ROMA (ITALPRESS) – Erannis ankeraria, Rosalia alpina e Osmoderma eremita sono tre specie di insetti di interesse comunitario il cui monitoraggio, all’interno del territorio del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, è iniziato lo scorso mese di marzo. Il progetto, della durata totale di due anni, è stato attivato grazie ai fondi della “Direttiva Biodiversità del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare” e si inserisce nel novero delle attività di ricerca applicata del Parco. Tra i risultati attesi c’è l’accertamento della definitiva scomparsa dall’area dei Sibillini dell’Erannis ankeraria, avvenuta con tutta probabilità a causa di attività di taglio boschivo eseguite in passato con eccessiva intensità e poco rispettose della biodiversità forestale. Per le altre due specie, Rosalia alpina ed Eremita odorosa, due coleotteri saproxilici, si tratta invece della prima indagine sistematica condotta direttamente dal Parco, che fa seguito ad un monitoraggio eseguito nel 2014 su alcune aree sperimentali.
Le foreste sono ecosistemi molto complessi, habitat della cosiddetta fauna saproxilica alla quale le tre specie di insetti, oggetto dello studio promosso dal Parco, appartengono. La fauna saproxilica, che vive grazie al legno morto o marcescente, è parte attiva del suo processo di decomposizione, restituendone così i componenti all’ambiente e rendendoli disponibili per la crescita di una nuova generazione di alberi. La presenza di tali specie assicura la corretta funzionalità dell’ecosistema forestale e fornisce informazioni di rilevante interesse per la tutela della biodiversità. In particolare, la Rosalia alpina riveste il ruolo di indicatore per i boschi cosiddetti vetusti, ossia boschi in cui non si eseguono più interventi di taglio da molte decine di anni, ed in cui sono presenti alberi monumentali, ricchi di cavità, in parte deperienti e a volte “morti in piedi”. Tali alberi sono definiti proprio “alberi habitat”, poichè rappresentano nicchie ecologiche per specie di insetti, uccelli e pipistrelli. Acquisire tali dati sarà fondamentale per avere indicazioni circa la gestione dei boschi, per un corretto aggiornamento dei formulari dei Siti Natura 2000 e per il monitoraggio delle specie di interesse comunitario previsto dalla Direttiva Habitat. “Grande è il ruolo ecologico di queste specie – sottolinea il direttore Carlo Bifulco – e per questo, oltre al coinvolgimento degli operatori, abbiamo optato per aprire la ricerca anche all’utenza. Quello che oggi ci preme comunicare agli appassionati della natura e ai visitatori del Parco è un’attenzione maggiore per tutte le forme di vita che popolano i Monti Sibillini”.
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Parco Monti Sibillini, nuovo progetto per la tutela della biodiversità
Tre tonnellate di rifiuti nelle reti dei pescatori a Porto Garibaldi
ROMA (ITALPRESS) – Quasi tre tonnellate di rifiuti, per il 96% di plastica. E’ quanto i pescatori della cooperativa Piccola Grande Pesca di Porto Garibaldi hanno tirato su nelle loro reti in sei mesi di monitoraggio, dal 30 settembre 2019 al 4 luglio 2020, con una pausa tra marzo e maggio a causa del lockdown dovuto alla pandemia Covid 19. Sono presentati oggi, in occasione della tappa di Goletta Verde in Emilia-Romagna, i risultati dell’iniziativa Fishing for litter – una tra le diverse attività del progetto “Zero Plastica in mare” promosso da BNL Gruppo BNP Paribas in partnership con Legambiente – che ha visto impegnati 15 volontari di Legambiente insieme a 46 pescherecci della cooperativa Piccola Grande Pesca, con la collaborazione della società Clara spa, della Capitaneria di porto di Porto Garibaldi e del Comune di Comacchio. In mare, sono stati recuperati per l’esattezza 2958,2 kg di rifiuti, pari a 18.075 unità, la cui origine è da attribuire principalmente alle attività produttive di pesca e acquacoltura (76%), come calze per mitili, nasse, reti, cime, boe e altri attrezzi per la pesca. Mentre il 20% deriva, invece, dalla cattiva gestione dei rifiuti urbani che si riversano in mare e il 4% da fonti non identificabili. Il monitoraggio è stato utile a verificare, anche, la tendenza stagionale della presenza dei rifiuti. “Rispetto a esperienze precedenti di fishing for litter a Porto Garibaldi, si conferma un deciso incremento della componente plastica, con picchi di ‘pescà giornalieri anche del 98%, attribuibile alle attività produttive di pesca e acquacoltura nei mesi autunnali e all’intensificarsi delle mareggiate che smuovono questi rifiuti dal fondale tali rifiuti. In particolare, le calze per l’allevamento dei mitili finiscono sul fondale piene e, dopo essersi svuotate, risalgono verso la superficie smosse dalle correnti”, commenta Andrea Mantovani, Legambiente Delta del Po. “La salvaguardia dell’ambiente e il benessere delle persone devono essere, ancor di più adesso, al centro dell’impegno di ognuno di noi – afferma Mauro Bombacigno, direttore Engagement di BNL e di BNP Paribas in Italia – come contributo positivo per un futuro migliore con uno sguardo, soprattutto, alle nuove generazioni. A questo scopo prosegue la nostra partnership con Legambiente, per agire insieme nel concreto sviluppo del progetto Zero Plastica in Mare”.
