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Ambiente

Costa “Greta Thunberg ha svegliato le coscienze”

GIFFONI VALLE PIANA (SALERNO) (ITALPRESS) – “Il nostro scopo è quello di costruire un ponte tra la politica e i giovani. Spero che anche le altre nazioni lo facciano. Noi, e lo dico con orgoglio italiano, stiamo organizzando la prima conferenza mondiale di giovani sulla tematica ambientale”. Lo ha detto il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, oggi ospite della 50esima edizione del Giffoni Film Festival che ha per tema quest’anno proprio “Terra”. “Non era stata mai pensata una cosa del genere, l’Italia l’ha fatto e la sta organizzando. Si terrà l’anno prossimo in Italia e tutti i giovani del mondo che hanno a cuore l’ambiente verranno e si confronteranno con i grandi della terra per dire: “noi dalla protesta passiamo alla proposta”. Sarà una grande opportunità per loro di scoprire cosa significa negoziare con persone con idee diverse”.
“Non possiamo perdere questa occasione, ce l’ha affidata la storia e probabilmente non ce ne sarà un’altra – ha proseguito il ministro -. Questo è il momento perchè la pandemia sta facendo riflettere tanti grandi della terra. L’Italia è in prima fila nelle proposte. Io siedo nei tavoli di tutto il mondo e quando propongo vedo che c’è grande attenzione”.
“Quello di Greta Thunberg credo sia un movimento che ha svegliato le coscienze – ha detto Costa – Sono da sempre stato un loro sostenitore. Ho ospitato anche a Palazzo Chigi una loro rappresentanza”. “Ma vorrei essere chiaro sul fatto che lo scopo dello Stato italiano non è quello di agganciarci ai giovani ma di confrontarci”. “Vogliamo che i giovani entrino nel Palazzo, in questo modo entreranno nel palazzo della Repubblica Italiana e del mondo. Se non investiamo sui giovani niente ha senso, per questo sono onorato di essere a Giffoni, qui tutto è incentrato su di loro”.
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Ambiente, Emiliano “L’Italia può contare sulla Puglia”

BARI (ITALPRESS) – Il presidente della regione Puglia Michele Emiliano ha partecipato alla visita istituzionale nel Parco Nazionale del Gargano con il Ministro dell’Ambiente, Sergio Costa. Per l’occasione l’Ente Parco ha organizzato un incontro nel territorio di Monte Sant’Angelo, nella sede del reparto Carabinieri Biodiversità di Foresta Umbra, nel contesto delle faggete vetuste, riconosciute nel 2017 patrimonio naturale dell’umanità dall’Unesco.
“Noi abbiamo – ha detto Emiliano nel corso del suo intervento rivolgendosi al ministro Costa – un’idea che coincide con quella del Governo. Questo è un Governo che sento mio e con le forze che lo sostengono noi abbiamo affrontato un passaggio durissimo, sulla questione Ilva, che era quello di stabilire cosa fare e siamo arrivati a pensarla alla stessa maniera sul processo di decarbonizzazione. In 5 anni la Puglia è riuscita ad eliminare la quali totalità delle sue infrazioni europee per l’inquinamento del mare e a trasformarlo nel più pulito d’Italia. L’Italia può contare sulla Puglia. Sappiamo dove vogliamo andare, sappiamo che il nostro futuro è fatto di salute, ambiente, sviluppo economico, turismo, attrazione di investimenti sulle nuove tecnologie”.
“L’incontro di oggi con il Ministro Costa – ha commentato a margine Emiliano – è stata un’occasione molto bella, perchè rispecchia un’idea della legalità e del rispetto della bellezza, nella quale noi ci riconosciamo. Il Ministro ha scelto di venire qui nel Gargano, uno dei posti più belli del mondo, anche perchè questo è il sito Unesco della foresta delle Faggete. Questo territorio è quasi una ‘religionè per chi pian piano lo conosce. Sul Gargano in questi cinque anni abbiamo realizzato interventi di grande rilievo e altri sono in corso, penso al completamento della pista dell’aeroporto di Foggia, che aprirà nuove prospettive per tutta quest’area”.
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E’ cambiata la disponibilità d’acqua e la responsabilità è dell’uomo

