VENEZIA (ITALPRESS) – Arma dei Carabinieri ed Enel ancora più vicine per la prevenzione e il contrasto all’illegalità, la tutela dell’ambiente e del territorio: sono stati questi i temi dell’incontro che si è svolto a Venezia, volto a dare attuazione territoriale di quanto previsto dal protocollo sottoscritto tra Arma e azienda lo scorso novembre, focalizzato sulla protezione dell’ambiente e delle risorse naturali, la lotta ai cambiamenti climatici e il contributo per uno sviluppo economico sostenibile.
E’ proprio sul territorio che l’accordo avrà la sua piena operatività grazie al nuovo modello di sicurezza partecipata che permetterà di affrontare congiuntamente le complesse problematiche connesse alla sicurezza e continuità operativa delle reti e delle infrastrutture elettriche, alla protezione del personale preposto alla loro gestione e al patrimonio aziendale.
Nel corso dell’incontro è stato approfondito anche il fenomeno delle truffe legate al settore energetico, in particolare il fenomeno fraudolento dell’esistenza di operatori abusivi che si spacciano telefonicamente per agenti di Enel Energia al fine di ottenere l’attenzione dell’interlocutore, per poi offrire nel corso della telefonata contratti con terzi concorrenti. Al riguardo la società energetica ha ricordato che i numeri telefonici autorizzati da Enel Energia possono essere verificati sul proprio sito e che i cittadini possono rivolgersi ai canali di contatto ufficiali per ogni segnalazione.
L’intesa punta alla valorizzazione della presenza capillare dell’Arma e dell’Enel in tutta Italia come punto di partenza per azioni congiunte. I Carabinieri e l’Azienda energetica sono infatti presenti in ogni angolo del Paese, spesso in aree a forte valenza ambientale.
L’Arma coinvolgerà i Reparti delle Organizzazioni Speciale e Forestale, con particolare riferimento ai Comandi Carabinieri per Tutela Ambientale e la Transizione Ecologica, nonchè per la Tutela della Biodiversità e dei Parchi. Enel, attraverso le proprie articolazioni territoriali, garantirà un tempestivo scambio informativo sulle situazioni di interesse per i Carabinieri, segnalando altresì eventuali criticità ambientali, con particolare attenzione alla prevenzione degli incendi boschivi.
L’intesa prevede inoltre progetti di efficientamento energetico delle strutture di proprietà dell’Arma sul territorio nazionale e per lo sviluppo della mobilità sostenibile.
“Lo sviluppo di una nuova forma di collaborazione con una prestigiosa istituzione come l’Arma dei Carabinieri – ha commentato Luca Moscatello, responsabile Security Affairs & Local Operations di Enel Italia – è in linea con il nostro impegno per la sostenibilità e ci permetterà di garantire maggiore sicurezza alle donne e agli uomini che lavorano in Enel e alle infrastrutture aziendali che garantiscono un servizio essenziale per l’intera Comunità”.
“L’Arma dei Carabinieri e l’Enel rafforzano oggi, anche a Venezia, la loro collaborazione, con il comune intento di promuovere la legalità e proteggere l’ambiente – ha sottolineato il Comandante Provinciale dei Carabinieri di Venezia, Col. Mosè De Luchi – due realtà, l’Enel e l’Arma, entrambe capillari sul territorio nazionale e a servizio dei cittadini, che chiedono, con una rinnovata coscienza ambientale, di proteggere il nostro pianeta e contrastare i cambiamenti climatici. I Carabinieri, come prima forza di polizia ambientale in Europa, hanno tra le loro priorità assolute la tutela dell’ambiente e della legalità, priorità oggi condivise formalmente anche con Enel”.
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Carabinieri ed Enel più vicini per la sostenibilità
Netwap, al via la sperimentazione del compostaggio su piccola scala
ROMA (ITALPRESS) – Compostaggio su piccola scala, tecnologie per il recupero e il riciclo di plastiche, monitoraggio di microplastiche in mare. Sono questi i principali risultati conseguiti dal progetto NETWAP, finanziato dal bando Interreg Italia-Croazia con un budget di circa 1,5 milioni di euro, che ha visto in Italia la partecipazione di ENEA, Unioncamere del Veneto, Fondazione Fenice Onlus di Padova e GAL Molise verso il 2000. In Croazia sono stati coinvolti invece il Comune di Zara (capofila del progetto), Istituto Ruder Boskovic e Cistoca, l’Azienda della provincia di Zara responsabile per la gestione dei rifiuti.
