Home Cronaca Pagina 130

Cronaca

ROMA, INCENDIO ALL’OSPEDALE SAN PIETRO

0

Incendio nella notte all’interno dell’ospedale Villa San Pietro a Roma. Il rogo a causa di un corto circuito nel Nucleo centrale che ha messo fuori uso l’intero impianto elettrico e i generatori di emergenza.

E’ scattato il piano di emergenza e tutti i servizi di soccorso e antincendio. Sul posto sono intervenuti i Vigili del Fuoco ed è stata istituita prontamente l’Unità di crisi coordinata dall’Ares 118 per il trasferimento dei pazienti presso gli altri ospedali limitrofi che sono stati tutti allertati.

L’ospedale con 400 posti letto è stato completamente evacuato in piena sicurezza in circa 9 ore. Circa 120 sono stati i pazienti trasferiti con ambulanza in altri ospedali della capitale. I pazienti che erano in condizione di essere dimessi sono stati dimessi. Erano presenti in ospedale al momento dell’incendio 14 gestanti a termine gravidanza e 9 neo mamme con i loro neonati.

“Si e’ messa in moto la grande macchina dell’emergenza – ha commentato il Presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti – Tutti i pazienti sono stati ricollocati in altri ospedali e non c’e’ stato alcun ferito. Voglio ringraziare tutti gli operatori sanitari del 118, la Polizia, i Carabinieri, Vigili del Fuoco e volontari che dalle prime ore del mattino sono prontamente intervenuti. Un lavoro straordinario svolto in grande solidarieta’”.

“L’emergenza e’ stata pienamente gestita in sicurezza dal Sistema sanitario regionale – conclude l’Assessore alla Sanita’ e l’Integrazione Sociosanitaria della Regione Lazio, Alessio D’Amato – Un grazie a tutti gli operatori che con grande spirito di sacrificio sono intervenuti sin dalle prime ore del mattino. L’auspicio ora e’ che la struttura possa riprendere rapidamente
l’attivita’ poiche’ Roma con 400 posti in meno nella rete dell’emergenza ha sicuramente una sofferenza”.

 

CORRUZIONE, 14 ARRESTI TRA CUI SINDACO FUSCALDO

0

Quattordici persone, tra cui il sindaco ed il vicesindaco di Fuscaldo, in provincia di Cosenza, sono state arrestate dalla Guardia di finanza nell’ambito di un’operazione coordinata dalla Procura di Paola. Gli indagati devono rispondere, a vario titolo, dei reati di corruzione, tentata concussione, indebita induzione a dare o a promettere, peculato, turbative di gare pubbliche e di procedimenti di scelta dei contraenti della Pubblica Amministrazione e falso ideologico. Dodici di loro sono finiti in carcere e altri due ai domiciliari.

L’ordinanza di custodia cautelare, insieme ad un decreto di sequestro preventivo, è stata emessa dal gip presso il Tribunale di Paola, Maria Grazia Elia, su richiesta del procuratore Pierpaolo Bruni e dei sostituti Antonio Lepre e Teresa Valeria Grieco.

Il provvedimento cautelare, oltre al sindaco e vicesindaco, ha riguardato anche un assessore del Comune di Fuscaldo, nonché un funzionario pubblico, imprenditori, un professionista ed altre persone. Al centro delle indagini la gestione di molti appalti pubblici e affidamenti diretti sia del Comune di Fuscaldo che del Comune di Cosenza, afferenti “lavori, servizi e forniture” di valore complessivo pari ad oltre 7,5 milioni di euro.

Elemento di collegamento fra i due Enti Locali cosentini: la figura di un funzionario, dipendente a tempo indeterminato presso il Comune di Cosenza ed autorizzato ad esercitare part-time le funzioni di Responsabile di Settore anche presso il Comune di Fuscaldo.

