ROMA (ITALPRESS) – Il contatto con la natura compensa nei bambini e ragazzi molti dei disturbi legati al confinamento in spazi urbani, soprattutto in luoghi chiusi, influendo sullo sviluppo cerebrale ed emotivo in maniera positiva.
Raccogliendo le evidenze scientifiche e pedagogiche più recenti il WWF ha stilato i 10 fattori che vengono migliorati o sviluppati dal contatto con la natura: nel loro complesso hanno un effetto positivo che va ben di là della semplice ‘boccata d’arià. Secondo l’Attention Restoration Theory, gli ambienti urbani, al contrario, richiedono quella che viene chiamata attenzione diretta, che ci costringe a ignorare le distrazioni ed esaurisce il nostro cervello. Negli ambienti naturali, pratichiamo un tipo di attenzione senza sforzo noto come fascino morbido che crea sensazioni di piacere, non di fatica. Il mondo naturale è complesso, molto di più di qualsiasi ambiente costruito dall’uomo, ed evolve nel tempo. Lincisività delle esperienze dirette non riguardano mai solo la sfera cognitiva, ma coinvolgono tutto l’individuo nella sua fisicità e affettività.
I benefici del contatto con la natura riassunti dal WWF in “10 cose che non sai” partono dal benessere, l’autodisciplina, la riduzione dei disturbi depressivi e dei comportamenti problematici per i bambini che frequentano aree verdi. Effetto natura anche nella prevenzione, poichè svolgere attività fisica all’aperto sviluppa in maniera armoniosa l’apparato muscolo-scheletrico, previene malattie cardiorespiratorie, metaboliche, tumorali. Il giocare in spazi aperti è anche un formidabile anti-stress e ‘ansioliticò, rispetto agli effetti del giocare in spazi chiusi. Crescere nella natura stimola anche la socialità, favorendo l’interazione tra pari, l’autonomia, contenendo lo stress e migliorando l’autostima. L’intelligenza è un altro dei fattori più influenzati dalla vita in un ambiente ricco di verde: secondo uno studio effettuato su un campione di bambini in Belgio e pubblicato nell’agosto di quest’anno su Plos Medicine il rafforzamento del quoziente intellettivo è uno degli effetti positivi del crescere in spazi urbani ricchi di verde, oltre all’abbassamento dei livelli di comportamenti problematici.
Su 620 bambini di età compresa tra i 10 e 15 anni, un aumento del 3% del verde del loro quartiere ha incrementato in media 2,6 punti il loro punteggio nel QI. Questo fatto è stato osservato sia nelle aree agiate che in quelle più disagiate. Esistevano già delle prove significative sull’effetto ‘spazi verdì nello sviluppo cognitivo, ma questa è la prima ricerca che esamina nello specifico il Quoziente di Intelligenza. La causa è ancora incerta ma potrebbe essere legata a livelli di stress inferiori a cui sono sottoposti i bambini che giocano in aree verdi, alla maggiore attività ludica e contatto sociale o semplicemente al fatto di vivere in un ambiente più tranquillo. Altre ricerche dimostrano che anche nella gestione di particolari disturbi in aumento tra i minori, ovvero la difficoltà di concentrazione e di attenzione, tra cui l’ADHD (disturbo da deficit di attenzione e iperattività) si nota un miglioramento dispensando ai ragazzi ‘dosi di naturà, uno strumento tra l’altro sicuro e poco costoso. Infatti, nei bambini che vivono in prossimità di aree verdi il volume della corteccia prefrontale e premotoria è maggiore: si tratta , infatti, delle regioni cerebrali implicate nella memoria di lavoro e nei meccanismi di mantenimento dell’attenzione. Altri aspetti importanti nella crescita e sviluppo dei bambini sono l’empatia e la creatività: ripristinare il contatto con la natura soddisfa un bisogno innato per cui si prova fascinazione ed empatia rispetto ad altre forme di vita. La socio-biologia ha anche dimostrato che i bambini che giocano a contatto con la natura sono più creativi e collaborativi. Infine, ‘effetto naturà anche sul senso della comunità, presupposto per costruire un futuro cittadino spinto a difendere il bene comune: vivere e giocare nel verde rafforza il senso di appartenenza a una comunità sana.
