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CONFAPI: “SEMPRE PIÙ WELFARE PER LE PMI”

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“La piccola e media industria privata rappresenta un modello non soltanto industriale ed economico, ma anche culturale e sociale: centro di aggregazione nella quale l’imprenditore svolge una funzione sociale, simile a quella del pater familias della Roma antica con funzioni di guida e conduzione del nucleo”. Così il presidente di Confapi, Maurizio Casasco, al salone del libro di Torino nell’ambito dell’evento  organizzato da Confapi e Cgil, Cisl, Uil per promuovere gli enti bilaterali. “Siamo favorevoli – ha detto – ad azioni anche drastiche che interrompano la proliferazione dei contratti, di quelli sottoscritti tra organizzazioni, sia datoriali sia sindacali, che ben poco o nulla rappresentano. Ma che sia chiaro a tutti: siamo ugualmente pronti a combattere con ogni forza qualsiasi tentativo di omologazione e unificazione della rappresentanza industriale”. Nel corso del suo intervento Casasco ha sottolineato che in Italia “un male da sconfiggere è quello della disoccupazione giovanile. Non possiamo più permetterci – ha detto – di perdere talenti, di non fornire prospettive alle nuove generazioni”. Casasco ha ricordato il grande lavoro che da anni la Confederazione sta facendo per promuovere la bilateralità. 

“Siamo riusciti a inserire anche all’interno dei contratti collettivi di lavoro – ha spiegato – elementi di novità che rendono il nostro sistema bilaterale, creato tra noi imprenditori e le Organizzazioni sindacali, unico e decisamente moderno fornendo servizi fondamentali di welfare aziendale, di sostegno al reddito e alla famiglia, di previdenza complementare, di formazione e di salute e sicurezza sul lavoro. Proprio su quest’ultimo tema, a fronte di una necessaria semplificazione burocratica degli adempimenti, imprenditori e lavoratori devono convergere per fare della sicurezza un elemento strategico anche in termini di incremento della produttività e delle efficienze aziendali. Con la nostra esperienza – ha concluso Casasco – abbiamo cercato di dare a lavoratori e imprese servizi concreti in linea con le reali esigenze del contesto economico che stiamo vivendo”.

 

CGIA, CON AUMENTO IVA +242 EURO A FAMIGLIA

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Se il prossimo esecutivo non riuscisse a sterilizzare l’aumento dell’Iva, nel corso del 2019 ogni famiglia italiana subirà un incremento medio di imposta pari a 242 euro. Nel dettaglio, tale rincaro sarà pari a 284 euro per famiglia al Nord, a 234 euro nel Centro e a 199 euro nel Mezzogiorno.

A questo risultato è giunto l’Ufficio studi della Cgia che, attraverso una simulazione di carattere teorico, ha dimensionato gli effetti economici che graveranno sulle famiglie dal prossimo 1 gennaio. Infatti, se non verranno recuperati entro la fine di quest’anno 12,4 miliardi di euro, l’aliquota ordinaria passerà dal 22 al 24,2 per cento, mentre quella ridotta dal 10 salirà all’11,5 per cento.  Non solo. Se non verrà disinnescato l’aumento, dal 2019 l’Italia sarà il Paese con l’aliquota Iva ordinaria più elevata dell’area dell’Euro. Dall’attuale 22 per cento, infatti, si passerà al 24,2 per cento. Questo balzo ci consentirebbe di scavalcare tutti e di posizionarci in testa alla classifica dei più tartassati dalle imposte indirette. 