Sono state installate compostiere elettromeccaniche con una capacità totale di 30 tonnellate l’anno in due siti: nel Comune di Fossalto (Campobasso) in Molise e sull’isola di Ist, in Croazia. Proprio grazie a questa azione è stata introdotta per la prima volta sull’isola croata la raccolta differenziata dell’organico e il Molise ha registrato il primo caso di avviamento di un’esperienza di compostaggio locale.
“Con questo progetto abbiamo sperimentato l’applicazione della pratica del compostaggio su piccola scala e proposto un sistema di gestione per la plastica raccolta in spiaggia, a beneficio di località spesso lontane dai servizi di raccolta e trattamento, che nella stagione estiva subiscono una notevole pressione turistica legata o a bellezze naturalistiche o alla presenza di siti archeologici”, spiega Lorenzo Maria Cafiero, ricercatore del Laboratorio ENEA di Tecnologie per il riuso, il riciclo, il recupero e la valorizzazione di rifiuti e materiali. “Siamo riusciti a superare le pratiche esistenti nella gestione della frazione organica, sostenendo le autorità locali e gli operatori economici, attraverso metodologie convertite in strumenti di politica locale, una formazione mirata e la fornitura della tecnologia stessa. In questo abbiamo compiuto il primo passo verso l’adozione di un approccio transfrontaliero dei rifiuti basato su un’efficace cooperazione internazionale e in sintonia con la gerarchia dei rifiuti dell’Unione europea e con i principi dell’economia circolare”, aggiunge Cafiero.
“Il compostaggio di prossimità, ossia effettuato vicino al luogo di produzione, è un sistema particolarmente indicato per tutte quelle comunità isolate, difficili da raggiungere dal tradizionale sistema di raccolta e trasporto ad impianti industriali di trattamento. Essendo il rifiuto umido composto principalmente d’acqua assistiamo troppo spesso a viaggi di camion che trasportano essenzialmente acqua con impatti ambientali non sostenibili. Spesso con soluzioni semplici possiamo aumentare la capacità dei territori nel gestire i propri problemi”, sottolinea Fabio Musmeci, ricercatore dello stesso Laboratorio ENEA.
L’Italia ha una grande “tradizione” nella gestione efficiente dei rifiuti. Secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente, la percentuale di rifiuti urbani riciclati e compostati in Italia è più che raddoppiata tra il 2004 e il 2016 e il nostro Paese è tra i leader Ue nella raccolta differenziata, soprattutto di rifiuti organici, e con la maggior quota di rifiuti avviati al compostaggio. L’organico, infatti, è la frazione più abbondante di rifiuti (20-30%) urbani; è potenzialmente fonte di malattie a causa del rischio di crescita di batteri patogeni ma, allo stesso tempo, se opportunatamente trattato permette di produrre compost attraverso il quale si combatte la desertificazione dei suoli. Ai fini dell’economia circolare è molto importante impedire che questa frazione venga dispersa nei rifiuti indifferenziati e quindi in discarica o in un inceneritore. Nel caso della discarica è origine di processi fermentativi anaerobici che portano alla produzione di metano (gas serra); la direttiva rifiuti del pacchetto economia circolare spinge per la riduzione della frazione organica nell’indifferenziato e indica il compostaggio di piccola scala come uno strumento importante per il raggiungimento dell’obiettivo.
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Greenpeace in Antartide scopre coralli e specie vulnerabili
KING GEORGE ISLAND (ANTARTIDE) (ITALPRESS) – Un team di ricercatori a bordo della spedizione internazionale di Greenpeace in Antartide ha documentato sul fondale marino «un’incredibile abbondanza di vita, inclusi coralli e altre specie vulnerabili» in quella che è considerata l’immersione scientifica sottomarina più meridionale della storia, a 65 gradi sud. Sulla base di questa documentazione, gli scienziati chiederanno alla Commissione per la conservazione delle risorse biologiche dell’Antartico (CCAMLR) che l’area riceva una protezione speciale. La spedizione è riuscita a esplorare il remoto Mare di Weddell quando il ghiaccio marino antartico ha raggiunto la minima estensione mai registrata.
