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Samsung Electronics annuncia una nuova strategia per l’ambiente

MILANO (ITALPRESS) – Samsung Electronics annuncia oggi una nuova strategia per l’ambiente, un impegno omnicomprensivo per unirsi agli sforzi globali per far fronte al cambiamento climatico: dall’impegno a raggiungere l’obiettivo delle zero emissioni di anidride carbonica in tutta l’azienda, ai piani per utilizzare più risorse rinnovabili, fino all’investimento in ricerca di nuove tecnologie per sviluppare prodotti energeticamente efficienti. A questi, si aggiungono l’incremento del riutilizzo di acqua e lo sviluppo di una tecnologia per la cattura delle emissioni di carbonio. Al centro dell’impegno di Samsung, il raggiungimento delle zero emissioni di carbonio (Scope 1 e Scope 2) per tutte le operations relative alla divisione Device eXperience (DX) entro il 2030 e per tutte le operations a livello globale, compresa la divisione Device Solutions (DS), entro il 2050. DX comprende i business dell’elettronica di consumo, compresi Mobile eXperience, Visual Display, Home Appliances, Sistemi di Rete, Healthcare, mentre la divisione Device Solutions (DS) include Sistemi di Memorie, Sistemi LSI e Foundry. Samsung Electronics si è unita inoltre a RE100, un’iniziativa globale per il raggiungimento del 100% di energia rinnovabile. Come parte dell’impegno, l’azienda sta pianificando di soddisfare con energia rinnovabile il fabbisogno di energia elettrica di tutti i mercati internazionali in cui opera, fuori dalla Corea, entro cinque anni. Il nuovo piano conferma l’impegno già consolidato di Samsung Electronics nei confronti del clima e dell’ambiente, estendendolo ulteriormente anche attraverso lo sviluppo di nuove tecnologie e il proseguimento di un percorso già avviato da tempo di implementazione di nuove pratiche sostenibili per un futuro migliore per tutti. “La crisi climatica è una delle sfide più grandi del nostro tempo. Non agire ora porterebbe a delle conseguenze inimmaginabili e per questo dobbiamo agire tutti, imprese e governi inclusi – afferma Jong-Hee Han, Vice Chairman and CEO of Samsung Electronics – Samsung sta rispondendo ai pericoli del cambiamento climatico con un piano omnicomprensivo che include la riduzione delle emissioni, nuove pratiche di sostenibilità e lo sviluppo di tecnologie innovative e prodotti migliori per il nostro pianeta”. Samsung si impegna inoltre a migliorare la circolarità delle risorse lungo l’intero ciclo di vita del prodotto, dal reperimento delle materie prime al riciclo, fino allo smaltimento. Il piano comprende anche il dettaglio degli investimenti in nuove tecnologie per ridurre le emissioni generate dai gas di processo e il consumo di energia da parte dei prodotti. L’azienda prevede un piano per esplorare nuove tecnologie per la cattura del carbonio e affrontare la questione del particolato atmosferico. Per rispondere alla necessità di approcci altamente innovativi per promuovere la sostenibilità ambientale, Samsung Electronics ha annunciato un investimento di oltre 7 trilioni di KRW in iniziative per l’ambiente entro il 2030, volte alla riduzione dei gas di processo e dei materiali inquinanti, lo stoccaggio dell’acqua e il potenziamento della raccolta di rifiuti elettronici. La cifra dell’investimento esclude i costi connessi al maggior uso di energia rinnovabile.
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– credit photo Samsung Electronics –

