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Ambiente

Acea, forte spinta sulla sostenibilità con target specifici

ROMA (ITALPRESS) – “Crescita e creazione di valore sono per Acea strettamente correlate al raggiungimento di obiettivi di sostenibilità che caratterizzano sempre di più gli indicatori di performance”. Così Giuseppe Gola, Ad di Acea, intervenuto alla sessione plenaria di Ecomondo, presentando un modello di sviluppo che mira alla transizione verso un ecosistema industriale sostenibile e l’impegno concreto per progettare e costruire smart city all’insegna dell’innovazione tecnologica e della green e circular economy. “Il Piano Industriale che abbiamo presentato la scorsa settimana – ha aggiunto – accresce notevolmente il peso della sostenibilità nelle scelte di business e nella gestione operativa del Gruppo. Infatti, dei 4,7 miliardi di investimenti complessivi ben 2,1 miliardi – oltre 400 milioni in più rispetto al Piano precedente – sono riferibili a specifici target di sostenibilità. Le azioni che verranno poste in essere dal Gruppo in attuazione del Piano Industriale incideranno positivamente sul Pil italiano per circa 6 miliardi, generando occupazione direttamente e indirettamente per oltre 21 mila persone. Nell’attuale contesto di crisi dovuta all’emergenza sanitaria, le utilities possono svolgere un ruolo di rilievo nel percorso di ripresa economica. Ad esempio, crediamo che sia importante intervenire sulle infrastrutture idriche, ad oggi, in particolare in alcune zone del Sud Italia, inefficienti e obsolete. Acea, come primo operatore idrico in Italia, può svolgere un ruolo di rilievo per la realizzazione e gestione di questi investimenti e pensiamo che il Recovery Fund possa essere uno strumento utile in tal senso”, ha concluso Gola. I target di sostenibilità individuati sono riferibili alla tutela e alla gestione della risorsa idrica, attraverso progetti di securitizzazione dell’approvvigionamento degli acquedotti del Peschiera e del Marcio; al contributo allo sviluppo della mobilità elettrica, attraverso l’installazione di oltre 2.200 colonnine di ricarica; al contrasto agli effetti del cambiamento climatico, attraverso l’incremento della produzione di energia elettrica da impianti fotovoltaici. Su questo punto in particolare, Acea intende incrementare il proprio portafoglio con circa 747 MW di potenza installata da impianti fotovoltaici a fine 2024. I nuovi impianti avranno a regime una produzione di oltre 1,3 TWh annui, pari a circa 600 kt di emissione di CO2 evitata. Particolare attenzione inoltre Acea rivolge anche al rafforzamento nelle filiere del waste-tomaterial in ottica circular economy (come ad esempio in quelle della plastica e della carta) e alla waste transition, con riferimento al progetto AceaSmartComp, realizzato da Acea in collaborazione con Enea e Università della Tuscia, che ha come obiettivo il trattamento diffuso e partecipato del rifiuto organico prodotto dalle grandi utenze, con la finalità di abbattere sia gli impatti ambientali che quelli di trasporto, riducendo anche le emissioni di CO2. Tra gli obiettivi di Acea, l’installazione di 150 Smart Comp entro il 2024 per realizzare un nuovo modello della gestione dei rifiuti a chilometro zero che ha importanti ricadute sull’ambiente, grazie alla riduzione delle emissioni di gas serra dovute all’eliminazione delle fasi di raccolta puntuale e trasporto.
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Suzuki e le tecnologie per l’ambiente

