ROMA (ITALPRESS) – Il Parlamento europeo ha approvato le nuove regole che definiscono le tariffe che i Paesi UE possono imporre ai veicoli che viaggiano sulle strade della rete di trasporto transeuropea (TEN-T). Le novità introdotte riguardano principalmente l’introduzione di appositi pedaggi al posto dei bolli, in modo da spostare la tariffazione stradale da un modello basato sul tempo ad uno basato sui chilometri effettivamente percorsi; la considerevole riduzione della tariffazione stradale per i veicoli a zero o basse emissioni, con l’obbligo per i Paesi UE, dal 2026, di differenziare gli oneri per l’infrastruttura e i diritti di utenza dei mezzi sulla base delle emissioni di CO2 e infine l’obbligo per i Paesi membri di riportare pubblicamente le informazioni relative ai pedaggi, ai diritti d’utenza imposti sul loro territorio e al loro utilizzo.
“ANITA concorda con le nuove norme basate sul cosiddetto “chi inquina paga”, rivolte non solamente ai mezzi del trasporto di merci, ma anche ai mezzi del trasporto persone, autobus e vetture, e sul fatto che veicoli moderni e puliti devono pagare di meno – ha dichiarato il presidente di ANITA Thomas Baumgartner -. E’ dimostrato che il 75% delle emissioni CO2 prodotte dal traffico è da ascrivere alle vetture mentre solamente il 5,8% al trasporto merce stradale anche perchè il parco automezzi pesanti del trasporto merci si è maggiormente ammodernato rispetto al parco delle vetture negli ultimi anni e i nuovi veicoli pesanti EuroVI immettono meno sostanze nocive delle vetture con motore di pari classe”.
Il diritto di veto dei singoli stati sottolinea il principio che i pedaggi autostradali non possono essere decisi in autonomia da singoli Stati o regioni ma devono essere concordate a livello europeo.
ANITA plaude a questo principio, che peraltro ha sempre sostenuto, perchè permette di garantire il principio della libera circolazione senza discriminazione all’interno della UE a tutti i cittadini e garantisce all’Italia tutela dalle azioni unilaterali dei paesi confinanti che potrebbero ostacolare con pedaggi sproporzionati l’interscambio di merce con i paesi comunitari.
“Il Tirolo dovrà dunque adeguarsi alle nuove norme – sottolinea Baumgartner – e non potrà più richiedere pedaggi notturni doppi rispetto a quelli giornalieri e solamente per il traffico di transito e non anche per il traffico locale, come attualmente succede. Sarà invece fattibile, previo accordo tra i singoli Paesi, introdurre pedaggi che penalizzano e scoraggiano l’utilizzo di mezzi meno puliti e più inquinanti”.
“Regole di questo tipo possono inoltre essere utili per migliorare ulteriormente la qualità dell’aria nella valle dell’Inn in Tirolo, dove già oggi , grazie all’impiego di mezzi di trasporto merce tra i più moderni d’Europa, le stazioni di misurazione delle emissioni lungo l’autostrada dimostrano che i limiti di emissioni Nox o Pm10 imposte dalle normative comunitarie non vengono più superati, cosa che invece succede ancora di frequente nelle grandi città dell’Austria come Vienna, Salisburgo o Innsbruck”, ha infine concluso Baumgartner.
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Tariffe autotrasporto, Anita “Chi inquina paga, bene le nuove regole Ue”
Poste, a Roma nel 2021 risparmio di 700mila Kwh e 800 tonnellate di Co2
ROMA (ITALPRESS) – Oggi 18 febbraio è la Giornata internazionale del risparmio energetico. Poste Italiane coglie l’occasione per confermare la sua Politica di Sostenibilità Ambientale finalizzata a promuovere iniziative e cultura a tutela della salvaguardia dell’ambiente e si impegna a raggiungere l’obiettivo di diventare un’azienda a zero emissioni nette entro il 2030.
Anche a Roma e provincia, l’Azienda continua pertanto a implementare una serie di progetti di efficientamento energetico che già hanno prodotto degli ottimi risultati.