Dalla sua apparizione ad oggi, prosegue la Cgia, sono trascorsi 45 anni. L’aliquota ordinaria dell’Iva, infatti, è stata introdotta per la prima volta nel 1973 e fino a quest’anno è aumentata 9 volte. Tra i principali Paesi della zona euro siamo quello in cui è cresciuta di più: ben 10 punti, un record, ovviamente, che nessuno ci invidia. Se nel 1973 l’aliquota era al 12 per cento, ora si attesta al 22 per cento, con un aumento, come dicevamo più sopra, di ben 10 punti. Seguono la Germania, con una variazione di +8 punti (era all’11 adesso si attesta al 19 per cento), l’Olanda, con un aumento di 5 punti (era al 16 oggi è al 21 per cento), l’Austria e il Belgio, con degli aumenti registrati nel periodo preso in esame rispettivamente del +4% e del +3%. La Francia è l’unico Paese presente in questa comparazione che non ha registrato alcun incremento.

La Cgia, infine, ha elencato i beni e servizi che saranno interessati dall’eventuale aumento dell’aliquota IVA dal 10 al 11,5 per cento. Sono carni, pesce, spezie, cacao, prodotti della pasticceria e biscotteria, cioccolato, salse, condimenti composti, preparati per zuppe e minestroni, acqua minerale, aceto; legna da ardere in tondelli, ceppi, etc.; energia elettrica per uso domestico; gas metano uso domestico (limitatamente al consumo dei primi 480 metri cubi annui); prestazioni alberghiere; ristrutturazioni edilizie; acquisto o costruzione abitazione non di lusso (che non sia utilizzata come prima casa); spettacoli teatrali, attività circensi; somministrazione alimenti e bevande; piante e fiori. E quelli che, eventualmente, vedranno salire l’aliquota dal 22 al 24,2 per cento: vino; abbigliamento; calzature; riparazione di abbigliamento e calzature; elettrodomestici; mobili; articoli di arredamento; biancheria per la casa; servizi domestici; riparazione di mobili, elettrodomestici e biancheria; detersivi; pentole, posate e stoviglie; tovaglioli e piatti di carte e contenitori di alluminio; lavanderia e tintoria; auto e mezzi di trasporto; pezzi di ricambio, olio e lubrificanti; manutenzioni e riparazioni; giochi e giocattoli; radio, televisori, hi-fi, video-registratori, etc.; computer, macchine da scrivere e calcolatrici; cancelleria; prodotti per cura personale; barbiere, parrucchiere, istituti di bellezza; argenteria, gioielleria, bigiotteria e orologi; borse, valige ed altri effetti personali; onorari liberi professionisti.

ICCREA, UTILE CONSOLIDATO 2017 A QUOTA 29,3 MLN

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L’Assemblea di Iccrea Banca, la capogruppo del Gruppo bancario Iccrea, ha approvato il bilancio al 31 dicembre 2017. In particolare, i risultati finali evidenziano una crescita dell’utile a livello consolidato, che si attesta a 29,3 milioni. Risultato soddisfacente in relazione agli oneri di natura straordinaria che hanno inciso nell’esercizio (svalutazione del Fondo Atlante per 21 milioni e oneri per circa 20 milioni sostenuti per la progettualità relativa alla costituzione del Gruppo bancario Cooperativo). Dall’esito del bilancio consolidato viene confermato, anche nel 2017, l’impegno del Gruppo a sostegno delle BCC e dei loro territori, con la corresponsione alle stesse BCC di 384 milioni di commissioni per l’operatività svolta insieme nei vari segmenti del Gruppo. L’utile stimato complessivo nel 2017, ricomprendendo quello del Gruppo Iccrea e di tutte le BCC aderenti al Gruppo Cooperativo di Iccrea, è di circa 139 milioni. L’Assemblea ha fatto seguito all’evento organizzato ieri  nel quale Iccrea ha illustrato alle 145 BCC aderenti al costituendo Gruppo Bancario Cooperativo i contenuti dell’istanza inviata il 27 aprile scorso alla Bce e alla Banca d’Italia. 

Con l’istanza Iccrea ha presentato il contratto di coesione e l’accordo di garanzia che sottoscriveranno le 145 BCC con l’obiettivo, dal 1° gennaio 2019, di dare avvio al Gruppo, le cui linee di sviluppo sono state tracciate in un dettagliato piano industriale. Il costituendo Gruppo bancario Cooperativo parte da un assetto di grande rilevanza, potendo già contare su 4 milioni di clienti, 2.600 sportelli presenti in 1.720 comuni, un attivo di circa 150 miliardi, un patrimonio netto di 11,4 miliardi e un CET1 ratio superiore al 15%. 