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Suzuki moltiplica i suoi sforzi a favore dell’ambiente e si distingue nel panorama industriale per sensibilità alla questione ecologica. A certificarlo sono i recenti dati diffusi dall’Unione Nazionale Rappresentanti Autoveicoli Esteri. Le statistiche UNRAE evidenziano come la gamma 100% ibrida delle auto della Casa di Hamamatsu abbia emissioni medie di CO2 molto inferiori rispetto a quelle del mercato italiano nel suo complesso.
L’attenzione all’ambiente, da parte di Suzuki, si allarga all’introduzione della tecnologia Suzuki Micro Plastic Collector, un rivoluzionario dispositivo che consente ai motori fuoribordo Suzuki, durante il funzionamento, di raccogliere le micro plastiche presenti nell’acqua.
Questi risultati riflettono la filosofia senza compromessi di Suzuki in materia ambientale, dichiarata anche a livello corporate:
“Per tramandare alle generazioni future lo stupendo pianeta in cui viviamo e assicurare il benessere della società, dobbiamo prendere atto che le azioni di ciascuno di noi hanno un impatto rilevante sulla Terra, pertanto Suzuki farà ogni sforzo per preservare l’ambiente globale”.

Lo scorso settembre ha regalato a Suzuki una serie di primati. Dal punto di vista commerciale, Suzuki ha stabilito i suoi record in Italia per auto immatricolate, 4.966 unità in un mese, per quota di mercato nel mese (ad eccezione dell’anomalo mese di Marzo 2020, caratterizzato dal lockdown delle Reti di vendita), 3,18%, e per crescita nel mese rispetto all’anno precedente (+ 97,69%). Sono inoltre rimarchevoli le emissioni medie di CO2 delle vetture Suzuki di nuova immatricolazione. A settembre il valore è sceso al di sotto dei 100 g/km, attestandosi a quota 96,7 g/km, il 17,35% in meno di un anno fa.
I 96,7 g/km calcolati per le Suzuki nuove vendute a settembre risultano inferiori dell’8,4% alla media generale del mercato italiano registrata nello stesso mese, pari a 105,6 g/km.
I Clienti italiani premiano, così, una Suzuki virtuosa verso la sostenibilità ambientale, con vendite e quota record, a dimostrazione della grande sensibilità al tema.

La presenza dei gas serra nell’atmosfera non è l’unica emergenza ambientale. Un altro tema chiave è quello dei rifiuti di plastica presenti in mare e in tutti gli specchi d’acqua dolce, che nel tempo si scompongono in particelle più piccole ma non meno dannose per l’ecosistema. Ripensando all’impianto di raffreddamento dei motori fuoribordo, che aspirano e rimettono poi in mare enormi quantità d’acqua, gli ingegneri di Hamamatsu hanno avuto un’idea semplice e geniale: sviluppare un sistema di filtraggio dell’acqua capace di raccogliere le micro plastiche durante la navigazione. A titolo di esempio, il motore fuoribordo DF140B filtra, a regime massimo, 40 litri di acqua al minuto, che in un’ora di funzionamento si traducono in 2400 litri di acqua filtrata.
Il Suzuki Micro Plastic Collector verrà introdotto gradualmente sulla gamma a partire dal prossimo anno.
L’attenzione da parte di Suzuki al problema della plastica in mare è anche alla base dell’utilizzo di nuovi sistemi d’imballaggio per i motori fuoribordo e per le parti di ricambio in cui l’uso della plastica è stato drasticamente ridotto. In questo modo, Suzuki stima di ridurre in un anno l’uso di plastica per 2,3 tonnellate in favore di materiali ecosostenibili, come la carta e i suoi derivati.

Suzuki Motor Corporation è un costruttore di automobili, motocicli e motori fuoribordo.
Nel settore automobilistico Suzuki è all’8° posto nella classifica mondiale delle vendite (fonte JATO), con 3 milioni di vetture prodotte all’anno, ed è leader sul mercato giapponese nei segmenti Keicar e Passenger car.
Suzuki nasce nel 1909 da un’idea imprenditoriale di Michio Suzuki, che, nella cittadina di Hamamatsu, in Giappone, costruisce uno stabilimento per la produzione di telai tessili.
Nel 1920, il laboratorio Suzuki Loom Works diventa Suzuki Loom Manufacturing Co. e nel 1952 viene introdotta la prima bicicletta motorizzata, la Power Free.
Nel 1954 Suzuki diventa Suzuki Motor Corporation Ltd. e nel 1955 nasce Suzulight, la prima automobile, seguita nel 1965 dal primo motore fuoribordo, il D55, nel 1970 da Jimny LJ10, il primo 4×4 e, nello stesso anno, dal mini MPV Carry L40V, 100% elettrico.
Da allora in avanti, l’attività industriale nei differenti settori ha proseguito il suo incessante cammino di crescita puntando su tecnologia, affidabilità, design e innovazione.