Con il “Progetto Led”, ad esempio, che prevede la sostituzione delle lampade fluorescenti con quelle a tecnologia led per abbattere i consumi di energia elettrica, le 70 sedi romane già interessate dall’iniziativa hanno contribuito a produrre un risparmio annuale di circa 700.000 kWh e una riduzione di 600 tonnellate delle emissioni di anidride carbonica.
La realizzazione degli impianti fotovoltaici effettuati e operativi presso la sede di Acilia e il centro di Smistamento di Fiumicino, che fanno parte di un altro progetto avviato nella Capitale, ha comportato ulteriori benefici sia in termini di riduzione annuale di 170 tonnellate delle emissioni di anidride carbonica sia per quanto riguarda la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile: nel 2021 circa 260mila kWh, in parte autoconsumata nei due siti in parte reimmessa in rete.
All’obiettivo dell’efficientamento energetico degli edifici di Roma e provincia, si aggiunge quello legato al rinnovo della flotta aziendale attraverso la sostituzione del parco veicoli esistente con mezzi “green”, soprattutto per il recapito di pacchi e corrispondenza. In questo senso, a disposizione dei portalettere della Capitale e della provincia romana sono già operativi 506 mezzi ecologici: 151 quadricicli e 128 tricicli elettrici e 227 tricicli a benzina a basse emissioni. Entro il 2024 anche a Roma e provincia sono previste sia la totale sostituzione del parco veicoli (totale di 26mila mezzi green a livello nazionale) sia, entro il 2025, la riduzione del 30% delle emissioni di anidride carbonica.
Per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità, Poste Italiane ha anche recentemente introdotto la nuova figura professionale dell’EGE (esperto in gestione dell’energia), il quale si occupa dell’efficientamento energetico delle sedi aziendali.
Nel Lazio il responsabile è Danilo Ferrarelli, che coordina il lavoro anche in Abruzzo, in Sardegna e in Molise: “La salvaguardia dell’ambiente – commenta – è una priorità che il Gruppo Poste Italiane ha introdotto nel proprio Codice Etico, nel quale si assume l’impegno di promuovere, nell’ambito delle proprie strutture, un uso razionale delle risorse e un’attenzione alla ricerca di soluzioni innovative per garantire una riduzione degli impatti ambientali generati dalla propria attività”.
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Cnr, biosensori ecosostenibili rilevano molecole tossiche per l’ambiente
ROMA (ITALPRESS) – La fabbricazione di biosensori enzimatici è un settore in continua espansione che ha attirato l’attenzione a livello industriale grazie alla possibilità di poter sfruttare le proprietà intrinseche dei biorecettori enzimatici che li rendono altamente selettivi e sensibili. In particolare, i biosensori a base dell’enzima laccasi suscitano molto interesse per la loro capacità di rilevare molecole altamente tossiche nell’ambiente diventando strumenti essenziali nei campi delle tecnologie di produzione industriale con un basso impatto ambientale come la biotecnologia bianca e la chimica verde che utilizzano rispettivamente organismi viventi e sostanze chimiche non inquinanti al fine di creare processi industriali con meno sottoprodotti dannosi.
La produzione di un nuovo biosensore a base di laccasi, esente da metalli, con capacità di riutilizzo e conservazione senza precedenti, è stata raggiunta dal gruppo di ricerca dell’Istituto di struttura della materia del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ism) attraverso l’applicazione della metodologia di deposizione elettrospray (ESD) come tecnica di immobilizzazione enzimatica efficiente al fine di evitare il distacco dell’enzima dal sensore durante l’utilizzo.
Lo studio è stato condotto in collaborazione con il Dipartimento di chimica Sapienza Università di Roma, l’Università degli studi di Foggia e ricercatori degli istituti Cnr, per lo studio dei materiali nanostrutturati (Ismn), di geologia ambientale e geoingegneria (Igag) e di metodologie per l’analisi ambientale (Imaa).
