GIARDINI NAXOS (MESSINA) (ITALPRESS) – Dei 26 punti monitorati sulla costa, 15 risultano oltre i limiti di legge. Di questi, 10 sono stati giudicati ‘fortemente inquinatì e 5 ‘inquinatì.
Nel mirino ci sono sempre canali e foci, i principali veicoli con cui l’inquinamento microbiologico, causato da cattiva depurazione o scarichi illegali, arriva in mare. E’ questa in sintesi una fotografia scattata lungo le coste della Sicilia da un team di tecnici e volontari di Goletta Verde, la storica campagna di Legambiente dedicata al monitoraggio ed all’informazione sullo stato di salute delle coste e delle acque italiane. A parlarne sono stati il presidente di Legambiente Sicilia Gianfranco Zanna e Caterina Valentino, curatrice della campagna Salvalarte per il Circolo Taormina Valle Alcantara di Legambiente.
Sulle coste siciliane sono stati 2 i punti monitorati in provincia di Messina, entrambi sono risultati “fortemente inquinati”: si tratta di un punto sulla spiaggia libera sul lungomare Colombo, in località Divieto, nel Comune di Villafranca Tirrena e di un punto alla foce del torrente Patrì, in località Cantone, nel Comune di Barcellona Pozzo di Gotto. Sono stati invece 9 i punti campionati da Goletta Verde in provincia di Palermo, uno è risultato “fortemente inquinato” e si tratta del punto in mare sul lungomare Piano Stenditore, in località Porticello, nel Comune di Santa Flavia, mentre i 3 punti “inquinati” risultano essere uno sullo sbocco dello scarico Diaz, in località via Messina Marine a Palermo, uno sulla foce del torrente Nocella nella Contrada San Cataldo fra i Comuni di Terrasini e Trappeto e il terzo sulla foce del torrente Pinto in Contrada San Cataldo a Trappeto. I rimanenti cinque punti: sulla spiaggia di piazza Marina sul molo di Cefalù, sulla spiaggia libera dopo lo stabilimento Mormino al porto di Termini Imerese, sulla spiaggia di Sferracavallo di Palermo nei pressi della pompa di sollevamento, sulla foce del fiume Chiachea nel Comune di Carini e sulla spiaggia La Praiola nel Comune di Terrasini, sono risultati invece tutti “entro i limiti”.
Dei tre punti in provincia di Trapani, due sono risultati “entro i limiti”, parliamo del punto sulla spiaggia di fronte l’oasi ecologica del lungomare Dante Alighieri a Trapani e del punto sulla spiaggia all’altezza dello scarico del depuratore, nella frazione Marinella di Selinunte del Comune di Castelvetrano. E’ risultato invece “inquinato” il punto sulla foce del fiume Delia, sul lungomare di Levante di Mazara del Vallo. In provincia di Agrigento il punto sulla foce del torrente Cansalamone, in località Stazzone, nel Comune di Sciacca è risultato “fortemente inquinato”. Per i punti sulla foce del fiume Naro in località Cannatello e sulla foce del fiume Akragas, in località Punta Akragas, entrambi nel Comune di Agrigento, i risultati sono “entro i limiti”. Due i punti analizzati in provincia di Caltanissetta ed entrambi risultati “inquinati”: uno sulla spiaggia di fronte la foce del torrente Rizzuto nel Comune di Butera e l’altro sulla foce del fiume Gattano, in località Macchitella, nel Comune di Gela. Il punto sulla foce della fiumara di Modica, in località Arizza, nel Comune di Scicli, campionato nella provincia di Ragusa è risultato “entro i limiti”. A Siracusa, dei due punti campionati, quello in mare di fronte la foce del Canale Grimaldi del Porto di Siracusa è risultato “inquinato”, mentre quello sulla spiaggetta del Granatello di Augusta è “entro i limiti”. Sono 3 i punti analizzati nella provincia di Catania, tutti risultati “fortemente inquinati”. Il primo punto è sulla spiaggia di fronte il canale Forcile nella contrada Pontano d’Arci di Catania, il secondo in mare di fronte lo scarico fognario di Aci Trezza nel Comune di Aci Castello e il terzo sempre in mare, di fronte la foce del torrente Macchia in località Sant’Anna a Mascali. Infine risulta “fortemente inquinato” anche il punto in mare sulla foce del fiume Alcantara in località San Marco nella contrada Pietrenere fra i Comuni di Giardini Naxos e Calatabiano, fra le province di Messina e Catania. Per Andrea Minutolo, responsabile nazionale dell’Ufficio Scientifico di Legambiente, “dieci dei 14 punti giudicati inquinati o fortemente inquinati nel 2020 erano stati giudicati oltre i limiti di legge anche nel corso della campagna 2019, a dimostrazione di come spesso la maladepurazione sia una malattia cronica di alcuni punti e non una semplice anomalia stagionale”.
