ROMA (ITALPRESS) – Sgominato un giro di usura ai Castelli Romani. I carabinieri di Velletri hanno eseguito ad Ariccia un provvedimento cautelare – emesso dal Gip di Velletri su richiesta della locale Procura – nei confronti di un 52enne, ritenuto responsabile di usura. Un’altra persona, di 38 anni, è invece indagata a piede libero per mediazione usuraia. Eseguite perquisizioni in quelli che erano considerati “luoghi sicuri” dell’arrestato e utilizzati per l’occultamento di documentazione.
L’indagine ha fatto emergere “un collaudato e storico giro di usura nel territorio dei Castelli Romani con base operativa nel comune di Ariccia”. Svolte con l’ausilio di intercettazione telefoniche e ambientali, le indagini hanno permesso – sottolineano gli inquirenti che hanno ribattezzato l’operazione “Massè” – “di individuare molte vittime, alcune delle quali costrette a ricorrere al prestito al quale venivano applicati tassi usurai per far fronte a debiti di giochi o semplicemente per poter eseguire esami clinici”. Il tasso usuraio è stato stimato mediamente al 180% annuo ma in alcuni casi ha superato il 1000% annuo.
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Scoperto giro di usura ai Castelli Romani, tassi fino al 1000%
Tentato omicidio cognato Spada a Ostia, 3 arresti
I carabinieri del Nucleo investigativo del Gruppo di Ostia, in meno di un mese, hanno identificato i componenti del “gruppo di fuoco” che, lo scorso 20 aprile, gambizzarono Paolo Ascani, cognato di Roberto Spada, in via Antonio Forni di Ostia.
Tre persone sono state arrestate. Si tratterebbe degli esecutori e del mandante dell’agguato. Gli indagati, raggiunti da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip presso il Tribunale di Roma, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, devono rispondere di tentato omicidio. Il fatto di sangue si colloca nelle dinamiche di “riposizionamento” dei gruppi malavitosi lidensi sullo “scacchiere criminale” di Ostia.
“Grazie ai Carabinieri per l’operazione contro la malavita a Ostia. Arrestati gli uomini che spararono al cognato del boss Roberto Spada, nella guerra tra clan. Le istituzioni sono unite per liberare il litorale dalla criminalità” ha scritto su Twitter il sindaco di Roma, Virginia Raggi.
“L’ operazione dei Carabinieri del gruppo di Ostia di oggi è l’ennesima risposta dello Stato alla protervia dei sistemi criminali ad Ostia. Il mio ringraziamento va agli investigatori dell’Arma e ai Magistrati della DDA di Roma che in meno di un mese hanno individuato il mandante e gli esecutori del tentato omicidio di Paolo Ascani. Ostia è uno scacchiere complesso ed estremamente importante negli equilibri criminali della Capitale. Abbiamo avuto condanne definitive per reati di mafia, grandi successi dello Stato. Oggi come non mai è fondamentale una risposta corale di tutte le istituzioni, della società civile e delle associazioni di categoria del commercio e delle imprese, affinché le mafie vengano sradicate da un territorio ricco di bellezze e di storia” ha aggiunt Gianpiero Cioffredi, Presidente dell’Osservatorio Sicurezza e Legalità della Regione Lazio.
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In calo i positivi, 50 i decessi
A oggi, 24 maggio, il totale delle persone che hanno contratto il virus è di 229.858, con un incremento rispetto a ieri di 531 nuovi casi.
Il numero totale di attualmente positivi è di 56.594, con una decrescita di 1.158 assistiti rispetto a ieri.
Tra gli attualmente positivi, 553 sono in cura presso le terapie intensive, con una decrescita di 19 pazienti rispetto a ieri.
8.613 persone sono ricoverate con sintomi, con un decremento di 82 pazienti rispetto a ieri.
47.428 persone, pari all’84% degli attualmente positivi, sono in isolamento senza sintomi o con sintomi lievi.
Rispetto a ieri i deceduti sono 50 e portano il totale a 32.785. Il numero complessivo dei dimessi e guariti sale invece a 140.479, con un incremento di 1.639 persone rispetto a ieri.
Nel dettaglio, i casi attualmente positivi sono 25.614 in Lombardia, 7.703 in Piemonte, 4.457 in Emilia-Romagna, 2.660 in Veneto, 1.700 in Toscana, 1.624 in Liguria, 3.569 nel Lazio, 1.692 nelle Marche, 1.268 in Campania, 1.793 in Puglia, 535 nella Provincia autonoma di Trento, 1.453 in Sicilia, 412 in Friuli Venezia Giulia, 1.092 in Abruzzo, 195 nella Provincia autonoma di Bolzano, 53 in Umbria, 245 in Sardegna, 32 in Valle d’Aosta, 275 in Calabria, 183 in Molise e 39 in Basilicata.