“La costituzione del Gruppo Bancario Cooperativo è una immensa opportunità per il nostro sistema e per le singole Banche di Credito Cooperativo – ha dichiarato Giulio Magagni, presidente di Iccrea Banca – in quanto forza patrimoniale, garanzie incrociate, sviluppo delle quote di mercato e innovazione saranno i pilastri del nuovo Gruppo nato per ed in funzione delle BCC aderenti, con l’obiettivo di valorizzarne il ruolo nell’economia reale e nella economia italiana. Il nostro è un Gruppo che dovrà dare valore non solo alle imprese e alle famiglie, in quanto protagoniste dei territori in cui le BCC operano, ma anche e soprattutto ai soci di ogni Banca di Credito Cooperativo”.

“Siamo soddisfatti per i risultati conseguiti dal Gruppo Iccrea nel 2017 – ha aggiunto Leonardo Rubattu, direttore generale di Iccrea Banca – perché il considerevole impegno relativo al progetto di costituzione del Gruppo bancario Cooperativo non ci ha distolto in alcun modo dai nostri obiettivi di business e dalla nostra missione di sostegno alle BCC e ai loro clienti. Ricordo, in particolare, che nel 2017 abbiamo sostenuto le famiglie e le imprese del territorio realizzando 2,1 miliardi di nuovi impieghi. In parallelo al nostro business tradizionale – ha continuato Rubattu – stiamo continuando ad investire fortemente in innovazione.  Mi riferisco in particolare a progetti come il portale di ecommerce Ventis o alla nostra partecipazione al capitale di Satispay e ancora all’accordo tra la nostra carta BCC ed Apple pay: iniziative che guardano al presente e al futuro del nostro Gruppo. In uno scenario che vede il mercato bancario mutare ogni giorno per una serie di discontinuità di natura normativa, tecnologica, generazionale, far evolvere, innovandolo, il concetto di prossimità”.

CONFLAVORO PMI PER RILANCIO DEL LAVORO

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Riforma dei contratti collettivi, formazione professionalizzante, salario minimo garantito, aumento del potere d’acquisto dei lavoratori. Sono queste le principali proposte contenute nel manifesto di intenti dell’associazione datoriale Conflavoro PMI, presieduta da Roberto Capobianco.

La Confederazione spinge anzitutto per la riforma dei centri per l’impiego attraverso la creazione di un’Agenzia nazionale per l’occupazione e lo sviluppo. L’ente non sarà soltanto un punto di incontro tra domanda e offerta di lavoro. Avrà, infatti, anche il compito di analizzare i fabbisogni delle aziende e di formare adeguatamente, in collaborazione con gli istituti scolastici, le università e le imprese, le nuove generazioni alle richieste del mercato. Dovrà, in definitiva, sostenere e promuovere la massima occupazione di tutti i lavoratori attraverso un percorso di qualificazione professionalizzante.

Un altro punto focale del manifesto di Conflavoro PMI è il raggiungimento di un maggior potere d’acquisto per i lavoratori, attraverso una riduzione del cuneo fiscale e previdenziale sul costo del lavoro, per rendere attrattivo il territorio italiano nella competizione internazionale. “Il benessere e la dignità della persona devono essere centrali nella società. Noi – evidenzia il presidente Roberto Capobianco – spingiamo inoltre per l’introduzione del salario minimo così come previsto dall’articolo 36 della Costituzione. 
Si tratta di un impegno oggi preso anche dalle principali forze politiche italiane: la sua assenza causa dumping contrattuale e contrasti tra aziende e lavoratori, dunque va messo in atto al più presto. Garantirebbe, oltretutto, un’iniezione di fiducia nelle famiglie e nei nostri tanti giovani costretti a scappare all’estero”.