ROMA (ITALPRESS) – Cambiamenti nel ciclo dell’acqua hanno importanti ripercussioni sugli ecosistemi e le attività umane. Nel contesto dell’attuale e atteso aumento delle temperature dovuto al riscaldamento globale, risulta fondamentale comprendere l’origine e l’entità di tali cambiamenti. Un recente studio pubblicato sulla rivista Nature Geosciences analizza la variazione della disponibilità d’acqua terrestre – definita dalla differenza tra l’acqua in entrata nel sistema tramite le precipitazioni e l’acqua in uscita tramite l’evapotraspirazione – a livello globale nel corso dell’ultimo secolo, eliminando le incertezze ancora esistenti sulla responsabilità umana delle variazioni del ciclo idrologico nella stagione secca osservate nel corso del ventesimo secolo.
La ricerca, che ha visto il contributo della Fondazione CMCC – Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, è intitolata “Observed changes in dry-season water availability attributed to human-induced climate change” e si è articolata in due fasi.
Il primo passo è stato quello di realizzare e confrontare, utilizzando modelli di superficie terrestre e modelli statistici guidati da osservazioni, mappe globali della distribuzione dell’acqua disponibile nel suolo dal 1902 al 2014, periodo in cui si è verificato un aumento della temperatura media globale di circa un grado. L’analisi si è focalizzata sulla differenza tra la disponibilità d’acqua media del periodo 1902-1950 e quella del periodo 1985-2014, ponendo a confronto il mese più secco dell’anno. Il team di scienziati ha così verificato una riduzione media della disponibilità d’acqua a livello globale nell’ultimo secolo, con differenze regionali. Il 57-59% della superficie terrestre ha sperimentato un aumento dell’aridità nel mese più secco dell’anno: è il caso delle zone di medie latitudini come l’Europa, il Nord America occidentale, l’Asia settentrionale, il Sud America meridionale, l’Australia e l’Africa orientale. All’opposto, in altre parti del mondo (41-43% dei territori), come l’entroterra cinese, l’Asia sud-orientale e il Sahel, l’umidità è aumentata.
Inoltre, rivela lo studio, l’intensificarsi delle stagioni secche deriva principalmente da una maggiore evaporazione dell’acqua piuttosto che dalla riduzione delle precipitazioni.
Il secondo passo è stato quello di attribuire la responsabilità di questo cambiamento, per comprendere se e in che termini questo dipenda dal cambiamento climatico di origine antropogenica piuttosto che dalla variabilità naturale.
“Attraverso un’analisi multi-modello, abbiamo paragonato in diversi set di esperimenti la distribuzione nel mondo della disponibilità d’acqua in tre diverse configurazioni: il mondo del 1850 (preindustriale), il mondo come lo osserviamo oggi (influenzato da variabilità naturale e antropogenica) e il mondo che avremmo osservato oggi se la variabilità naturale fosse stata l’unica ad influire sul clima”, spiega Daniele Peano, ricercatore nell’ambito della divisione Climate Simulations and Predictions alla Fondazione CMCC, tra gli autori dello studio.
“Con e senza l’attività umana, le simulazioni – aggiunge – ci catapultano in un inizio di ventunesimo secolo completamente diverso, mentre il mondo del preindustriale non è così differente da quello che avremmo avuto oggi senza l’influenza dell’uomo sul sistema climatico. Così facendo, abbiamo potuto escludere l’impatto della variabilità naturale, ottenendo l’influenza umana come unica spiegazione della variazione di disponibilità d’acqua terrestre dal periodo preindustriale ad oggi”.
Questo è stato il primo studio in grado di correlare il cambiamento climatico di origine antropogenica con il cambiamento della disponibilità d’acqua durante le stagioni secche: negli studi precedenti restava infatti un alto livello di incertezza per l’incapacità di escludere l’influenza della variabilità naturale.
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Trenitalia, via i guanti monouso dai kit per i passeggeri

