ROMA (ITALPRESS) – Italia avanti tutta sull’efficienza energetica. Negli ultimi 15 anni, per effetto dei meccanismi di detrazione fiscale, nel nostro Paese sono stati investiti oltre 53 miliardi di euro, dei quali circa 45 miliardi al 2020 con l’ecobonus 65% e più di 8 miliardi per interventi già realizzati con il superecobonus 110%. Per quanto riguarda gli obiettivi previsti dai piani nazionali ed europei, sono stati centrati rispettivamente all’80% e al 90%, soprattutto per il traino del comparto residenziale. Sono alcuni dei dati che emergono dal 10° “Rapporto annuale sull’efficienza energetica” e dal 12° “Rapporto annuale sulle detrazioni fiscali per interventi di risparmio energetico e utilizzo di fonti di energia rinnovabili negli edifici esistenti”, elaborati dall’ENEA e presentati oggi a Roma in un convegno organizzato con Confindustria, alla presenza del Ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, del Delegato di Confindustria per la Transizione energetica, Aurelio Regina e del Presidente dell’ENEA, Gilberto Dialuce.
“Durante i primi dieci anni della transizione ecologica si tratta di effettuare una transizione energetica epocale”, ha dichiarato il Ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani. “L’ENEA ha tutte le competenze tecniche per poter seguire questo processo – ha aggiunto – e diventerà centrale per capire le diverse direzioni da prendere. Il piano che prevede il 55% di decarbonizzazione al 2030 è quello che si può fare a tecnologia vigente, ma sappiamo che non basta. Proprio per questo il ruolo dell’ENEA sarà centrale: parliamo di un’enorme opportunità perchè ora il comparto energetico diventa il cuore di un grande cambiamento globale”.
“Le incentivazioni hanno consentito di riqualificare una parte importante del parco abitativo, di ridurre i consumi e di rilanciare un settore in difficoltà come quello dell’edilizia”, ha commentato il Presidente dell’ENEA Gilberto Dialuce. “I prossimi dieci anni saranno decisivi per rispettare il limite di 1,5 °C entro il 2030 e per centrare questo obiettivo servirà, ad esempio, almeno raddoppiare il tasso di riqualificazione energetica degli edifici, in linea con quanto evidenziato dalla Renovation Wave lanciata dalla Commissione europea”, ha aggiunto Dialuce, sottolineando che “la transizione energetica è una delle sfide più impegnative da affrontare e dobbiamo contribuire, anche con un mutamento dei comportamenti, ai grandi cambiamenti socio-economici che comporterà”.
“L’efficienza energetica è al primo posto delle politiche europee per la decarbonizzazione e il settore edilizio è a tutti gli effetti l’elemento centrale nell’ambito di questa impegnativa e ambiziosa transizione ecologica”, ha commentato Aurelio Regina, Delegato del Presidente di Confindustria per la transizione energetica. “Gli incentivi fiscali, ecobonus e superbonus, hanno dimostrato di funzionare e ci auguriamo che possano proseguire e magari siano semplificati e resi ancor più efficaci. Le nostre imprese – ha aggiunto – da tempo sono impegnate nella lotta ai cambiamenti climatici. E’ in atto un cambio di paradigma produttivo epocale che, come ha detto il Premier Draghi, ci deve coinvolgere tutti. Dobbiamo lavorare insieme per arrivare agli obiettivi del Fit for 55 sani e salvi e non rischiare di perdere per strada importati pezzi di industria. L’attuale situazione di escalation dei prezzi dell’energia è molto preoccupante, ma ci ricorda quanto sia importante puntare sull’efficienza energetica, sulla generazione elettrica da rinnovabili, la diffusione dei green gas e degli e-fuel. L’Italia, come dimostra il rapporto ENEA, è già avanti ma non basta. Dobbiamo fare di più”.
Sul fronte dell’ecobonus del 65%, il meccanismo per incentivare l’efficienza energetica negli usi finali introdotto nel 2007, i rapporti ENEA evidenziano oltre 45 miliardi di investimenti realizzati al 2020, con un risparmio complessivo di circa 19.000 GWh/anno, derivanti essenzialmente da interventi parziali su singole unità immobiliare.
Lo scorso anno sono stati completati oltre 486 mila interventi di riqualificazione energetica che hanno consentito di risparmiare 1.362 GWh/anno. La maggior parte riguarda l’installazione di impianti di riscaldamento più efficienti (1,1 miliardi di euro) e la sostituzione delle finestre (1,1 miliardi di euro) mentre oltre 500 milioni sono stati investiti per l’isolamento termico degli edifici, 270 milioni per le schermature solari e 175 milioni per la riqualificazione globale degli immobili.
Dall’analisi dei dati di poco più di un anno di attuazione del superecobonus 110%, si evidenzia al 30 novembre 2021 un investimento totale ammesso a detrazione pari a 11,94 miliardi di euro, di cui 8,28 miliardi per interventi già conclusi. Per il dettaglio completo dei dati al 30 novembre 2021: https://www.efficienzaenergetica.enea.it/detrazioni-fiscali/superbonus/risultati-superbonus.html.