Le indagini hanno consentito di accertare l’esistenza di un “collaudato sistema corruttivo e di collusioni nella gestione della cosa pubblica”, radicato presso i due Enti locali e alimentato da “abituali condotte illecite poste in essere da Pubblici Ufficiali ed imprenditori”, ai danni dei due Comuni.

Le molteplici turbative delle gare e dei procedimenti di scelta dei contraenti della Pubblica Amministrazione sono state scoperte all’esito di articolate e complesse indagini, sviluppate mediante specifiche attività tecniche, analisi di una enorme mole di documentazione cartacea ed informatica acquisita all’esito di perquisizioni e sequestri (aventi ad oggetto anche 26 supporti informatici: tra personal computer, tablet e telefoni cellulari), assunzione di dichiarazioni testimoniali, indagini finanziarie ed accertamenti patrimoniali.

Per ciascuna gara pubblica e di procedimento di scelta del contraente, i Finanzieri hanno ricostruito “gli accordi clandestini e le collusioni” fra i soggetti pubblici e privati, nonché i mezzi fraudolenti utilizzati per assegnare illecitamente i lavori ed i servizi da parte dei Comuni, in violazione alle norme contenute nel Codice degli Appalti ed altre che regolamentano l’esercizio della funzione pubblica.

In diversi casi, le indagini hanno documentato che gli atti contrari ai doveri d’ufficio ovvero le omissioni di atti dovuti da parte di Pubblici Ufficiali venivano retribuiti, in termini di contropartita ed in virtù di accordi corruttivi o per effetto delle condotte di indebita induzione, da promesse illecite di utilità – consistite in “incarichi professionali, assunzioni di lavoratori ed utilizzo gratuito di struttura alberghiera” – ovvero dazioni di utilità – rappresentate da “trasferimenti di sede di lavoro di pubblici dipendenti” – ed altri “doni”.

Sono stati ricostruiti i rapporti interpersonali fra i Pubblici Ufficiali, gli imprenditori e gli altri soggetti coinvolti, i quali hanno contrassegnato una “funzione pubblica spogliata della sua reale natura”, finalizzata cioè al “perseguimento dell’interesse pubblico e del bene comune”, ma piegata strumentalmente per il “mero raggiungimento di interessi privati”. In molte occasioni, la commistione fra gli “interessi pubblici” e gli “interessi privati” avrebbe determinato la creazione di una vera e propria “confusione fra ruoli” tra il Pubblico Ufficiale, l’imprenditore e viceversa.

A due società, inoltre, è stata applicata la misura cautelare interdittiva del “divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione”, per la durata di un anno. Sono complessivamente 20 le persone indagate.

MAFIA, CONFISCA PER 9 MLN A PALERMO

0

La Polizia ha eseguito un decreto di confisca di beni, mobili ed immobili  per un valore di 9 milioni di euro, ad Antonino Maranzano, palermitano di 78 anni.
Il decreto è stato disposto dal Tribunale di Palermo che oltre alla misura della confisca dei beni, ha disposto nei confronti di Maranzano l’applicazione della misura di prevenzione personale della Sorveglianza Speciale di P.S. con obbligo di soggiorno nel comune di residenza per tre anni.
La proposta del Questore ha tratto spunto dalle indagini condotte dalla Squadra Mobile di Palermo che, nel giugno del 2010, hanno portato all’arresto di 18 persone, responsabili a vario titolo dei reati di partecipazione ad associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsioni e trasferimento fraudolento di valori, aggravato.
Il 17 gennaio 2013, con sentenza emessa dalla Corte di Appello di Palermo, divenuta irrevocabile il 21 febbraio 2014, Antonino Maranzano è stato condannato a otto anni e sei mesi di reclusione.