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Ventotto anni fa la strage di Capaci
Il 23 maggio di 28 anni fa la mafia uccideva il giudice Giovanni Falcone. Nel tratto dell’autostrada A29, da Punta Raisi a Palermo, alle 17.58, oltre quattrocento chili di tritolo fanno esplodere la Fiat Croma con a bordo il magistrato. Oltre a Falcone nell’attentato muoiono la moglie Francesca Morvillo e gli uomini della scorta Rocco Di Cillo, Vito Schifani, Antonio Montinaro. Feriti gli agenti Paolo Capuzza, Angelo Corbo, Gaspare Cervello e l’autista Giuseppe Costanza.
Falcone, trasportato d’urgenza in ospedale, muore poco dopo le 19.
Lo scenario e’ devastante. La violenta esplosione causa una grande voragine sull’asfalto dell’autostrada che da Palermo porta all’aeroporto, quasi come il cratere di un vulcano. Una colonna di fumo nero e denso si alza nel cielo e si vede anche a distanza di molti chilometri. Ci sono detriti e macerie ovunque.
Meno di due mesi dopo, il 19 luglio del 1992, la scia di sangue raggiunge via d’Amelio, dove Cosa Nostra uccide anche Paolo Borsellino e gli uomini della sua scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
Il Covid blocchera’ le cerimonie, ma di certo non fermera’ il ricordo. Un 23 maggio anomalo quello di quest’anno. Le restrizioni per contenere la pandemia hanno finito per modificare il cerimoniale che oramai seguiva un copione ben oliato. Il coronavirus ha costretto ad annullare la tradizionale mobilitazione in piazza e per le strade di Palermo. Stop ai cortei per le vie principali del capoluogo siciliano, ai flash mob, all’omaggio sotto l’albero di Falcone che da anni raccoglie una folla fatta di studenti, cittadini e rappresentanti delle istituzioni. Rinviata pure la nave della legalita’ dalla quale ogni anno sbarcano alunni delle scuole di tutta Italia accomunati dal desiderio di testimoniare la vicinanza ai valori dell’antimafia. Annullato pure il convegno nell’aula bunker dell’Ucciardone. Un 23 maggio diverso, ma non per questo meno denso di significato e di simboli.
La mobilitazione si sposta dunque sul web, accogliendo l’appello della Fondazione Falcone e di Maria Falcone che ha lanciato l’iniziativa dal titolo “Palermo chiama Italia al balcone” e che invita ad esporre fuori dalla propria finestra lenzuoli bianchi. Decine di vip hanno raccolto l’appello: da Carlo Conti a Lino Banfi, da Cristiana Capotondi a Luca Argentero, da Pif a Renzo Arbore, da Vincenzo Salemme ad Elena Sofia Ricci hanno lasciato sui profili social della Fondazione Falcone dei videomessaggi. Molti poi i comici che hanno annunciato la volonta’ di aderire all’iniziativa. Da Ficarra e Picone a i The Jackal, dai Sansoni a Roberto Lipari.
Il gesto di appendere i lenzuoli bianchi sui balconi riporta indietro la memoria a subito dopo la strage, a quando i palermitani vollero dare un segnale di ribellione alla mafia.
L’iniziativa prevede anche un flash mob fissato per le 18, l’ora in cui le tre auto di scorta saltarono in aria sotto la forza del tritolo posizionato sull’autostrada per Palermo allo svincolo di Capaci.
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Scoperti 101 ‘ndranghetisti con il reddito di cittadinanza
In 101, tra componenti e affiliati alla ‘ndrangheta, avrebbero indebitamente richiesto e ottenuto il reddito di cittadinanza. Tra loro anche elementi di spicco delle consorterie della provincia di Reggio Calabria. Lo ha scoperto la Guardia di Finanza del Comando provinciale reggino. Tra loro esponenti delle famiglie Tegano, Serraino, Commisso-Rumbo-Figliomeni, Cordi’, Manno-Maiolo, D’Agostino, operanti, oltre che nel capoluogo, nella piana di Gioia Tauro, nella Locride, a Siderno, Caulonia e Canolo.
Anche i figli del “Pablo Escobar italiano”, considerato dagli investigatori italiani e statunitensi come uno dei più grandi broker mondiali di cocaina, figurano tra gli indebiti percettori della misura. Uno di loro è stato condannato in via definitiva per l’importazione di stupefacente in Italia.
Le indagini hanno interessato oltre 500 soggetti già condannati per reati riferibili ad associazione di stampo mafioso. Oltre ai 101, sono stati denunciati altri 15 sottoscrittori di richieste irregolari. Tutti sono stati segnalati all’Inps per l’avvio del procedimento di revoca dei benefici ottenuti e sono state avviate le procedure per il recupero delle somme già elargite che ammontano a circa 516.000 euro.
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Estorsione e riciclaggio, la Dia sequestra beni nel Foggiano
FOGGIA (ITALPRESS) – Maxi operazione della Dia in provincia di Foggia. Sequestrati beni immobili, mobili registrati, natanti, aziende agricole e commerciali e rapporti bancari a persone indagate a vario titolo per estorsione, riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, autoriciclaggio, trasferimento fraudolento di valori, estorsione, turbata libertà degli incanti, falsità materiale e violazione della normativa tributaria. Tra gli indagati nel blitz coordinato dalla Procura di Foggia spicca la figura di un personaggio, imparentato con una delle più conosciute famiglie mafiose di Cerignola (i Cartagena, coinvolti nello storico processo degli anni ’90 “Cartagine”, che azzerò il clan Piarulli-Ferraro) e coinvolto nell’operazione “Final Cut 2”, con la quale venne smantellata, nel 2011, un’organizzazione dedita alla ricettazione di veicoli.