L’obiettivo del progetto “Zero Plastica in mare” di BNL Gruppo BNP Paribas e Legambiente, è quello di liberare mare e fiumi da almeno 15 tonnellate di plastica, l’equivalente di oltre 340mila bottiglie e contenitori, e contribuire così a contrastare il marine litter, una delle principali emergenze ambientali degli ultimi anni. Il progetto, che terminerà nell’estate 2021, prevede anche attività di citizen science, di pulizia, volontariato ambientale lungo 4 fiumi (in Lombardia, Lazio, Campania e Friuli Venezia Giulia) e il Fishing for Litter in 3 porti di Lazio, Campania e Marche, oltre a quanto già avviato a Porto Garibaldi. L’iniziativa prevede un’ulteriore azione specifica di raccolta e riciclo legati alla dispersione di retine utilizzate negli allevamenti di mitili in mare, uno dei rifiuti più comuni nell’alto Adriatico ed un monitoraggio scientifico delle microplastiche nei 4 fiumi scelti dal progetto.
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Nuovo studio sulle variazioni di livello del Mediterraneo
ROMA (ITALPRESS) – La scoperta di inaspettate variazioni del Mediterraneo nel periodo Tirreniano (124.000 – 80.000 anni fa) costituisce un utile elemento per le valutazioni della crescita del livello del mare verificata a seguito della fusione dei ghiacci causata dal riscaldamento globale. Questo il risultato dello studio condotto da un team di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) in collaborazione con il Dipartimento di Storia dell’Università Tor Vergata e la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di FR, LT e RI, appena pubblicato su Scientific Reports.
“La ricerca – spiega Fabrizio Marra, ricercatore dell’INGV e coautore dello studio – affronta due aspetti apparentemente molto diversi: le oscillazioni del livello del mare nel periodo Tirreniano e la frequentazione da parte dell’Uomo di Neanderthal delle grotte che si aprono sulla costa tra il promontorio del Circeo e Gaeta”. Proprio grazie alla presenza di una serie di elementi quali conchiglie, fori di organismi “litodomi” che vivono in buchi scavati nelle scogliere e solchi di battigia incisi nella roccia dalla marea, queste grotte forniscono importanti indicazioni sulle oscillazioni del livello del mare legate alle ultime due glaciazioni. “Attorno a 125.000 anni fa – prosegue Marra – il mare raggiunse e superò di circa sei metri quello attuale. Seguirono due oscillazioni in cui il livello del mare ridiscese a causa del forte abbassamento delle temperature e poi risalì, prima di ‘precipitarè nuovamente di oltre cento metri durante l’ultima glaciazione. Lo studio ha appurato che durante queste due risalite temporanee, avvenute 100 e 80 mila anni fa, il livello del mare arrivò a quote prossime a quello attuale, a differenza di quanto finora stimato attraverso il calcolo teorico dei volumi di ghiaccio che si formarono e si fusero in questo periodo. I risultati raggiunti con questo studio sono importanti anche per l’epoca attuale. Ciò perchè nelle valutazioni della crescita del livello del mare prevista a seguito della fusione dei ghiacci provocata dal riscaldamento globale, si dovrà necessariamente tenere conto di questo comportamento inaspettato del Mediterraneo nelle epoche passate”, conclude il ricercatore.