In particolare per aver fatto parte della famiglia mafiosa di Uditore, svolgendo in tale qualità il ruolo di referente per Ia “messa a posto” di imprese operanti nel territorio di Palermo e zone limitrofe per conto della organizzazione mafiosa; per essersi attivato in favore di Francesco Bonura, sottocapo della famiglia mafiosa dell’Uditore e di altri appartenenti al sodalizio in relazione alla gestione di attività imprenditoriali
nell’interesse di Cosa Nostrae per avere fittiziamente attribuito a Francesco Gottuso, previo accordo con quest’ultimo, l’intera titolarità della 3G Costruzioni s.r.l., di cui Maranzano era in realtà socio occulto,  al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali. Con la circostanza aggravante di aver commesso il fatto avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416-bis C.P. ed al fine di agevolare l’attività dell’associazione mafiosa denominata Cosa Nostra.

Le indagini hanno permesso di tratteggiare la figura di Maranzano
come quella di un soggetto postosi permanentemente e consapevolmente a servizio degli interessi associativi, il quale, operando come imprenditore nel settore edile, li ha fatti costantemente propri, rendendosi disponibile nel fondamentale settore della “messa a posto” e della distribuzione delle commesse ad imprese prescelte da Cosa Nostra e consentendo ad esponenti del calibro di Francesco Bonura e Gaetano Sansone (quest’ultimo noto anche per aver dato ospitalità a Salvatore Riina durante la sua latitanza), di continuare ad operare in modo occulto le loro infiltrazioni nel settore dell’edilizia.
Le successive indagini patrimoniali della Questura di Palermo hanno permesso di individuare un cospicuo patrimonio di origine illecita, riferibile a Maranzano, costituito da imprese edili, unità immobiliari, rapporti finanziari e polizze vita, raggiunto prima in data 30 agosto 2011 da un provvedimento di sequestro ed oggi dal decreto di confisca.

Con il decreto, eseguito dalla Polizia di Stato, è stata disposta la confisca dei seguenti beni: Intero capitate sociale delle società “EDIL COLOR s.r.l.” nonchè del complesso dei beni aziendali comprendenti  7 immobili a Palermo, in Corso Calatafimi ed in via Giuseppe Sunseri, nonché un’auto. Intero capitate sociale della società “3G COSTRUZIONI E SERVIZI s.r.l.” e del  complesso dei beni aziendali, consistenti in 16 appartamenti
nel comune di San Vito Lo Capo (TP), 11 appartamenti, 5 cantine ed un esercizio commerciale a Palermo in via Evangelista Di Blasi, 1 immobile ad uso ufficio in via Francesco Speciale, nonché 2 autocarri e 2 autovetture. Intero capitale sociale della società “Immobiliare CLD s.r.l.” e del complesso dei beni aziendali, tra i quali 7 immobili tra Palermo e San Vito Lo Capo. Altre unità immobiliari (appartamenti e box) tra i comuni di Palermo e San Vito Lo Capo, nonché Conti Correnti Bancari e Polizze Assicurative.

MALTEMPO, RITROVATO CORPO MEDICO PALERMITANO

0

E’ stato ritrovato il corpo del medico palermitano Giuseppe Liotta, 40 anni. Si trovava nel territorio di Roccamena, in un vigneto invaso dal fango, vicino alla Sp4.

Il corpo è stato trovato in un’azienda vitivinicola corleonese, nella zona di Roccamena. Dall’elicottero del quarto reparto volo della Polizia di Stato è stato individuato il corpo e gli uomini del Socorso Alpino e speleologico si sono fatti calare in zona e lo hanno raggiunto camminando in mezzo al fango.

 

ARRESTATO LATITANTE, MINACCIÒ TROUPE RAI

0

I Carabinieri del Gruppo di Locri, coadiuvati dai militari dello Squadrone Eliportato Cacciatori di “Calabria”, hanno arrestato il latitante Antonio Callipari, 25 anni, ricercato con il coordinamento della Dda di Reggio Calabria dal settembre del 2017, sfuggito all’esecuzione di un ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Tribunale di Milano all’esito dell’indagine  denominata Ignoto 23 finalizzata alla disarticolazione di una vasta organizzazione dedita al traffico di stupefacenti ed altri reati.