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Una doppia confezione di gel igienizzante al posto dei guanti distribuiti sui treni AV come strumento di profilassi anti Covid-19. Trenitalia, in coerenza con le politiche del Gruppo FS Italiane, improntate ai principi della sostenibilità, adotta questa misura per attenzione ad un uso quanto più limitato possibile delle materie plastiche. E rassicura in tal senso i tanti cittadini che hanno aderito a una petizione promossa sulla piattaforma web change.org, che chiede proprio la riduzione della plastica monouso a bordo dei treni.
In una comunicazione inviata nei giorni scorsi ha evidenziato come, in ambito aziendale, è già prevista la sostituzione dei guanti monouso, in linea con altre iniziative plastic-free che Trenitalia aveva già avviato prima dello scoppio della pandemia e che avevano raccolto l’apprezzamento della clientela.
Quindi, nell’ottica di una sempre maggiore riduzione della plastica, anche i kit di prevenzione forniti prima del viaggio sulle Frecce AV, già proposti ai soli viaggiatori che lo gradiscono, saranno ridotti fino ad essere forniti soltanto a chi ne faccia espressa richiesta e senza più i guanti monouso. Tali misure saranno operative già dall’ultima settimana di agosto.

“È apprezzabile l’attenzione che l’amministrazione di FS Italiane e la direzione dell’Alta Velocità hanno rivolto al nostro appello per eliminare subito i guanti monouso dai treni Freccia Rossa. Accogliendo il messaggio della nostra petizione #StopGuantiMonousoSuFS, FS Italiane ha pubblicato oggi un comunicato ufficiale su FSNews dove ha voluto esplicitamente rassicurare le migliaia di cittadini che hanno sottoscritto la petizione su Change.org. Allo stesso tempo, pur mantenendo alta l’attenzione alla sicurezza sanitaria, FS Italiane dichiara di impegnarsi nel ridurre lo spreco di dispositivi di protezione individuale usa e getta che ha caratterizzato questi ultimi mesi”, afferma in una nota Alfonso Pecoraro Scanio, presidente della Fondazione UniVerde e promotore dell’iniziativa.

“La vittoria della petizione è solo il primo passo. La battaglia per evitare il boom di dpi usa e getta continua. Il Parlamento ha infatti disposto che il Ministero dell’Ambiente emani entro settembre un decreto ad hoc che favorisca i dpi riutilizzati e riciclabili di filiera italiana. Sono allarmato – commenta l’ex ministro dell’Ambiente – per l’annuncio del Ministero dell’Istruzione che prevede di distribuire 11 milioni di mascherine al giorno per studenti e docenti, con il rischio di moltiplicare i rifiuti legati all’emergenza sanitaria e dare un segnale diseducativo a milioni di giovani . Tutto questo, nonostante gli appelli della società civile e le disposizioni dello stesso Parlamento”. “L’attivismo civico costruito su temi chiari e sulle priorità di intervento richieste alle rappresentanze istituzionali significa che la democrazia della partecipazione è possibile. Ora continuare con azioni #PlasticFree”, conclude Pecoraro Scanio.

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Cappato “Momento delle proposte per fermare cambiamento climatico”

ROMA (ITALPRESS) – “Bene che le più alte cariche europee ascoltino la voce dei movimenti sul clima. Angela Merkel dà l’esempio di come la politica istituzionale debba avvicinarsi ed ascoltare la politica che parte dal basso, dagli attivisti e dagli scienziati. A Greta Thunberg e Fridays For Future va il merito di aver coinvolto l’opinione pubblica sull’importanza e l’urgenza della crisi climatica. E’ arrivato ora il momento delle proposte, delle soluzioni concrete per combattere il cambiamento climatico”. Così Marco Cappato, tra i leader dell’Associazione Luca Coscioni e promotore del movimento di cittadini Eumans!, in merito all’incontro tra la cancelliera Merkel e Greta Thunberg sulla questione dei cambiamenti climatici. Il movimento Eumans! Ha inoltre lanciato l’iniziativa stopglobalwarming.eu, che al raggiungimento del milione di firme obbligherà la Commissione Europea a esprimersi sulla proposta di far pagare le emissioni di CO2, spostando le tasse dalle risorse umane alle risorse ambientali, e incentivare la conversione a energie pulite.
“La Commissione Ue e il Parlamento europeo saranno obbligati a discutere pubblicamente la nostra proposta di ‘carbon pricing’ se almeno 1 milione di cittadini europei l’avranno firmata entro il 22 gennaio 2021. Sarebbe straordinario se Greta Thunberg o il movimento Fridays For Future decidessero di dare sostegno a questa campagna, che può rappresentare un punto di svolta verso un’Europa davvero esempio per il resto del mondo nella lotta al riscaldamento globale. L’auspicio – conclude Cappato – è che il tema del prezzo minimo sulle emissioni di carbonio sia rientrato comunque nel colloquio con Angela Merkel e soprattutto nell’agenda dei capi di stato Europei, come chiede ormai anche la stessa Commissione Europea”.
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Esemplare aquila di Bonelli nel Parco nazionale Arcipelago La Maddalena