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Anche nei nostri mari segnali dei cambiamenti climatici
ROMA (ITALPRESS) – Greenpeace, che si trova all’Isola d’Elba per la spedizione di ricerca “Difendiamo il Mare”, condotta con la barca Bamboo della Fondazione Exodus di don Mazzi, rende noti i primi risultati dei monitoraggi sugli ecosistemi marini costieri svolti nell’area insieme al DiSTAV dell’Università di Genova nell’ambito del Progetto “Mare Caldo”. Chiari segnali degli impatti dei cambiamenti climatici sui nostri mari arrivano sia dai termometri installati lo scorso inverno da Greenpeace in mare a varie profondità sia dalle osservazioni preliminari fatte durante le immersioni. Sono stati osservati fenomeni di necrosi in specie simbolo dei nostri fondali come la gorgonia gialla (Eunicella cavolini) e la gorgonia bianca (Eunicella singularis): in alcune aree la moria ha colpito fino al 50 per cento delle colonie. Nel caso delle gorgonie rosse (Paramuricea clavata) il 10 per cento circa di quelle osservate è risultata impattata, e fa temere il fatto che la maggior parte delle colonie siano state trovate ricoperte da mucillagine. All’Isola d’Elba è stata, infatti, rilevata una copertura quasi totale dei fondali monitorati tra i 10 e i 30 metri da parte della mucillagine, fenomeno in parte correlato proprio all’aumento delle temperature e che contribuisce alla morte degli organismi per soffocamento. Diversa la situazione osservata sui siti monitorati all’Isola di Pianosa, area totalmente protetta, dove l’assenza di impatti antropici locali ha favorito il mantenimento di vere e proprie foreste algali, habitat ormai rari in quasi tutto il Mediterraneo, e dove sono state osservate meno mucillagini sul fondo. Gli effetti diretti del cambiamento climatico e delle anomalie termiche pregresse sono stati invece osservati sia all’Isola d’Elba sia a Pianosa, come lo sbiancamento o la morte del corallo madreporaro mediterraneo (Cladocora caespitosa) e delle alghe corallinacee, nonchè la morte di numerosi individui del grosso bivalve Pinna nobilis, colpiti negli anni passati da una moria di massa dovuta a un consorzio di patogeni la cui diffusione è favorita proprio dell’aumento di temperatura dell’acqua. “Le prime osservazioni fatte durante i monitoraggi sembrano indicare come l’aumento delle temperature stia causando impatti evidenti anche all’Elba e a Pianosa, con la morte o lo sbiancamento di alcune specie più sensibili e la diffusione di specie termofile, che arrivano da mari più caldi. La maggiore biodiversità e la presenza ridotta di mucillagine a Pianosa sono un chiaro segnale che, laddove il mare è totalmente protetto, le specie hanno una maggiore resilienza al cambiamento, che purtroppo è già in atto”, dichiara Monica Montefalcone, responsabile scientifico del progetto “Mare Caldo” per il DiSTAV (Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e della Vita) dell’Università di Genova. Proprio vicino alla costa dell’Isola d’Elba Greenpeace, insieme all’Università di Genova, aveva posizionato lo scorso novembre una stazione pilota per misurare le variazioni delle temperature del mare a diverse profondità. In questi giorni sono stati scaricati i primi dati dei termometri che indicano, oltre a un aumento repentino delle temperature che attorno ai 35 metri di profondità sono arrivate fino a 20°C a inizio giugno, anche un aumento delle temperature invernali, con una temperatura media minima tra dicembre e marzo di 15°C, di ben un grado più alta delle medie registrate in superficie fino al 2006. Questo riscaldamento delle acque favorisce lo spostamento verso nord delle specie termofile, come confermano le osservazioni fatte durante i monitoraggi, che hanno evidenziato la presenza di pesci normalmente abbondanti in aree più calde del Mediterraneo, come la donzella pavonina (Thalassoma pavo) o alcune specie di stelle marine (Hacelia attenuata) o specie considerate “aliene” come l’alga verde Caulerpa cylindracea, originaria delle coste occidentali dell’Australia.
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Sala a Merkel e Ue “Recovery Fund solo a progetti green”
MILANO (ITALPRESS) – Intervenendo su Radio Popolare questa mattina, il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha spiegato di aver scritto, in qualità di membro della Rete internazionale di città C40 e di presidente della task-force dedicata alla ripresa dal COVID-19, alla cancelliera tedesca Angela Merkel e a Charles Michel, presidente del Consiglio Europeo. “In questo momento le città – ha spiegato Sala – vogliono essere protagoniste, perchè pensano di essere un buon esempio di. azioni per la sostenibilità. Noi, come C40, chiediamo ad Angela Merkel e a Charles Michel, siccome oggi si apre un Consiglio Europeo straordinario, di indirizzare i fondi del Recovery Fund solo a progetti che abbiano un chiaro tenore di decarbonizzazione. In altre parole, i meccanismi premianti devono andare verso progetti ‘green'”.
