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Usa 2024, il tour Harris-Walz in Virginia “Rivendicare diritti riproduttivi”

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RICHMOND (STATI UNITI) (ITALPRESS) – Questa settimana il tour in autobus “Fighting For Reproductive Freedom” della vicepresidente Kamala Harris e del governatore del Minnesota Tim Walz ha fatto tappa a Richmond, in Virginia, per sottolineare l’impegno del partito democratico in merito ai diritti riproduttivi.
La candidata democratica alle prossime elezioni ha dato vita a questo tour per rendere nota la volontà di firmare una legge per ripristinare le protezioni federali sull’aborto nel caso in cui dovesse diventare la prima donna presidente degli Stati Uniti. Il tour ha fatto tappa in Virginia a meno di due mesi dal giorno delle elezioni, ma l’obiettivo è quello di girare tutti i 50 Stati.
In particolare le tappe in Virginia sono state caratterizzate dalla presenza delle deputate statunitensi Jennifer McClellan e Abigal Spanberger. A loro si è unita anche la capogruppo della minoranza della Camera Katherine Clark del Massachussetts.
Tra i relatori principali erano presenti anche Amanda Zurawski, che da mesi affronta una causa contro lo Stato del Texas legata alle complicazioni della gravidanza in cui le è stato negato l’aborto, e Kaitlyn Joshua, residente in Louisiana, che ha raccontato il modo in cui le è stata negata l’assistenza per un aborto spontaneo alla Convention nazionale democratica che si è tenuta a Chicago lo scorso mese.
Con questo tour la candidata Kamala Harris intende evidenziare le profonde differenze tra la sua campagna elettorale e quella dell’ex presidente repubblicano Donald Trump. Negli Stati Uniti l’accesso all’aborto è cambiato dopo la decisione della Corte Suprema di ribaltare la sentenza che fino a quel momento aveva protetto l’aborto a livello federale per decenni. A giocare un ruolo decisivo su questo provvedimento sono stati i tre giudici eletti da Trump quando era alla presidenza.
Con la norma attuale ogni singolo Stato stabilisce la sua legge in merito all’aborto e per questo motivo i democratici hanno più volte sottolineato la crescente incertezza in merito al controllo delle nascite o alle misure di pianificazione familiare come la fecondazione in vitro.
La campagna Harris-Waltz a questo proposito ha anche criticato duramente le linee guida che fanno parte del cosiddetto “Project 2025”, un documento scritto dai repubblicani vicini a Trump, che di fatto prevede l’impiego di una legge federale da tempo inattiva per limitare ulteriormente i farmaci per l’aborto.
Su questo punto sia i democratici che i sostenitori dei diritti riproduttivi sostengono che una eventuale reintroduzione di questa legge potrebbe fare da apripista ad un divieto nazionale “Mentre attraversiamo il paese, stiamo portando a casa questo contrasto agli elettori rossi e blu e agli indipendenti – ha affermato Julie Chavez Rodriguez, responsabile della campagna di Kamala Harris -. Il tour farà capire agli elettori che questa minaccia alle nostre libertà fondamentali tocca ogni americano”.

– foto xp6/Italpress –

(ITALPRESS).

Palalic “Per stabilità dei Balcani non ignorare diritti della Serbia”