Rifiuti, Fise Assoambiente “Urgente strategia nazionale”

RIMINI (ITALPRESS) – “Per centrare gli obiettivi europei della Circular economy (65% di riciclo e 10% in discarica al 2035 per i rifiuti urbani) non è più rinviabile la definizione di una “Strategia Nazionale per la gestione rifiuti”. Per farlo il nostro Paese ha un’opportunità unica dinanzi a sè: i fondi del piano Next Generation che potranno sostenere, attraverso mirati prestiti e incentivi al mercato del riciclo, gli investimenti necessari (10 miliardi di euro) per colmare il gap impiantistico nazionale, soprattutto nel Centro-Sud del nostro Paese, attraverso la realizzazione di 70 impianti di riciclo e recupero energetico”. Sono queste le principali evidenze emerse dal Rapporto “Per una Strategia Nazionale dei rifiuti – Seconda parte: la strategia mette le gambe”, presentato da FISE Assoambiente (Associazione delle imprese di igiene urbana, riciclo, recupero e smaltimento di rifiuti urbani e speciali ed attività di bonifica), nel corso della giornata di apertura di Ecomondo Digital Edition.
Il Rapporto, realizzato per l’Associazione dal Laboratorio REF Ricerche, parte da un presupposto, nei prossimi 15 anni il nostro Paese è chiamato a raggiungere gli sfidanti obiettivi europei che l’avvento dell’Economia Circolare pone, con la riduzione al 10% dello smaltimento in discarica dei rifiuti urbani (oggi siamo al 22%) e il raggiungimento di un target di riciclo del 65% (oggi siamo al 45%). Senza dimenticare, il ruolo imprescindibile riservato alla termovalorizzazione per la chiusura del ciclo di gestione (il restante 25%).
I dati evidenziano come il nostro Paese, per meglio dire alcune sue aree siano ancora molto distanti dal raggiungimento di questi target, soprattutto a causa della carenza di impianti di gestione (da quelli per il riciclo della frazione organica ai termovalorizzatori), che costringe ogni giorno centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti a viaggiare lungo le strade italiane o addirittura verso l’estero in cerca di adeguato trattamento. Il mercato del riciclo, già instabile per i problemi di export in Estremo Oriente prima del COVID-19, ha vissuto un’ulteriore impasse con la pandemia.
In uno scenario a dir poco a tinte fosche, si apre un’opportunità nel breve-medio periodo in termini di risorse economiche disponibili: tramite il piano “Next Generation EU” dovrebbero arrivare all’Italia oltre 200 miliardi di euro nei prossimi anni. La gestione del ciclo dei rifiuti rappresenta a tutti gli effetti un candidato ideale per l’assegnazione di una significativa quota di questo budget, per le sue chiare ricadute sull’ambiente e la capacità di restituzione della tariffa. Inoltre, secondo uno studio realizzato da REF Ricerche, il rinnovato clima di attenzione alle tematiche ambientali vede oggi il Green Deal e la transizione verde in cima alle priorità dei cittadini italiani per l’impiego delle risorse del bilancio europeo: la necessità di tutelare l’ambiente viene infatti indicata dal 38% degli italiani e la realizzazione di impianti per riciclare i rifiuti dal 33%, subito dopo il sostegno alla Sanità; un cittadino su 3 vorrebbe che le risorse europee venissero prioritariamente destinate al settore dei rifiuti e in particolare al riciclo degli stessi.
“I fondi collegati a Next Generation costituiscono un’occasione unica per implementare una Strategia Nazionale dei Rifiuti”, evidenzia il Presidente FISE Assoambiente Chicco Testa, “a patto, però, di spenderli efficacemente, privilegiando strumenti economici e incentivi/disincentivi, rispetto alla tradizionale spesa a pioggia. In questo senso la gestione dei rifiuti per le sue chiare ricadute sull’ambiente, rappresenta il destinatario ideale per prestiti, garanzie e cofinanziamenti a condizioni agevolate che potranno giungere dal bilancio comunitario a sostegno degli investimenti. Ulteriori ritardi avrebbero conseguenze devastanti e provocherebbero nuovi danni all’ambiente, oltre alla mancata valorizzazione economica di una risorsa presente in abbondanza nel Paese, quale sono i rifiuti. Come primo passo concreto, chiediamo al Governo l’istituzione di un Tavolo nazionale di confronto con gli operatori per la definizione del Programma Nazionale per la Gestione dei Rifiuti”.
Non può esistere Economia Circolare senza gli investimenti infrastrutturali necessari alla sua realizzazione. “Dal 2009 al 2018 in Italia gli investimenti pubblici per la gestione dei rifiuti sono crollati da 469 a 131 milioni di euro – sottolinea Fise Assoambiente -. Ecco perchè i fondi del Piano Next Generation saranno strategici per sostenere, attraverso prestiti, i necessari investimenti dei privati, pari a 10 miliardi di euro, per la realizzazione di una adeguata impiantistica che, a seconda delle capacità previste, potrebbe arrivare fino a 70 nuovi impianti per la gestione dei rifiuti urbani e speciali su tutto il territorio nazionale: 39 nuovi digestori anaerobici per il trattamento della frazione organica, 17 termovalorizzatori, 10 impianti per il recupero dei fanghi”.
Per raggiungere questi obiettivi FISE Assoambiente propone di agire su 3 leve economico-finanziarie:
1. ripensare la tassazione ambientale: abolendo la tassa provinciale e l’addizionale per il mancato raggiungimento delle raccolte differenziate, aumentando il tributo speciale discarica e vincolandone il gettito al finanziamento degli impianti, in primis quelli del riciclo;
2. un nuovo sistema di Responsabilità Estesa del Produttore (EPR) che assicuri la copertura integrale dei costi efficienti di gestione degli imballaggi, estenda la responsabilità anche a rifiuti oggi non coperti (ingombranti, tessili, giocattoli, ecc), liberando spazi nella tariffa che possono essere destinati a migliorare la qualità del servizio;
3. introdurre i “Certificati del Riciclo”, alla stregua dei “Certificati Bianchi” che comprovano l’efficienza energetica, veri e propri titoli negoziabili che attestano l’effettivo riciclo in Italia dei rifiuti e l’impiego di materie prime seconde al posto di quelle vergini. Le risorse ricavate dalla vendita di questi certificati andranno vincolate al sostegno dell’impiantistica nazionale, proteggendo l’industria dalle oscillazioni dei prezzi dei materiali e dell’export.
Al fianco di questi strumenti per compiere un definitivo passo in avanti verso la circolarità, è necessario mettere in campo anche incentivi per sostenere la domanda di prodotti riciclati, come: aliquote IVA più basse per i prodotti contenenti materiale riciclato; l’imposizione di contenuti minimi obbligatori di materiali da riciclo (specie plastica e carta) nei prodotti; la promozione di ammendante organico, con IVA zero; il rafforzamento del Green Public Procurement (GPP), gli acquisti verdi da parte delle PA”, conclude Fise Assoambiente.
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Nasce economiacircolare.com, ENEA coordinatore scientifico