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Goletta Verde, in Sicilia il mare non gode di buona salute
#Spiaggelibereesicureadostia, in 48 ore raccolte 25.500 firme
ROMA (ITALPRESS) – #SpiaggeLibereESicureAdOstia. Questo l’hashtag lanciato da Alfonso Pecoraro Scanio, già Ministro dell’Ambiente e Presidente della Fondazione UniVerde. Fin qui sulla piattaforma Change.org in sole 48 ore sono state raccolte 25.500, quest’oggi oggi sono state consegnate alla sindaca di Roma, Virginia Raggi: “Ringrazio la Sindaca e il Comandante della Capitaneria di Porto di Roma Fiumicino, Antonio D’Amore, per aver accolto il nostro appello – ha detto Pecoraro Scanio -. Occorre intervenire subito contro i segnali intimidatori sulle spiagge libere di Ostia, bene comune. Grazie soprattutto al sostegno delle migliaia di cittadini e di tutti coloro che hanno permesso all’iniziativa di raggiungere un risultato così straordinario in poche ore. Ci auguriamo che le autorità garantiscano vigilanza, illuminazione e accessibilità ai cittadini alle spiagge libere di Ostia”.
“Ricevo molto volentieri questo appello – ha detto la prima cittadina della capitale -. Compito delle amministrazioni è quello di cercare di migliorare le condizioni nelle quali viviamo e questi obiettivi sono anche i nostri. Stiamo realizzando spiagge accessibili con passerelle per consentire a chiunque di accedere al mare, secondo le proprie necessità. Da qualche anno abbiamo iniziato ad abbattere chioschi abusivi per restituire le spiagge libere ai cittadini di Ostia. Abbiamo già attivato la vigilanza notturna e stiamo implementando quella diurna e nel frattempo stiamo incrementando anche l’illuminazione. Da quando abbiamo iniziato la campagna per restituire le spiagge libere al nostro litorale, qualcuno evidentemente non ha gradito questa nostra attività, disseminando gli arenili di vetri, chiodi, siringhe e uccelli con la testa mozzata – ha concluso la Sindaca Raggi -. Faremo un grande lavoro su questo tema”.
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Differenziata, nel primo semestre riciclate 1.614 tonnellate di Raee
MILANO (ITALPRESS) – Nel primo semestre del 2020 Ecolamp ha gestito, in tutta Italia, 1.614 tonnellate di Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (RAEE). In particolare, il consorzio nazionale specializzato nel riciclo dei RAEE ha ritirato 819 tonnellate di piccoli elettrodomestici, elettronica di consumo e apparecchi di illuminazione giunti a fine vita (raggruppamento R4), e 795 tonnellate di sorgenti luminose esauste (raggruppamento R5). Sebbene l’emergenza Coronavirus abbia portato ad un consistente rallentamento della raccolta differenziata nel periodo di lockdown, Ecolamp ha continuato a garantire i propri servizi senza alcuna interruzione. Per quanto riguarda le sorgenti luminose – storico raggruppamento gestito dal consorzio – sono 473 le tonnellate di rifiuti conferite dai privati cittadini presso i centri di raccolta assegnati ad Ecolamp su tutto il territorio nazionale. Altre 322 tonnellate sono state, invece, gestite attraverso i servizi volontari messi a disposizione dal consorzio per installatori e altri operatori professionali. A livello provinciale, più di un terzo della raccolta (38%) di sorgenti luminose esauste, 302 tonnellate, è stato registrato da sole dieci province. Sul podio si confermano, anche per questo semestre, Milano con 51 tonnellate e Roma con 43, mentre al terzo posto entra per la prima volta Latina con 34 tonnellate. Bergamo guadagna la quarta posizione con 32 tonnellate, seguita da Bologna (26), Torino (26) e Venezia (25). Chiudono la classifica delle prime dieci Vicenza (23), Brescia (22) e Treviso (20).
A livello regionale la Lombardia resta al primo posto, con 185 tonnellate, nonostante il forte impatto che la pandemia ha provocato in particolare su questo territorio, seguita da Veneto (107 ton), Lazio (82 ton), Emilia-Romagna (81 ton) e Piemonte (64 ton) al quinto posto.