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ROMA (ITALPRESS) – “Da mesi è in corso una enorme pressione sul popolo serbo in Kosovo, che costituisce la maggioranza assoluta nel nord di questo territorio. Tutto è iniziato con la presa illegale, da parte di partiti albanesi leali al primo ministro Albin Kurti, di quattro comuni nel nord dove vivono oltre il 95% di serbi. In quell’area governano sindaci che hanno solo il 3% dei consensi dei cittadini. Si stanno effettuando arresti con false accuse di crimini di guerra. Sono state chiuse tutte le istituzioni finanziarie attraverso cui i serbi potevano ricevere stipendi e pensioni. È stato vietato l’import di merci dalla Serbia, chiuse le poste e le banche serbe. La polizia kosovara negli ultimi giorni ha arrestato cittadini pacifici e ha usato violenza contro di loro durante la detenzione. Si stanno creando condizioni insopportabili con il chiaro obiettivo di far sì che anche l’ultimo serbo lasci il territorio in cui vive da mille anni”. Così Jovan Palalic, membro del Parlamento serbo e presidente del gruppo di amicizia Serbia-Italia, in un’intervista alla Italpress.
“La politica del governo di Pristina è quella di pulire etnicamente il Kosovo, in modo pacifico, attraverso una politica di violenza e paura, creando condizioni di vita insostenibili.
I serbi in Kosovo e lo stato serbo fanno appello a tutta l’Europa affinché presti attenzione a questo vero e proprio ghetto nel cuore del Continente, affinché le istituzioni europee intraprendano azioni più concrete nei confronti delle autorità kosovare per porre fine immediatamente a questa politica di persecuzione e tornare al dialogo con la Serbia”, sottolinea Palalic. “Ricordo che la Serbia ha adempiuto ai suoi obblighi contrattuali assunti con gli accordi con Pristina nel 2013, di cui garante è l’Unione Europea. Se le autorità di Pristina pensano che in questo modo costringeranno la Serbia a riconoscere la loro secessione illegale, ciò non accadrà mai, poiché, secondo il diritto internazionale e la Costituzione, il Kosovo è parte della Serbia. Tuttavia, queste divergenze sullo status del Kosovo non possono impedire che la vita quotidiana delle persone si svolga in modo civile e non violento, in un’Europa che ha unito tanti popoli in una pacifica convivenza. Proprio questa è la politica della Serbia: che le persone in Kosovo e in tutto il Balcani vivano in pace e collaborazione e che tutti, sia i serbi che gli albanesi in Kosovo, attraverso un compromesso sostenibile, abbiano diritto a un futuro felice in Europa”, sottolinea.
“A causa di questa atmosfera pericolosa, che rischia di degenerare in tensioni ancora maggiori, il presidente della Serbia, Aleksandar Vucic, ha chiesto innanzitutto all’Unione Europea che l’intero processo torni al punto di partenza. La Serbia richiede elezioni democratiche nel nord del Kosovo. Per garantire la sicurezza dei serbi, il presidente Vucic ha richiesto che i serbi tornino a far parte della polizia e della magistratura. Quando queste condizioni, che esistevano prima, saranno soddisfatte, allora la Serbia tornerà al dialogo come parte seria e responsabile. Personalmente, rivolgo un appello all’Italia, che con la nuova e attiva politica balcanica del governo di Giorgia Meloni ha espresso chiaramente l’ambizione legittima di giocare un ruolo costruttivo come mediatore imparziale. L’Italia potrebbe contribuire al rapido ritorno della parte di Pristina al vero dialogo, con i passi diplomatici necessari e giusti, che porteranno alla fine di questa pericolosa, violenta, antidemocratica e antieuropea politica contro i serbi. Non è possibile immaginare e costruire un’area balcanica stabile ignorando costantemente i diritti fondamentali dei serbi e umiliando la Serbia, il più grande e antico stato della regione”, conclude Palalic.
(ITALPRESS).
-Foto: fonte Jovan Palalic-

Usa, Papa “Harris o Trump? Entrambi i candidati sono contro la vita”

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ROMA (ITALPRESS) – “Ambedue sono contro la vita, sia quello che butta via i migranti sia quello che uccide i bambini. Ambedue sono contro la vita. Non si può decidere, io non posso dire, non sono statunitense, non andrò a votare lì, ma sia chiaro: mandare via i migranti, non dare ai migranti capacità di lavorare, non dare ai migranti accoglienza è peccato, è grave”. Così Papa Francesco sul volo che da Singapore lo riportava a Roma, secondo quanto riporta Vatican News, riferendosi ai due candidati alle elezioni americane, Donald Trump e Kamala Harris.
“Oggi – aggiunge – c’è un flusso di migranti all’interno dell’America Centrale che tante volte vengono trattati come schiavi, perché si approfittano di questo. La migrazione è un diritto, un diritto che già nella Sacra Scrittura, nell’Antico Testamento c’era. Lo straniero, l’orfano e la vedova: non dimenticare questo. Questo è quello che io penso dei migranti. Poi, l’aborto. La scienza dice che al mese dal concepimento ci sono tutti gli organi di un essere umano, tutti. Fare un aborto è uccidere un essere umano. Ti piaccia la parola o non ti piaccia, ma è uccidere. Questo. La Chiesa non è chiusa perché non permette l’aborto: la Chiesa non permette l’aborto perché è uccidere, è un assassinio, è un assassinio. E su questo dobbiamo avere le cose chiare. Mandare via i migranti, non lasciarli sviluppare, non lasciare che abbiano la loro vita è una cosa brutta, è cattiveria”. “Nella morale politica – aggiunge – in genere si dice che non votare è brutto, non è buono: si deve votare. E si deve scegliere il male minore. Chi è il male minore, quella Signora o quel Signore? Non so, ognuno in coscienza pensi e faccia questo”.
-foto Agenzia Fotogramma-
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Raid notturni su Gaza, una decina di vittime civili palestinesi

ROMA (ITALPRESS) – Almeno dieci civili palestinesi sono rimasti uccisi la notte scorsa e all’alba nella Striscia di Gaza, colpita da diversi raid israeliani. In particolare, secondo fonti di stampa palestinesi, due sarebbero le vittime nel campo profughi di Jabalia, mentre nel sobborgo di al-Tuffah, ed est di Gaza city, almeno sei persone, tra cui tre bambini e una donna, hanno perso la vita nel bombardamento di una casa. Inoltre, secondo al Jazeera, un altro palestinese è morto in una tendopoli colpita dall’artigleria ad al-Mawasi, ad ovest di Khan Younis. Altre vittime al nord.
– foto Agenzia Fotogramma –
(ITALPRESS).