“La ionizzazione elettrospray (ESI) è stata utilizzata per la deposizione, a pressione e temperatura ambiente, dell’enzima laccasi su un substrato di carbonio impiegando una chimica sostenibile”, spiega Mattea Carmen Castrovilli, giovane ricercatrice del Cnr-Ism e primo autore dello studio pubblicato sulla rivista Sustainable Chemistry and Engineering, dell’American Chemical Society. “Questo lavoro mostra come la tecnica ESD possa essere sfruttata con successo per la fabbricazione di un nuovo promettente biosensore elettrochimico amperometrico a base di laccasi ecocompatibile, con capacità di conservazione e riutilizzo che non ha eguali. Il risultato più rilevante, infatti, riguarda le grandi prestazioni in termini di riutilizzo e stoccaggio. Quest’ultimo può arrivare fino a due mesi senza particolari cure, lasciando il biosensore a pressione e temperatura ambiente ed esposto alla luce solare. Inoltre, la possibilità di riutilizzare un sensore appena realizzato per 63 volte consecutive e un sensore vecchio di un anno sottoposto a rideposizione per 20 volte consecutive, sottolinea il buon ancoraggio dell’enzima grazie alla tecnica di immobilizzazione ESD”.
Il risultato ottenuto dai ricercatori è confermato dal confronto con la più comune tecnica del drop casting che non riesce a competere in termini di stabilità nel riutilizzo. L’assenza di sostanze chimiche aggiuntive in fase di immobilizzazione e le peculiari prestazioni relative al riuso, alla stabilità nel tempo e al ricondizionamento del sensore, rendono sia il processo che il prodotto finale ecologico e sostenibile. “Questa procedura ESD può essere estesa ad altri tipi di enzimi o macromolecole bioattive. Pertanto, può trovare applicazioni interessanti e di successo nella biotecnologia e nella bioingegneria”, conclude la ricercatrice Cnr-Ism.
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Parte da Riccione un maxi-intervento per la difesa della costa romagnola
BOLOGNA (ITALPRESS) – “Progettone 4”: parte da Riccione il maxi-intervento di ripascimento della costa romagnola. A dieci giorni dall’avvio, è già entrata nel vivo la costruzione della prima delle due grandi condotte, da 2 km di lunghezza e 900 mm di diametro, che consentiranno di far arrivare direttamente sulle spiagge 25 mila metri cubi di sabbia al giorno, proveniente dai fondali sottomarini. Una seconda tubazione, estesa per oltre quattro chilometri, sarà completata e operativa nei lidi ravennati entro i primi di marzo.
Stamattina Irene Priolo, assessore regionale alla Difesa del suolo e della costa, ha incontrato a Cesenatico i sindaci dei comuni interessati, insieme agli operatori balneari, per presentare il cronoprogramma dei lavori.
“Le opere sono partite secondo i tempi previsti e continueranno senza sosta fino a maggio, per concludersi nell’arco di tre mesi- ha dichiarato l’assessore Priolo-. Il ripascimento sarà un cantiere no-stop, operativo sette giorni su sette, 24 ore al giorno: l’obiettivo è non perdere nemmeno un minuto per chiudere i lavori entro l’avvio della stagione balneare”.
Sette le località interessate dai lavori: Lido di Dante, Milano Marittima, Punta Marina, Misano Adriatico, Cesenatico, Igea Marina e, appunto, la stessa Riccione. Il tutto per 11 km di litorale che si affacciano sulle province di Rimini, Forlì-Cesena e Ravenna: saranno arricchiti di 1 milione 100 mila metri di sabbia. A finanziare i lavori è la Regione, con un investimento di oltre 19 milioni e mezzo di euro.
Da inizio marzo, la sabbia sarà prelevata a 70 chilometri al largo nell’area del ravennate, grazie all’impiego di una draga che la caricherà e la trasporterà fino all’imbocco del sistema di tubazioni in corso di realizzazione. Da lì verrà inviata sul litorale, a partire da Riccione e da Lido di Dante.
“La precedenza nell’esecuzione dei lavori è stata assegnata a questa località per limitare al massimo eventuali interferenze con la fase riproduttiva delle specie che nidificano sul litorale all’interno dell’area del Parco del Delta del Po, e ciò dimostra la volontà concreta di coniugare la sicurezza del territorio con la tutela della biodiversità- ha aggiunto l’assessore-. Fatta eccezione per Riccione, dove il cantiere avrà una durata maggiore per la necessità di realizzare le due condotte, in media le altre località vedranno lo svolgersi dei lavori nell’arco di massimo due settimane. Lavoreremo a ritmo serrato, sempre in stretta collaborazione con gli enti locali- ha concluso Priolo- per portare a termine un progetto fondamentale in termini di sicurezza idraulica, ma anche per la crescita dell’economia blu che vede nel mare la sua fonte di ricchezza”.