Il sindaco ha spiegato di aver scritto nella lettera “di avere fiducia nelle città, perchè stanno combattendo questa battaglia, e di considerare l’opportunità che i fondi vadano ai Paesi, ma premino progetti che partono dalle città. Ci ascolteranno? Non ci ascolteranno? No lo so. Certamente la nostra organizzazione è un’organizzazione forte, in cui ci sono sindaci rilevanti da tutto il mondo e continueremo a spingere in questa direzione”.
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P&G, nel prossimo decennio tutte le attività a emissioni zero
ROMA (ITALPRESS) – La natura è il miglior alleato per salvare il pianeta dalla catastrofe climatica. Per questo, Procter & Gamble adotta le “Natural Climate Solutions”, le “Soluzioni naturali per il clima” per realizzare i suoi obiettivi di sostenibilità. Consapevole di quanto sia urgente agire a livello mondiale per contrastare il cambiamento climatico, P&G ha infatti deciso di rafforzare il proprio impegno ponendosi un obiettivo ancora più ambizioso: oltre a ridurre del 50% le sue emissioni di gas serra e ad acquistare il 100% di energia elettrica rinnovabile entro il 2030, si impegnerà per rendere le sue attività a zero emissioni nel prossimo decennio. Ciò vuol dire, secondo le stime attuali, bilanciare circa 30 milioni di tonnellate di carbonio.
«Il cambiamento climatico è in corso ed è necessario agire in modo tempestivo. Riducendo le nostre emissioni di anidride carbonica e investendo in soluzioni naturali per il clima, le nostre attività saranno a zero emissioni per il prossimo decennio e contribuiremo a proteggere gli ecosistemi vulnerabili e le comunità in tutto il mondo», ha detto David Taylor, presidente e amministratore delegato di P&G nel corso dell’evento mondiale “It’s our home 2020” organizzato in collaborazione con National Geographic in cui esperti e attivisti ambientali hanno discusso del potere della natura come soluzione ai cambiamenti climatici e che ha visto anche gli interventi di Virginie Helias, Chief Sustainability Officer di P&G, di Muttulingam Sanjayan, CEO di Conservation International, di Carter Roberts, CEO di Word Wildlife Fund (WWF) e degli attivisti Kehkashan Basu, Jiaxuan Zhang, Vanessa Nakate e Clover Hogan.
P&G collaborerà con il Conservation International e il World Wildlife Fund (WWF) per identificare e sostenere una serie di progetti volti a proteggere, migliorare e ripristinare gli ecosistemi critici come foreste, zone umide, praterie e torbiere. E i benefici generati dalle Natural Climate Solutions non saranno solo in termini ambientali, ma anche a livello socioeconomico: oltre a ridurre le emissioni di anidride carbonica, infatti, saranno migliorate le condizioni di vita di molte comunità locali.
In particolare, P&G ha già selezionato una serie di progetti: ripristino della foresta atlantica con il WWF: saranno sviluppati dei piani di sviluppo della foresta atlantica sulla costa orientale del Brasile con impatti significativi sugli ecosistemi acquatici e altri co-benefici, tra cui la sicurezza alimentare;
Evergreen Alliance con Arbor Day Foundation: riunendo aziende, comunità e cittadini, si lavorerà per aiutare chi è stato colpito dal cambiamento climatico, ad esempio attraverso la piantumazione di alberi nel nord della California devastato dagli incendi boschivi e per ripristinare foreste in Germania; progetto per la protezione della provincia di Palawan con Conservation International: saranno protette e ripristinate le mangrovie e gli ecosistemi critici di Palawan, nelle Filippine, la quarta area più “insostituibile” al mondo per la sua fauna selvatica unica, attualmente gravemente minacciata.