E’ nato il nuovo portale economiacircolare.com, un progetto editoriale frutto della collaborazione tra Cdca e il sistema multi-consortile Erion, con Enea che cura il coordinamento scientifico delle altre istituzioni coinvolte (Cnr, Ispra, Uni e Poliedra). Il portale, aperto al contributo di tutti, si candida a diventare uno dei riferimenti principali dell’informazione sull’economia circolare e luogo di incontro e dibattito di tutti gli attori in collegamento con le diverse realtà istituzionali, industriali, scientifiche e sociali. “Enea, tramite il Dipartimento Sostenibilità dei Sistemi Produttivi e territoriali (SSPT), avrà il compito di garantire la convivenza delle diverse posizioni di approfondimento sulle tematiche multidisciplinari che caratterizzano l’economia circolare – sottolinea Roberto Morabito, direttore del Dipartimento SSPT dell’Enea -. Siamo certi che una maggiore diffusione di conoscenza e dialogo e un approccio collaborativo tra gli attori coinvolti, siano fondamentali per innescare il cambiamento culturale che sta alla base della transizione verso l’economia circolare”.
La neonata testata giornalistica pubblica anche un magazine con l’obiettivo di rispondere all’esigenza di analisi e diffusione di pratiche concrete di economia circolare, di scelte imprenditoriali e industriali orientate alla sostenibilità e di accadimenti che a livello nazionale e internazionale influiscono sulle politiche energetiche e ambientali, con un occhio di riguardo alle attività di ricerca e ai processi relativi alle istituzioni comunitarie.
“Vogliamo fornire uno strumento in grado di assicurare una reale opportunità di conoscenza e orientamento laddove la comunicazione diventa un elemento fondamentale per avviare un concreto percorso di cambiamento”, conclude Morabito.
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Al via “LabSharing” per ricerca in campo ambientale