L’obiettivo finale da raggiungere per migliorare il sistema del lavoro, in ogni caso, secondo Conflavoro PMI è la riforma delle norme che regolano la contrattazione collettiva. “E’ essenziale valorizzare l’autonomia privata del tessuto imprenditoriale e dei lavoratori”, sottolinea il presidente Capobianco. “Ogni azienda è una realtà a sé stante e deve poter concludere accordi collettivi aziendali per occuparsi in prima linea dei principali aspetti della relazione lavorativa. In particolare – aggiunge – nei capitoli inerenti alla retribuzione, agli orari e all’organizzazione del lavoro stesso, così da avere la possibilità di anticipare e di adattarsi alle evoluzioni al rialzo o al ribasso del mercato”.

CATTOLICA ASSICURAZIONI, RACCOLTA 1^ TRIMESTRE +1,1%

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Il Consiglio di Amministrazione di Cattolica Assicurazioni, che si è riunito a Verona sotto la presidenza di Paolo Bedoni, ha approvato i risultati al 31 marzo 2018.

La raccolta premi complessiva del lavoro diretto ed indiretto Danni e Vita raggiunge i 1.332 milioni di euro (+1,1%). Nei premi diretti Danni (+0,4%) si riscontra un incremento nei volumi relativi al settore Auto (+3,2%), legato a una crescita del premio medio e all’aumento del numero di polizze sottoscritte nella seconda parte del 2017, mentre la flessione del Non Auto (-3,5%) è interamente ascrivibile all’interruzione della raccolta di ABC Assicura, compagnia in partnership con la Banca Popolare di Vicenza.

A perimetro omogeneo, senza considerare ABC Assicura, il Non Auto segnerebbe un andamento in crescita. La performance positiva del Vita (+1,7%) è accompagnata da un’azione di revisione dei prodotti con progressiva riduzione del profilo di rischio. La profittabilità tecnica dei rami Danni rimane elevata con un combined ratio del 93,7%. La solidità patrimoniale è confermata da un Solvency II ratio pari al 199%.  

Il risultato operativo segna un incremento del +4% a 45 milioni, in linea con gli obiettivi del Piano Industriale 2018-2020. Il RoE operativo (4,9%) sconta invece l’effetto degli interessi sul subordinato recentemente emesso e non include ancora il contributo delle joint venture con Banco BPM, il cui effetto economico verrà consolidato a partire dal secondo trimestre del 2018. Sebbene i premi e il risultato operativo registrino una crescita e si confermi un elevato livello di eccellenza tecnica, l’andamento del risultato netto consolidato a 25 milioni (-15,1%) e del risultato netto di Gruppo a 24 milioni (-20%) sono determinati dai già citati interessi sul subordinato emesso dal Gruppo e dal minor contributo dei realizzi nel comparto Danni.

La raccolta premi del lavoro diretto registra una crescita dello 0,4% a 467 milioni, di cui 279 milioni nel segmento Auto (+3,2%), principalmente legata a un incremento del premio medio e all’effetto relativo all’aumento dei pezzi delle polizze sottoscritte nella seconda metà del 2017. Il segmento Non Auto mostra una raccolta premi di 188 milioni (-3,5%) che risente dell’interruzione della raccolta proveniente dalla compagnia in partnership con Banca Popolare di Vicenza (-8 milioni rispetto al primo trimestre 2017).

Il combined ratio passa da 93,4% a 93,7% (+0,3 punti percentuali). Il claims ratio conservato migliora sensibilmente di oltre 2 punti percentuali (da 67,3% a 65,2%), mentre l’expense ratio si attesta a 27,4% (+2 punti percentuali) principalmente per effetto degli investimenti per supportare l’avvio del nuovo Piano Industriale.