Tre milioni per le foreste in Toscana

FIRENZE (ITALPRESS) – Certificare e pianificare le superfici forestali: è questo l’obiettivo principale su cui la Regione Toscana ha deciso di centrare l’appena approvato “Piano di lavoro e delle attività” che saranno avviate nel 2022 per l’attuazione della Strategia Forestale Nazionale.
Il piano avrà una prima dotazione di 3 milioni di euro, che sarà ripetuta negli anni a venire, risorse messe a disposizione dal Ministero delle Politiche Agricole
Di questi 3 milioni, oltre 1 milione di euro sarà indirizzato alla predisposizione dei Piani forestali di indirizzo territoriale, strumenti innovativi introdotti dal Testo unico forestale del 2018, a partire dalle aree che afferiscono alla Strategia nazionale delle aree interne, ed al completamento della pianificazione delle superfici del patrimonio agricolo forestale che costituiscono il 10% dell’intera superficie forestale regionale.
Ulteriori 300 mila euro sono destinati alla certificazione di una prima parte della superficie forestale di proprietà regionale mediante i due sistemi PEFC (Programme for Endorsement of Forest Certification schemes) e FSC (Forest stewardship Council®).
La vicepresidente e assessora all’agricoltura commenta che la certificazione forestale rappresenta un impegno e una garanzia per la promozione e applicazione di una gestione corretta dei boschi e della tracciabilità dei materiali legnosi fino al prodotto finito, oltre a rappresentare un utile strumento volontario di marketing che permette di attribuire maggiore competitività ai prodotti forestali e alle filiere, e un’opportunità di riconoscere l’impegno imprenditoriale verso l’ambiente con l’obiettivo di tutelare, conservare e migliorare le risorse forestali.
In Toscana le foreste che hanno ricevuto il riconoscimento della certificazione della gestione forestale sostenibile (dati forniti da FSCItalia e da PEFC Italia) sono in aumento, essendo passate da circa 18.800 ettari nel 2016 a circa 23.100 ettari nel 2019 e riguardano sia proprietà pubbliche sia private.
L’obiettivo della Regione è quello di raggiungere la certificazione di oltre 1 milione di ettari di foreste entro il 2024.
Una parte rilevante delle risorse disponibili per il 2022, per oltre 1,1 milioni di euro, sarà inoltre destinato ad interventi selvicolturali di prevenzione degli incendi e ad azioni di ripristino delle aree percorse dal fuoco e danneggiate dalle fitopatie che saranno attuati dalle Unioni di Comuni.
Saranno infine destinati ulteriori 260mila euro ad un incremento delle risorse messe a bando per il recupero dei castagneti da frutto.
Ulteriori risorse sono destinate alla formazione in ambito forestale e all’avvio della stesura della cartografia forestale regionale.
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-foto agenziafotogramma.it-

In arrivo da Enea innovativo biopesticida alleato delle api

ROMA (ITALPRESS) – Enea, in collaborazione con l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno, ha messo a punto un innovativo biopesticida che protegge le api, sfruttando molecole che esercitano un controllo naturale sugli organismi infestanti.
ENEA, in collaborazione con l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno, ha messo a punto un innovativo biopesticida che protegge le api, sfruttando molecole che esercitano un controllo naturale sugli organismi infestanti.
Il piccolo coleottero dell’alveare è un insetto della famiglia Nitidulidae e dell’ordine dei Coleoptera, infestante delle colonie di Apis mellifera. E’ una specie originaria del Sud Africa ed endemica delle regioni tropicali e subtropicali dell’Africa Sub-sahariana; è stata rinvenuta per la prima volta in Europa, in Calabria, nel settembre del 2014. L’insetto è inserito nell’elenco del Codice sanitario per gli animali terrestri della WOAH (Organizzazione Mondiale per la sanità animale) come patologia emergente delle api ed è soggetta a notifica internazionale. Inoltre, è inserito nell’allegato II del Reg. Ue 429/2016 che dispone l’obbligo di notifica e misure per l’eradicazione. Per contenerne la diffusione in Europa, sono in atto importanti misure restrittive che comportano la cessazione del nomadismo (inclusa la rilevante opera di supporto all’impollinazione in frutticoltura), il commercio delle colonie al di fuori dell’area infestata dal coleottero, il monitoraggio periodico degli alveari e, in molti casi, la distruzione delle colonie.
(ITALPRESS).
-foto agenziafotogramma.it-