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Quarta edizione del progetto HeraSolidale per ambiente e solidarietà
BOLOGNA (ITALPRESS) – Al via la quarta edizione di HeraSolidale, il progetto con cui i lavoratori del Gruppo Hera, l’azienda stessa e i clienti sostengono organizzazioni impegnate in progetti ambientali e di solidarietà, che crescono da cinque a sette. Nella scorsa edizione sono stati raccolti circa 370 mila euro, a cui si sono aggiunti i quasi 64 mila donati dai dipendenti della multiutility, in una edizione straordinaria di HeraSolidale, a favore dei servizi sanitari di Emilia-Romagna, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Marche. Visto il successo finora riscontrato dal progetto, la quarta sarà un’edizione ancora più lunga che durerà fino al 2022 per raggiungere insieme azienda, clienti e dipendenti ulteriori obiettivi di solidarietà.
Partecipando a HeraSolidale i lavoratori del Gruppo Hera possono effettuare una donazione attraverso un addebito mensile in busta paga oppure con il sistema di welfare aziendale Hextra. In parallelo, la multiutility si impegna a destinare al progetto 1 euro per ogni nuovo cliente acquisito da Hera Comm. Anche i nuovi clienti luce e gas di Hera Comm, a loro volta, possono partecipare a HeraSolidale scegliendo di destinare 1 euro ulteriore in fase di sottoscrizione di un’offerta a libero mercato a una delle organizzazioni coinvolte.
I progetti delle cinque organizzazioni scelte dai lavoratori sono: “Un donatore per tutti”, dell’Associazione Donatori Midollo Osseo; “Bimbi in ANT”, di Fondazione ANT; “Le speciali visite in ospedale dei Dottor Sogni”, della Fondazione Theodora Onlus;
“Un centro educativo-scolastico in Ghana”, della Comunità della Missione di don Bosco (CMB); “Un’istruzione per i bambini del Ciad”, di Unhcr. La nuova edizione, inoltre, è stata estesa a due ulteriori organizzazioni, scelte da Hera perchè attive nel settore della tutela dell’ambiente, in linea con i valori di Gruppo. “Salviamo i nostri mari dalla plastica”, di Marevivo Onluse e “Let’s green Madagascar!”, di Treedom Foundation Onlus.
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Allarme MareAmico “la ‘Scala dei Turchì presa d’assalto”
AGRIGENTO (ITALPRESS) – “Lo scorso 27 febbraio la Procura di Agrigento ha posto sotto sequestro la Scala dei Turchi, poichè era ritenuta pericolosa, per via dei frequenti crolli. Da quel giorno nessuno si è occupato della necessaria guardiania, al fine di impedire ai visitatori di commettere il grave reato penale di ‘violazione dei sigillì, punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Arrivata l’estate il sito è stato preso d’assedio e violato di continuo. Tutto ciò ha già portato, inevitabilmente, alla denuncia di più di 100 persone”. Così in una nota l’associazione MareAmico, sezione di Agrigento, che aggiunge: “Nell’ultima domenica di luglio il monumento è stato nuovamente preso d’assalto dai visitatori e sono dovuti intervenire i Carabinieri e la Capitaneria di Porto per riportare l’ordine. Questa volta, oltre che entrare per un veloce selfie ricordo, tanti erano tranquillamente distesi al sole ed alcuni hanno incredibilmente piantato pure un ombrellone nella marna.
Così non si può andare avanti!”.
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Su Luna e Marte enormi tubi lavici adatti per basi spaziali
BOLOGNA (ITALPRESS) – La rivista scientifica internazionale Earth-Science Reviews ha pubblicato un articolo in cui si fornisce una panoramica di grotte formate dall’escavazione della lava – note anche come tubi lavici – che sono presenti sulla Terra, stimando anche le enormi dimensioni raggiunte dai loro analoghi lunari e marziani. Il lavoro, svolto da un gruppo di ricercatori dell’Università di Bologna e dell’Università di Padova, è stato coordinato da Francesco Sauro, speleologo, direttore dei corsi Caves e Pangaea dell’Esa e professore al Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Bologna, e da Riccardo Pozzobon, geologo planetario del Dipartimento di Geoscienze dell’Università degli Studi di Padova. “I lava tubes esistono non solo sulla Terra, ma anche nel sottosuolo della Luna e di Marte i cui pozzi di accesso in superficie sono stati ripetutamente osservati nelle immagini ad alta risoluzione fornite dalle sonde interplanetarie. La presenza di tali condotti è infatti spesso evidenziata da allineamenti sinuosi di cavità e collassi nei tratti in cui la volta della galleria ha ceduto”, spiega Sauro. “Questi collassi, di fatto, costituiscono anche potenziali ingressi o finestre sul sottosuolo – prosegue Sauro – Più in generale, i lava tubes presentano espressioni morfologiche superficiali che hanno notevoli somiglianze con i loro analoghi terrestri, molti dei quali già esplorati dagli speleologi come nel caso delle Hawaii, delle Isole Canarie, di Australia e Islanda”.