Nel segmento Vita la raccolta del lavoro diretto si conferma positiva, in crescita a 863 milioni (+1,7%). La produzione è supportata da una buona performance dei prodotti linked (+15%). La nuova produzione di polizze Vita rivalutabili con tassi garantiti pari a zero ha favorito un progressivo ulteriore abbassamento del minimo garantito medio dello stock di riserve matematiche del Gruppo, che si attesta a 0,9% (1% nel 2017).

Il risultato degli investimenti è pari a 101 milioni di euro (126 milioni nel primo trimestre 2017) e riflette l’effetto degli interessi sul subordinato emesso dal Gruppo e dei limitati realizzi di plusvalenze, in ottica di preservazione della redditività futura del portafoglio. È proseguita l’attività di diversificazione geografica nel comparto obbligazionario, con l’obiettivo di attenuare gli impatti relativi al rischio di allargamento degli spread in contesti di elevata volatilità.

Gli investimenti ammontano a 33.061 milioni (23.285 milioni nel 2017). Le riserve tecniche lorde dei rami Danni sono pari a 3.689 milioni (3.603 milioni nel 2017) e le riserve dei rami Vita, comprese le passività finanziarie, si attestano a 27.875 milioni (18.082 milioni nel 2017).

I dati al 31 marzo 2018 confermano la solidità patrimoniale, con un patrimonio netto consolidato pari a 2.331 milioni, in crescita rispetto al 31 dicembre 2017 (2.108 milioni) principalmente come conseguenza dell’aumento del capitale di terzi dovuto al consolidamento delle nuove società in partnership con Banco BPM.  

L’indice Solvency II del Gruppo, includendo la distribuzione del dividendo e la partnership con Banco BPM, è pari a 199%. Il ratio è calcolato secondo la Standard Formula con utilizzo degli Undertaking Specific Parameters (USP) autorizzati dall’Organo di Vigilanza.

Al 31 marzo 2018 la rete agenziale conta 1.493 agenzie e gli sportelli di istituti bancari che collocano prodotti del Gruppo sono 6.184.

In un mercato assicurativo caratterizzato ancora da un’elevata competitività e da bassi tassi di interesse, fatti salvi eventi straordinari, Cattolica Assicurazioni prevede un esercizio in linea con il Piano Industriale 2018-2020.

“Il Gruppo Cattolica Assicurazioni chiude il primo trimestre 2018 con premi e risultato operativo in crescita, evidenziando un avvio di anno positivo, in linea con gli obiettivi del Piano Industriale. Il Gruppo presenta ottimi livelli di solidità patrimoniale e conferma la sua eccellenza tecnica, anche grazie alla capacità assuntiva della Rete agenziale”, commenta Enrico Mattioli, vice direttore generale e Chief Financial Officer del Gruppo Cattolica Assicurazioni.

“L’andamento del risultato consolidato incorpora l’effetto dei minori realizzi nel segmento Danni, in un’ottica di conservazione della profittabilità futura, e gli interessi sul nuovo debito subordinato emesso per finanziare l’accordo con Banco BPM, i cui impatti sul conto economico si manifesteranno in corso d’anno – aggiunge -. L’avvio del Piano conferma la valenza delle azioni strategiche che stiamo perseguendo per raggiungere i target al 2020 di un RoE operativo di almeno il 10% e di un dividendo superiore a 0,50 euro in crescita di circa il 50% rispetto agli attuali livelli”.

 

PIL PRIMO TRIMESTRE 2018 +1.4% ANNUO

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Nel primo trimestre l’Istat stima che il Pil, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, sia aumentato dello 0,3% rispetto al trimestre precedente e dell’1,4% in termini tendenziali. Il primo trimestre del 2018 ha avuto tre giornate lavorative in più rispetto al trimestre precedente e lo stesso numero di giornate lavorative del primo trimestre 2017. 

L’incremento congiunturale del Pil è la sintesi di un aumento del valore aggiunto dei settori dell’agricoltura, silvicoltura e pesca e dei servizi, mentre il valore aggiunto dell’industria ha segnato una variazione pressochè nulla. Dal lato della domanda, vi è un contributo positivo della componente nazionale (al lordo delle scorte) e un apporto negativo della componente estera netta. La variazione acquisita per il 2018 è pari a +0,8%.