ROMA (ITALPRESS) – Acea ed Enea avviano ‘LabSharing’, il progetto volto a mettere in comune laboratori, tecnologie e know how per favorire la ricerca e il monitoraggio in campo ambientale con un approccio aperto al mondo dell’innovazione e della sostenibilità. Grazie a questa iniziativa, attraverso una piattaforma online dedicata, sarà possibile anche per soggetti terzi richiedere l’utilizzo di strutture d’eccellenza e supporto scientifico nel campo dei controlli ambientali di elevata complessità. Le analisi riguarderanno soprattutto stato e qualità di acqua, aria, suolo ed ecosistemi, oltre a misurazioni di indicatori e pressioni ambientali associate a scarichi, rifiuti, siti contaminati ed emissioni. Labsharing è nata dall’iniziativa “Acea Open Asset”, volta allo sviluppo delle attività di Open Innovation dell’azienda. L’accordo darà vita ad un polo scientifico e tecnologico per attività di monitoraggio e salvaguardia dell’ambiente. Tutto ciò con l’obiettivo di raccogliere anche l’interesse degli Enti di Ricerca e delle Università, offrendo un accesso semplice e diffuso alle migliori tecnologie di analisi, tramite una sinergia fra strumentazioni di eccellenza, esperienze e know how, quali quelle di Acea Elabori di Grottarossa a Roma e i laboratori di Enea dislocati sul territorio nazionale. LabSharing è il risultato della collaborazione tra Enea ed Acea iniziata nel 2019, volta a valorizzare i rispettivi asset condividendoli con l’ecosistema esterno. Con questa iniziativa Acea consolida il proprio ruolo di catalizzatore dei processi di open innovation e sviluppo tecnologico. Questo progetto, che l’Azienda lancia insieme ad un partner come Enea, leader in campo scientifico, ha l’obiettivo di mettere a fattor comune expertise di alto livello, per facilitare e supportare la ricerca e la salvaguardia dell’ambiente.
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Accordo tra Aliplast e Nextchem per il riciclo delle plastiche