Uno studio, possibile un’agricoltura più “verde” senza usare erbicidi

PISA (ITALPRESS) – Andare verso un’agricoltura più “verde”, che non utilizzi fertilizzanti di sintesi ed erbicidi – come il glifosate, il più diffuso al mondo – senza compromettere le rese delle colture, appare una strada percorribile. La conferma arriva da uno studio triennale coordinato dal Centro di ricerca in Scienze delle Piante della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica internazionale “Agronomy for Sustainable Development”, che rientra nella top 2% delle riviste di Agronomia. A conclusione di una ricerca triennale condotta in campo, il team della Scuola Superiore Sant’Anna e dell’Università di Pisa ha valutato gli effetti della semina su terreno sodo (non lavorato) del girasole, in presenza dei residui di una coltura di copertura di veccia, pianta erbacea comune nei prati, coltivata come foraggio, dai fiori viola.
La copertura di veccia ha protetto il suolo, ha ridotto la presenza di malerbe e ha fornito azoto al girasole, contribuendo alla sua crescita sana e rigogliosa. Nel caso della veccia devitalizzata in piena fioritura utilizzando il solo “roller crimper” (si tratta di un attrezzo che comprime ma non taglia alla base le piante, facendole appassire mentre sono ancorate al suolo) e senza fare uso di glifosate, le piante infestanti del girasole sono state controllate del tutto e la coltura ha dato risultati produttivi ed economici paragonabili, se non superiori, rispetto alla tradizionale tecnica che combina l’uso del “roller crimper” con quello del glifosate.
Gli agricoltori tendevano a considerare il glifosate indispensabile per controllare la flora infestante, soprattutto in agricoltura conservativa, che prevede la semina delle colture direttamente sulle stoppie della coltura precedente.
Nei tre anni della loro ricerca, il team ha costruito un “sistema” per potenziare al massimo i servizi forniti spontaneamente dalla natura, introducendo alcune innovazioni. Ad esempio, alla coltura di copertura della veccia sono state affiancate diverse modalità di devitalizzazione con il “roller crimper”, sono state testate date diverse per la semina del girasole, così da modulare sia la sensibilità della veccia a essere devitalizzata dal “roller crimper”, sia la quantità di biomassa prodotta. La conseguenza di questa procedura è stata l’arrivo all’ottimale controllo della flora infestante. Ma, per confermare la possibilità di fare a meno del glifosate, il team ha messo a confronto rese e remuneratività economica dei diversi sistemi di coltura, dimostrando come, in questo caso, si potesse fare a meno di questo erbicida.
“Dal 1996, anno da cui in gran parte del mondo (Europa esclusa) sono coltivate varietà di soia, mais, cotone, colza, barbabietola ed erba medica geneticamente modificate in grado di tollerarlo – commenta Paolo Bàrberi, docente di Agronomia e coltivazioni erbacee della Scuola Superiore Sant’Anna – le quantità di glifosate utilizzate a livello globale sono aumentate di 15 volte. Numerose evidenze scientifiche indicano che il glifosate e i suoi prodotti di degradazione non sono così innocui come sembravano. Residui di queste sostanze vengono costantemente ritrovati nel suolo, nelle acque, nei sedimenti e nella catena trofica. Negli USA e in Europa fino all’80 per cento delle persone e degli animali allevati hanno residui di glifosate nelle urine, e l’erbicida è stato inserito dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) come sostanza sospettata di causare tumori”.
“Alla fine del 2022 l’Unione Europea – prosegue Paolo Bàrberi – dovrà decidere sul rinnovo dell’autorizzazione all’uso del glifosate, ma è già evidente che si andrà verso una sua progressiva restrizione; alcune regioni, Toscana inclusa, si sono già espresse in questo senso. Pertanto, c’è urgente richiesta di soluzioni valide, dal punto di vista tecnico ed economico, che permettano di svincolarsi dall’uso di questo erbicida. La nostra ricerca – conclude Paolo Bàrberi – si inserisce in questo contesto e aveva l’obiettivo di dimostrare che è possibile sviluppare sistemi colturali efficienti a basso o nullo impiego di glifosate attraverso un uso razionale della biodiversità coltivata”.
“I risultati del nostro studio – sottolinea Daniele Antichi, docente di Agronomia e coltivazioni erbacee dell’Università di Pisa – possono essere di grande impatto anche per l’agricoltura biologica, un sistema agricolo fortemente supportato a livello europeo e che fa della rinuncia all’impiego di agrofarmaci di sintesi uno degli elementi portanti. Questo mette ancor più in evidenza la crucialità delle tecniche agroecologiche, nel panorama attuale del settore, tecniche sulle quali da più di un decennio i nostri team collaborano proficuamente a livello di ricerca e sviluppo insieme agli agricoltori del territorio”.