«Il fondale che abbiamo esplorato sarebbe normalmente avvolto nell’oscurità perchè coperto di ghiaccio per diverse miglia in qualsiasi direzione, ma ora si trova al minimo storico. Dal record precedente, nel 2017, è scomparsa un’area di mare ghiacciato grande quanto la Svizzera. Abbiamo urgente bisogno di santuari oceanici nelle acque antartiche per proteggere questo ecosistema vitale dagli effetti della crisi climatica e dargli l’opportunità di riprendersi», afferma John Hocevar, pilota del sottomarino di Greenpeace.
L’ultimo rapporto dell’IPCC, il gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite, chiede che il 30-50 per cento degli oceani del mondo sia protetto. Il rapporto afferma inoltre che il riscaldamento globale ha già causato danni e perdite irreversibili agli ecosistemi marini. L’entità e la vastità degli impatti della crisi climatica è maggiore di quanto stimato nei precedenti rapporti dell’IPCC.
La prima proposta di includere il Mare di Weddell in una vasta area marina protetta, o “santuario oceanico”, risale a quasi dieci anni fa. In passato Greenpeace ha criticato il CCAMLR per aver consentito lo sfruttamento delle acque antartiche: appena il 5 per cento è infatti tutelato, nonostante l’impegno della stessa Commissione di creare una rete di aree marine protette entro il 2012.
«Con la nostra spedizione rinnoviamo la richiesta di proteggere almeno il 30 per cento degli oceani entro il 2030. Questa settimana i governi si riuniranno alle Nazioni Unite per concordare un Trattato mondiale sugli oceani, uno strumento essenziale per creare una rete di santuari oceanici, liberi da attività umane dannose, nelle acque internazionali. Non perdiamo questa occasione per proteggere uno degli ultimi ecosistemi non ancora sovrasfruttati del pianeta», dichiara Giorgia Monti, Campagna Mare di Greenpeace Italia.
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Wwf “I governi non rispettano gli impegni sulla biodiversità”
ROMA (ITALPRESS) – “La bozza di accordo globale sulla biodiversità negoziata dai governi non è sufficiente ad invertire la curva della perdita di natura entro il 2030 e non rispetta gli impegni ambiziosi presi pubblicamente per affrontare la crisi di biodiversità che stiamo vivendo”. Lo spiega il Wwf in un report WWF pubblicato oggi, in vista dell’imminente inizio dei negoziati delle Nazioni Unite sulla biodiversità, che partiranno domenica 13 marzo.
Il rapporto, intitolato “Bridging the Gap: Translating political commitments into an ambitious Global Biodiversity Framework” (Colmare il divario: trasporre gli impegni politici in un ambizioso accordo globale sulla biodiversità), contiene un’analisi dei principali impegni internazionali che sono esplicitamente riconducibili ai negoziati sull’accordo globale sulla biodiversità.
“Sono un milione le specie attualmente minacciate di estinzione, e siamo stanchi di promesse vuote, che non si risolvono in azioni concrete”, sottolinea il Wwf.
“L’attuale catastrofica perdita di natura sta aumentando la nostra vulnerabilità alle pandemie, inasprendo gli impatti del cambiamento climatico e minacciando sia i nostri mezzi di sussistenza, che l’economia globale – spiega Marco Lambertini, Direttore Generale del WWF Internazionale -. I leader mondiali hanno promesso di agire per proteggere la natura e le persone garantendo il raggiungimento di un ambizioso accordo globale sulla biodiversità, ma la nostra nuova analisi rivela che resta ancora molto da fare con urgenza affinchè alle parole corrispondano i fatti. I leader stanno perdendo di credibilità e devono agire ora per colmare il divario tra gli impegni nature-positive e la bozza di accordo globale sulla biodiversità al 2030 (GBF 2030), oggi troppo poco ambiziosa e limitata. Devono esigere che i propri ministri e negoziatori si adoperino per consegnare loro una bozza di accordo basata su dati scientifici, con obiettivi e traguardi misurabili, attraverso l’inclusione di una mission chiara, misurabile e nature-positive entro il 2030, che ponga i diritti umani in prima linea. E rafforzando, allo stesso tempo, le aree deboli del testo. Serve più natura entro il 2030, non meno”.