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Antartide, due mesi a -40° per completare il campo di Little Dome C
ROMA (ITALPRESS) – In Antartide, nel campo remoto di Little Dome C, si è conclusa con successo la prima campagna di perforazione del progetto Beyond Epica Oldest Ice, una sfida senza precedenti per gli studi di paleoclimatologia. L’obiettivo è di tornare indietro nel tempo di 1 milione e mezzo di anni, alla scoperta delle temperature e della concentrazione dei gas serra del passato, attraverso l’analisi di una carota di ghiaccio estratta dalla profondità della calotta.
Finanziato dalla Commissione europea con 11 milioni di euro e da significativi contributi finanziari da parte delle nazioni partecipanti, il progetto si estende per sette anni (a partire dal 2019) ed è coordinato da Carlo Barbante, direttore dell’Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isp) e professore all’Università Cà Foscari Venezia. Dodici i centri di ricerca partner, di dieci Paesi europei e non.
Per l’Italia oltre al Cnr e all’Università Cà Foscari, partecipa anche l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (Enea), incaricata insieme all’Istituto polare francese del modulo di lavoro relativo alla logistica.
Le attività del progetto Beyond Epica Oldest Ice beneficeranno della sinergia con quelle svolte in ambito del Pnra, il Programma nazionale di ricerche in Antartide, finanziato dal Mur, coordinato dal Cnr per le attività scientifiche e dall’Enea per l’attuazione operativa delle spedizioni.
Dalla fine di novembre all’inizio di gennaio, il team internazionale ha raggiunto in pochi giorni la profondità di 130 metri, dove il ghiaccio conserva le informazioni sul clima e l’atmosfera di circa 3000 anni fa. I primi campioni di ghiaccio di Beyond Epica sono stoccati ora presso la base italo-francese di Concordia, sul plateau antartico orientale.
Durante i prossimi anni, questi campioni e, soprattutto quelli che saranno raccolti durante le prossime campagne saranno trasportati nei laboratori europei. Obiettivo, raggiungere una profondità di circa 2.700 metri, che rappresenta lo spessore del ghiaccio a Little Dome C.
Little Dome C è un’area di 10 km2 situata a 34 km dalla stazione italo-francese Concordia, uno dei luoghi più estremi e difficili della Terra. Glaciologi, ingegneri e tecnici del team internazionale hanno lavorato a un’altitudine di 3.233 metri sul livello del mare, a oltre 1.000 km dalla costa. Forti raffiche di vento e una temperatura quasi sempre sotto i -40°C, con minime di -52°C, hanno reso i lavori per l’allestimento del campo ancora più impegnativi.
I principali obiettivi portati a termine dal team di Beyond Epica-Oldest Ice, infatti, sono stati l’allestimento del campo, che ora può ospitare fino a 15 persone durante l’estate antartica, e l’installazione del complesso sistema di perforazione necessario per proseguire questa straordinaria opera nelle prossime stagioni.
La tenda di perforazione contiene ora la cabina di controllo, una torre di perforazione inclinabile per la manovra del sistema di perforazione – che può estrarre carote di ghiaccio lunghe fino a 4,5 metri – e un laboratorio per la preparazione e lo stoccaggio dei campioni. Il foro di perforazione è stato calibrato e protetto da un tubo di rivestimento, due operazioni delicate che hanno richiesto diversi giorni di lavoro.
“Siamo molto soddisfatti del lavoro svolto finora. La nostra prossima campagna prevede un test finale del sistema di perforazione per poi procedere rapidamente alla perforazione profonda”, dice Carlo Barbante, presente sul campo nel corso di questa missione.
La storia climatica e ambientale del nostro pianeta è conservata nel ghiaccio e può fornire informazioni fino a centinaia di migliaia d’anni addietro sull’evoluzione della temperatura e sulla composizione dell’atmosfera.