– foto ufficio stampa della Scuola Superiore Sant’Anna –
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Ecodigital, rinnovabili e innovazione contro caro energia e crisi clima

ROMA (ITALPRESS) – La transizione ecologica e digitale, con l’accelerazione del passaggio alle rinnovabili e degli investimenti nell’innovazione tecnologica, è l’elemento fondamentale su cui l’Italia deve puntare per attuare una vera svolta economica e sociale equa, inclusiva con cui contrastare il caro energia, le crisi climatica, economica e sociale in atto, tutelare le imprese dal fenomeno delle bollette pazze e i cittadini dalla povertà energetica. Sono questi i principali temi affrontati all’incontro nazionale di Italia EcoDigital “La sfida progressista, civica ed ecologista per la transizione EcoDigital”, promosso da Fondazione UniVerde, TeleAmbiente e Italia EcoDigital, che si è svolto il 12 settembre a Palazzo Brancaccio, nel corso del quale sono state rilanciate le proposte per la transizione ecologica e digitale condivise da attivisti, giovani innovatori, imprenditori e amministratori locali: www.ecodigital.it.
Per Loredana De Petris, presidente del Gruppo Misto al Senato, “bisogna ribadire quali sono le priorità su cui il paese deve puntare. Una vera transizione ecologica e digitale non è più rinviabile. Purtroppo, in questa insolita campagna elettorale, si sente ancora parlare di soluzioni folli come il nucleare pulito, che in realtà non esiste, mentre oggi la priorità deve essere quella di investire sulle rinnovabili e l’esperienza del Portogallo ci dice che si può fare in pochissimo tempo. La pandemia doveva costituire l’occasione per cambiare il modello di sviluppo in chiave ecologica ed è per questo che in Europa è nato il lavoro che ha portato al Next Generation EU, ma ad oggi la vera transizione verde e giusta è ancora al palo. Per questo abbiamo bisogno di chi si è sempre speso per questa inversione di marcia, se per la prossima legislatura vogliamo davvero vincere la sfida ecologista e progressista”.
Alfonso Pecoraro Scanio, presidente della Fondazione UniVerde e promotore della rete Italia #EcoDigital ha sottolineato: “Serve una grande Alleanza per la Terra che realizzi la transizione ecologica e digitale e contrasti le crisi climatica, economica e sociale in atto. Su questo punto, la sfida di Conte è credibile ed è la persona giusta per realizzare quella vasta area ecologista, digitale e civica che deve dare finalmente all’Italia una risposta politica all’altezza dei tempi. La candidatura di Livio de Santoli, per i temi dalla transizione EcoDigital, e di Cafiero de Raho, sui temi della legalità, dimostrano tale volontà del nuovo Movimento 5 Stelle guidato da Conte. Il risultato delle prossime elezioni può essere di grande spinta per avviare la costruzione di quest’area progressista che manca nel nostro Paese, in opposizione alla vecchia economica e dipendente dalle lobby tradizionali”.
“Il nostro programma non nasce per l’occasione elettorale ma per un progetto di Paese a cui abbiamo lavorato in modo convinto, secondo un’agenda progressista e qualificante. Siamo in fortissimo ritardo e l’unica cosa che non ci possiamo permettere è ritardare ulteriormente gli obiettivi di neutralità climatica al 2050 – dice Giuseppe Conte, presidente del MoVimento 5 Stelle -. Non si può fare politica se non in direzione della transizione ecologica, il fossile ci allontana dalla soluzione. L’unica certezza sono i progetti che le aziende del comparto rinnovabili hanno già predisposto: sono disponibili a investire 85 miliardi di euro, creando 80.000 posti di lavoro, per 60 GW nei prossimi tre anni. Significa un taglio sulle bollette di 20 miliardi l’anno, potremmo addirittura tagliare del 20% le importazioni di gas. Vogliamo perseguire questo obiettivo in cui la transizione digitale deve essere strettamente intrecciata a quella ecologica”.