Sul fronte del risparmio obbligatorio 2014-2020 stabilito dalla Direttiva sull’Efficienza Energetica, l’obiettivo di 297.300 GWh/anno è stato raggiunto per circa il 91% arrivando a quota 270.300 GWh/anno; i maggiori contributi sono venuti dai certificati bianchi (97.600 GWh/anno) e dal sistema di detrazioni fiscali (120.900 GWh/anno).
Quanto al Piano d’Azione per l’Efficienza Energetica (PAEE) 2017, i risparmi conseguiti nel periodo 2011-2020 hanno consentito di raggiungere l’82% dell’obiettivo indicato, rispetto al 77% dell’anno precedente. Al 2020 sono stati risparmiati 148.000 GWh/anno, principalmente per il contributo del settore residenziale, vero e proprio ‘farò, con una riduzione di 73.620 GWh/anno, pari al 172,5% dell’obiettivo PAEE; a seguire, in termini di percentuale di raggiungimento dell’obiettivo, il terziario con 9.537 GWh/anno (66,6%), l’industria con 38.260 GWh/anno (64,5%) e, da ultimo, i trasporti con 26.630 GWh/anno (41,6%).
L’emergenza da COVID-19 ha avuto un impatto negativo anche sulla povertà energetica. Secondo le stime ENEA, infatti, nel 2020 sulla spinta della pandemia la povertà energetica nel nostro Paese potrebbe attestarsi intorno al 10% rispetto all’8,3 del 2019 e all’8,8% del 2018. Le regioni del Sud Italia risultano le più colpite con tassi di povertà energetica compresi tra il 13% e il 20%. E i nuclei familiari in cui una donna detiene la quota di reddito più elevata, e in cui siano presenti 2 o più figli, registrano tassi di povertà energetica maggiori di circa 2 punti percentuali rispetto a quelli guidati da uomini. “La povertà energetica è un fenomeno grave ed allarmante e come ENEA collaboriamo con diversi organismi del settore nella ricerca di soluzioni per contrastarlo anche con progetti e proposte come le recenti Linee Guida per la sostenibilità degli enti del Terzo Settore”, ha sottolineato il Presidente Dialuce.
“Le incentivazioni fiscali sono uno strumento decisivo per il raggiungimento degli obiettivi di efficienza energetica. Quanto al loro futuro, già da qualche tempo ci siamo messi a disposizione per dare un supporto tecnico al Ministero della Transizione Ecologica per una razionalizzazione che punti a ridurne il numero e a semplificare le procedure”, ha sottolineato la Direttrice del Dipartimento Efficienza energetica dell’ENEA Ilaria Bertini.
Nel concludere i lavori, Ilaria Bertini ha annunciato che la Summer School ENEA in efficienza energetica sarà intitolata a Roberto Moneta, già Direttore del Dipartimento Efficienza energetica dell’ENEA e Amministratore delegato del GSE, recentemente scomparso.
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Oltre 53 miliardi investiti in efficienza energetica in 15 anni
Energia e idrogeno, il Mediterraneo baricentro delle politiche Ue
BRUXELLES (BELGIO) (ITALPRESS) – L’Europa non potrà mai raggiungere un’autonomia energetica. E’ quindi necessario guardare alle aree confinanti al Vecchio Continente per trovare una soluzione realmente sostenibile, senza generare impatti devastanti a livello di crescita economica. In questa chiave diventa centrale il Mediterraneo, come area di raccordo con i Paesi produttori di gas, una materia prima che rimarrà centrale a lungo termine anche per il ruolo che può giocare nella distribuzione dell’idrogeno. Serve quindi un’azione politica e tecnologica che coinvolga il Medio Oriente e il Nordafrica.
Sono questi alcuni deli aspetti che vengono analizzati nella terza edizione del rapporto “MED & Italian Energy Report” presentato a Bruxelles e frutto della collaborazione tra SRM (Centro Studi collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo) e l’ESL@Energy Center del Politecnico di Torino dal titolo “La nuova partita dell’idrogeno nella regione Euro-Mediterranea”. Il tema è assai concreto, ed entra nelle tasche di tutti gli italiani, sotto forma di aumenti delle bollette. “Anche per governare meglio l’inflazione serve l’indipendenza energetica, e le rinnovabili ci aiutano”, ha spiegato Massimo de Andreis, direttore generale di SRM- Intesa Sanpaolo, rispondendo all’Italpress.
“Le rinnovabili sono una prospettiva nell’arco del decennio, mentre quando parliamo di inflazione parliamo dell’oggi e del domani. Le aspettative su un calo dei prezzi dell’energia nel prossimo anno e dell’inflazione, espresse anche da Christine Lagarde nelle ultime ore, speriamo si avverino”, prosegue de Andreis, sottolineando però che a pesare più dell’aumento delle rinnovabili, sono “le dinamiche geopolitiche, perchè i prezzi possono salire e scendere anche perchè qualcuno chiude o apre rubinetto. Quando sei molto dipendente dall’importazione dell’energia, l’Europa è al 58% e l’Italia al 77%, hai un effetto immediato sui prezzi, è una variabile sull’indipendenza”. Parole confermate anche da Ettore Bompard, del Politecnico di Torino, che sottolinea come ad oggi “sui prezzi, le rinnovabili giocano un ruolo e danno contributo ad abbassare i prezzi, ma è un contributo marginale”.