«Lavorare con P&G, vista la portata del suo business, significa poter raggiungere risultati davvero significativi», ha detto Carter Roberts, Presidente e CEO USA di WWF. «P&G è stato uno dei primi partner della Renewable Energy Buyers Alliance che ha contribuito a espandere gli approvvigionamenti aziendali di energia rinnovabile in tutti gli Stati Uniti. L’annuncio di questo nuovo impegno fa sì che si ponga ulteriormente l’attenzione sul ruolo della natura in quanto agente che può aiutare ad assorbire le emissioni di anidride carbonica e, al tempo stesso, fornire i servizi e le risorse più importanti per sostenere la vita sulla Terra. Non vediamo l’ora di essere al fianco di P&G per raggiungere questi nuovi obiettivi nel prossimo decennio».
«Il nostro ruolo di leader è quello di rendere possibile un’economia e uno stile di vita a basse emissioni, sostenibile da ognuno di noi», ha dichiarato Virginie Helias, Chief Sustainability Officer di P&G. «E’ nostra responsabilità investire in soluzioni che rigenerano il nostro pianeta, aiutando i consumatori a fare di più per affrontare il cambiamento climatico. Veniamo in contatto, attraverso i nostri marchi, con 5 miliardi di persone ed è per questo che ci impegniamo ogni giorno a fare la differenza, fornendo prodotti efficaci, intuitivi e sostenibili che incoraggino a ridurre le emissioni e ad adottare un consumo responsabile».
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Obiettivo Terra 2020, scatti per sostenere le bellezze dell’Italia
ROMA (ITALPRESS) – E’ Samuele Parentella il vincitore della 11a edizione di “Obiettivo Terra” 2020, il concorso fotografico dedicato alle bellezze e alle peculiarità delle Aree Protette d’Italia, promosso dalla Fondazione UniVerde e dalla Società Geografica Italiana Onlus, per celebrare la 50esima Giornata Mondiale della Terra (22 aprile). La foto vincitrice ritrae un martin pescatore che, a pelo d’acqua, stringe nel becco una piccola preda, immortalato nella Riserva Naturale della Palude di San Genuario (Piemonte).
Al secondo posto si è classificata la foto della Riserva naturale Isole dello Stagnone di Marsala (Sicilia) immortalata al tramonto, scattata da Daniele Giurintano e vincitrice della Menzione Area Costiera. Al terzo posto, a pari merito, la foto della murena sui fondali del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano (Toscana), di Alessandro Giannaccini, vincitrice della Menzione Animali, e lo scatto di Stefano Pannucci nel Parco Fluviale dell’Alcantara (Sicilia), una veduta dall’alto della foce del fiume, vincitrice della Menzione Fiumi e Laghi.
Sostenere le aree protette italiane, valorizzare e promuovere il patrimonio ambientale, il paesaggio, i borghi, le tradizioni enogastronomiche, agricole, artigianali, storico- culturali, con uno scatto. Questi gli obiettivi del concorso fotografico. La premiazione si è svolta a Roma alla presenza di molte autorità istituzionali.
“Il successo di questo concorso deriva dalla bellezza della nostra natura, dalla grande ricchezza dei nostri parchi naturali, l’Italia ha la fortuna di essere il paese leader di biodiversità in Europa”, ha detto Alfonso Pecoraro Scanio, presidente della Fondazione UniVerde “l’Italia ha il record di biodiversità, abbiamo una ricchezza enorme, una bellezza che va dalle Alpi a Pantelleria che ha una varietà di ecositemi unica”. Per il presidente di Univerde si deve “promuovere il turismo sostenibile proprio attraverso il recupero di bellezze che noi sottovalutiamo. Abbiamo icone naturali da valorizzare, il nostro sforzo in questi anni è andato su questa direzione, la bellezza naturale è una bellezza da ammirare. L’obiettivo della nostra iniziativa è sostenere la bellezza del paese”.
Tema fondamentale oggi, quello della sostenibilità ambientale, anche e soprattutto per le grandi città: “Un concorso prestigioso, la partecipazione dal mondo ambientalista, delle istituzioni lo rendono un unicum, si deve continuare a proteggere e tutelare ancora di più l’ambiente. Questa è l’unica casa che abbiamo e la dobbiamo proteggere, oggi dopo il Covid, temi che non erano nell’agenda quotidiana, sono parte importante della nostra vita, temi legati alla sostenibilità ambientale”, ha detto la sindaca di Roma, Virginia Raggi.