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Effetto natura sui bambini aumenta salute, intelligenza e benessere
Con pochi alberi e il consumo del suolo più caldo estivo in città
ROMA (ITALPRESS) – “Oltre la metà della popolazione mondiale vive oggi nelle città, ed è per questo motivo che viene dedicata sempre maggiore attenzione agli studi che indagano la vivibilità degli ambienti urbani. In Italia le persone che vivono in città sono 42 milioni, circa il 70%”. L’ecosistema urbano si caratterizza per due elementi fondamentali: le superfici vegetate e quelle impermeabili (consumo di suolo). Il giusto compromesso tra la quantità di questi due elementi “influenza la composizione del paesaggio urbano, modificando anche il microclima e favorendo un fenomeno tipicamente urbano noto come isola di calore urbana: con questa definizione si intendono le zone centrali delle città sensibilmente più calde delle aree limitrofe o rurali”. A rivelarlo i ricercatori dell’Istituto per la bioeconomia del Consiglio nazionale delle ricerche di Firenze (Cnr-Ibe), in collaborazione con i ricercatori dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), che hanno condotto uno studio sull’influenza della copertura arborea e del consumo di suolo sulle temperature superficiali urbane, pubblicato recentemente su Science of the Total Environment.
“Lo studio è stato condotto sul periodo diurno estivo, analizzando per la prima volta l’influenza della copertura arborea e del consumo di suolo nel favorire l’isola di calore urbana superficiale nelle 10 città metropolitane dell’Italia peninsulare”, spiega Marco Morabito del Cnr-Ibe e coordinatore del lavoro. La ricerca ha preso in considerazione la città composta dal suo nucleo metropolitano, rappresentato dal comune principale, dai comuni confinanti e da quelli periferici; sono stati esaminati inoltre la quota, la distanza dal mare e la dimensione della città. “Sono stati utilizzati dati satellitari di temperatura superficiale, riferiti al periodo diurno estivo dal 2016 al 2018, mentre utilizzando i dati ad alta risoluzione sviluppati da Ispra è stato possibile comprendere l’influenza del consumo di suolo e della copertura arborea”, aggiunge Michele Munafò dell’Ispra. Dall’integrazione di queste informazioni, i ricercatori hanno prodotto un nuovo strumento informativo chiamato “Urban Surface Landscape layer”, un indicatore di copertura superficiale del paesaggio urbano capace di rappresentare le zone delle città caratterizzate da differenti combinazioni di densità di consumo di suolo e copertura arborea, e in grado di individuare aree critiche urbane, con elevate temperature superficiali, che necessitano di azioni di mitigazione e in di una intensificazione della copertura arborea.
“Lo studio dimostra che l’intensità dell’isola di calore urbana superficiale aumenta soprattutto all’aumentare dell’estensione delle aree con bassa densità di copertura arborea nel nucleo metropolitano, oppure intensificando la copertura artificiale dovuta a edifici e infrastrutture”, conclude Morabito. “Le isole di calore più intense sono state osservate nelle città dell’entroterra e di maggiori dimensioni: a Torino, un aumento del 10% nel nucleo centrale di aree con elevato consumo di suolo e bassa copertura arborea è associato a un aumento dell’intensità dell’isola di calore media estiva di 4 °C. In generale quanto più grandi e compatte sono le città, tanto maggiore è l’intensità del fenomeno isola di calore. Quest’ultimo, invece, è risultato spesso meno intenso e poco evidente nelle città costiere a causa soprattutto dell’effetto mitigante del mare”.
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El Salvador, scoperta data eruzione che sconvolse la civiltà Maya
ROMA (ITALPRESS) – Un team internazionale di ricercatori, cui ha preso parte l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), ha individuato nel 431 d.C., con un margine di incertezza di circa due anni, la data esatta dell’eruzione della caldera vulcanica Ilopango, detta della Tierra Blanca Joven, nello Stato centroamericano di El Salvador. L’obiettivo della ricerca era datare definitivamente l’eruzione chiarendo gli impatti che questo evento ebbe nella regione, sia sul clima e l’ambiente che sulla vita dell’uomo, facendo quindi un ulteriore passo in avanti rispetto agli studi precedenti. La violenta eruzione, che si conosceva fosse avvenuta nel periodo compreso tra il 300 e il 600, ricoprì con uno spesso strato di cenere bianca e detriti (in parte ancora visibili) vaste aree di El Salvador, tra cui siti risalenti al cosiddetto “periodo classico” della antica civiltà Maya, rendendo inabitabile per decenni un’area nel raggio di 80 km dal vulcano. Inoltre, alcune evidenze archeologiche indicano che, intorno alla data del 431 d.C., in El Salvador si verificò un’improvvisa interruzione della produzione delle ceramiche Maya, inattività quindi compatibile con il catastrofico evento naturale che colpì la zona. Grazie a competenze multidisciplinari messe in campo dal gruppo proveniente da 12 Istituti di ricerca (tra cui l’Università di Oxford e l’UNAM, Università Nazionale Autonoma del Messico), gli autori dello studio, pubblicato sulla rivista scientifica Proceedings of the National Academy of Sciences (USA), hanno combinato dati geologici e archeologici provenienti dall’America centrale con le analisi chimiche di carote di ghiaccio della Groenlandia e dell’Antartico.
