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DA FEDERLEGNOARREDO E BANCO BPM NASCE “S.A.L.E.PLUS”

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Lo sviluppo in altezza e la sempre maggiore diffusione degli immobili multipiano con tecnologia costruttiva in legno all’interno del nostro tessuto urbano. Questi i fattori comuni che hanno portato FederlegnoArredo e Banco BPM a una nuova intesa sulla base del protocollo certificativo S.A.L.E.plus.

Scopo di questo nuovo accordo è quello di poter mettere a disposizione della bioedilizia un prodotto finanziario atto a promuovere la realizzazione di opere di ingegneria in legno complesse (intese come edifici con tre o più piani fuori terra a carattere residenziale e terziario).

A questo proposito, la Federazione di concerto con Conlegno per garantire al committente e all’Istituto di Credito l’affidabilità delle aziende costruttrici, ha deciso di implementare il proprio protocollo S.A.L.E. (Sistema Affidabilità Legno Edilizia) ideando un’estensione che possa essere un futuro riferimento per il mercato: nasce così S.A.L.E.plus.

S.A.L.E.plus vuole divenire uno strumento che possa consentire al committente e all’investitore di attestare la figura del costruttore nei suoi requisiti tecnici-organizzativi.

Il fine infatti, come definito in passato con S.A.L.E. per immobili residenziali, rimane quello di delineare un partner imprenditoriale affidabile con cui sviluppare un progetto complesso realizzato con tecnologia costruttiva in legno al fine di garantire un costruito di qualità e che possa rispondere in modo puntuale alle esigenze di una committenza sempre più attenta ai temi di sostenibilità ambientale e di sicurezza abitativa.

“Il segnale è forte – spiega il presidente FederlegnoArredo, Emanuele Orsini – in quanto Banco BPM, quale terzo gruppo bancario nazionale, affianca ulteriormente il nostro settore industriale implementando la sua offerta in tutte le filiali del Gruppo con un nuovo prodotto finanziario destinato a offrire agli investitori nuove soluzioni dell’abitare da realizzarsi con il materiale edile più bello e affascinante: il legno”.

Quindi, grazie a S.A.L.E. plus sarà possibile finanziare anche edifici “alti”, quali ad esempio, residenze multipiano, alberghi e edifici industriali: il mondo bancario e finanziario si avvicina alla bioedilizia e sceglie il protocollo ideato da FederlegnoArredo per coniugare qualità realizzativa, esperienza del costruttore e affidabilità dell’impresa.

Anche Marco Vidoni, presidente di Assolegno, e Angelo Marchetti, consigliere incaricato del Gruppo Case e Edifici a struttura di legno, sottolineano con soddisfazione il nuovo accordo: “Entro un quadro edile sempre più complesso nelle sue dinamiche di mercato, è quanto mai indispensabile per un qualsiasi committente riconoscere gli operatori che hanno nella qualità del costruito il proprio obiettivo principale; S.A.L.E.plus dovrà diventare quindi il perno di un’edilizia che mette in evidenza tutti i vantaggi delle realizzazioni in legno”.

All’interno di un comparto industriale altamente innovativo, quale quello delle opere di ingegneria in legno, il prodotto finanziario offerto da Banco BPM non poteva essere da meno. Infatti, lo stesso prevede l’erogazione del finanziamento anche a stato di avanzamento dei lavori senza bisogno di perizia ma con scrittura privata, arrivando quindi a un alleggerimento dei tempi di erogazione da parte di Banco BPM direttamente al costruttore; inoltre il committente può definire la scelta delle tempistiche di avvio del finanziamento grazie all’opzione della stipula con erogazione differita.

TIM, A ELLIOTT IL CONTROLLO DEL CDA

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Il fondo americano Elliott vince la sua battaglia con la media company francese Vivendi, nella lotta per il controllo di Tim. Nel corso dell’assemblea dei soci dell’azienda, la lista presentata dagli americani ha infatti preso il 49,84% dei voti, contro il 47,18% della lista presentata dei francesi. Decisivo il sostegno alla cordata americana dato dal Cassa Deposita e Prestiti, societa’ che detiene circa il 5% dell’azionariato. Gli astenuti sono stati il 2,38%, mentre lo 0,60% i contrari.
 
L’assemblea degli azionisti di Tim ha inoltre determinato in 15 il numero dei componenti del Cda, che rimarranno in carica per tre esercizi. Entrano nel Cda di Tim Fulvio Conti, Alfredo Altavilla, Massimo Ferrari, Paola Giannotti de Ponti, Luigi Gubitosi, Paola Bonomo, Maria Elena Cappello, Lucia Moreselli, Dante Roscini e Rocco Sabelli per la lista presentata da Elliott, mentre in quota Vivendi entrano nel board Amos Genish, Arnaud de Puyfontaie, Marella Moretti, Michele Valensise, Giuseppina Capaldo.
 