Design, a Londra i 70 anni di ‘Interni’ con archistar global

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LONDRA (REGNO UNITO) (ITALPRESS) – Architetti e designer di fama internazionale riuniti all’Istituto Italiano di Cultura di Londra sera per parlare di “Storia del design e dell’architettura e FuoriSalone”, un evento organizzato dall’Istituto diretto da Francesco Bongarrà in collaborazione con la rivista Interni in occasione del suo settantesimo anniversario.
Deyan Sudijc, ex Direttore del Design Museum di Londra e della rivista Domus, editorialista per Interni e co-autore del libro “30 Years of FuoriSalone”, il famosissimo designer Ron Arad, il Direttore dello Studio Zaha Hadid, Michele Pasca di Magliano e l’architetto Claudia Pasquero, specializzata in biotecnologie ambientali, moderati dall’architetto Carlo Biasia, hanno parlato ad una qualificatissima platea di architetti e designer per la stragrande maggioranza britannici del design in generale, del loro legame professionale ed artistico con il nostro Paese, delle nuove tendenze, e dei propri progetti nell’immediato e nel futuro.
“È un enorme piacere accogliere qui questi importantissimi esponenti del design e dell’architettura a livello globale – ha detto Bongarrà, presentando gli ospiti alla sala gremita – e sono felice di far continuare la collaborazione dell’Istituto di Cultura di Londra con Interni, un rapporto proficuo che dura ormai da anni, e di fare gli auguri di compleanno a questa meravigliosa rivista”.
Deyan Sudjic ha espresso il suo apprezzamento per la felice collaborazione lavorativa tra il mondo del design britannico e italiano “Italy, thank you!” ha esclamato, ricordando poi gli anni in cui a Milano, capitale per eccellenza del Design Italiano grazie anche a importanti iniziative quali la Triennale, il Salone del Mobile e, naturalmente, il FuoriSalone, si sono formati quegli architetti e designer ancora oggi tra i piu’ noti nel mondo, quali Gio’ Ponti, Achille Castiglione ed Enzo Mari, per citarne solo alcuni, e le riviste specializzate quali Domus, Abitare e Interni, spesso dirette da architetti. Ron Arad ha parlato della sua esperienza al Salone e al FuoriSalone. “E’ stato proprio a Milano – ha sottolineato – che ho incontrato tutti i miei eroi, Castiglione e Mari innanzitutto, ma anche Ettore Sottsass. Ed è in Italia – ha continuato – che si trovano i migliori artigiani, quelli in grado di realizzare dei prototipi che risultano poi essere di qualità superiore al prodotto industriale finito”. Sullo sfondo, le immagini di alcuni degli oggetti di design realizzati da Arad, dal famosissimo BookWorm in poi.
Michele Pasca di Magliano ha mostrato al pubblico alcuni dei principali progetti dello Studio Zaha Hadid da lui diretto: “Uno studio che cresce continuamente. Il nostro team ora comprende 500 persone, seguiamo progetti in tutto il mondo”. A partire dai notissimi “Citylife” a MIlano, e il MAXXI a Roma, ma anche l’Henderson a Hong Kong, la Unicorn Island a Sichuan, il New Science Centre a Singapore, e molti altri. “Al momento abbiamo 40 cantieri aperti in 28 Paesi “, ha aggiunto.
Infine, Claudia Pasquero, di ecoLogic Studio, ha descritto il suo lavoro incentrato sul bio design digitale e sulla ricerca della nuova tecnologia della natura: “Un esempio per tutti – ha spiegato – e’ il Tree.One, un esempio di biotecnologia che ridefinisce i confini di cio’ che e’ naturale, e ci permette di osservare le ripercussioni sulla nostra vita futura”.
Prossimo appuntamento con l’architettura ed il design all’Istituto di Cultura di Londra mercoledi 18 settembre. Sul palco di Belgrave Square ci saranno l’architetto Mario Cucinella, autore del padiglione Italiano all’EXPO 2025 Osaka, in conversazione con Maria Porro, Presidente del Salone del Mobile di Milano, moderati dalla curatrice Priya Khanchandani, in presenza dell’Ambasciatore Mario Vattani, Commissario Generale per l’Italia a EXPO 2025.
(ITALPRESS).