Realismo che parte da dati reali. L’Europa consuma oggi l’11% dell’energia mondiale e mostra un migliore rapporto tra consumo di energia e Pil grazie ai molti investimenti nell’efficienza energetica. Partendo da questa premessa l’Europa si muove in modo più rapido verso la sostenibilità. L’uso del carbone è diminuito dal 32% al 13% mentre l’utilizzo del gas naturale è cresciuto in maniera significativa dal 16% al 22%. Le energie rinnovabili sono passate dal 15% al 41% con l’obiettivo di arrivare al 61% del mix elettrico nel 2030, l’84% nel 2040 e l’88% nel 2050.
Per riuscirci diventa cruciale importare energia pulita. Stando al rapporto, la catena del valore dell’idrogeno può essere una prospettiva di business significativa per la regione del Mediterraneo, grazie all’elevato potenziale da rinnovabili, con impatti anche geopolitici. Sostenibilità ed equità infatti, possono derivare dall’adozione di schemi di cooperazione tra le sponde del Mediterraneo nello sfruttamento del potenziale rinnovabile e nella produzione di idrogeno verde, costruendo un nuovo dialogo energetico.
Dagli scenari a medio termine (fino al 2040) emerge che, se è prevista un’elevata penetrazione dell’idrogeno (25% degli usi finali di energia), un approccio cooperativo tra le tre sponde consentirà di soddisfare la stessa domanda di idrogeno con una capacità installata complessiva di 36 GW, inferiore a quella richiesta se si adotta un approccio orientato all’autosufficienza da parte di ciascuna sponda, grazie a un migliore sfruttamento delle risorse disponibili nell’intera regione. Le interconnessioni esistenti per il trasporto del gas naturale possono svolgere un ruolo chiave nel sostenere la penetrazione dell’idrogeno e la creazione di un mercato mediterraneo dell’idrogeno verde, soprattutto perseguendo la strada del trasporto di idrogeno in forma di miscela col gas naturale. Per quanto riguarda l’Italia, la massima importazione potenziale di idrogeno attraverso i gasdotti potrebbe essere di 33,7 TWh/a, circa il 2,5% del consumo energetico finale totale dell’Italia nel 2019.
Il potenziale per il nostro Paese è però più ampio. Sfruttando la sua posizione geografica, la sua vasta rete infrastrutturale e un solido know how scientifico e progettuale, l’Italia potrà assumere un ruolo baricentrico tra il Sud e il Nord dell’Area Euro-Mediterranea, attraverso la realizzazione di un HUB di collegamento per il trasporto e la distribuzione dell’idrogeno. I porti possono diventare veri e propri punti di rifermento delle “hydrogen valley”, una vision che sta diventando realtà a livello europeo a Rotterdam, Anversa o Amburgo. L’Italia ha anche avviato iniziative che guardano in questa direzione, ma serve un’accelerazione.
Non solo idrogeno però, in questo scambio energetico Mediterraneo, l’Europa ha solo da guadagnare. Marocco, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Israele, Algeria hanno e sfruttano un enorme patrimonio di fonti rinnovabili. In particolare, Marocco ed Egitto hanno una grande componente di eolico con rispettivamente il 62% ed il 71% del contributo eolico sul complesso dell’elettricità rinnovabile. Mentre Israele, Algeria e Emirati Arabi stanno dando impulso al solare con percentuali comprese tra l’87% ed il 100%. Le loro produzioni renderebbero sostenibili i nostri acquisti.
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Clima, università e aziende insieme per la ricerca sull’idrogeno
MILANO (ITALPRESS) – Una piattaforma di ricerca congiunta tra università e aziende per studiare lo sviluppo del vettore energetico che potrà dare un contributo decisivo al raggiungimento degli obiettivi climatici globali: l’idrogeno.
Nasce Hydrogen Joint Research Platform (Hydrogen JRP) creato dalla Fondazione Politecnico di Milano, insieme al Politecnico di Milano e a tre aziende fondatrici Edison, Eni e Snam.
Hydrogen JRP ha l’obiettivo di promuovere studi e ricerche innovative su: produzione dell’idrogeno pulito, che comprende l’idrogeno verde e “low carbon”; soluzioni per il suo trasporto e relativi sistemi di accumulo avanzati; impieghi innovativi di tipo elettrochimico e termico in applicazioni residenziali, industriali e di trasporto; sviluppo di best practice per la progettazione e realizzazione delle infrastrutture per il trasporto e lo stoccaggio dell’idrogeno.
L’intento è dare impulso alla creazione di una filiera idrogeno in Italia, per favorire la competitività delle aziende e la crescita di imprese high tech; Hydrogen JRP è aperto a tutte le imprese che vogliono sperimentare, con il supporto della prima università tecnica italiana e dei suoi laboratori, la ricerca e lo sviluppo di prodotti e servizi sull’idrogeno.