Con il risultato del primo trimestre, secondo l’Istat, la durata dell’attuale fase di espansione dell’economia italiana si estende a 15 trimestri; il livello del Pil risulta ancora inferiore dello 0,9% rispetto al precedente picco del secondo trimestre del 2011 ma superiore del 4,4% rispetto all’inizio della fase di recupero.

 

IL SISTEMA BANCARIO IN ALBANIA E I RAPPORTI CON L’ITALIA

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Il tasso di crescita dell’economia albanese, in rialzo positivo negli ultimi anni, dovrebbe essere il migliore dell’Area Balcanica nel 2018. Lo sviluppo del Prodotto Lordo è trainato da diverse componenti: i consumi privati, l’incremento significativo delle esportazioni e gli investimenti in genere con specifico focus su quelli pubblici riferibili alla realizzazione di infrastrutture civili. Da sottolineare comunque la forte dipendenza commerciale con i partner strategici, quali l’Italia, che stante la ripresa economica in corso contribuisce all’aumento dell’attività economica albanese. Per quanto riguarda il Sistema Bancario, nel suo insieme, Silvio Pedrazzi, Chief Executive Officer and Board of Directors Member di Intesa SanPaolo Bank Albania, ha recentemente dichiarato in un’intervista che vi sono degli ottimi parametri di liquidità e di solidità patrimoniale cui però si contrappongono alcuni problemi strutturali rintracciabili nella modesta dimensione della maggior parte delle Banche, all’elevato livello di Crediti Problematici e ad un basso livello di profittabilità.

Inoltre, pur avendo l’Albania aderito fin dall’inizio agli accordi per lo scambio delle informazioni fiscali e finanziarie (CRS – Common Reporting Standards), ad oggi le Autorità competenti non hanno ancora diramato le istruzioni applicative; gli intermediari finanziari non sono quindi in grado di fornire all’Amministrazione pubblica i dati previsti. 

Di norma il Governo e i “Donors” non concedono alcun finanziamento direttamente alle banche commerciali. I contributi finanziari messi a disposizione da tali soggetti sono mirati allo sviluppo di certi settori specifici oppure ad interventi tendenti a migliorare le infrastrutture civili e sociali. In tale ambito si possono inquadrare i finanziamenti concessi direttamente allo Stato Albanese dalle Istituzioni Finanziarie Internazionali (quali World Bank, BERS ed altri organismi simili) per la realizzazione di migliorie sulle infrastrutture (reti idriche, elettriche, stradali, riduzione del consumo energetico) oppure per l’efficientamento della Pubblica amministrazione (riforma del Catasto, riforma della Giustizia ecc.). In tale caso i fondi ottenuti vengono poi iniettati nell’economia locale principalmente per il tramite di Gare e/o appalti cui possono partecipare le singole aziende private, sia locali che straniere. In parallelo, altri fondi vengono iniettati per fornire alle Banche commerciali fonti di provvista mirate a supportare o garantire particolari tipi di prestiti in settori economici specifici.

E’ questo il caso, ad esempio, del Fondo di Garanzia per l’Agribusiness (che copre fino a circa 100 milioni di euro) e dei fondi per lo sviluppo dell’imprenditoria femminile (Women in Business).

La numerosa presenza imprenditoriale italiana non ha eguali, una presenza in quasi tutti i settori economici, dal manifatturiero, alle infrastrutture ed ai servizi; sono presenti sia le grandi aziende che le piccole e le piccolissime costituendo, nell’insieme, una ricchezza straordinaria sia per l’Albania che per l’Italia. Gli imprenditori italiani sono stati veri e propri pionieri, tra gli altri, nel settore delle Energie rinnovabili, nelle lavorazioni manifatturiere e nella prestazione di servizi.