I ricercatori saranno in grado quindi di stabilire le quantità dei vari gas serra, come metano e anidride carbonica, nell’atmosfera del passato, mettendole in relazione all’evoluzione delle temperature.
“Riteniamo che questa carota di ghiaccio ci possa fornire informazioni sul clima del passato e sui gas serra presenti nell’atmosfera durante la transizione del Medio Pleistocene (MPT), avvenuta tra 900.000 e 1,2 milioni di anni fa – conclude Barbante -. Durante questa transizione la periodicità climatica tra le ere glaciali è passata da 41.000 a 100.000 anni; perchè questo sia avvenuto è il mistero che ci proponiamo di risolvere”.
Gli altri scienziati presenti durante questa campagna sono stati: Thomas Stocker, Remo Walther e Jakob Schwander dell’Università di Berna. I perforatori Philippe Possenti, Gregory Teste, Olivier Alemany e Romain Duphil dell’Università di Grenoble-Alpes, e Matthias Hùther dell’Istituto Alfred Wegener. La logistica e le telecomunicazioni sono state gestite da Michele Scalet, Saverio Panichi, Giacomo Bonanno e Calogero Monaco dell’Enea, mentre i lavori di elettrificazione del campo sono stati gestiti da Olivier Delanoe e Anthony Pauty dell’Istituto polare francese (Ipev).
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Smog, gli alberi proteggono gli affreschi di Raffaello a Villa Farnesina
ROMA (ITALPRESS) – Le logge di Villa Farnesina, affrescate da Raffaello Sanzio, possono subire i danni dovuti all’esposizione alle polveri inquinanti emesse dal traffico automobilistico di Roma. Attraverso l’utilizzo di tecniche ambientali multidisciplinari, un team di esperti dell’Accademia Nazionale dei Lincei, dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e dell’Università di Siena (UniSI) ha monitorato l’impatto delle polveri atmosferiche (PM) inquinanti da traffico veicolare sulle logge affrescate da Raffaello, nell’innovativo studio Assessing the impact of vehicular particulate matter on cultural heritage by magnetic biomonitoring at Villa Farnesina in Rome, Italy appena pubblicato sulla rivista ‘Science of the Total Environment’.
A Villa Farnesina, sede di rappresentanza dell’Accademia Nazionale dei Lincei, le logge affrescate da Raffaello si trovano distanti oltre 30 m dalla principale strada limitrofa, Lungotevere Farnesina, con piante e alberi presenti sia all’esterno che nei Giardini della Villa. Mentre nelle foglie campionate dagli alberi e dalle piante sono state rilevate polveri metalliche automobilistiche con concentrazioni dipendenti dalla distanza dalla strada, nei licheni esposti per tre mesi all’interno delle logge non sono stati riscontrati accumuli importanti di tali particolati. La distanza delle logge dalla strada e la presenza di alberi hanno fortemente ridotto l’impatto del particolato inquinante sulle sale affrescate: le foglie degli alberi, soprattutto dei platani sul Lungotevere, hanno ritenuto le polveri metalliche, emesse principalmente ai freni veicolari, fornendo così un importante servizio di protezione delle opere d’arte contenute nella Villa.
Lo studio è iniziato con il campionamento delle foglie dei platani disposti su Lungotevere Farnesina e, all’interno dei Giardini, avvicinandosi alle logge, di cipressi, oleandri e mirti, al fine di individuare anche le specie più idonee a ritenere particolato atmosferico, in grado così di fornire con maggiore efficienza i servizi ecosistemici di protezione preventiva dei beni culturali.
Successivamente, per indagare la diffusione delle polveri metalliche all’interno delle sale, è stata curata l’esposizione dei trapianti lichenici, la cui analisi ha permesso di determinare l’andamento dei parametri magnetici e chimici legati all’accumulo di polveri da inquinamento atmosferico con la distanza dalla strada, senza peraltro incorrere nella variabilità connessa all’impiego, ai fini del biomonitoraggio, di specie differenti di piante.