Per aumentarne l’impatto la piattaforma si avvarrà di un advisory board, organo di consulto strategico, che coinvolgerà i principali stakeholder istituzionali anche internazionali, per creare interesse e attrarre investimenti. Hydrogen JRP vuole cogliere la sfida della ricerca sull’idrogeno per costruire un ecosistema dell’innovazione. Saranno confermate nei prossimi mesi le adesioni al JRP di altre aziende interessate allo sviluppo della filiera dell’idrogeno. La struttura della piattaforma prevede che i soci stessi, a seconda del loro livello di adesione, propongano temi di ricerca verticali che favoriscano la creazione di know-how per l’industria italiana del settore.
L’idrogeno può diventare un protagonista centrale per fare fronte alle esigenze di progressiva decarbonizzazione in vari settori. Al fine di perseguire questa opportunità e promuovere la produzione e l’utilizzo dell’idrogeno, il nostro Paese ha tra i suoi obiettivi quello di supportarne la ricerca e lo sviluppo e completare tutte le riforme e regolamenti necessari a consentirne l’utilizzo, il trasporto e la distribuzione. La Strategia europea prevede, inoltre, un incremento nell’uso di idrogeno verde nel mix energetico che può arrivare fino ad oltre il 20 per cento entro il 2050. “La transizione energetica è tra le più grandi sfide dei nostri tempi – ha detto Ferruccio Resta, Rettore del Politecnico di Milano -. Sono due i concetti chiave sui quali dobbiamo insistere: il rafforzamento di un percorso politico, di allineamento con le direttrici europee, che si basa su una fase di accompagnamento del sistema industriale; lo sviluppo di ricerca e formazione per posizionarci come punto di riferimento in termini tecnologici all’interno panorama internazionale. Perchè questo accada abbiamo bisogno di tracciare un progetto comune che vede l’università al fianco delle imprese. Ecco perchè Hydrogen Joint Research Platform, che oggi avviamo grazie alla partecipazione, alla capacità di ascolto e di innovazione di tre grandi imprese del settore, deve poter estendersi il più possibile al tessuto produttivo”.
Andrea Sianesi, presidente Fondazione Politecnico di Milano, ha spiegato che “nella rivoluzione green europea l’idrogeno giocherà un ruolo importante, si tratta di un vettore energetico flessibile e potenzialmente ad impatto ambientale zero. Il governo italiano, inoltre, nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) ha riservato un ruolo rilevante proprio all’idrogeno per fare fronte alle esigenze di progressiva decarbonizzazione in vari settori. Come Fondazione Politecnico e in linea con la nostra missione di fare da ponte tra Accademia e tessuto produttivo, abbiamo ritenuto fosse strategico creare un centro di ricerca congiunto per favorire la costituzione di una filiera industriale associata allo sviluppo dell’idrogeno, che potesse contare sulla prima università tecnica italiana e su alcune delle più importanti imprese nel campo dell’energia per favorire l’innovazione, ma anche puntare su una ricerca d’eccellenza e su un trasferimento tecnologico efficace e di impatto per lo sviluppo del sistema paese”.
Secondo Giovanni Brianza, Executive Vice President Energy & Environmental Services Market di Edison, “l’idrogeno è un vettore energetico fondamentale per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione nel settore dei trasporti e dell’industria hard to abate. La grande sfida oggi è accelerarne lo sviluppo per renderlo economicamente sostenibile e per dare vita a una nuova filiera industriale che agisca da volano per l’economia italiana e affermi il valore delle nostre competenze a livello internazionale. Con la piattaforma di ricerca Hydrogen JRP con Politecnico di Milano, Eni e Snam, poniamo le basi per un importante lavoro comune e confermiamo il ruolo fondamentale che Edison ha nel settore dell’idrogeno e il suo impegno nel supportarne la ricerca e sviluppo”.
“La ricerca e sviluppo è uno dei pilastri su cui poggia la strategia di Eni volta al completo abbattimento delle emissioni di processi industriali e prodotti, nonchè la chiave per una transizione energetica equa e di successo – ha sottolineato
Francesca Zarri, direttore Technology, R&D e Digital di Eni -. Questo progetto si inserisce nella rete di collaborazioni con i migliori Atenei e Centri di ricerca nazionali e internazionali che Eni sta sviluppando con l’obiettivo di accelerare l’industrializzazione di tecnologie innovative in ambito decarbonizzazione e rinnovabili”.
Cosma Panzacchi, Executive Vice President Hydrogen di Snam, ha evidenziato che “con l’adesione a Hydrogen JRP, Snam mira a contribuire alla crescita del sistema di ricerca e sviluppo per potenziare la filiera italiana dell’idrogeno con l’obiettivo di accelerarne la diffusione, anche grazie alle infrastrutture esistenti, e dare impulso alla transizione energetica. Questa iniziativa è in linea con l’impegno di Snam a supportare le tecnologie più promettenti dell’ecosistema idrogeno, attraverso progetti quali l’Hydrogen Innovation Center avviato in collaborazione con alcuni dei più importanti atenei italiani, come il Politecnico di Milano, e HyAccelerator, primo programma di accelerazione per startup dell’idrogeno gestito da un’azienda a livello globale”.