ROMA (ITALPRESS) – Si chiama Inoche, che in lingua sarda significa “Qui”, la giovane aquila del Bonelli che da qualche mese volteggia sul Parco nazionale dell’Arcipelago di La Maddalena. Inoche è una delle aquile rilasciate in Sardegna grazie al progetto “Aquila a-Life” che ha come finalità l’incremento dell’areale di aquila fasciata nel Mediterraneo occidentale e il recupero della specie, oggi classificata – in Italia – in pericolo critico di estinzione (CR) a causa della distruzione dell’habitat, disturbo antropico e prelievo ai nidi per falconeria. Il progetto – iniziato nel 2017 – è coordinato da Grefa, una Ong spagnola, con la collaborazione dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale in Italia e di ricercatori francesi nonchè con il supporto formale della Regione Sardegna; le azioni sull’isola sono realizzate da Forestas. In Sardegna sono arrivati alcuni pulcini dalla Spagna già a fine 2018 mentre Inoche è stata liberata solo il 12 luglio 2019; ora è monitorata, come le altre, con un trasmettitore GPS che segnala la posizione ai ricercatori Ispra e che conferma la fase esplorativa dell’animale. Si spera che il progetto riesca ad invertire la tendenza negativa di questa specie in Italia, applicando l’esperienza maturata in quelle aree nelle quali le liberazioni hanno portato risultati positivi (Madrid, Navarra e Avala) anche se, purtroppo, alcuni esemplari rilasciati nell’isola sono deceduti a causa di impatti con le linee elettriche aeree o uccisi dai bracconieri.
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Clima, il 2020 è l’anno più bollente di sempre

ROMA (ITALPRESS) – Il 2020 si classifica fino ad ora come il più bollente mai registrato in Europa da 112 anni con un anomalia di addirittura 2,1 gradi rispetto alla media. E’ quanto emerge dalle elaborazioni Coldiretti sulla base degli ultimi dati del National Climatic Data Centre (Noaa) relativi ai primi sette mesi dai quali si evidenzia peraltro che è anche il secondo più caldo sul pianeta facendo registrare una temperatura media sulla superficie della Terra e degli oceani, superiore di 1,05 gradi rispetto alla media del ventesimo secolo. Anche in Italia si accentua la tendenza al surriscaldamento con il 2020 che è stato fino adesso di oltre un grado (+1,01 gradi) l’anno più caldo della media storica, al quarto posto dal 1800, sulla base dell’analisi Coldiretti su dati Isac Cnr. Gli effetti – sottolinea la Coldiretti – si fanno sentire a livello globale e nazionale con una drastica riduzione dei ghiacciai e il divampare degli incendi favoriti dalle alte temperature. Una tendenza ormai strutturale anche in Italia dove la classifica degli anni interi più caldi negli ultimi due secoli si concentra nell’ultimo periodo e comprende nell’ordine – precisa la Coldiretti – anche il 2018, il 2015, il 2014, il 2019 e il 2003. Un processo che – sostiene la Coldiretti – ha cambiato nel tempo la distribuzione delle coltivazioni e le loro caratteristiche con l’ulivo, tipicamente mediterraneo, che in Italia si è spostato a ridosso delle Alpi mentre in Sicilia ed in Calabria sono arrivate le piante di banane, avocado e di altri frutti esotici Made in Italy, mai viste prima lungo la Penisola. E il vino italiano con il caldo – continua la Coldiretti – è aumentato di un grado negli ultimi 30 anni, ma si è verificato nel tempo un anticipo della vendemmia anche di un mese rispetto alla tradizionale partenza di settembre, smentendo quindi il proverbio “ad agosto riempi la cucina e a settembre la cantina”, ma anche quanto scritto in molti testi scolastici che andrebbero ora rivisti.
Il riscaldamento provoca poi – precisa la Coldiretti – il cambiamento delle condizioni ambientali tradizionali per la stagionatura dei salumi, per l’affinamento dei formaggi o l’invecchiamento dei vini. Una situazione che di fatto – continua la Coldiretti – mette a rischio il patrimonio di prodotti tipici Made in Italy che devono le proprie specifiche caratteristiche essenzialmente o esclusivamente all’ambiente geografico comprensivo dei fattori umani e proprio alla combinazione di fattori naturali e umani. Si registra peraltro una evidente tendenza alla tropicalizzazione che – sottolinea la Coldiretti – si manifesta con una più elevata frequenza di eventi violenti, sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi e intense e il rapido passaggio dal sole al maltempo, con sbalzi termici significativi. Il ripetersi di eventi estremi sono costati all’agricoltura italiana oltre 14 miliardi in un decennio tra perdite della produzione agricola nazionale e danni alle strutture e alle infrastrutture nelle campagne.
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Le faglie dell’Appennino centrale studiate con un metodo innovativo