“Per datare eventi eruttivi del passato per i quali non si hanno informazioni scritte”, spiega Antonio Costa, direttore della Sezione di Bologna dell’INGV e co-autore dello studio, “si utilizza principalmente un metodo basato sull’analisi del decadimento del carbonio-14 nei frammenti organici inglobati dalla miscela eruttiva. Talvolta, come in questo caso, questo metodo non è sufficientemente accurato poichè la datazione tramite il decadimento del carbonio-14 deve essere calibrata. Il set di dati di calibrazione non è ben strutturato intorno al momento dell’eruzione e consente di individuare un arco temporale ampio ma non una data precisa. L’aspetto innovativo e determinante in questo lavoro, quindi, è stato senza dubbio l’approccio multidisciplinare che ci ha permesso di incrociare dati provenienti da discipline anche molto diverse tra loro per ‘triangolarè la data che stavamo cercando da tempo”.
In particolare, è stato grazie a dei frammenti di vetro vulcanico rinvenuti nelle carote di ghiaccio prelevato in Groenlandia, datato 431 d.C., che è stato possibile individuare una corrispondenza con il materiale vulcanico emesso durante l’eruzione della Tierra Blanca Joven e datare, conseguentemente, l’eruzione stessa. L’eruzione, secondo le stime effettuate dai ricercatori, avrebbe prodotto una colonna di gas e cenere alta circa 45 km. Grazie alla comparazione tra la datazione al carbonio-14 dei tronchi degli alberi abbattuti dalla forza dell’eruzione e rinvenuti nei residui del flusso piroclastico e le analisi chimiche dei prodotti eruttati e dei frammenti di vetro vulcanico presenti nelle carote di ghiaccio prelevate, è stato possibile individuare una corrispondenza che indica la provenienza dei reperti non soltanto dallo stesso arco temporale ma esattamente dallo stesso evento eruttivo. Da un punto di vista climatico, inoltre, l’eruzione sembrerebbe aver raffreddato di mezzo grado centigrado la temperatura media della Terra su scala globale, anche se per un periodo piuttosto limitato di alcuni anni; gli effetti più intensi interessarono maggiormente la regione stessa del centro America in cui ebbe luogo l’evento.
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Pecoraro Scanio “Educare a pratica contro lo spreco alimentare”
ROMA (ITALPRESS) – Il presidente della fondazione Univerde Alfonso Pecoraro Scanio, già ministro dell’Agricoltura, e il portavoce della federazione italiana cuochi, lo chef Alessandro Circiello, hanno rilanciato con un video l’appello contro lo spreco alimentare ricordando che tante ricette tipiche della dieta mediterranea sono un metodo antico ma sempre efficace per evitare la vergogna dello spreco di cibo. “Nel mondo, secondo l’Oms, un terzo del cibo prodotto viene sprecato – ha detto Pecoraro Scanio – mentre circa un miliardo di persone soffrono fame e denutrizione. Inoltre la CO2 rilasciata in atmosfera per il cibo sprecato equivale a quella di uno stato collocato subito dopo Usa e Cina come milioni di tonnellate di Co2 prodotte”. “In Italia molte ricette della dieta mediterranea – sottolineano Pecoraro Scanio e Circiello – hanno funzione anti-spreco dalla bagnacauda alla ribollita, dalle polpette alle zuppe fino a gli arancini. Occorre ricordarlo a tutti ed educare cittadini e operatori a una pratica del no allo spreco alimentare”.
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In Italia solo il 40% dei corsi d’acqua è in buono stato
ROMA (ITALPRESS) – Si è celebrata ieri la quindicesima edizione del “World rivers Day”, la Giornata mondiale dei fiumi, per sensibilizzare l’opinione pubblica e incoraggiare una migliore gestione dei corsi d’acqua in tutto il mondo. Purtroppo in Italia solo il 40% dei corsi d’acqua è in buono stato ecologico come richiesto dalla Direttiva Quadro Acque e, nonostante l’urgente necessità di riqualificarli, si continua a danneggiarli.
Nel dossier SOS fiumi – “Manutenzione idraulica o gestione fluviale?” il WWF Italia documenta e denuncia il diffuso e indiscriminato attacco “legalizzato” ai nostri fiumi.