In particolare, l’INGV ha curato le analisi magnetiche di foglie e licheni, che sono state integrate con le misurazioni chimiche effettuate dal dipartimento di Scienze della Vita dell’Università di Siena, sotto la supervisione logistica e organizzativa dell’Accademia Nazionale dei Lincei.
Lo studio proseguirà in ulteriori contesti urbani caratterizzati da intenso traffico veicolare, in compresenza di monumenti e beni artistici: sono già in corso gli studi sull’area Palatina del Parco Archeologico del Colosseo, con lo scopo comune di indagare i fondamentali servizi ecosistemici forniti dal verde urbano, in merito alla mitigazione degli effetti nocivi dell’inquinamento atmosferico.
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Bollette, Wwf-Greenpeace-Legambiente “No a raddoppio produzione gas”
ROMA (ITALPRESS) – “Nell’affrontare il caro bollette ancora una volta il Governo sta sbagliando strada e soluzioni da adottare”. In vista del prossimo Cdm, Greenpeace Italia, Legambiente e WWF Italia tornano a ribadire che “il Paese non ha bisogno di soluzioni tampone, scellerate e insensate: non serve raddoppiare la produzione del gas e avviare nuove trivellazioni a terra e a mare. I veri interventi da mettere in campo, e che purtroppo al momento ancora latitano, riguardano la decuplicazione della velocità di sviluppo delle fonti rinnovabili, a partire dal solare fotovoltaico e dall’eolico, e l’avvio di serie politiche di efficienza energetiche nei consumi domestici e nei cicli produttivi. Occorrono soluzioni credibili e radicali – sottolineano le associazioni – per ridurre le emissioni di CO2, semplificando anche le procedure autorizzative e garantendo un ruolo sempre maggiore alle fonti rinnovabili e ai sistemi di accumulo e correggendo e stabilizzando il superbonus edilizio del 110%. Solo così si potranno ridurre davvero le bollette e aiutare allo stesso tempo l’ambiente e le famiglie ad abbattere i costi”.
“Il gas fossile – sottolineano ancora le associazioni – è un combustibile che minaccia il clima e da cui dipendiamo in modo pericoloso, come dimostra il prezzo attuale delle nostre bollette. L’Italia importa il 94% del gas naturale che utilizza e ciò porta ad un’eccessiva dipendenza dal contesto internazionale e una conseguente vulnerabilità, assolutamente non mitigabile con eventuali nuove estrazioni dalle irrisorie riserve nazionali (agli attuali consumi esauriremmo le riserve certe e probabili di gas nazionale in soli 15 mesi), che non si avrebbe se investissimo nelle rinnovabili e in efficienza. Gli investimenti previsti nel gas fossile, comprensivi di Capacity Market, ci costeranno almeno 30 miliardi di euro, che verranno sottratti alle energie rinnovabili, unica vera soluzione al cambiamento climatico”.
Le associazioni ribadiscono anche le loro critiche di fondo sul PITESAI, pubblicato in questi giorni dopo l’intesa con le Regioni e in attesa del decreto ministeriale conclusivo. “Ci saremmo attesi da un Piano strategico per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee come il PiTESAI, in coerenza con l’obiettivo europeo di decarbonizzazione al 2050, – dichiarano Greenpeace Italia, Legambiente e WWF Italia – uno stop a qualsiasi rilascio di nuove autorizzazioni per concessioni di coltivazioni di idrocarburi liquidi e gassosi a terra e a mare; un’indicazione chiara sul termine ultimo per chiudere qualsiasi attività estrattiva nel nostro Paese (come hanno fatto per legge da Francia e Danimarca); nessuna proroga per le concessioni di coltivazione e i permessi di ricerca che non siano stati sottoposti a VIA (94 concessioni e 1 permesso di ricerca sui 248 titoli minerari vigenti al 30/6/2021)”.
Gli ambientalisti ricordano che, secondo quando previsto dal PITESAI, potranno invece riprendere i procedimenti autorizzativi vecchi e nuovi (compresi quelli di Valutazione di Impatto Ambientale) per la prospezione e ricerca degli idrocarburi, che erano stati sospesi con la moratoria del 2019, che minacciano 26mila kmq sulla terraferma e circa 91mila chilometri quadrati di mare (con il rischio che vengano anche riaperte aree situate nell’Alto Adriatico dove finora erano bloccate le attività di ricerca per problemi legati al rischio subsidenza). Attività di ricerca, che saranno comunque finalizzate alla sola individuazione delle riserve di gas (come richiesto dalla Conferenza Unificata).