BOLOGNA (ITALPRESS) – Aliplast, società del Gruppo Hera, e NextChem, società del Gruppo Maire Tecnimont, hanno firmato un accordo per la fornitura da parte di Nextchem della tecnologia, dell’ingegneria e dei servizi EPC per la realizzazione di un impianto che utilizzerà la tecnologia proprietaria all’avanguardia MyReplastTM per l’Upcycling dei rifiuti plastici in prodotti polimerici ad alto valore aggiunto. Costruito su un sito di proprietà del Gruppo Hera, tale impianto farà leva sulla tecnologia innovativa MyReplastTM sviluppata da NextChem, che permette di realizzare polimeri riciclati di elevata purezza e qualità in grado di raggiungere prestazioni chimico/fisiche e meccaniche di alto livello. L’obiettivo dell’impianto è dunque quello di trattare rifiuti plastici post consumo per ricavarne prodotti riciclati “su misura”, che rispondano alle richieste di ogni cliente e ai massimi standard di qualità del mercato, in forza di caratteristiche e proprietà analoghe a quelle dei polimeri vergini di origine fossile. Il tutto operando in modo tale da dare vita a un’esperienza impiantistica di frontiera.
Una volta a regime, il nuovo impianto – che grazie a Herambiente potrà attingere per il proprio funzionamento a fonti energetiche green – sarà capace di esprimere una produzione di polimeri intorno alle 30 mila tonnellate all’anno.
L’impianto garantirà alti standard di sicurezza e avrà caratteristiche innovative quali, ad esempio, la profonda automazione dei processi e l’elevata digitalizzazione in ottica di data analytics, consentendo anche di massimizzare l’efficienza energetica con conseguenti benefici ambientali. La partnership con NextChem, in particolare, consentirà ad Aliplast di sfruttare le opportunità del riciclo e compounding per espandersi nel settore di alcune particolari plastiche rigide, come PP, HDPE e ABS, che il solo riciclo meccanico non consente di trattare in maniera adeguata. L’obiettivo è quello di continuare a servire i propri clienti offrendo loro uno spettro sempre più ampio di plastiche riciclate di alta qualità. “La strada indicata da partnership come questa – commenta Tomaso Tommasi di Vignano, presidente esecutivo del Gruppo Hera – è fondamentale per mettere a sistema le eccellenze e i punti di forza di quegli attori che possono davvero fare la differenza nella transizione verso modelli di sviluppo sempre più sostenibili, obiettivo al quale il Gruppo Hera lavora da anni attraverso tutte le proprie linee di business. La plastica, in particolare, ha oggi bisogno di un’industria del riciclo che sappia puntare con forza su tecnologia e innovazione, per vincere la sfida di quelle plastiche ‘difficilì che il riciclo meccanico non riesce a trattare con successo. Ecco perchè Aliplast, facendo leva sulle competenze di NextChem, ha deciso di andare oltre, infrastrutturandosi anche sul fronte dell’Upcycling per rispondere in maniera sempre più performante a importanti target di sostenibilità e, in eguale misura, alle esigenze di clienti che anche all’industria del riciclo continuano a chiedere, giustamente, polimeri di alta qualità”, ha concluso.
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Brevetto Enea per recupero materiali da pannelli fotovoltaici

ROMA (ITALPRESS) – Enea ha brevettato un nuovo processo a basso consumo energetico e ridotto impatto ambientale per il recupero dei principali componenti dei pannelli fotovoltaici in silicio cristallino a fine vita. Il processo consente di separare i materiali utili, come strati polimerici, contatti elettrici, celle e vetro, e di smaltire il resto in sicurezza attraverso il ‘rammollimentò minimo e localizzato degli strati polimerici tramite il riscaldamento del pannello e il successivo scollamento ‘a strappò. L’invenzione parte dalla struttura ‘a stratì dei moduli cristallini, costituiti da uno strato di vetro protettivo, poi un sottile strato di materiale polimerico, l’Etilene Vinil Acetato (EVA), quindi le celle di silicio, contatti elettrici in metallo, un secondo strato di EVA e una superficie posteriore di supporto, generalmente in polivinifluoruro (PVF); il tutto racchiuso in una cornice in alluminio. Di fatto, quindi, per recuperare i componenti è necessario ‘slegarlì dallo strato di EVA, che fa da collante tra i vari strati. Con questo processo gli strati vengono ‘strappatì meccanicamente, dopo il trattamento termico “mirato”, in modo da poter poi recuperare gli strati polimerici, i contatti elettrici, le celle ed il 100% del vetro e il foglio backsheet (in PVF), lo strato di EVA.
“Con questo processo si evitano: il rischio di degrado dei materiali, inutili dispendi di energia e si riducono sensibilmente pericolose emissioni gassose. Inoltre, l’impiantistica necessaria è semplice, adatta a un trattamento in continuo e altamente automatizzabile, senza necessità di un’atmosfera controllata mediante uso di gas specifici”, spiega Marco Tammaro, responsabile del Laboratorio Tecnologie per il Riuso, il Riciclo, il Recupero e la valorizzazione di Rifiuti e Materiali e inventore del brevetto insieme all’imprenditrice Patrizia Migliaccio. Nel dettaglio tecnico, il brevetto si propone di sfruttare il rammollimento, minimo e localizzato, appena sufficiente per staccare gli strati polimerici per realizzare un processo in modalità continua e automatizzata. L’invenzione propone di riscaldare i pannelli mentre avanzano su un nastro trasportatore e di staccare gli strati polimerici mediante un’azione a strappo, perchè quest’ultima si presta agevolmente a un’automatizzazione del processo. Il processo consente agevolmente la lavorazione in continuo di pannelli fotovoltaici a prescindere dalle diverse caratteristiche degli strati polimerici (spessore e tipologie), e a cui corrispondono diverse condizioni minime di distacco.
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Risorse idriche non preoccupano ma situazione fa riflettere