Elliott “saluta positivamente l’odierno passo avanti fatto nella governance di Tim. L’odierna vittoria e’ un segnale di indipendenza e lancia un segnale forte da parte degli investitori, i quali sono convinti che sia possibile dare maggior forza e valore al titolo”, si legge in una nota. Elliot “continuera’ a supportare l’attuale Ad Amos Genish e l’intero management sara’ allineato al business plan dell’attuale Ceo”.
Vivendi – si legge in una nota – “assicurera’ che Amos Genish riceva da parte dei dirigenti proposti da Elliott tutte le assicurazioni e garantisce che il piano industriale 2018-2020 possa essere realizzato nella sua interezza e in tutta la sua coerenza”. Vivendi “ribadisce il proprio impegno a lungo termine nei confronti di questa societa’ e adottera’ tutte le misure per proteggerne il valore ed evitarne lo smantellamento”.

SANGALLI: “SIAMO IN ZONA CESARINI, SERVE GOVERNO”

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«Siamo al terzo giro di consultazioni e mi aspetto un supplemento di responsabilità della politica tutta per dare un governo al Paese”. Lo dice, in un’intervista al Corriere della Sera, il presidente della Confcommercio, Carlo Sangalli. “Stiamo entrando in “zona Cesarini” – aggiunge – e mi pare che l’allarme lanciato dal commissario Moscovici, quasi un ultimatum, sia stato sottovalutato. Non so quanto le cancellerie europee e i mercati potranno accettare senza tensioni questa prolungata fase di stallo”. Sangalli si augura “di non tornare alle urne. A settembre ci aspettano due esami in Europa: presentare la legge di Bilancio e contrattare un’ulteriore quota di flessibilità proprio per non fare aumentare l’Iva. Percorso impervio e accidentato. Già in questi mesi il rallentamento dell’economia e l’aumento dell’incertezza stanno riducendo la fiducia, indispensabile per rilanciare i consumi e la ripresa».
E aggiunge: «Non sta a noi indicare formule ma è evidente che serve un governo per mettere i conti in sicurezza e rendere più esplicita la via delle riforme, prima fra tutte quella fiscale».

ISTAT: “LA CRESCITA RALLENTA”

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“Il commercio internazionale e l’economia dell’area euro mostrano lievi segnali di rallentamento. Nel primo trimestre del 2018 l’economia italiana è cresciuta allo stesso ritmo dei trimestri precedenti. La produzione del settore manifatturiero e le esportazioni registrano invece alcuni segnali di flessione. L’occupazione è tornata ad aumentare anche se il processo di crescita dell’occupazione femminile ha segnato una pausa. L’inflazione si conferma moderata e in ripiegamento. L’indicatore anticipatore si mantiene su livelli elevati anche se si rafforzano i segnali di rallentamento delineando uno scenario di minore intensità della crescita economica”. Così l’Istat nella Nota mensile sull’economia italiana.

PADOAN: “RINCARO IVA SI PUÒ EVITARE”

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“Il governo ha elaborato il Def 2018 in un momento di transizione politica. Il documento non formula un nuovo quadro programmatico, bensì si limita, alla descrizione dell’evoluzione del quadro economico – finanziario, all’aggiornamento delle previsioni macro economiche per l’Italia”. Lo ha detto il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, nel corso dell’audizione nelle commissioni speciali sul Documento di Economia e Finanza. “Come già avvenuto negli anni scorsi il rialzo dell’Iva può essere evitato, mediante futuri interventi legislativi, per esempio con la legge di Bilancio 2019”, ha aggiunto Padoan.

“In questi anni l’economia italiana ha percorso un cammino difficile e in salita, un sentiero stretto – ha sottolineato Padoan -. Sono state reperite risorse per il sostegno alla crescita e introdotte riforme strutturali. E’ dal 2014 che l’economia italiana cresce ininterrottamente, la ripresa si è consolidata nel biennio 2015-2016 per acquistare slancio nel biennio in corso”.

 

GERACI “STUDIARE CINA PER COMPRENDERE NUOVE SFIDE”

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“L’Italia e l’Europa devono studiare la Cina per comprendere le sfide e le opportunita’ che si possono presentare, ma soprattutto per comprendere a fondo il successo sociale ed economico di un paese, grande come un continente anche per popolazione, che ci sembra lontano e che forse ci fa un po’ paura. Un successo che si fonda su cinque pilastri fondamentali: controllo dei dazi; controllo della migrazione; controllo della demografia; controllo del tasso di cambio; controllo dei tassi d’interesse”. Lo afferma Michele Geraci, 50 anni, che da dieci vive in Cina, ex banchiere d’affari della City, economista internazionale, nato a Palermo, dove si e’ laureato in Ingegneria elettronica. 
 