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Snam, investimenti per 23 miliardi al 2030
MILANO (ITALPRESS) – Ventitrè miliardi di euro di opportunità di investimento nel periodo 2021-2030 in tre aree di crescita (reti energetiche, stoccaggio di energia e progetti green) per essere leader globale nelle infrastrutture per i gas verdi. Nel periodo 2021-2025 investimenti per 8,1 miliardi di euro. Li prevede il piano 2021-2025 con visione al 2030 di Snam, approvato dal Consiglio di Amministrazione presieduto da Nicola Bedin e presentato dall’amministratore delegato Marco Alverà.
Nel corso dei prossimi dieci anni Snam svilupperà progressivamente tre aree di attività:
Reti di energia: evoluzione verso una infrastruttura ‘multi-commodity’ in grado di trasportare, oltre al gas naturale nella fase di transizione, anche biometano, idrogeno e, dove necessario, anidride carbonica. Sarà sviluppata progressivamente una rete dedicata all’idrogeno convertendo i gasdotti esistenti;
Stoccaggio: evoluzione verso un’azienda di stoccaggio ‘multi-commodity’ (gas naturale, biometano, idrogeno, anidride carbonica) e che a tendere consenta anche soluzioni di sector coupling, ad esempio attraverso batterie;
Progetti green: evoluzione da progetti pilota a progetti scalabili verso lo sviluppo di progetti integrati nei gas verdi (biometano e idrogeno) lungo tutta la catena del valore per favorire lo sviluppo del mercato e contribuire alla decarbonizzazione. Proseguirà l’evoluzione della piattaforma esistente verso progetti più grandi di idrogeno, biometano e cattura dell’anidride carbonica in Italia e all’estero.
In queste tre aree, Snam ha identificato su base ponderata opportunità di investimento di tipo regolato o contrattualizzato fino a 23 miliardi di euro entro il 2030 così ripartiti:
Reti di energia: fino a 15 miliardi di euro, di cui 12 nel trasporto di gas naturale e biometano (il 70% per sostituzioni con standard H2 ready su 3.000 km di rete e manutenzioni, la rimanente parte per la conversione di sei centrali di compressione dual-fuel, il supporto alla nuova domanda come il progetto in Sardegna e i nuovi allacciamenti e le iniziative per la riduzione delle emissioni e la digitalizzazione) e 3 nel trasporto di idrogeno.
Snam prevede investimenti per 8,1 miliardi di euro nell’arco di piano, con un incremento complessivo di circa 700 milioni rispetto ai 7,4 miliardi di euro del piano 2020-2024. Il piano prevede la manutenzione, l’ammodernamento e lo sviluppo della propria infrastruttura, investimenti per il net zero e l’accelerazione della transizione energetica. Gli investimenti allineati alla tassonomia europea sono pari al 47% del totale (in aumento rispetto al 40% del precedente piano). Le attività regolate sono sostanzialmente coerenti con il piano precedente anche se con un diverso mix.
Nel periodo 2021-2025, Snam prevede di raggiungere una crescita sostenibile dei principali indicatori. Tale crescita è destinata ad accelerare ulteriormente al 2030 grazie al contributo dei nuovi investimenti.
La guidance sull’utile netto del 2022 è di un risultato sostanzialmente in linea con quello 2021 a parità di WACC. Il piano ipotizza un impatto sull’utile netto 2022 dalla revisione del WACC di circa 85 milioni di euro e sull’EBITDA di 120 milioni di euro.
Il livello atteso di indebitamento finanziario netto a fine 2022 è pari a circa 14,8 miliardi di euro, tenuto conto degli investimenti previsti nell’anno di 1,5 miliardi di euro, dell’assorbimento di circolante di 0,3 miliardi, di esborso per l’acquisizione di TTPC/TMPC di 0,4 miliardi e di 0,6 miliardi di contributo positivo derivante dall’ottimizzazione della struttura di capitale di una partecipazione e della conversione di un bond convertibile.
La RAB tariffaria raggiungerà 21,4 miliardi di euro nel 2022.
Rispetto al periodo di piano si prevede una crescita media annua (CAGR):
– di oltre il 2,5% della RAB 2021-2025 (oltre il 3,5% tra il 2025 e il 2030 con ulteriori opportunità di upside derivanti dallo sviluppo di una infrastruttura a idrogeno);
– del 3% dell’utile netto 2022-2025;
– del 4,5% dell’EBITDA 2022-2025;
– del 5% del dividendo per azione fino al 2022, con ulteriore 2,5% di crescita minima nel periodo 2022-2025.
Snam prevede che per l’esercizio 2021 possa essere distribuito nel 2022 un dividendo complessivo pari a 0,2620 euro per azione (di cui il 40% a titolo di acconto con pagamento a gennaio 2022 come deliberato dal Consiglio di Amministrazione dello scorso 3 novembre, mentre il restante 60% a saldo con pagamento a giugno, da sottoporre all’Assemblea degli Azionisti che approverà il bilancio di esercizio 2021).