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“Considerato il periodo, la situazione delle risorse idriche del Paese non è preoccupante, ma induce a riflessione il fatto che, nel 2020, si sia ancora a sperare nella clemenza di Giove Pluvio, perché incapaci di infrastrutturare adeguatamente il territorio di un Paese, che rimane uno dei più ricchi d’acqua al mondo!”. Così Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue, presenta il report settimanale dell’Osservatorio Anbi sulle Risorse Idriche. Sembra finalmente essersi fermata l’emorragia idrica dai bacini di Puglia e Basilicata nell’attesa che le attese piogge autunno-vernine li rimpinguino: rispetto all’anno scorso, dagli invasi pugliesi mancano ora quasi 52 milioni di metri cubi, mentre in Lucania il deficit è di circa 38 milioni. Dopo un’estate idricamente sufficiente, la Calabria sta subendo gli effetti della concentrazione localizzata degli eventi meteo. Se la diga Sant’Anna sul fiume Tacina, lungo la costa jonica, segna il record del recente quadriennio (4,69 milioni di metri cubi d’acqua), altrettanto, ma in negativo, fa la diga Monte Marello sul fiume Angitola, lungo il versante tirrenico, al minimo dal 2017 (7,33 milioni di metri cubi d’acqua).
Risalendo la Penisola, inferiori agli anni scorsi sono le portate dei fiumi Sele e Volturno, in Campania, mentre il nuovo servizio Open Ambiente di Regione Lazio segnala l’altezza idrometrica record del fiume Tevere dal 2016, così come vale per il fiume Liri; se confortante è anche la condizione idrica del laziale lago di Bracciano, non altrettanto può dirsi dell’invaso di Penne, in Abruzzo, al minimo dal 2017 (0,7 milioni di metri cubi). Deficitaria rimane la situazione dei bacini nelle Marche (complessivamente trattengono 32,84 milioni di metri cubi, quantità leggermente superiore in anni recenti solo al siccitoso 2017), così come in calo sono i livelli dell’invaso del Bilancino in Toscana, condizionato da un Settembre meno piovoso della media anche sulla provincia di Firenze (-22% sui capoluoghi della regione). Analogo è stato l’andamento delle piogge settembrine sul Veneto (-31%), assorbito però senza conseguenze dai fiumi della regione, tutti (Adige, Bacchiglione, Livenza, Brenta, Piave) con altezze idrometriche al top del recente quadriennio.
Piogge di settembre in calo del 46,4% anche in Piemonte, i cui fiumi (Dora Baltea, Sesia, Stura di Lanzo, Maira, Pesio) hanno portate in discesa; analogo è l’andamento piemontese del fiume Po che, in Emilia Romagna (come in Lombardia) segna altresì livelli superiori alla media storica ed all’anno scorso. Non altrettanto può dirsi dei fiumi della stessa regione, tutti sotto media (ad eccezione del Savio); il record negativo è del Reno con una portata di 0,4 metri cubi al secondo contro una media di mc/sec 8,4. Infine, sono in calo anche i grandi laghi del Nord (Maggiore, Lario, Iseo, Garda), pur rimanendo superiori alla media del periodo.
(ITALPRESS).