Per Livio de Santoli, Ordinario di Energetica alla Sapienza Università di Roma, “questo è il momento della scelta decisiva. Stare dalla parte di chi vuole rallentare il processo della transizione energetica, con esplorazioni del poco gas che abbiamo, con il nucleare e andando a rinegoziare gli obiettivi climatici europei, oppure con chi invece vuole combattere i disastri climatici, punta sulle rinnovabili e vuole proteggere veramente l’ambiente. Tra i programmi che mi impegno a portare avanti c’è la revisione del mercato dell’energia in grado di valorizzare le rinnovabili, l’eliminazione dei sussidi ambientalmente dannosi, la lotta alla povertà energetica con l’immediata operatività delle comunità energetiche”.
All’evento, moderato da Stefano Zago (Direttore TeleAmbiente), sono inoltre intervenuti: Rosalba Giugni (Ambientalista), Valerio Rossi Albertini (Primo ricercatore al Consiglio Nazionale delle Ricerche e divulgatore scientifico), Paolo Cento (già Sottosegretario al Ministero dell’Economia e delle Finanze) e in videomessaggio Gianfranco Amendola (Magistrato ambientalista); insieme a giovani attivisti nativi eco-digitali e imprenditori innovativi: Domenico Giudici (Vicepresidente Circolo ARCI – Italia EcoDigital), Elisabetta Kalenda (Giurista e attivista EcoDigital), Leonardo Palese (Consigliere Comunale dei Giovani di Ceprano), Leonardo Ruzzante (Aurora Fellows – Fondazione Homo ex Machina); e con i contributi di: Alfonso Colucci (Giurista), Dario Tamburrano (già Europarlamentare), Fabrizio Capaccioli (Vicepresidente Green Building Council Italia), Maurizio Natalia (Consigliere comunale di Canistro, L’Aquila), Lapo Sermonti (Ufficio Clima e Boschi, Nazioni Unite), Daniele Diaco (già Presidente Commissione Ambiente, Roma Capitale), Alessandra Maiorino (Relatrice della riforma ambiente in Costituzione).
Le proposte, rilanciate da Italia Ecodigital in occasione dell’incontro nazionale, chiedono di: coordinare le due transizioni perchè quella digitale sia sostenibile, specie nel consumo di energia, e serva a monitorare e sostenere costantemente quella ecologica; investire su tecnologie e innovazioni EcoDigital, anche organizzative come lo smartworking, che permettano di ridurre l’impronta ecologica e migliorare la qualità della vita (regolamentate in modo efficace nell’interesse della collettività e dell’ambiente, senza pressioni affaristiche e speculative); i giovani sono il vero motore della transizione EcoDigital e occorre coinvolgerli come protagonisti, non come comparse; molte imprese serie hanno puntato alla transizione ecologica e digitale con più convinzione di governi e partiti e queste vanno sostenute distinguendole da chi fa greenwashing e fake green; Enti locali e tutti gli Enti pubblici devono dotarsi di Manager per la transizione EcoDigital, in particolare ogni Comune, scuola, università; serve educazione EcoDigital e accesso digitale universale; le misure di mitigazione e adattamento al cambiamento climatico vanno rafforzate e costantemente monitorate; uso dell’intelligenza artificiale e dell’innovazione digitale per verificare e sostenere la vera economia circolare e la non distruzione di materia.
L’evento è stato trasmesso in diretta streaming sulle pagine Facebook di Fondazione UniVerde, TeleAmbiente e su Radio Radicale.