“Con il nuovo piano al 2025 e la visione al 2030 proseguiamo e acceleriamo l’evoluzione di Snam. Negli ultimi sei anni abbiamo avviato il repurposing delle nostre infrastrutture, rafforzato lo sviluppo internazionale e lanciato nuove start-up nella transizione energetica. Snam si focalizzerà progressivamente su tre macro aree di attività: trasporto, stoccaggio e nuovi progetti nell’idrogeno e nel biometano. Grazie alle nostre competenze tecniche, al nostro know-how nei gas verdi e alla nostra capacità di realizzare e gestire progetti complessi puntiamo a diventare un’azienda di infrastrutture ‘multi-commodity’. Svolgeremo un ruolo centrale in un decennio decisivo per la transizione energetica, con l’obiettivo di cogliere nuove opportunità di sviluppo in Italia e all’estero, facendo leva sul ruolo abilitante delle infrastrutture per raggiungere un’economia a zero emissioni nette”, afferma Marco Alverà, amministratore delegato di Snam.
“In particolare, prevediamo nel medio termine la realizzazione della prima rotta di trasporto di idrogeno da Nord Africa e Sud Italia ai punti di maggiore domanda, dando in prospettiva all’Italia un ruolo di hub per le energie rinnovabili prodotte in Nord Africa e Medio Oriente”, aggiunge.
“Punteremo sempre più sullo stoccaggio e aumenteremo i nostri investimenti nei gas verdi. Ridurremo le emissioni legate alle nostre attività raggiungendo l’obiettivo aziendale del net zero al 2040 ed estenderemo l’impegno di riduzione anche a società partecipate e fornitori con un nuovo target al 2030 sulle emissioni Scope 3. In questo percorso continueremo a garantire ritorni interessanti ai nostri azionisti e a dare centralità ai temi ESG nelle nostre scelte strategiche, in linea con il nostro purpose e a beneficio di tutti gli stakeholder”, conclude Alverà.
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Nasce il primo “Basket Bond – Energia Sostenibile” per imprese filiera
MILANO (ITALPRESS) – Eni rafforza ulteriormente l’impegno per una transizione energetica equa e inclusiva avviando il programma “Basket Bond – Energia Sostenibile”, realizzato insieme a ELITE società del Gruppo Borsa Italiana/Euronext e illimity Bank per accelerare la crescita e lo sviluppo della supply chain.
Il programma “Basket Bond – Energia Sostenibile” sarà il primo strumento di finanza innovativa rivolto a tutte le imprese della filiera integrata dell’energia, con un focus particolare sulle PMI e dedicato agli obiettivi di sviluppo sostenibile; le aziende ammesse al programma potranno accedere a risorse finanziarie – a condizioni agevolate in funzione del profilo di sostenibilità attuale e prospettico – da destinare a progetti e investimenti finalizzati al raggiungimento dei Sustainable Development Goals delle Nazioni Unite. Le aziende impegnate in un percorso di transizione energetica giusta e con l’ambizione di migliorare i propri processi industriali e modelli di business, potranno quindi finanziare, ad esempio, iniziative concrete come il rinnovamento impianti ai fini di efficienza energetica e miglioramento dell’impatto ambientale, l’accesso a fonti energetiche rinnovabili, la mobilità sostenibile, l’adozione di modelli di economia circolare, la tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori, la formazione e creazione di nuove competenze. Il programma è sviluppato da Eni, ELITE e illimity che, in qualità di arranger, si occuperà di strutturare l’operazione e definire le caratteristiche finanziarie supportando le società nell’emissione e nel collocamento dei bond.
Eni ha costruito un business model che mette la sostenibilità al centro di ogni attività aziendale, inclusa la strategia finanziaria, ritenendo che lo sviluppo e l’utilizzo di strumenti finanziari sustainability-linked possano contribuire a promuovere il processo di transizione energetica verso un futuro low-carbon.
ELITE è da sempre impegnata, sia in Italia che all’estero, a supportare la crescita sostenibile delle piccole e medie imprese, asset portante dell’economia reale e, grazie a questo progetto, intende supportare le filiere, investire nel tessuto imprenditoriale del Paese per avere imprese più solide, capaci di innovare e competere a livello internazionale.
illimity, con questo nuovo progetto, può fornire un ulteriore strumento di finanziamento per tutte quelle imprese che hanno piani di sviluppo sostenibile offrendo condizioni agevolate in funzione del profilo di sostenibilità rafforzando così la sua strategia ESG al supporto di piccole e medie imprese.
Con il Programma “Basket Bond – Energia Sostenibile”, Eni rafforza ulteriormente la propria strategia di sostenibilità ed il suo impegno a coinvolgere l’intera catena di fornitura nel raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (“UN SDGs”) e della transizione equa e inclusiva.
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Enel, il Piano Strategico anticipa di 10 anni le “emissioni zero”
ROMA (ITALPRESS) – Il Gruppo Enel prevede con il nuovo Piano Strategico di mobilitare 210 miliardi di euro tra il 2021 e il 2030. Di tale importo il Gruppo prevede di investire direttamente circa 170 miliardi di euro (+6% rispetto al Piano precedente) attraverso i modelli di business di Ownership e di Stewardship, con ulteriori 40 miliardi di euro catalizzati da quest’ultimo attraverso terzi.