Un pò ovunque, infatti, continuano ad essere autorizzati dalle Regioni interventi di taglio indiscriminato della vegetazione ripariale e/o di dragaggio degli alvei con la scusa di renderli più sicuri. Azioni in aperto contrasto con le direttive europee ma anche con la recente “Strategia dell’UE sulla biodiversità per il 2030” che afferma che “occorre adoperarsi di più per ristabilire gli ecosistemi di acqua dolce e le funzioni naturali dei fiumi”. Il WWF ha analizzato 26 recenti casi di ‘mala-manutenzionè dove con i cosiddetti interventi di manutenzione idraulica si è stravolto l’ecosistema fluviale, distruggendone i servizi ecosistemici e peggiorando spesso anche la sicurezza idraulica. E’ il caso, ad esempio, del fiume Savena in Emilia Romagna dove, a seguito di un intervento devastante, è stato distrutto il bosco ripariale per quasi 12 chilometri, aumentando anche il rischio idrogeologico: rami, tronchi e altro materiale accumulatosi lungo il letto e che avrebbero potuto creare qualche problema non sono stati rimossi (perchè senza valore economico), mentre sono stati tagliati migliaia di alberi (il cui valore economico è alto; la commercializzazione del legname da parte della ditta di “manutenzione” è in genere consentita e va a scomputo del costo di intervento, per cui più si taglia e più si guadagna) lungo fascia fluviale. Risultato: è aumentata l’erosione spondale, è stata ridotta la capacità di “cattura” del materiale trasportato dal fiume durante le piene (i boschi ripariali trattengono gran parte del materiale fluitato) e, infine, si è determinato un maggior accumulo di materiale, rispetto alla situazione pre-intervento, alla base dei piloni dei ponti rendendoli così più vulnerabili.
Il WWF chiede di cambiare rotta, di adeguarsi alle direttive europee (“Acque” e “Alluvioni”), considerando fiumi, laghi e zone umide come ambienti naturali che forniscono importanti servizi ecosistemici e che la loro tutela e corretta gestione è fondamentale per garantire l’uso plurimo delle acque. La manutenzione è necessaria, ma deve essere mirata, basata su criteri ecologici, svolta dove è utile e seguendo criteri e piani redatti con il coinvolgimento di geologi, forestali, ingegneri ambientali e biologi. Purtroppo prevale ancora un approccio esclusivamente “idraulico”, mentre dovrebbe essere considerato l’ecosistema acquatico nel suo complesso e la necessità di preservarlo e gestirlo anche per migliorare la sicurezza dei nostri fiumi.
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In Italia una donna su tre sceglie l’auto elettrica
ROMA (ITALPRESS) – Le automobili elettriche rappresentano un prodotto maturo per il mercato di massa. Questo è quanto è emerso da una ricerca condotta dal sito “vaielettrico.it”, che ha raccolto le testimonianze degli automobilisti elettrici italiani nel corso del triennio 2018-2020. La maggioranza si colloca nelle regioni del Nord Italia (70%) rispetto al Centro-Sud (30%), con una forte concentrazione in Lombardia ed Emilia-Romagna, che da sole raccolgono il 40% della popolazione analizzata nello studio.
Risulta inoltre esserci una netta superiorità dei conducenti uomini (92%). Tuttavia, il 32% del campione intervistato afferma di condividere la propria vettura o di possedere più di un veicolo elettrico per soddisfare le esigenze di mobilità della consorte o di altri membri familiari femminili.
In particolare, il 22% dei partecipanti al sondaggio dichiara di essere proprietario di due macchine a batteria, mentre il 10% possiede tre o più automobili a zero emissioni.
Per quanto riguarda la caratterizzazione anagrafica, la preponderanza degli utenti (80%) si colloca nella fascia tra i 40 e i 65 anni, ma figurano anche ventenni della Gen Z e ultraottantenni. Con tanti profili differenti: dagli artigiani ai liberi professionisti, passando per docenti universitari, pensionati e perfino sportivi di alto livello.
Pure la tipologia dei veicoli utilizzati si mostra variegata. Le preferenze dei conducenti elettrici ricadono verso un’ampia gamma di mezzi a quattro ruote: dai quadricicli compatti agli spaziosi SUV. Così come eterogenee sono le percorrenze: 2-3.000 km/anno per i guidatori più tranquilli, con punte di 70-80.000 km/anno per i conducenti più impegnati.