Il latitante, considerato promotore delle attività illecite dell’organizzazione, coordinava gli approvvigionamenti di cocaina e altre sostanze stupefacenti dalla Calabria alla Lombardia, mediante l’utilizzo di apposite auto con doppio fondo in grado di movimentare fino a 50 kg di cocaina alla settimana. Nell’ambito delle indagini sono stati inoltre documentati numerosi viaggi sull’asse Milano-San Luca che consentivano il rientro alla “base” di ingenti capitali provento dei traffici illeciti. Proprio a seguito dell’arresto, la perquisizione svolta presso il domicilio del latitante a San Luca ha consentito di confermarne le elevate disponibilità economiche con il rinvenimento e contestuale sequestro di circa 80.000 euro in  contante. 

Callipari, dal marzo del 2018, è stato colpito da un altro provvedimento cautelare, stavolta emesso dal Tribunale di Locri, sulla base del quale dovrà rispondere dei reati di minaccia aggravata e tentata rapina commessi in concorso con altre persone nel maggio dell’anno precedente, in danno di una troupe di Rai3 che si trovava a San Luca per delle riprese. “Non tornate più a San Luca se no siete morti”, aveva intimato Callipari ai tre malcapitati reporter dopo aver tentato di rapinare loro un cellulare e dopo numerose altre minacce per indurli a spegnere le telecamere e cancellare i filmati. La troupe, tuttavia, quel giorno riuscì a fuggire indenne e a mandare in onda tutti i filmati nella puntata di ‘Presadiretta’ del 25 settembre 2017, consentendo così l’avvio delle indagini da parte della Stazione Carabinieri di San Luca. Un tentativo di fuga dal retro dell’abitazione in cui si nascondeva, è stato l’ultimo atto di una latitanza durata oltre un anno, durante la quale per i suoi spostamenti l’uomo utilizzava documenti contraffatti. Callipari è stato trasferito presso il carcere di Reggio Calabria a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.

NAPOLI, ARRESTATI TRE TRAFFICANTI DROGA

0

I Carabinieri di Napoli hanno eseguito un’ordinanza di Custodia Cautelare in Carcere nei confronti di 3  persone di Secondigliano e Miano ritenuti responsabili di detenzione di stupefacenti a fini di spaccio.

L’indagine, coordinata dalla Procura di Napoli, trae origine dal contrasto allo spaccio nella “Masseria Cardone”, una zona del quartiere di Miano ritenuta da sempre la roccaforte del clan camorristico dei “Licciardi”, dove il 18 luglio scorso i militari sequestrarono a carico di ignoti oltre 11 chili di hashish e 600 grammi di cocaina pura nonché manoscritti contenenti numeri, nomi e sigle riconducibili all’illecita attività.
Analizzando i manoscritti si è risusciti a stimare un “giro d’affari” pari a circa 20.000 euro al giorno e oltre 7 milioni di euro l’anno.

Nel corso delle perquisizioni eseguite insieme agli arresti una singolare scoperta: a casa di uno dei 3 personaggi sono stati trovati bomboniere e confetti a forma di pistola e proiettili dorati per ricordare il giorno della prima comunione di un nipote.

Gli arrestati sono stati condotti al carcere di Poggioreale. Perquisendo una palazzina di edilizia popolare nel quartiere Chiaiano i carabinieri hanno rinvenuto nascosta sul tetto di uno stabile una pistola semiautomatica con matricola abrasa, carica e pronta a sparare.

Nel corso delle perquisizioni per blocchi di edifici, svolte anche con i vigili del fuoco per la rimozione di porte e cancellate, è stato trovato un minorenne evaso 2 mesi fa da una comunità in cui si trovava in esecuzione di una misura cautelare per rapina. E’ un 17enne di scampia il quale, quando ha compreso che i militari stavano arrivando al suo nascondiglio, ha provato a fuggire di calandosi da una finestra. E’ stato arrestato e condotto di nuovo nella comunità da cui era scappato.