– foto ufficio stampa Fondazione UniVerde –

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Riduzione degli inquinanti dell’aria, Italia vicina a obiettivi 2030

ROMA (ITALPRESS) – L’Italia è avviata a centrare gli obiettivi al 2030 di riduzione delle emissioni dei principali inquinanti atmosferici, con benefici in termini di salute (-50% di decessi rispetto al 2010) ed economici (33 miliardi di euro risparmiati rispetto allo stesso anno). E’ quanto emerge da uno studio ENEA pubblicato sulla rivista scientifica “Atmosphere”, che ha valutato l’efficacia delle politiche e delle misure per la qualità dell’aria, introdotte dall’attuale Programma nazionale di controllo dell’inquinamento atmosferico del ministero della Transizione Ecologica.
Entro il prossimo decennio con le misure previste dal Piano, il nostro Paese potrà centrare gli obiettivi di riduzione delle emissioni stabiliti dall’Unione europea per biossido di zolfo (-80% contro un target Ue del 71%), ossidi di azoto (-70%, target Ue 65%), PM2.5 (-42%, target Ue 40%), Composti Organici Volatili Non Metanici (-50% target Ue 46%) e ammoniaca (-17% target Ue 16%).
“Per raggiungere questi obiettivi, il nostro Paese dovrà agire su più fronti, con un mix di interventi che comprendono la decarbonizzazione della produzione di energia, l’efficienza energetica nel residenziale, la diffusione della mobilità elettrica e l’adozione di nuove pratiche agricole per la riduzione delle emissioni di azoto”, spiega Ilaria D’Elia, ricercatrice del laboratorio ENEA Inquinamento Atmosferico e co-autrice dello studio. “Ma questi – aggiunge – sono solo alcuni esempi di misure da adottare per l’abbattimento degli inquinanti atmosferici. Sarà importante che le numerose azioni da intraprendere siano di tipo strutturale e non saltuario e che diano luogo a una vera programmazione integrata e sinergica tra politiche legate al clima, all’energia e all’inquinamento atmosferico”.
Secondo l’analisi svolta dal team dell’Agenzia, al 2030 la riduzione delle emissioni di biossido di zolfo sarà trainata da alcuni comparti, in particolare quello marittimo (-89% rispetto ai valori del 2010) e della produzione di energia (-59%). E’ previsto un forte calo anche per le emissioni degli ossidi di azoto, soprattutto nel settore del trasporto su strada (-74%) e della generazione elettrica (-46%). Sul fronte del PM2.5, il settore che fornirà il maggiore contributo in termini di abbattimento delle emissioni di particolato ultrafine è il settore civile (-46%) che continuerà a mantenere il primato per tali emissioni al 2030. L’ammoniaca rimane l’inquinante con le riduzioni più basse (-9% rispetto ai valori del 2010), un risultato ottenuto soprattutto grazie al minore impiego di fertilizzanti a base di urea nel settore agricolo e delle emissioni zootecniche.
“Nel 2010, l’anno di riferimento della nostra ricerca, la mappa di biossido di azoto mostrava le più alte concentrazioni nelle città di Milano, Torino, Roma e Napoli e nelle aree urbane della Pianura Padana a causa dell’effetto combinato delle emissioni da riscaldamento domestico, agricoltura e mobilità urbana ed extraurbana”, sottolinea Antonio Piersanti, responsabile del Laboratorio di Inquinamento Atmosferico dell’ENEA e co-autore dello studio. “Al 2030 – aggiunge – grazie alle misure messe in atto dal Piano, il nostro studio rileva una diffusa riduzione dell’inquinamento urbano, soprattutto nel capoluogo lombardo, grazie a un massiccio rinnovamento del parco automobilistico e all’aumento della quota di veicoli elettrici”.
Sul fronte della salute pubblica, l’adozione di politiche e misure di qualità dell’aria, con interventi nei settori energetico, civile, agricolo e della mobilità, potrebbe portare ad una drastica riduzione della mortalità causata da patologie aggravate o sviluppate per effetto dell’inquinamento dell’aria. In particolare, il calo delle concentrazioni di biossido di azoto potrebbe portare a una riduzione della mortalità rispetto al 2010 del 93% (793 casi rispetto agli 11.769 stimati nel 2010), a seguire il PM2.5 con il 41% di decessi in meno (34.666 casi rispetto ai 58.867 del 2010) e l’ozono (O3) con il 36% di morti evitate (1.725 casi rispetto 2.692 del 2010). “Interessante è il dato per il PM2.5: secondo le nostre simulazioni, al 2030 i decessi dovrebbero scendere a 4,43 casi ogni 10 mila abitanti rispetto ai 7,25 del 2010 e la riduzione più significativa, a livello regionale, si verificherebbe soprattutto nella Pianura Padana e nelle aree urbane di Firenze, Roma e Napoli”, spiega D’Elia.
Sul fronte economico, la studio ENEA ha quantificato in circa 33 miliardi di euro il risparmio complessivo per l’Italia, pari al 2% del PIL 2010, anno di riferimento dello studio. A guidare la classifica è la Lombardia con 13,6 miliardi di euro risparmiati, a seguire Lazio (4,4 miliardi), Veneto (3,2 miliardi) ed Emilia-Romagna (2,9 miliardi).
Il lavoro è stato condotto con il sistema “MINNI” (Modello Integrato Nazionale a supporto della Negoziazione Internazionale sui temi dell’inquinamento atmosferico), una suite di strumenti sviluppata dall’ENEA con le società Arianet e IIASA (International Institute for Applied Systems Analysis) per conto del Ministero della Transizione Ecologica. In MINNI, la scienza dell’atmosfera è legata agli impatti delle misure di abbattimento delle emissioni sulla salute umana e sugli ecosistemi e ai relativi costi, attraverso diverse componenti indipendenti e interconnesse: il modello “AMS” (Atmospheric Modeling System) e il modello “GAINS-Italy” (Greenhouse Gas and Air Pollution Interactions and Synergies Model over Italy).
AMS produce campi tridimensionali orari di variabili meteorologiche e di concentrazione dei principali inquinanti (NO2, O3, PM10, PM2.5, ecc.) su tutto il territorio italiano con risoluzione spaziale orizzontale di 4 km, utilizzando il modello di trasporto e chimica atmosferica “FARM” (Flexible Air Quality Regional Model): il modello GAINS-Italia elabora scenari emissivi a livello nazionale e regionale sia di inquinanti tradizionali che di gas ad effetto serra con orizzonte temporale fino al 2050 per l’analisi dell’impatto sulla qualità dell’aria e dei relativi costi di misure di abbattimento/mitigazione. In questo studio, “MINNI” è stato implementato con simulazioni annuali “AMS” complete per il caso base 2010 e alimentato dalle emissioni 2030 prodotte con il modello GAINS-Italia in due diversi scenari (2030 “With Measures”, corrispondente allo scenario tendenziale e 2030 “With Additional Measures”, lo scenario di policy), per ottenere campi di concentrazione di NO2, PM2.5 e O3 a risoluzione di 4 km, utilizzati per la successiva valutazione dell’impatto sulla salute e dei costi.