Domenico Letizia – presidente dell’Istituto di Ricerca di Economia e Politica Internazionale (Irepi)

 

L’ITALIA DEL 2065, 6.5 MILIONI DI ABITANTI IN MENO

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L’Istat stima che in Italia la popolazione residente attesa sia pari, secondo lo scenario mediano, a 59 milioni nel 2045 e a 54,1 milioni nel 2065. La flessione rispetto al 2017 (60,6 milioni) sarebbe pari a 1,6 milioni di residenti nel 2045 e a 6,5 milioni nel 2065. Tenendo conto della variabilità associata agli eventi demografici, la stima della popolazione al 2065 oscilla da un minimo di 46,4 milioni a un massimo di 62. La probabilità che aumenti la popolazione tra il 2017 e il 2065 è pari al 9%.

Il Mezzogiorno perderebbe popolazione per tutto il periodo mentre nel Centro-nord, dopo i primi trent’anni di previsione con un bilancio demografico positivo, si avrebbe un progressivo declino della popolazione soltanto dal 2045 in avanti. La probabilità empirica che la popolazione del Centro-nord abbia nel 2065 una popolazione più ampia rispetto a oggi supera il 30% mentre nel Mezzogiorno è nulla.

È previsto negli anni a venire uno spostamento del peso della popolazione dal Mezzogiorno al Centro-nord del Paese. Nel 2065 il Centro-nord accoglierebbe il 71% di residenti contro il 66% di oggi; il Mezzogiorno invece arriverebbe ad accoglierne il 29% contro il 34% attuale.

Le future nascite non saranno sufficienti a compensare i futuri decessi: dopo pochi anni di previsione il saldo naturale raggiunge quota -200 mila, per poi passare la soglia -300 e -400 mila nel medio e lungo termine.

La fecondità è prevista in rialzo da 1,34 a 1,59 figli per donna nel periodo 2017-2065. Tuttavia, l’incertezza aumenta lungo il periodo di previsione. L’intervallo di confidenza proiettato al 2065 è piuttosto alto e oscilla tra 1,25 e 1,93 figli per donna.

La sopravvivenza è prevista in aumento. Entro il 2065 la vita media crescerebbe di oltre cinque anni per entrambi i generi, giungendo a 86,1 anni e 90,2 anni, rispettivamente per uomini e donne (80,6 e 85 anni nel 2016). L’incertezza associata assegna limiti di confidenza compresi tra 84,1 e 88,2 anni per gli uomini e tra 87,9 e 92,7 anni per le donne.

Si prevede che il saldo migratorio con l’estero sia positivo, mediamente pari a 165 mila unità annue (144 mila l’ultimo rilevato nel 2016), seppure contraddistinto da forte incertezza. Non è esclusa l’eventualità ma con bassa probabilità di concretizzarsi (9,1%) che nel lungo termine possa diventare negativo.

Il saldo naturale della popolazione risente positivamente delle migrazioni. Sempre nello scenario mediano l’effetto addizionale del saldo migratorio sulla dinamica di nascite e decessi comporta 2,6 milioni di residenti aggiuntivi nel corso dell’intero periodo previsivo.

Le migrazioni interregionali favoriranno ancora il Centro-nord, ma seguiranno un’evoluzione di leggero declino man mano che le generazioni di giovani e adulti, le più interessate ai movimenti migratori, tenderanno numericamente a ridursi.

L’età media della popolazione passerà dagli attuali 44,9 a oltre 50 anni nel 2065. Considerando che l’intervallo di confidenza finale varia tra 47,9 e 52,7 anni, il processo di invecchiamento della popolazione è da ritenersi certo e intenso.

“Parte del processo di invecchiamento in divenire è spiegato dal transito delle coorti del baby boom (1961-76) tra la tarda età attiva (39-64 anni) e l’età senile (65 e più) – sottolinea l’Istat -. Si prevede un picco di invecchiamento che colpirà l’Italia nel 2045-50, quando si riscontrerà una quota di ultrasessantacinquenni vicina al 34%”.