SEQUESTRATA LA NAVE AQUARIUS

0

I finanzieri del Comando Provinciale della Sezione Operativa Navale di Catania, assieme allo Scico, hanno eseguito un sequestro preventivo d’urgenza per un importo complessivo di circa 460 mila euro ritenuto corrispondente al presunto profitto per attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, nei confronti sia dei due agenti marittimi Francesco Gianino e Ivan Giovanni Romeo, sia delle ONG “Medici senza frontiere – Operational Centre Belgium – Missione Italia”, “Medici senza frontiere – Operational Centre Amsterdam”, sia di appartenenti a vario titolo a tali enti. Disposto il sequestro preventivo della nave Ong “Aquarius” attualmente ormeggiata a Marsiglia, in Francia. Sono in tutto 24 gli indagati. 

“Ho fatto bene a bloccare le navi delle ONG, ho fermato non solo il traffico di immigrati ma da quanto emerge anche quello di rifiuti. #portichiusi”, commenta il ministro dell’Interno Matteo Salvini.

Le persone coinvolte a vario titolo risultano, secondo gli inquirenti, “aver sistematicamente condiviso, pianificato ed eseguito un progetto delittuoso di illegale smaltimento di un ingente quantitativo di rifiuti pericolosi a rischio infettivo, sanitari e non, derivanti dalle attività di soccorso dei migranti a bordo delle navi Ong Vos Prudence (da marzo 2017 a luglio 2017) e Aquarius (dal gennaio 2017 al maggio 2018) e conferiti in modo indifferenziato, unitamente ai rifiuti solidi urbani, in occasione di scali tecnici e sbarco di migranti nei porti di Catania, Augusta (SR), Pozzallo (RG), Trapani, Messina, Palermo nonché in altri porti italiani”. 

In particolare, dalle indagini condotte dalla Procura di Catania, è emerso che “gli appartenenti alle ONG concordavano con gli agenti marittimi di smaltire sistematicamente rifiuti speciali sanitari pericolosi a rischio infettivo, sanitari e non, derivati dall’attività di soccorso dei migranti a bordo della nave Aquarius, classificandoli fraudolentemente come rifiuti speciali e conferendoli in modo indifferenziato insieme ai rifiuti solidi urbani”.

Msf: “Sequestro sproporzionato e strumentale”
“Condanniamo con forza la decisione delle autorità giudiziarie italiane di sequestrare la nave Aquarius per presunte irregolarità nello smaltimento dei rifiuti di bordo. Una misura sproporzionata e strumentale, tesa a criminalizzare per l’ennesima volta l’azione medico-umanitaria in mare”, afferma Medici Senza Frontiere in una nota.

“Dopo due anni di indagini giudiziarie, ostacoli burocratici, infamanti e mai confermate accuse di collusione con i trafficanti di uomini, ora veniamo accusati di far parte di un’organizzazione criminale finalizzata al traffico di rifiuti. È l’estremo, inquietante tentativo di fermare a qualunque costo la nostra attività di ricerca e soccorso in mare”, spiega Karline Kleijer, responsabile delle emergenze per Msf.

“Il provvedimento di sequestro della Aquarius, che comprende anche alcuni nostri conti bancari, deriva da una lunga indagine della Procura di Catania sullo smaltimento dei rifiuti di bordo, con particolare riferimento ai vestiti dei migranti soccorsi, agli scarti alimentari e ai rifiuti delle nostre attività mediche – sottolinea la Ong -. Ma tutte le nostre operazioni in porto, compresa la gestione dei rifiuti, hanno sempre seguito procedure standard”.