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Da Save the Planet e JTI un corso per la P.A. sulla transizione ecologica
ROMA (ITALPRESS) – Save the Planet e JTI Italia presentano il primo corso in Italia, rivolto ai dipendenti della Pubblica Amministrazione, dedicato ai temi della transizione ecologica nelle città. Un’iniziativa che nasce dalla collaborazione pluriennale tra le due realtà, impegnate per promuovere concretamente la consapevolezza verso i temi della sostenibilità.
Il corso, completamente gratuito, sarà fruibile sulla piattaforma online https://cittasostenibili.academy/ e sarà strutturato su sei livelli, con relatori e argomenti differenti e di pubblico interesse, presentati dall’esploratore e divulgatore Luca Bracali. Tra i formatori anche Alex Bellini, esploratore e divulgatore scientifico e Norbert Lantschner, Ambasciatore ONU della Terra.
“Un traguardo importante raggiunto grazie all’impegno di sensibilizzazione portato avanti negli anni da JTI e Save The Planet con una pluralità di azioni che spaziano dal progetto Sustainable Cities, finalizzato alla promozione di attività sul territorio per rendere le città più “ecocompatibili” e inclusive, fino al grande successo della campagna antilittering #IoLaButtoLì”, come si legge in una nota.
Quest’ultima nasce come un’attività di sensibilizzazione sul tema del littering – il problema tanto diffuso quanto dannoso dell’abbandono dei piccoli rifiuti nell’ambiente che dopo il successo del primo anno nel 2021 si è rinnovata e rafforzata, confermando la collaborazione con gli influencer di Casa Surace e ricevendo anche il patrocinio del Ministero della Transizione Ecologica.
Centrale, poi, nella collaborazione fra Save the Planet e JTI Italia il progetto “Sustainable Cities”, il primo studio che analizza le 14 città metropolitane italiane secondo i 45 indicatori della normativa ISO 37120:2018, attualmente standard di riferimento per misurare la sostenibilità degli ambienti urbani, creando un report capace di indicare le aree di criticità delle realtà coinvolte e soprattutto valutare le possibilità di miglioramento.
Il corso sulla transizione ecologica è frutto di questi studi e di queste iniziative, per formare ed informare la pubblica amministrazione sul tema della sostenibilità e garantire una maggiore vivibilità delle città italiane.
Per Elena Stoppioni, Presidente di Save the Planet, “Il corso per la Pubblica Amministrazione è la ciliegina di una splendida e ricca torta. Fatta di tante iniziative e attività che sono state sviluppate nel tempo e che hanno portato riscontri eccezionali. Proporre, in questa fase, un corso gratuito per le PA, volto a rendere le città più sostenibili e, quindi, per migliorare la vita delle persone, è un grandissimo traguardo che ci permette di coinvolgere gli enti pubblici e richiamare all’impegno civile in una battaglia ineluttabile per rendere più vivibile il nostro quotidiano”.
“Per JTI Italia questo progetto non rappresenta un punto di arrivo, ma di partenza. Siamo infatti convinti che il modo migliore per garantire un futuro davvero sostenibile sia quello di formare persone sostenibili a 360 gradi – commenta Lorenzo Fronteddu, Corporate Affairs & Communication Director di JTI Italia.- Un obiettivo ambizioso, che però siamo convinti di poter raggiungere grazie alla collaborazione fra tutti i soggetti coinvolti, dalle aziende alle istituzioni, creando quella sinergia che sappiamo essere il motore di ogni progetto di successo”
“Dalla scoperta della prima isola di plastica nel Pacifico nel 1997 sappiamo che circa l’80% dei rifiuti che si trovano in mare proviene dalla terraferma – afferma Alex Bellini, esploratore, scrittore e divulgatore ambientale -. Ogni strategia che miri a ridurre il littering e gestire nella maniera più efficace i rifiuti urbani è il modo più veloce ed economico attraverso cui le amministrazioni locali possono contribuire alla protezione della salute dell’uomo e dell’Ambiente che ci ospita”.