Il nome dell’uomo era presente anche nell’operazione “Le Iene”, che consentì di individuare, nel 2014, i responsabili del tentato furto al caveau della NP Service di Foggia, e, nel 2016, nella tentata rapina a un portavalori avvenuta sul tratto pisano dell’A12.
Nel corso degli anni, evidenzia la Dia, “è riuscito ad accumulare un consistente patrimonio, intestando i beni ed i rapporti bancari a prestanome (tra cui suoi stretti familiari come la moglie, il figlio, la sorella ed il cognato), indagati nell’odierno procedimento e risultati, di fatto, tutti senza alcuna possidenza”.
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Coronavirus, gli attuali positivi scendono sotto i 70mila
Il totale delle persone che a oggi, 17 maggio, hanno contratto il coronavirus che causa il Covid-19 e’ di 225.435 con un incremento rispetto a ieri di 675 nuovi casi. Lo rende noto la Protezione Civile.
Il numero totale di attualmente positivi è di 68.351, con una decrescita di 1.836 assistiti rispetto a ieri. Tra gli attualmente positivi, 762 sono in cura presso le terapie intensive, con una decrescita di 13 pazienti rispetto a ieri.
10.311 persone sono ricoverate con sintomi, con un decremento di 89 pazienti rispetto a ieri. 57.278 persone, pari all’84% degli attualmente positivi, sono in isolamento senza sintomi o con sintomi lievi.
Rispetto a ieri i deceduti sono 145 e portano il totale a 31.908. Il numero complessivo dei dimessi e guariti sale invece a 125.176, con un incremento di 2.366 persone rispetto a ieri.
Nel dettaglio, i casi attualmente positivi sono 27.430 in Lombardia, 10.239 in Piemonte, 5.656 in Emilia-Romagna, 4.041 in Veneto, 2.802 in Toscana, 2.456 in Liguria, 3.910 nel Lazio, 2.565 nelle Marche, 1.696 in Campania, 2.017 in Puglia, 301 nella Provincia autonoma di Trento, 1.555 in Sicilia, 654 in Friuli Venezia Giulia, 1.422 in Abruzzo, 314 nella Provincia autonoma di Bolzano, 78 in Umbria, 405 in Sardegna, 68 in Valle d’Aosta, 422 in Calabria, 216 in Molise e 104 in Basilicata.
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Incendio in un’azienda a Marghera, due feriti
È di due feriti gravi il bilancio dell’incendio scoppiato questa mattina attorno alle 10 nello stabilimento della 3V Sigma di Marghera, azienda specializzata in prodotti chimici. Secondo le prime ricostruzioni, il fuoco potrebbe essere divampato a causa dello scoppio di un serbatoio che era in manutenzione, investendo due operai, immediatamente trasportati in elisoccorso ai centri grandi ustionati degli ospedali di Padova e Verona. Secondo quanto ricostruito dalla Protezione Civile veneta, al rogo sono seguite una serie di esplosioni e dal luogo del rogo si è subito alzata una coltre di fumo nero ben visibile in tutta la provincia, che fortunatamente è stata spinta dal vento verso il mare e lontano dal centro abitato. Sul luogo si sono subito portate 8 squadre dei vigili del fuoco di Venezia, per un totale di 90 operatori, che hanno immediatamente circoscritto il fuoco.
L’incendio ha interessato un’area di 10mila metri quadrati. Nel frattempo, il Comune di Venezia ha invitato i cittadini a chiudere le finestre degli edifici per precauzione, in attesa che l’Arpav verificasse l’eventuale pericolosità delle sostanza disperse nell’aria. Per garantire la sicurezza degli operatori è stata chiusa la viabilità per un raggio di 1,5 chilometri e i lavoratori della zona sono stati evacuati dai rispettivi stabilimenti.
Su disposizione del sindaco Brugnaro, in via precauzionale, dalle 11 è stata sospesa anche la circolazione ferroviaria nella stazione di Venezia Mestre, mentre sono stati invitati i cittadini a rimanere a casa. Attorno alle 14 l’incendio è stato finalmente domato e il suono di una sirena contemporaneamente sancito il cessato allarme, consentendo alle persone di poter uscire di casa e alla polizia locale di riattivare la viabilità. Contemporaneamente però, sono scoppiate le polemiche legate alla sicurezza sui luoghi di lavoro.
Dal segretario generale della Cisl Annamaria Furlan, che ha ricordato che “la sicurezza sui luoghi di lavoro è una questione nazionale”, al presidente della Municipalità di Marghera, Gianfranco Bettin, che ha parlato di “disastro annunciato”, in molti hanno invocato chiarezza sulle cause del rogo ed espresso vicinanza ai due lavoratori feriti.
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