“Le autorità competenti non hanno contestato queste procedure né individuato alcun rischio per la salute pubblica da quando abbiamo avviato le attività in mare nel 2015 – prosegue Msf -. Ribadiamo piena disponibilità a collaborare con le autorità italiane, ma contestiamo la ricostruzione della Procura e respingiamo categoricamente l’accusa di aver organizzato qualunque attività abusiva finalizzata al traffico illecito di rifiuti. Dopo la valutazione del decreto di sequestro e un’analisi interna, che dimostra come le accuse siano inaccurate e fuorvianti, presenteremo ricorso al Tribunale del riesame”.

“Siamo pronti a chiarire i fatti e a rispondere delle procedure che abbiamo seguito, ma riaffermiamo con forza la legittimità e la legalità della nostra azione umanitaria. L’unico crimine che vediamo oggi nel Mediterraneo è lo smantellamento totale del sistema di ricerca e soccorso, con persone che continuano a partire senza più navi umanitarie a salvare le loro vite, mentre chi sopravvive al mare viene riportato all’incubo della detenzione in Libia, senza alcuna considerazione del diritto internazionale marittimo e dei rifugiati”, afferma Gabriele Eminente, direttore generale di Msf Italia.

“Due anni di campagne diffamatorie contro le attività di ricerca e soccorso, infondate accuse di collusione con attività criminali e la chiusura dei porti alle navi di soccorso hanno di fatto bloccato l’azione umanitaria in mare e scoraggiato tutti i tipi di nave dal soccorrere i barconi in difficoltà. Il risultato sono oltre 2.000 morti nel Mediterraneo solo quest’anno e un nuovo picco di sofferenze, mentre la guardia costiera libica sostenuta dall’Italia e dall’Europa intercetta sempre più persone in mare e le riporta alle terribili condizioni della detenzione arbitraria in Libia, in piena violazione delle leggi internazionali – si legge ancora nella nota della Ong -. Con cinque navi umanitarie attive in tre anni di operazioni in mare, abbiamo soccorso oltre 80.000 persone in coordinamento con le autorità marittime e nel rispetto delle leggi nazionali e internazionali. La nave Aquarius, l’unica rimasta con a bordo un team medico di MSF, oggi è bloccata nel porto di Marsiglia dopo due revoche della bandiera in due mesi, per concertate pressioni politiche”.

 

ARRESTATO EGIZIANO “PRONTO A FARE LA GUERRA”

0

Un 22enne egiziano pronto a “combattere” e a “fare la guerra”, facendo anche intendere di aver ricevuto un addestramento militare, e’ stato arrestato dalla Polizia a Milano.
L’operazione e’ nata dallo sviluppo di una notizia di intelligence che, sul finire dello scorso anno, segnalava all’interno di un gruppo WhatsApp tra militanti islamisti un partecipante che utilizzava un’utenza italiana. Gli accertamenti hanno permesso di identificare il giovane che per tutto il periodo delle indagini ha risieduto da clandestino in provincia di Teramo e a Milano, sottoposto a sorveglianza costante da personale specializzato della DCPP/UCIGOS.
Nel corso di piu’ conversazioni con gli altri indagati, il 22enne ammetteva di essere un “lupo solitario”. “Le attivita’ di captazione, telefoniche e telematiche, hanno permesso altresi’ – spiega la Polizia – di recuperare numerosissimi file audio scaricati dall’indagato, gran parte dei quali prodotti dal comparto mediatico dell’ISIS, contenenti inni jihadisti e sermoni di Iman radicali propugnatori di odio nei confronti del mondo occidentale e inneggianti al martirio in nome di Allah”.
Coinvolti nello stesso contesto anche due suoi connazionali, un 21enne e un 23enne, quest’ultimo attualmente irreperibile, legati al primo da stretta amicizia e “anch’essi interessati in attivita’ apologetica e di propaganda del cosiddetto stato islamico”. Nei loro confronti e’ stato gia’ adottato il provvedimento di espulsione del ministro dell’Interno.