“Lo studio dei volumi e delle morfologie delle porzioni collassate di lava tubes sulla superficie della Luna e di Marte è stato effettuato tramite modelli digitali del terreno (Dtm) ottenuti da immagini satellitari stereoscopiche e da altimetrie laser acquisite da sonde interplanetarie”, aggiunge Pozzobon. “I dati ottenuti sono stati confrontati con rilievi topografici di morfologie di collasso analoghe presenti sulla superficie terrestre e con spettacolari scansioni laser dell’interno di lava tubes di Lanzarote e delle Galapagos, che hanno permesso di fornire un vincolo sulle relazioni tra collassi e porzioni di cavità sotterranee ancora intatte”.
I ricercatori hanno così scoperto che, rispetto ai tubi lavici terrestri che raggiungono i 10-30 metri di diametro, le dimensioni di questi condotti aumentano di 100 volte su Marte e di 1.000 volte sulla Luna. Questo impressionante aumento di dimensioni – che comporta una stima fino a 1 miliardo di metri cubi sulla Luna – è dovuto alla minore gravità e ai suoi effetti sul vulcanesimo. “Condotti di tali dimensioni – continua Riccardo Pozzobon – possono raggiungere lunghezze superiori ai 40 chilometri, fornendo così spazio a sufficienza per ospitare intere basi planetarie per l’esplorazione umana della Luna: queste cavità sono talmente enormi da arrivare a contenere il centro storico della città di Padova”. “L’implicazione più importante di questo studio è che anche se nel caso della Luna i condotti hanno dimensioni impressionanti, a causa della bassa gravità la loro volta si trova entro la soglia di stabilità”, spiega Matteo Massironi, professore di Geologia strutturale e planetaria del Dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova. “Ciò significa che la maggior parte dei tubi lavici al di sotto dei maria basaltici della Luna sono tuttora intatti. I collassi osservati sono stati causati da impatti di asteroidi che hanno perforato la volta del condotto, come parrebbe essere il caso del collasso di Marius Hills, che molto probabilmente fornisce accesso ad una di queste gigantesche cavità sotterranee”. “I lava tubes – aggiunge Sauro – forniscono protezione dalla radiazione cosmica e solare, riparo dai micrometeoriti che impattano costantemente la superficie dei corpi planetari, e un ambiente interno a temperatura controllata, non soggetta a variazioni tra notturne e diurne. Le agenzie spaziali stanno mostrando crescente interesse per le grotte planetarie e i tubi lavici in vista di possibili future esplorazioni sulla superficie della Luna e, nel caso di Marte, per la ricerca di segni di vita presente o passata nel sottosuolo”. Tutto questo – fanno notare i ricercatori – rappresenta un cambio di paradigma nella futura esplorazione spaziale, per la quale il sottosuolo della Luna e di Marte stanno diventando un obiettivo sempre più importante.
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Allarme microplastiche nel Mar Artico, contaminati i crostacei
ROMA (ITALPRESS) – E’ allarme microplastiche nel Mar Artico, uno dei luoghi considerati più incontaminati del pianeta. Un team di ricercatori di Enea, Cnr e Sapienza ha scoperto frammenti di microplastiche in un piccolo crostaceo marino, l’anfipode Gammarus setosus, molto diffuso nelle isole Svalbard, nel mar Glaciale Artico. L’allarme è tanto più grave perchè quest’animale marino è alla base dell’alimentazione di diversi uccelli e pesci che vivono nell’area; inoltre, la maggior parte delle microplastiche studiate è costituita da polimeri sintetici di vernici e rivestimenti antivegetativi, impermeabilizzanti e anticorrosivi utilizzati sia nelle imbarcazioni che nelle attrezzature da pesca. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista “Environmental Research”.