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Barilla a Muggia ancora più green con impianto di trigenerazione
PARMA (ITALPRESS) – In un mondo che va sempre più verso le energie rinnovabili, con l’ottica di diminuire i costi di gestione e, soprattutto, le emissioni inquinanti, il Gruppo Barilla – il cui brand Mulino Bianco già utilizza solo energia proveniente da fonti rinnovabili come l’acqua, il sole e il vento – continua a migliorare i processi tecnologici dei propri impianti contribuendo al benessere del Pianeta.
L’ultima novità su questo fronte, che viene annunciata in occasione della Giornata Mondiale del Risparmio Energetico (18 febbraio), riguarda l’impianto di trigenerazione nello stabilimento di Muggia (Trieste). Nel pastificio, acquisito nell’ottobre 2020 da Pasta Zara e fra i più grandi al mondo nel settore, sono in corso i lavori per la costruzione di un sistema di trigenerazione da 4,4 MWe, di proprietà e gestione di E.ON, che produrrà l’energia elettrica, termica e frigorifera necessari alla produzione della pasta e permetterà di ridurre le emissioni di CO 2 di circa il 16%.
Il progetto di Muggia fa seguito a quelli di Pedrignano (PR) e Marcianise (CE), dove sono già presenti degli impianti di trigenerazione.
Piccoli e grandi gesti d’amore verso il Pianeta che permettono di portare nelle case degli italiani la gioia di un cibo buono e rispettoso dell’ambiente.
Nel 2020 Barilla ha investito oltre 8,8 milioni di euro per ridurre l’impatto ambientale dei processi produttivi, dei quali circa 2 milioni di euro sono stati destinati a interventi di efficientamento negli stabilimenti. Tra gli interventi di efficientamento ci sono per esempio l’utilizzo di forni e impianti di condizionamento ad alta efficienza energetica, la sostituzione dei bruciatori, il migliore isolamento termico, la realizzazione di sistemi di recupero di calore e ottimizzazione del lavaggio trafile. Ulteriori interventi di efficientamento energetico hanno riguardato i sistemi di illuminazione attraverso l’installazione di nuove soluzioni basate su tecnologie LED. L’investimento ha consentito l’implementazione del programma Energy Saving Project (ESP), nell’ambito del quale ogni stabilimento del Gruppo si impegna a ricercare nuovi progetti per ridurre il consumo di energia. Le iniziative intraprese hanno consentito di ridurre negli anni l’energia consumata per tonnellata di prodotto finito. Per quanto riguarda l’energia elettrica acquistata, una consistente quota, circa il 64% del totale, è dotata di certificazione Garanzia d’Origine (GO), certificazione che attesta l’origine rinnovabile delle fonti utilizzate.
Dal 2010 ad oggi, l’Azienda di Parma ha ridotto del -31% le emissioni di CO 2 eq. e del 23% il consumo idrico per tonnellata di prodotto finito. Va in questa direzione il traguardo della completa compensazione delle emissioni di gas a effetto serra dei brand Wasa, Gran Cereale, Harrys e Mulino Bianco, i primi ad aver raggiunto la compensazione totale delle emissioni di CO2eq.
In un’ottica di comunicazione trasparente delle proprie performance ambientali, Barilla aderisce alle iniziative promosse da Carbon Disclosure Project (CDP), organizzazione internazionale indipendente che fornisce a imprese, autorità locali, governi e investitori un sistema globale di misurazione e rendicontazione degli impatti ambientali. Ogni anno il Gruppo partecipa compilando i questionari in ambito Climate Change, Forest e Water.
Nel corso del 2021, il Gruppo ha ottenuto una valutazione (su una scala che va da un minimo di D- sino al massimo di A) di: “B” nell’ambito Climate Change; una valutazione di “B” per quanto concerne Forest, una valutazione “B” nell’ambito Water.
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