Luca Bracali, fotografo, regista ed esploratore, afferma: “Esiste una relazione fra eventi atmosferici e cambiamenti climatici? Io credo proprio di sì e, dando sguardo solamente al 2021, in un solo anno si sono scatenati almeno 10 eventi meteorologici catastrofici in tutto il pianeta che hanno causato la morte di oltre 1.000 persone provocando 150 miliardi di euro in danni materiali. Solamente in Italia, sempre nel 2021, si sono verificati 187 eventi climatici estremi, registrando la temperatura record in Europa dove, nella nostra Siracusa, si sono toccati i 48.8° l’11 di agosto. Ma per avere una speranza di contenere l’aumento globale di temperatura di 1.5 gradi entro il 2030 come chiesto da un rapporto IPCC, l’ente scientifico dell’ONU che si occupa di cambiamenti climatici, del 2018 l’unico modo è prenderne coscienza ed essere noi stessi a compiere il primo passo. Le città sostenibili potrebbero essere la chiave di volta, un modo intelligente per invertire la rotta in una vera e propria transizione ecologica”.
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Livelli del fiume Po, toccato il record negativo degli ultimi 30 anni
TORINO (ITALPRESS) – I timori riguardanti una lenta ma evidente discesa, da monte a valle, delle criticità dovute al fenomeno della siccità paventate solo alcuni giorni fa nella riunione dell’ultimo Osservatorio Permanente sulle crisi idriche all’Autorità Distrettuale del Fiume Po-MiTE hanno trovato riscontro purtroppo nella realtà solo pochi giorni dopo l’incontro con le Regioni, le agenzie metereologiche territoriali di rilevamento e i portatori di interesse tra cui i gestori dei Grandi laghi, dei servizi idrici e idroelettrici e ANBI. Oggi, infatti, le registrazioni idrometriche dei livelli delle portate del Grande Fiume hanno toccato le quote più basse dal 1991, ovvero degli ultimi trent’anni.
La situazione idrologica peggiore di siccità estrema si segnala a Piacenza, dove gli indicatori si fermano a quota -0,49 metri per 293 mc/s, stesso contesto condiviso con Pontelagoscuro (Ferrara) a quota -5,88 metri per 639 mc/s (sotto la prima soglia limite fissata a 650 mc/s). Minimi storici del periodo (con situazione di siccità severa) toccati anche a Boretto (Reggio Emilia) -3,25 metri per 452 mc/s; e a Borgoforte (Mantova) -2,57 metri per 567 mc/s.
E se i Grandi Laghi si mantengono anch’essi quasi tutti sotto quota (tranne il Garda), poco ottimistiche sono anche le previsioni metereologiche che (come emerge chiaramente dalla tabella previsionale allegata), non offrono sufficienti garanzie di precipitazioni in grado di coprire il gap di fabbisogno che si è creato nel corso di questo inverno anomalo, oltremodo secco e siccitoso.
“Sarà importante vedere – ha commentato il Segretario Generale di ADBPo-MiTE Meuccio Berselli – se, anche in concomitanza della prossima riunione dell’Osservatorio istituzionale che si terrà giovedì 17 Marzo 2022, si manterranno questi indicatori negativi, per comprendere quale tipo di soluzione concertata tra territori si potrà individuare per affrontare in modo resiliente la stagione”.
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Dissesto idrogeologico, il 94% dei comuni italiani è a rischio
ROMA (ITALPRESS) – Aumenta nel 2021 la superficie nazionale potenzialmente soggetta a frane e alluvioni: l’incremento sfiora rispettivamente il 4% e il 19% rispetto al 2017. Quasi il 94% dei comuni italiani è a rischio dissesto e soggetto ad erosione costiera e oltre 8 milioni di persone abitano nelle aree ad alta pericolosità.
Segnali positivi per le coste italiane: dopo 20 anni, a fronte di numerosi interventi di protezione, i litorali in avanzamento sono superiori a quelli in arretramento.
E’ il “Dissesto idrogeologico in Italia”, il rapporto 2021 presentato questa mattina dall’ISPRA che fornisce il quadro di riferimento nazionale sulla pericolosità associata a frane, alluvioni e sull’erosione costiera dell’intero territorio italiano.
Nel 2021, oltre 540 mila famiglie e 1.300.000 abitanti vivono in zone a rischio frane (13% giovani con età < 15 anni, 64% adulti tra 15 e 64 anni e 23% anziani con età > 64 anni), mentre sono circa 3 milioni di famiglie e quasi 7 milioni gli abitanti residenti in aree a rischio alluvione. Le regioni con i valori più elevati di popolazione che vive nelle aree a rischio frane e alluvioni sono Emilia-Romagna (quasi 3 milioni di abitanti a rischio), Toscana (oltre 1 milione), Campania (oltre 580 mila), Veneto (quasi 575 mila), Lombardia (oltre 475 mila), e Liguria (oltre 366 mila).