Geraci si definisce un tecnico bi-partisan, ma ultimamente sembra sia molto ascoltato da Matteo Salvini, ma anche da Beppe Grillo, molto attento alla Cina, che nel suo blog ha pubblicato anche l’ultimo intervento sulle ragioni del successo dell’economia cinese e della Cina in generale scritto dal professore siciliano, allievo del Premio Nobel Franco Modigliani al Massachusetts Institute of Technology, dove ha conseguito il master in business administration, e oggi a capo del programma di ricerca sull’economia della Cina del Global Policy Institute di Londra e della Nottingham University di Ningbo in Cina, nonche’ adjuct professor della prestigiosa New York University, a Shanghai. 
 
“Al di la’ del giudizio etico e morale che si puo’ esprimere riguardo questa tipologia di politiche – scrive Geraci – il fatto che la Cina sia riuscita a raggiungere i suoi obiettivi resta una realta’ concreta e a dircelo sono proprio i numeri di un Paese che negli ultimi 40 anni ha visto PIL crescere di quasi il 10% annuo in media, il reddito nominale dei cittadini sia rurali che urbani aumentare di circa 100 volte, l’eradicazione della poverta’ per circa 800 milioni di abitanti, lo sviluppo di infrastrutture e la modernizzazione di un’economia che era stata lasciata in uno stato disastroso dalla rivoluzione culturale degli anni ’60 e ’70. Un miracolo economico che non ha precedenti nella storia dell’umanita’ – ricorda – se si considera che in Cina abitano 1 miliardo 400 milioni di persone”. “Cosa possiamo imparare dalla Cina? Quali sono le politiche economiche e sociali che potrebbero essere attuate anche da noi e portare dei vantaggi? Cosa deve chiedersi il nostro Paese? Aprirsi al liberismo commerciale dettato da una scuola di pensiero che sintetizzo con “Pro Europa, Pro Mercato, Pro Euro” o prendersi una pausa di riflessione e guardare come le economie stataliste hanno raggiunto i loro obiettivi?”, sono le domande che pone il professore Geraci, il quale aggiunge: “Perche’, che si sappia, e’ con loro che si competera’ da oggi in poi, ad armi piu’ o meno pari. Un fatto che e’ emerso chiaramente in questi mesi e’ che soltanto poche forze politiche hanno prestato attenzione ai temi di politica estera in chiave economica ed internazionale, pochi partiti se ne sono occupati. Nel dibattito elettorale, purtroppo, diversi hanno trascurato temi fondamentali come per esempio quale politica estera intende promuovere l’Italia nei confronti dell’India, dell’Asia in generale, ma non si e’ parlato nemmeno dell’Europa e della Germania. E’ bene essere chiari – conclude -: la Cina e di conseguenza le relazioni con la Cina costituiscono la variabile dei prossimi cinque anni di legislatura. E non credo di esagerare se affermo che ci vorrebbe un ministero per i rapporti con la Cina”.

BOCCIA: “BASTA PENSARE SOLO A ELEZIONI”

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“La nostra crescita è dovuta certamente alla bravura delle imprese che hanno intercettato una domanda mondiale. Ma anche a riforme come il Jobs act e Industria 4.0 che stanno avendo oggi effetti positivi. Peccato che ci siano segnali di rallentamento della crescita mondiale. E che nel frattempo la Francia si stia avviando a recuperare il terreno perduto con riforme simili alle nostre, sulle pensioni e sul lavoro. Non è che il mondo aspetta noi. Tanto più se si rischiamo di trovarci all’indomani delle elezioni con un risultato analogo”. Lo dice il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, in un’intervista al Corriere della Sera.

“Il voto è democrazia. Diciamo solo che sarebbe meglio andarci con una legge elettorale diversa”, sottolinea Boccia, che spiega: “Nessuno ha vinto il 4 marzo. Ci sono stati partiti e coalizioni che hanno preso più voti della tornata precedente. Ma per avere la maggioranza dovevano trovare un’intesa con altri. Non hanno seguito il metodo tedesco di mettersi attorno a un tavolo e stilare le cose da fare e quelle da accantonare. Ma voi credete che fare un accordo come il Patto sulla fabbrica tra Confindustria, Cgil, Cisl e Uil, sia stata una cosa semplice? No, ci vuole pazienza e soprattutto volontà di trovare un’intesa, partendo da una comune direzione e punti di convergenza. Le imprese con quel Patto hanno acconsentito di far arrivare tutti i tagli al cuneo fiscale nelle tasche dei lavoratori rinunciando a nostri possibili vantaggi. Questo significa fare accordi, avere senso di responsabilità. Mentre ora si tornerà in campagna elettorale senza nessuno che vorrà dire la verità”. E aggiunge: “Sterilizzare l’aumento dell’Iva costa 12,4 miliardi, il reddito di cittadinanza almeno 15 secondo i 5 stelle, l’abolizione della Fornero e magari la flat tax altri 15-20 miliardi, per un totale tra i 40 e i 50. La verità dei numeri. E dove si crede di trovare queste risorse? Ma è evidente, alzando il deficit e quindi il debito. Debito che pagheremo come Paese. Ci sarebbe bisogno invece di un’iniezione di realtà e verità”. Ma “dire la verità fa perdere voti. Molto meglio redistribuire il presente che preoccuparsi e avere una visione di medio periodo. Molto meglio prendersela con l’Europa usandola come gigantesco alibi”, dice ancora Boccia.