– foto ufficio stampa Enea –
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Fs, Ferraris “Da nostre fonti il 10% del fotovoltaico italiano”

ROMA (ITALPRESS) – La potenza degli impianti di autoproduzione energetica del Gruppo FS raggiungerà i 2 Gigawatt e accrescerà di circa il 10% quella complessiva degli impianti fotovoltaici installati oggi in Italia. Già nel 2024, con le prime attivazioni, la potenza toccherà i 300 MW. Così l’Ad del Gruppo FS, Luigi Ferraris, al Festival della Comunicazione di Camogli torna ad affrontare il tema del momento, quello della crisi energetica. E delinea il ruolo del Gruppo FS nel diminuire la dipendenza del Paese da fonti estere, nel contribuire al successo del PNIEC (Piano Nazionale Integrato di Energia e Clima) e, quindi, alla transizione energetica ed ecologica. Obiettivi al raggiungimento dei quali concorre anche la crescita dell’offerta di mobilità collettiva, integrata e sostenibile, su cui punta il nuovo Piano Industriale del Gruppo FS. Intervistato da Ferruccio De Bortoli, Ferraris ha ricordato come l’attenzione al tema dell’energia preceda la crisi attuale. Era di primaria importanza, dal momento che il Gruppo FS consuma il 2% della domanda totale del Paese, individuare fonti di autoproduzione e rendersi più autonomi.
“C’è un piano di investimenti da oltre 1,6 miliardi che ci consentirà di produrre energia da fonti rinnovabili – principalmente fotovoltaico ed eolico – in grado di soddisfare almeno il 40% del nostro fabbisogno”, ha detto.
Altra linea d’azione riguarderà l’efficientamento energetico con interventi di breve e medio periodo: “Si va dal contributo offerto dal progressivo rinnovo della flotta dei treni – quelli di nuova generazione consumano il 30% in meno dei precedenti – all’introduzione di sistemi di guida intelligente per il trasporto passeggeri e merci – ha proseguito Luigi Ferraris – fino a misure di smart building per impianti industriali e stazioni”. Tornando al tema della produzione, il numero uno di Ferrovie ha spiegato: “Abbiamo pianificato una pipeline di due mila megawatt di impianti fotovoltaici e minieolici da attivare prevalentemente in aree non più funzionali alle nostre attività core, e vicine alle nostre infrastrutture. I processi necessari per la costruzione di questi impianti – ha precisato – sono già stati avviati e dal 2023 partiranno le prime realizzazioni e attivazioni, iniziando da un primo gruppo di impianti in grado di erogare, complessivamente, entro il 2024, una potenza di circa 300MW, a servizio delle sottostazioni elettriche di RFI, delle stazioni ferroviarie, e dei siti industriali di Trenitalia e di Mercitalia”.
Questa e altre misure contribuiranno a raggiungere un altro obiettivo sfidante: raggiungere la carbon neutrality nel 2040, in anticipo di 10 anni sulla tabella di marcia europea che prevede il target di “zero emissioni” al 2050.
In merito ai progetti finanziati dal Pnrr, Luigi Ferraris ha sottolineato quanto questi si inquadrino in una strategia di ancor più ampio respiro delineata nel Piano Industriale decennale del Gruppo FS, che si traduce in un impegno complessivo di oltre 190 miliardi di investimenti. “Tra gli obiettivi c’è la crescita di una capacità complessiva della rete ferroviaria di almeno un 20%, anche con l’estensione di tecnologie all’avanguardia come l’ERTMS, per rendere le linee meno sature”, ha continuato l’AD di FS Luigi Ferraris. “Non va dimenticato che abbiamo infrastrutture con un’età media che supera i 70 anni, le quali necessitano di continua manutenzione e mostrano, in alcuni casi, livelli di saturazione che compromettono regolarità e puntualità del servizio”.