Su un totale di oltre 14 milioni di edifici, quelli ubicati in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata superano i 565 mila (3,9%), mentre poco più di 1,5 milioni (10,7%) ricadono in aree inondabili nello scenario medio. Gli aggregati strutturali a rischio frane oltrepassano invece i 740 mila (4%).
Le industrie e i servizi ubicati in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata sono oltre 84 mila con 220 mila addetti esposti a rischio, mentre quelli esposti al pericolo di inondazione, sempre nello scenario medio, superano i 640 mila (13,4%).
Degli oltre 213 mila beni architettonici, monumentali e archeologici, quelli potenzialmente soggetti a fenomeni franosi sono oltre 12 mila nelle aree a pericolosità elevata; raggiungono complessivamente le 38.000 unità se si considerano anche quelli ubicati in aree a minore pericolosità. I Beni Culturali a rischio alluvioni, poco meno di 34 mila nello scenario a pericolosità media, arrivano a quasi 50 mila in quello a scarsa probabilità di accadimento (eventi estremi). Per la salvaguardia dei Beni Culturali, è importante valutare anche lo scenario meno probabile, tenuto conto che, in caso di evento, i danni prodotti al patrimonio culturale sarebbero inestimabili e irreversibili.
Il nuovo rilievo delle coste italiane ha consentito un aggiornamento dei dati sullo stato e sui cambiamenti in prossimità della riva: nel periodo 2007-2019, risulta in avanzamento quasi il 20% dei litorali nazionali e il 17,9% in arretramento. A fronte di un progressivo aumento dei tratti di costa protetti con opere di difesa rigide, rispetto al 2000-2007 aumentano i litorali stabili e in avanzamento e diminuiscono dell’1% quelli in erosione. A livello regionale il quadro è più eterogeneo: la costa in erosione è superiore a quella in avanzamento in Sardegna, Basilicata, Puglia, Lazio e Campania; le regioni con i valori più elevati di costa in erosione sono Calabria (161 km), Sicilia (139 km), Sardegna (116 km) e Puglia (95 km).
Dati e mappe sono disponibili sulla piattaforma nazionale IdroGEO (idrogeo.isprambiente.it), un’APP multilingua, open data, accessibile da smartphone, tablet e desktop.
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Parco del Circeo scelto come area campione del progetto “Visibility”
ROMA (ITALPRESS) – Misurare l’inquinamento dell’aria e la visibilità dei paesaggi nei parchi naturali italiani. E’ questo l’obiettivo del progetto “Visibility”, coordinato dal Comando Unità Forestali, Ambientali e Agroalimentari (CUFA) dell’Arma dei Carabinieri, in collaborazione con il Laboratorio ENEA di Inquinamento atmosferico. Il progetto applicherà, per la prima volta in Italia, la procedura adottata dall’EPA, l’Agenzia statunitense per la protezione dell’ambiente, per la misurazione del parametro della visibilità nei parchi naturali americani.
Per l’azione pilota, il team del progetto ha selezionato come prima area campione italiana il Parco nazionale del Circeo (Latina), con il posizionamento degli strumenti di misura presso il Lago dei Monaci. “Attualmente questo è l’unico sito di monitoraggio della visibilità così intesa in Europa, ma presto il progetto si doterà di una seconda stazione di misura posizionata in montagna”, sottolinea il Tenente Colonnello Giancarlo Papitto, Capo Ufficio Progetti, Convenzioni, Educazione Ambientale del CUFA e project leader del progetto.
“La visibilità diventa, dunque, un parametro fisico utile alla valutazione della qualità dell’aria in aree naturali con una significativa vocazione turistica, come i parchi nazionali italiani. In questi luoghi, la possibilità di godere di un nitido panorama, immersi in un paesaggio naturale, rappresenta un prezioso valore ricreativo ma anche un vero e proprio servizio ecosistemico, nonchè un bene tutelato dalla Costituzione e dalle leggi italiane a protezione delle bellezze paesaggistiche”, sottolinea Ettore Petralia, ricercatore del Laboratorio di Inquinamento Atmosferico e responsabile per ENEA del progetto.