Sebbene siano emerse molte differenze, lo studio ha però evidenziato un elemento su cui concordano tutti gli intervistati: una volta che si è provata l’automobile elettrica, il ritorno a una vettura con motore endotermico risulta molto difficile. Il motivo non risiede soltanto nella convenienza economica, (rimarcata peraltro dall’Ecobonus promosso dal MISE) ma anche in una nuova attitudine culturale, che privilegia una maggiore tutela dell’ambiente rispetto al passato. L’e- mobility costituisce quindi una realtà strutturata e pronta per essere sperimentata nella vita di tutti i giorni.
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Chicco Testa confermato presidente di Fise Assoambiente
MILANO (ITALPRESS) – Chicco Testa è stato confermato alla Presidenza di FISE Assoambiente, l’Associazione che rappresenta le imprese di igiene urbana, riciclo, recupero e smaltimento di rifiuti urbani e speciali ed attività di bonifica. Lo ha stabilito all’unamità l’Assemblea dell’Associazione che si è tenuto oggi presso la sede milanese di Maire Tecnimont.
Testa resterà alla guida dell’Associazione per i prossimi 2 anni.
“Ringrazio gli associati per la fiducia accordatami”, ha dtto il presidente Testa, che si è detto “convinto del ruolo strategico oggi giocato dalle imprese private in tutte le attività di gestione rifiuti. La pandemia COVID-19 impone oggi più che mai l’obbligo ad agire e adottare politiche che rendano sostenibili nel lungo termine i sistemi socioeconomici, garantendo un adeguato equilibrio tra le necessità economiche e sociali e la tutela dell’ambiente e degli ecosistemi”.
“Sarà necessario continuare a promuovere interventi finalizzati al raggiungimento di un quadro normativo stabile, chiaro e semplificato in campo ambientale come anche garantire un contesto operativo per le nostre imprese in linea con quello europeo”, ha concluso Testa, “senza dimenticare il tema del ritardo dei pagamenti da parte della P.A. che in alcune aree del nostro Paese pone a serio rischio di sopravvivenza aziende che operano soprattutto con servizi labour intensive e non interrompibili”.
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In Lombardia approvati interventi a favore della biodiversità
MILANO (ITALPRESS) – La Giunta regionale della Lomardia, su proposta dell’assessore all’Ambiente e Clima Raffaele Cattaneo, ha approvato un pacchetto di misure a favore della tutela della biodiversità.
Nello specifico si tratta del ‘Programma regionale per interventi territoriali a salvaguardia della biodiversità – approvazione dei criteri per l’assegnazione di contributi per la realizzazione degli interventi previsti nelle azioni concrete del progetto europeo Life Gestire 2020’ e dell’approvazione del quadro di azioni prioritarie (PAF, Prioritized Action Framework) per Natura 2000 in Lombardia per il quadro finanziario pluriennale 2021-2027.
Gli obiettivi possono essere così sintetizzati: miglioramento o ripristino delle connessioni ecologiche; contenimento delle specie esotiche invasive vegetali e animali; conservazione degli habitat naturali e seminaturali quali brughiere, querceti, aree umide e recupero di aree degradate quali le aree sottoposte alle linee di alta tensione; ripristino e manutenzione degli habitat dei chirotteri e degli anfibi; tutela delle popolazioni di uccelli acquatici, tra cui ardeidi e sternidi. Per attuare queste azioni si prevede uno stanziamento di euro 2.077.514,21, provenienti per 1.026.112,22 da fondi regionali e euro 1.051.401,99 da fondi del Programma Comunitario Life 2014-2020 – Gestire 2020.
“Regione Lombardia sta investendo decine di milioni di euro per la tutela della biodiversità – spiega l’assessore Cattaneo – che rappresenta uno degli strumenti chiave della strategia di sostenibilità ambientale della nostra Regione. Con il progetto ‘Life Gestire 2020’ abbiamo avviato un’azione sistematica in attività e iniziative sul territorio che difendono la rete per la protezione della natura. E con l’approvazione del Paf per la programmazione europea, prevediamo di generare investimenti a 173 milioni di euro per i prossimi 7 anni. Investimenti ingenti, che dimostrano la volontà di far diventare la biodiversità una delle priorità nelle scelte degli investimenti non solo a livello governativo, ma anche nelle strategie di sviluppo delle imprese e nei comportamenti di ciascuno di noi”.
Gli interventi saranno affidati alle Amministrazioni pubbliche e agli Enti gestori dei siti Natura 2000 e delle aree protette attraverso un bando a sportello comprensivo di 9 linee di intervento. “Inoltre – conclude l’assessore – stiamo lavorando ad una Strategia regionale per la Biodiversità, dotando la nostra Regione per la prima volta di uno strumento di questo tipo, che si inserisce in un complesso quadro di obbiettivi concordati a livello internazionale, comunitario per nazionale”.
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