Si prevede che tale allocazione di capitale accelererà il conseguimento degli obiettivi di elettrificazione e decarbonizzazione del Gruppo.
Entro il 2030 il Gruppo Enel prevede di raggiungere una capacità rinnovabile complessiva di circa 154 GW, triplicando il suo portafoglio al 2020, nonchè di aumentare la base clienti della rete di 12 milioni e di promuovere l’elettrificazione dei consumi energetici, aumentando di quasi il 30% i volumi di elettricità venduta e concentrandosi al contempo sullo sviluppo di servizi ‘beyond commodity’, quali la mobilità elettrica pubblica o behind-the-meter storage, in collaborazione con partner.
Il Gruppo prevede di investire direttamente circa 160 miliardi di euro mediante il modello di business di Ownership, principalmente nei Paesi ‘Tier 1’.
Quasi la metà (circa 70 miliardi di euro) saranno dedicati alle Rinnovabili, per le quali è previsto un incremento di circa 84 GW di capacità, dei quali 9 GW di accumulo, portando a 129 GW la capacità installata rinnovabile a livello consolidato entro il 2030. Si prevede che tale risultato sarà raggiunto valorizzando una pipeline in crescita, pari a circa 370 GW e più che raddoppiata rispetto a quella presentata l’anno scorso, unitamente a tre piattaforme globali per le attività di Business Development, Engineering and Construction e Operation and Maintenance.
Un ulteriore investimento di circa 70 miliardi di euro è previsto per il business Infrastrutture e Reti, in aumento di 10 miliardi di euro rispetto al Piano precedente e concentrato in Europa, con l’obiettivo di rafforzare la posizione del Gruppo come operatore globale in termini di dimensioni, qualità, efficienza e resilienza. Si prevede che tale investimento porti a una RAB (‘Regulatory Asset Basè) di 65 miliardi di euro nel 2030, insieme alla completa digitalizzazione dell’intera base di clienti della rete tramite gli smart meter. Lo sviluppo delle attività del Gruppo in tale settore beneficerà dell’implementazione di Grid Blue Sky, una piattaforma digitale per la gestione del portafoglio della rete nel quadro di un modello globale unificato che pone il cliente al centro della catena del valore.
Il Gruppo prevede di investire direttamente un totale di circa 45 miliardi di euro nel periodo 2022-24, pari a un incremento del 12% rispetto al Piano precedente, mobilitando al contempo ulteriori 8 miliardi circa di euro provenienti da terzi nel quadro del modello di business di Stewardship.
La Strategia del Gruppo e il suo posizionamento previsto nel 2030 consentono di anticipare di 10 anni l’impegno “Net Zero”, dal 2050 al 2040, sia per le emissioni dirette sia per quelle indirette, senza ricorrere ad alcuna misura di offsetting, come tecnologie di rimozione della CO2 o soluzioni nature-based.
“Il Piano di quest’anno, con 170 miliardi di euro di investimenti diretti entro il 2030, rappresenta un punto di svolta. La sua attuazione ci consente di avanzare dal precedente Decennio della Scoperta dell’Energia Rinnovabile all’attuale Decennio dell’Elettrificazione – commenta Francesco Starace, amministratore delegato e direttore generale di Enel -. Stiamo accelerando la crescita in tutte le aree di business, creando valore per i nostri clienti, che sono al centro della Strategia del Gruppo, valore che si traduce nella prevista riduzione della loro spesa energetica, aumentando al contempo la loro domanda di elettricità entro il 2030”.
“Inoltre, stiamo anticipando di dieci anni l’obiettivo della completa decarbonizzazione del Gruppo, con il raggiungimento del “Net Zero” entro il 2040 – prosegue -. Continueremo a crescere nelle rinnovabili, valorizzando quello che è già oggi il più grande portafoglio privato di asset rinnovabili al mondo. Il business di Infrastrutture e Reti e la nuova business line Global Customers ci consentiranno di cogliere le incredibili opportunità offerte dall’elettrificazione. Il lavoro pionieristico svolto da tutti i colleghi di Enel e la trasformazione digitale avanzata del Gruppo ci consentiranno di soddisfare le esigenze in evoluzione dei clienti nel corso di questo decennio”.
(ITALPRESS).
Crui-Gse, 35 tirocini per le rinnovabili e l’efficienza energetica
ROMA (ITALPRESS) – Conoscenza dell’inglese al livello B1, voto di laurea pari o superiore a 103/110, titolo conseguito da non più di 12 mesi in una delle classi indicate nel bando. Sono questi alcuni dei requisiti per accedere all’opportunità offerta dal Gestore dei Servizi Energetici, società del Ministero dell’Economia che in Italia promuove lo Sviluppo sostenibile attraverso l’incentivazione alle fonti rinnovabili e all’efficienza energetica, in collaborazione con la Fondazione CRUI, Conferenza dei Rettori delle Università Italiane. Il GSE, da febbraio 2022, offre 35 tirocini, della durata di 6 mesi, per un percorso di formazione on-the-job post-laurea. I tirocini potranno svolgersi da remoto, coerentemente con le disposizioni aziendali adottate per il contenimento della diffusione del virus Covid-19. Tuttavia, al variare delle condizioni del contesto pandemico, i tirocini potranno svolgersi anche in presenza.