Nel corso della cerimonia di premiazione, il presidente di UniVerde, ha consegnato una targa al ministro per gli Affari Regionali, Francesco Boccia, per il suo impegno a difesa dell’ambiente: “raramente siamo stati all’altezza della bellezza della natura, negli anni che abbiamo alle spalle l’attenzione alla qualità della vita è aumentata ma non è ancora abbastanza” ha commentato “un giorno l’anno dovremmo dire anzichè parlare di Pil parliamo di benessere, di qualità della vita, ogni anno il parlamento dovrebbe fare un bilancio sulla situazione della qualità della vita degli italiani ma ci stiamo riuscendo solo parzialmente, discussione che deve diventare pubblica non per pochi addetti ai lavori”.
L’edizione 2020 di “Obiettivo Terra” ha ricevuto il patrocinio morale di Senato della Repubblica, Camera dei Deputati, Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo; Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Comune di Roma,Federparchi, Federculture e di tutti i Parchi Nazionali d’Italia, con l’adesione del Corpo delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera.
Media Partner dell’edizione 2020 sono Fanpage, Lifegate, Italpress, TeleAmbiente, Trekking.it, GreenStyle eEco in Città. Partner Tecnici: Youthquake, Aracne editrice, Pianeta Foresty, Pixcube.it e Opera2030.
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Corepla, nel 2019 oltre 1,3 milioni di tonnellate di plastica raccolte
ROMA (ITALPRESS) – Buone notizie per la raccolta differenziata degli imballaggi in plastica. Nel 2019 sono state oltre 1.370.000 le tonnellate di plastica raccolte in modo differenziato, ovvero il 13% in più rispetto al 2018. Un nuovo record in termini di quantità trattata, che porta l’Italia ad un procapite medio annuo di 22,8 kg. A guidare la classifica Valle d’Aosta e Sardegna, con oltre 31 kg per abitante.
“Un risultato mai raggiunto prima – ha detto il presidente di Corepla Antonello Ciotti – per gli oltre 7.000 Comuni che hanno avviato il servizio di raccolta. Con una media di circa 23 kg /abitante anno di RD il sistema italiano del riciclo degli imballaggi in plastica è tra i primi in Europa. Siamo certi che lavorando così assiduamente nell’attività di sensibilizzazione di tutti gli attori e nello sviluppo di nuove tecnologie riusciremo a vincere la sfida dell’economia circolare, e saremo pronti a contribuire al raggiungimento degli ‘sfidantì obiettivi che la EU pone per il 2025 per il nostro Paese”.
Il servizio di raccolta e riciclo è ormai capillare in tutto il Paese: sono 7.345 i Comuni serviti (92%) e 58.377.389 i cittadini coinvolti.
Il valore economico direttamente distribuito da Corepla, il Consorzio nazionale senza scopo di lucro per la raccolta, il riciclo e il recupero degli imballaggi in plastica, ammonta complessivamente a 760 milioni di euro, dove la quota di valore principale resta quella destinata ai Comuni e/o convenzionati da loro delegati.
Nel corso del 2019 il corrispettivo riconosciuto dal Consorzio ai Comuni italiani o ai loro operatori delegati ha infatti raggiunto i 400 milioni di euro. Oltre 185 milioni sono stati destinati agli impianti che selezionano gli imballaggi dividendo la plastica per polimero e alcuni polimeri come il PET anche per colore, dando così maggior valore al prodotto selezionato.
Lo scorso anno sono state riciclate 617.292 tonnellate di rifiuti di imballaggio in plastica, prevalentemente provenienti da raccolta differenziata urbana (sono incluse le quantità provenienti dalle piattaforme da superfici private e dai Consorzi autonomi). Sono stati recuperati anche quegli imballaggi che ancora non possono essere riciclati.
Corepla ha avviato a recupero energetico 445.812 tonnellate che sono state utilizzate per produrre energia al posto di combustibili fossili. ll materiale avviato da Corepla a recupero è stato destinato per il 75% a cementifici (41% in Italia e 34% all’estero) e per il restante 25% a termovalorizzazione.
Alle cifre della gestione consortile, vanno aggiunti i quantitativi di imballaggi in plastica riciclati da operatori industriali indipendenti provenienti dalle attività commerciali e industriali (287.000 tonnellate) per un riciclo complessivo di oltre 1 milione di tonnellate e la quota di imballaggi presente nell’RSU avviati a recupero di energia (567.510 tonnellate).
Dei 2.084 milioni di tonnellate di imballaggi in plastica immesse sul mercato e di pertinenza COREPLA nel 2019, il Sistema Italia è riuscito quindi a recuperarne 1.917.614, che corrisponde al 92%.
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