foto: agenziafotogramma.it

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Energia, accordo Eni-Aci per soluzioni sostenibili

MONZA (ITALPRESS) – Nella cornice dell’autodromo di Monza, Eni e Aci hanno siglato un accordo di cooperazione per trovare soluzioni condivise sul tema della sostenibilità energetica.
Il documento è stato firmato dal direttore Generale Energy Evolution di Eni, Giuseppe Ricci, e dal presidente dell’Automobile Club d’Italia, Angelo Sticchi Damiani.
L’evento è stata l’occasione per Eni per presentare l’attività sustainable b2b, l’offerta sostenibile di Eni che contempla i nuovi biocarburanti e prodotti di origine biogenica, ottenuti da scarti e rifiuti o da materie prime vegetali non in competizione con la filiera alimentare. Ma sono presenti anche nuovi vettori energetici alternativi come l’idrogeno, e la fornitura di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, soluzioni per la gestione dell’acqua e per la rigenerazione dei territori, i carburanti sostenibili per l’aviazione, i disinfettanti ed erbicidi da materie prime rinnovabili e biodegradabili e i prodotti realizzati con plastica riciclata.
Secondo Ricci, l’accordo definisce un ambito di attività in cui gruppi di lavoro tematici produrranno contributi per studi e azioni concrete che Eni può mettere in campo sul fronte della decarbonizzazione. “E’ questo un progetto di cui sono particolarmente fiero: da un lato è il punto di arrivo di un percorso che è iniziato qualche anno fa e che ci ha permesso di ridefinire le linee guida per l’evoluzione e il futuro dell’energia di Eni; dall’altro è senz’altro il punto di partenza di un nuovo approccio ai nostri stakeholders”, ha dichiarato Ricci sottolineando l’importanza di un approccio olistico. Questo metodo consiste nel far sì che “tutte le soluzioni disponibili e mature siano messe in sinergia e in modo complementare per accelerare gli obiettivi di decarbonizzazione e contemporaneamente assicurare che questi obiettivi abbiano una sostenibilità economica e sociale. Tutto questo salvaguardando la sicurezza energetica”.
Per Sticchi Damiani “Eni ha investito molte risorse in questi anni sui biocarburanti che rappresentano una delle possibilità per arrivare alla riduzione delle emissioni. Noi siamo convinti che la vera transizione energetica dovrà essere raggiunta utilizzando l’elettrico, l’idrogeno e i biocarburanti lasciando la libertà di scegliere l’automobile che più si confà alle proprie esigenze a condizione che siano tutte a bassissimo livello di inquinamento. Si tratta di decidere come raggiungere l’obiettivo perchè se le differenze sono poi impalpabili allora perchè crearci delle gabbie”. E proprio sul pericolo di ostacoli che rendano disomogenea la transizione, il presidente dell’Aci ha aggiunto che “il rischio è che l’Italia si spacchi: quella che ha la possibilità di passare all’elettrico (probabilmente demolendo gli Euro 6), e quella che possedendo un Euro 0,1,2,3 non lo farà. E a quel punto avremo un parco circolante ancora più vecchio”.

foto: ufficio stampa ACI

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