“La campagna di misura durerà due anni e ci permetterà di testare nei parchi italiani il protocollo americano IMPROVE[1]; in questo modo riusciremo a quantificare la visibilità del paesaggio naturalistico, associando eventuali riduzioni di questo parametro all’inquinamento da particolato atmosferico di origine sia antropica sia naturale”, spiega il ricercatore.
Compito dei ricercatori ENEA sarà quello di eseguire in laboratorio le analisi chimico-fisiche dei campioni raccolti e di elaborare l’indice di visibilità atmosferica; in particolare, le variazioni della visibilità dell’orizzonte nelle foto saranno analizzate in correlazione con i dati di composizione degli inquinanti atmosferici, seguendo il metodo IMPROVE.
I Carabinieri forestali si occuperanno del coordinamento generale dell’iniziativa, inclusi i rapporti con gli enti statunitensi, della raccolta dei dati meteo, della gestione della telecamera fotografica e dell’invio al team ENEA dei filtri campionati; inoltre, sarà loro compito la sorveglianza del sito di misura, classificato come ‘obiettivo sensibilè per le potenziali e significative ricadute sulla salute umana dell’inquinamento atmosferico, che potrebbe derivare da attività antropiche presenti nell’area, come agricoltura e allevamento.
In dettaglio, la metodologia IMPROVE si basa sulla quantificazione di un coefficiente che descrive l’estinzione della luce in funzione di diversi parametri chimico-fisici associati a molecole e particelle disperse nell’aria, in questo caso legate all’inquinamento atmosferico. Il progetto prevede campionamenti della durata di 24h per un intero anno solare (con una frequenza di uno ogni tre giorni), per la misura della concentrazione del particolato (PM2.5 e PM10) e del biossido di azoto (NO2). Il rilevamento visivo del grado di trasparenza dell’aria sarà assicurato, invece, da una telecamera panoramica, fissata all’esterno della cabina, che punta in direzione di un landmark (nel caso dell’azione pilota è il Monte Circeo) preso a riferimento per la definizione della visibilità a lunga distanza. La fotocamera è programmata per attivarsi in modo autonomo ogni 3 giorni in concomitanza con il campionamento del particolato atmosferico effettuato dagli altri strumenti. Tale programmazione prevede uno scatto ogni 5 minuti nel corso del giorno (durante le ore di luce, in relazione all’altezza del sole sull’orizzonte); si spegne automaticamente quando il pirometro della centralina meteo rileva il raggiungimento di una soglia minima di radiazione solare e quindi di luce naturale e viene riattivata il mattino seguente all’alba, sempre grazie al segnale inviato dal sensore della radiazione solare.
La stazione di misura è provvista, inoltre, di una centralina meteo comprendente un anemometro (per la misurazione della velocità e direzione del vento), un pirometro (per la misurazione della radiazione solare), un termoigrometro (per la misurazione della temperatura e dell’umidità dell’aria), un pluviometro (per la misurazione della quantità di pioggia), un barometro (per la misurazione della pressione atmosferica). I dati meteo vengono raccolti in continuo ogni 5 secondi ed aggregati in medie orarie e minimi / massimi giornalieri.
“La compromissione della visibilità è probabilmente l’effetto più facilmente riconoscibile dell’inquinamento nell’atmosfera. Attraverso il progetto Visibility daremo il nostro contributo per tutelare e preservare questa risorsa anche per le generazioni future”, conclude Petralia.
Tutte le attività Visibility Italia rientrano nel progetto LIFE MODERn (NEC), coordinato dal CUFA in collaborazione con Legambiente, a cui partecipano ENEA, Cnr, CREA, Università di Firenze, Università di Camerino e TerraData Environmetrics Srl. “Questo programma ha lo scopo di rispondere alle richieste della Direttiva europea NEC[2], che impegna gli Stati membri a ridurre le emissioni in atmosfera di alcuni inquinanti mediante l’attuazione di programmi nazionali di controllo dell’inquinamento atmosferico e a monitorare gli effetti degli inquinanti atmosferici sugli ecosistemi, naturali e semi naturali, forestali e di acqua dolce, poichè tali inquinanti sono pericolosi non solo per la salute umana, ma anche per quella degli ambienti naturali”, conclude Papitto.
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