Le microplastiche sono state individuate tramite specifiche metodologie di colorazione e di spettroscopia infrarossa in campioni raccolti nella fascia costiera di fronte a Ny-A’lesund, oltre il 78º parallelo nord, nell’ambito delle attività della Stazione artica “Dirigibile Italia”, una base di ricerca italiana gestita dal Cnr, che prende il nome dal dirigibile protagonista delle spedizioni del generale ed esploratore Umberto Nobile e del suo equipaggio. “Lo studio realizzato con Cnr e Sapienza dimostra che le microplastiche hanno invaso anche le terre più a Nord del pianeta e sono in grado di penetrare ogni livello dell’ecosistema, con danni agli organismi e all’ambiente ancora poco compresi”, sottolinea la ricercatrice Enea Valentina Iannilli del Laboratorio Biodiversità e Servizi ecosistemici. “Infatti le microplastiche scambiate per cibo possono arrivare all’apparato digerente degli animali, nei tessuti e poi nelle parti edibili dei pesci. Trattandosi di una specie molto abbondante il rischio di trasferimento delle microplastiche, nella catena alimentare umane è rilevante”, prosegue.
All’interno di questo crostaceo di dimensioni intorno ai 3 cm, sono state rinvenute mediamente 72,5 particelle di microplastica tra i 3 e i 370 micrometri (milionesimi di metro), la maggior parte delle quali più piccole di un trentesimo di millimetro (30 micrometri). “L’utilizzo di bioindicatori come questo crostaceo è di grande importanza nel monitoraggio delle microplastiche, poichè può fornire un quadro molto più realistico della contaminazione e soprattutto indicare quanto questa contaminazione sia trasferita nella catena alimentare e possa potenzialmente arrivare anche a noi”, conclude Iannilli.
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Acque marine più trasparenti dopo il lockdown
ROMA (ITALPRESS) – Acque particolarmente limpide e una situazione nel complesso stabile per le sostanze legate alle attività produttive. E’ il primo quadro generale che emerge dal monitoraggio straordinario effettuato dal Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa) e dal Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto. A partire dal mese di aprile, su richiesta del ministero dell’Ambiente, è stata avviata una campagna di analisi in mare – oltre quelle ordinarie – per fotografare gli effetti del lockdown sulle acque italiane. Il monitoraggio è stato condotto in 457 stazioni di prelievo lungo tutto l’arco costiero nazionale, scelte tra quelle che presentavano dati storici confrontabili con quelli 2020.
“Lo scopo di questa indagine straordinaria – spiega il ministro dell’Ambiente Sergio Costa – era proprio quello di conoscere lo stato di salute dei nostri mari a ridosso del lockdown per avere evidenza scientifica di quello che già i nostri occhi potevano verificare, ovvero mari più limpido e un ambiente più pulito. Oggi questi dati ci fanno conferma di tutto questo. Il nostro impegno ora è fare sì che questi standard di qualità siano mantenuti nella costruzione di una nuova normalità green”.
Elemento comune a diverse regioni è la particolare trasparenza del mare, con valori superiori alle medie stagionali. In alcuni tratti del ponente ligure la visibilità della colonna d’acqua arriva fino a 15 metri di profondità, quando normalmente raggiungeva i 10 metri; aumentata la trasparenza anche in diverse località del Lazio. A influire su questo fenomeno non è solo l’assenza delle attività umane: la scarsità delle piogge e particolari fattori meteo-climatici hanno portato in mare una quantità minore di solidi sospesi. Arpa Emilia Romagna ha effettuato studi sui materiali sospesi in mare utilizzando il sistema di osservazione satellitare Copernicus: grazie al Sentinel-3 è stato possibile osservare dall’alto (per poi verificare in situ) la diminuzione delle particelle presenti in acqua rispetto agli anni precedenti, specialmente alla foce del Po. Specifiche indagini alle foci dei due principali fiumi italiani, Po ed Adige, sono state condotte da Arpa Veneto, Ispra e Capitaneria di Porto di Venezia. Il monitoraggio straordinario ha indagato la presenza in mare di metalli, fitofarmaci, solventi e altre sostanze legate alle attività produttive, oltre che i principali parametri chimici, correlabili con gli apporti organici riversati in mare (del fosforo, azoto, ecc). Un tratto che accomuna alcune regioni è la presenza di una minor quantità di nutrienti rispetto agli anni passati: i composti dell’azoto e del fosforo influiscono significativamente sulle condizioni trofiche e sono una delle cause di alterazione (eutrofizzazione) delle acque marine costiere. Nelle acque della Campania è diminuito significativamente anche l’inquinamento acustico. L’Arpa regionale ha verificato come l’assenza in mare di imbarcazioni, e ancor più degli idrogetti, abbia influito sul comportamento di molti animali marini.
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