi la necessità di una forte innovazione sulle confezioni e i contenitori”.
Lo studio parte da un’analisi del contesto legato ai consumi: la rete si conferma il “negozio” preferito dalla maggior parte dei cittadini, nel periodo gennaio/settembre 2020 l’e-commerce è cresciuto del 29%, ma il 70% di chi compra online è disposto a spendere un pò di più pur di garantirsi una spesa “green” e l’80% degli e-shopper predilige un imballaggio ecosostenibile perchè trasmette l’impegno dell’azienda verso le tematiche ambientali. Una delle frontiere di innovazione che lo studio esplora è l’utilizzo dei nuovi materiali per gli imballaggi. La carta e il cartone hanno un ruolo centrale: dai materiali bio-based di origine animale, a quelli di origine vegetale e alle bioplastiche fino ad arrivare ai nanomateriali, tra i quali spiccala nanocellulosa che ha proprietà uniche come la bassa densità, la grande resistenza, la leggerezza, la rigidità e il basso costo.
E non solo: è anche costituita da biomassa, è rinnovabile, biodegradabile e compostabile. Il settore cartario svolge un ruolo strategico sul mercato dei nuovi materiali grazie alla disponibilità in natura della cellulosa, fondamentale per la realizzazione di imballaggi a basso impatto ambientale, facili da riciclare. Proprio l’industria del riciclo di carta e cartone rappresenta un’eccellenza italiana dell’economia circolare.
“La filiera cartaria è un perfetto modello di riferimento continentale dell’economia circolare – ha proseguito Montalbetti – perchè grazie allo sviluppo della raccolta urbana di carta e cartone, che oggi si attesta su oltre 3,5 milioni di tonnellate, è riuscita a sopperire alla scarsità di materia prima vergine generando nel nostro paese una filiera industriale virtuosa che ha fatto del riciclo la risposta alla necessità di prolungare la vita della risorsa naturale. Basti pensare che quasi il 60% della produzione cartaria nazionale avviene utilizzando fibre di riciclo”.
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Da regione Lazio 200mila euro per migliorare qualità dell’aria”
ROMA (ITALPRESS) – “Una delibera di Giunta necessaria per utilizzare le risorse pari a 200mila euro stanziate sul Capitolo finalizzato alla ‘Riduzione delle emissioni inquinanti e di gas derivanti dal traffico veicolarè, in considerazione della perenzione amministrativa delle risorse statali di cui al Decreto numero 503 del 22 dicembre 2015 del Direttore della Direzione Generale per lo Sviluppo del territorio e la programmazione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti”.
Così in una nota Mauro Alessandri, Assessore della Regione Lazio ai Lavori Pubblici e Tutela del Territorio, Mobilità.
“Le risorse saranno assegnate ai Comuni che, alla luce dell’Aggiornamento del Piano della Qualità dell’Aria, presentano il maggiore livello di inquinamento dell’aria dovuto al traffico veicolare, per l’acquisto e l’installazione di infrastrutture di ricarica pubbliche per i veicoli alimentati ad energia elettrica. I criteri fissati per la ripartizione sono i seguenti: numero di giorni/anno di superamento dei limiti di inquinamento dovuto agli ossidi di azoto; popolazione residente; volume dei flussi veicolari”:
“Nelle more della redazione della pianificazione regionale della mobilità elettrica, al fine di incentivare sul territorio regionale lo sviluppo della mobilità con carburanti alternativi e ridurre le emissioni inquinanti di gas derivanti dal traffico veicolare, le amministrazioni beneficiarie del contributo sono individuate sulla base di questi criteri oggettivi, in modo da consentire l’acquisto e l’istallazione almeno di una infrastruttura di ricarica, comprensiva dei costi di gestione, per ciascun beneficiario” conclude Alessandri-
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