Il GSE riconoscerà ai tirocinanti una indennità di partecipazione di 800 euro mensili per i residenti nei comuni all’interno della provincia di Roma e di 1000 euro mensili per tutti gli altri, oltre a 1 ticket restaurant di 7 euro per ciascun giorno di tirocinio. I 35 studenti selezionati svolgeranno attività afferenti a due diversi ambiti aziendali del GSE. In particolare, 30 studenti saranno coinvolti nelle attività di gestione dei meccanismi di incentivazione, nonchè in attività inerenti l’efficienza energetica e le fonti rinnovabili e gli altri 5 svolgeranno attività di analisi, interpretazione e presentazione dei dati connessi ai meccanismi di incentivazione della produzione di energia da fonte rinnovabile e agli interventi di efficienza energetica. Al termine del tirocinio, i partecipanti saranno coinvolti in un processo di valutazione in base al quale, ai più meritevoli, al permanere delle esigenze organizzative, potrà essere offerto un contratto di lavoro subordinato.
Le candidature vanno presentate entro le 17.00 del 7 gennaio esclusivamente per via telematica sul sito CRUI per le candidature . Per scaricare il bando e l’elenco delle università partecipanti basta cliccare nell’area dedicata sul sito https://www.tirocinicrui.it/.
Il Programma di tirocini è una delle tante opportunità avviate grazie alla Convenzione sottoscritta l’8 marzo 2021 dal GSE e dalla Fondazione CRUI e si propone di consolidare le conoscenze e le competenze acquisite durante il percorso universitario attraverso una esperienza diretta in azienda.
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Amici della Terra “Serve un mix di azioni per la transizione energetica”
ROMA (ITALPRESS) – Al via la XIII Conferenza Nazionale per L’Efficienza Energetica, che si svolge il 23 e 24 novembre a Roma, appena dopo due eventi importanti per il futuro dell’uso dell’energia, il G20 e la COP26. Questi appuntamenti internazionali per la prima volta hanno aperto al superamento della narrazione ideologica e semplicistica secondo cui l’unica strada verso la transizione fosse l’installazione di rinnovabili elettriche di grandi dimensioni. Si è resa chiara la necessità di mettere in campo una molteplicità di azioni diverse e di investire in ricerca tecnologica, grazie anche all’intervento italiano con Mario Draghi che dichiara come “oggi raggiungere quegli obiettivi nel 2050 con le sole rinnovabili non è realistico. Ce l’ha detto la Commissione, l’han detto le Nazioni Unite…”.
“Come Amici della Terra abbiamo apprezzato almeno tre decisioni con queste caratteristiche, annunciate da Draghi già in conclusione del G20 di Roma – conferma la presidente dell’associazione Monica Tommasi nel discorso di apertura dei lavori -. I 100 miliardi annui di sostegno alle politiche dei paesi meno sviluppati, il ruolo della forestazione perchè l’obbiettivo net zero non può prescindere dal riassorbire parte delle emissioni, e la priorità data finalmente alla riduzione delle emissioni di metano, fronte sul quale come Amici della Terra siamo da anni attivi con studi e collaborazioni su più fronti”.
L’Italia nella definizione del nuovo Piano Nazionale integrato per l’Energia e il Clima (PNEC) richiesto dallo European Green Deal deve superare l’attuale impostazione e assumere realmente il principio #Primalefficienza.
Per fare cio il nuovo PNEC dovrà ruotare su un obiettivo globale di riduzione dell’intensità energetica basato su obiettivi settoriali di miglioramento dell’efficienza energetica collegati a corrispondenti obiettivi di aumento della competitività e crescita economica.
Gli Amici della Terra ripropongpno con forza il principio #primalefficienza “che in questi anni ha dimostrato di essere l’approccio trasversale che ha portato gli unici veri progressi, graduali ma concreti e misurabili, a fronte di investimenti grandiosi fatti a favore di eolico e fotovoltaico che hanno prodotto risultati bassi e sulle cui contraddizioni non si è mai avuto un dibattito pubblico serio. Contraddizioni – spiegano – che riguardano la dimensione locale con gli impatti paesaggistici, sulla biodiversità e per lo sviluppo rurale; e la dimensione globale con il consumo di suolo, con le nuove esigenze di estrazione mineraria che pongono enormi problemi di sostenibilità ambientale”, a cui è dedicata la sessione pomeridiana del primo giorno dei lavori.
“Vanno evitate quindi politiche che non tengano conto della realtà italiana, privilegiando solo le rinnovabili elettriche intermittenti. Percorsi di elettrificazione dei consumi velleitari, e la rinuncia a gestire al meglio il ruolo del gas naturale nella transizione rischiano di avere effetti controproducenti sul conseguimento degli obiettivi di decarbonizzazione – conclude Tommasi -. E infine non bisogna sottovalutare il pericolo che il populismo cavalchi le contraddizioni di politiche per la transizione non attente alla realtà sociale del paese”.
(ITALPRESS).