ROMA (ITALPRESS) – Attraverso un’innovativa analisi multidisciplinare, risultato delle osservazioni geodetiche di circa 20 anni e di un gran numero di dati aggiornati sulla direzione dello sforzo tettonico, è possibile quantificare la velocità del movimento delle faglie attive dell’Appennino centrale. Questo approccio potrebbe essere decisivo per determinare meglio la velocità del movimento delle faglie in un modo completamente innovativo e complementare alle classiche ed affidabili tecniche geologiche. E’ quanto è stato fatto nello studio pubblicato sulla rivista ‘Journal of Geophysical Research – Solid Earth’. La ricerca, che ha coinvolto competenze geodetiche, geologiche e modellistiche dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), è stata condotta in collaborazione con il Department of Earth, Planetary, and Space Sciences dell’University of California di Los Angeles (UCLA).
Come è noto, i terremoti sono generati da faglie, grandi piani in corrispondenza dei quali porzioni della crosta terrestre si muovono in tempi geologici l’una rispetto all’altra parallelamente al piano della faglia stessa. La velocità media su tempi geologici con cui questo processo avviene, chiamata slip rate nella letteratura scientifica, è un parametro cruciale perchè quantifica il potenziale di ciascuna faglia all’interno dei modelli elaborati per valutare la pericolosità sismica di una data regione. “Questo lavoro – spiega Michele Carafa, autore della ricerca – è la prima ricerca a livello europeo che mira esplicitamente a determinare lo slip rate di tutte le faglie attive presenti in un’importante area sismica, usando congiuntamente informazioni di diversa natura attualmente disponibili nel campo delle geoscienze, come i dati GPS e quelli che descrivono l’orientazione del campo dello sforzo in un materiale viscoelastico, quale è la crosta terreste. Esistono diverse tecniche per determinare lo slip rate di lungo termine: quella più semplice da spiegare si basa sul riconoscimento degli strati di roccia vecchi anche centinaia di migliaia di anni, posti ad altitudini differenti spesso anche centinaia di metri. Secondo una visione geologica classica, questi strati si trovavano inizialmente alla stessa quota, ed è ipotizzabile che l’attuale differenza topografica sia principalmente il risultato dei ripetuti terremoti avvenuti in tempi successivi lungo la faglia in esame, spesso determinabili con tecniche più o meno complesse. Ed è stato esattamente questo l’obiettivo del nostro gruppo di ricerca – prosegue Carafa – avere dei primi dati per capire se, nell’arco degli ultimi 15-20 anni per i quali esistono misure geodetiche accurate, il comportamento del volume di roccia adiacente alla faglia sia compatibile con le stime disponibili di slip rate di lungo termine, ovvero quelle basate su metodi geologici. La risposta è stata sostanzialmente positiva: le stime di breve e lungo termine sono risultate congruenti fra loro. Questo risultato ci permetterà di capire e stimare meglio le forze responsabili dell’evoluzione tettonica degli Appennini e, quindi, in prospettiva di valutare con maggior accuratezza la pericolosità sismica della regione. Il metodo utilizzato per questa ricerca – conclude il ricercatore – è del tutto innovativo e richiede interazione con ulteriori competenze quali, ad esempio, quelle matematiche e informatiche. C’è tanto da fare, ma integrare diverse competenze è stata una scelta vincente e ritengo sia sicuramente la strada da seguire per rendere questo tipo di ricerca utile per la collettività”.
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