 

BCE: “DA PROTEZIONISMO RISCHI PER CRESCITA”

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“I rischi per le prospettive di crescita nell’area dell’euro rimangono sostanzialmente bilanciati, sebbene i rischi connessi a fattori di carattere globale, fra cui la minaccia di un maggiore protezionismo, abbiano assunto maggiore rilievo. Nel complesso, il vigore di fondo dell’economia continua ad alimentare la fiducia del Consiglio direttivo nel fatto che l’inflazione convergerà verso l’obiettivo di un tasso inferiore ma prossimo al 2 per cento nel medio termine”. Lo afferma la Banca Centrale Europea nel Bollettino economico.

“Nel contempo, le misure dell’inflazione di fondo rimangono contenute e devono ancora mostrare segnali convincenti di una protratta tendenza al rialzo. In questo contesto, il Consiglio direttivo continuerà a seguire gli andamenti del tasso di cambio e di altre condizioni finanziarie in relazione alle possibili implicazioni per le prospettive di inflazione – prosegue la Bce -. Nel complesso permane la necessità di un ampio grado di stimolo monetario affinché le spinte inflazionistiche di fondo continuino ad accumularsi e sostengano la dinamica dell’inflazione complessiva nel medio periodo. Gli indicatori delle indagini a livello mondiale rimangono in generale coerenti con un’espansione economica stabile”.

“Tuttavia, gli annunci delle ultime settimane sull’imposizione di dazi costituiscono un rischio per la crescita a livello mondiale. Gli indicatori del commercio internazionale hanno fornito segnali contrastanti, ma nel complesso mostrano un rallentamento all’inizio dell’anno. I rischi di natura geopolitica, inoltre, hanno determinato una ripresa nelle quotazioni petrolifere – sottolinea ancora la Bce -. I rendimenti delle obbligazioni sovrane dell’area dell’euro hanno subito un calo e i differenziali fra i rendimenti dei titoli di Stato si sono ridotti. Quest’ultimo elemento indica un miglioramento nei fondamentali macroeconomici specifici per paese, sullo sfondo dell’espansione economica in atto. Analogamente, le quotazioni azionarie dell’area dell’euro sono salite nonostante alcuni episodi di elevata volatilità. Sui mercati dei cambi l’euro è rimasto sostanzialmente stabile in termini effettivi nominali”.

“Sulla base dei risultati dell’analisi economica e dei segnali provenienti dall’analisi monetaria, il Consiglio direttivo ha confermato la necessità di un grado elevato di accomodamento monetario per assicurare un ritorno durevole dei tassi di inflazione verso livelli inferiori ma prossimi al 2 per cento nel medio termine. Il perdurare del sostegno monetario proviene dagli acquisti netti di attività, dalle notevoli consistenze di attività acquistate e dai reinvestimenti attuali e futuri, nonché dalle indicazioni prospettiche sui tassi di interesse – prosegue la Banca Centrale Europea -. Di conseguenza, il Consiglio direttivo ha deciso di lasciare invariati i tassi di interesse di riferimento della BCE e continua ad attendersi che rimangano sui livelli attuali per un prolungato periodo di tempo, e ben oltre l’orizzonte degli acquisti netti di attività”.

“Quanto alle misure non convenzionali di politica monetaria, il Consiglio direttivo ha confermato l’intenzione di condurre acquisti netti di attività all’attuale ritmo mensile di 30 miliardi di euro sino alla fine di settembre 2018, o anche oltre se necessario – si sottolinea ancora nel Bollettino Bce -, e in ogni caso finché il Consiglio direttivo non riscontrerà un aggiustamento durevole dell’evoluzione dei prezzi coerente con il proprio obiettivo di inflazione. Infine, il Consiglio direttivo ha ribadito che l’Eurosistema continuerà a reinvestire il capitale rimborsato sui titoli in scadenza nell’ambito del programma di acquisto di attività per un prolungato periodo di tempo, dopo la conclusione degli acquisti netti di attività, e in ogni caso finché sarà necessario”.