Marocco, bloccati 45 mila tentativi di emigrazione illegale nel 2024

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RABAT (MAROCCO) (ITALPRESS) – Secondo il Ministero degli Interni marocchino, dall’inizio del 2024 sono stati bloccati complessivamente 45.015 tentativi di emigrazione irregolare, grazie alla resilienza dei sistemi di sorveglianza delle frontiere e delle coste. In base ai dati delle autorità di Rabat, nel mese di agosto scorso sono stati bloccati nel dettaglio 11.323
tentativi nella prefettura di Mdiq (vicino alla città di Ceuta) e 3.325 tentativi falliti nella provincia di Nador (vicino alla città di Melilla), coinvolgendo diverse nazionalità.
Allo stesso modo, i servizi di sicurezza hanno smantellato 177 reti criminali attive nel traffico di migranti, mentre 10.589 migranti sono stati salvati in mare e hanno potuto beneficiare di sostegno in termini di assistenza, sostegno medico, alloggio e orientamento, nell’ambito della gestione delle frontiere.

Inoltre, nel 2024 il Marocco dovrà ancora far fronte a una crescente pressione migratoria, conseguenza diretta dell’instabilità prevalente nella regione del Sahel e della permeabilità dei confini. Una situazione aggravata dal cinico sfruttamento da parte delle reti criminali del traffico di migranti.
In questo contesto, le autorità di Rabat chiamano alla necessità di un coordinamento continuo tra tutti i paesi partner per fare fronte al fenomeno della migrazione irregolare.

– Foto MAP –

(ITALPRESS).

Kamala Harris contro Donald Trump, 90 minuti roventi di duello tv

ROMA (ITALPRESS) – Al National Constitution Center di Filadelfia primo dibattito televisivo tra Donald Trump e Kamala Harris. I due candidati alla Casa Bianca, a meno di due mesi dall’Election Day, si sono confrontati sui temi di maggiore interesse nazionale e internazionale. Sono stati 90 minuti roventi di duello tv. Il dibattito è stato moderato da David Muir e Linsey Davis di Abc News. I due candidati hanno avuto due minuti ciascuno per rispondere a ogni domanda, due per una eventuale replica e un altro per una controreplica.
Tanti i temi toccati: dall’economia all’Ucraina e la guerra a Gaza passando per il diritto all’aborto, l’immigrazione e l’Afghanistan. “Non sono nè Biden nè Trump, sono la leader di una nuova generazione”, ha dichiarato la vice presidente che ha stretto la mano al rivale prima del dibattito. Poi l’accusa di “aver venduto gli Stati Uniti alla Cina” con la sua politica dei chips e di essere amico di dittatori come Vladimir Putin e Kim Jong Un che “fanno il tifo per lui perchè lo possono manipolare”. Trump ribatte: è una “marxista che ha distrutto il paese con politiche folli” e “anti-Israele che distruggerà il Paese entro due anni dal suo insediamento”. Alla fine del dibattito, Kamala Harris incassa l’endorsement di Taylor Swift, che attacca anche Trump per avere usato l’intelligenza artificiale facendo credere che la star lo appoggiasse.
Lui dopo il dibattito è comparso nella “spin room”, dove in genere vanno i surrogati per sostenere i candidati. Ha detto che “è stato il miglior dibattito della mia vita”, ma la sua apparizione è stata un chiaro segno delle difficoltà, perchè si è reso conto che il dibattito è andato male e ha sentito la necessità di correggere e rafforzare il messaggio. Harris infatti lo ha sfidato, invitandolo a fare un secondo dibattito: “Vedremo”, ha risposto lui laconico.
– foto Ipa –
(ITALPRESS).

Usa, su Trump si abbattono la grinta di Kamala e l’uragano Taylor

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di Stefano Vaccara
NEW YORK (STATI UNITI) (ITALPRESS) – Se il dibattito per la Presidenza degli Stati Uniti di martedì sera sulla ABC in diretta da Filadelfia volessimo raccontarlo come una partita di calcio, scriveremmo che dopo un primo tempo a reti inviolate, nella seconda metà Kamala Harris ha dilagato contro Donald Trump concedendo, solo alla fine, all’ex presidente un inutile goal della bandiera. La vicepresidente ha mostrato fin dai primi secondi della diretta in tv più sicurezza dell’avversario. Salendo sul palco, è andata a cercarlo e stringendogli la mano ad alta voce ha detto il suo nome (che l’ex presidente di solito storpia). Poi, dopo una partenza lenta dovuta anche alla prima domanda sull’economia in cui la vice di Biden è più vulnerabile, la candidata che potrebbe diventare la prima donna presidente del paese più potente del mondo, per oltre un’ora ha scaricato micidiali affondi sull’avversario, frastornandolo. Harris ha bucato la difesa di Trump attaccandolo sulle decisioni sull’aborto, sulle sue condanne penali, sulle sue pericolose bugie – ancora ripetute ieri – sul voto nelle elezioni del 2020, sulle sue responsabilità per il 6 gennaio 2021 – con Trump “nudo” e quindi sfuggente alla domanda se avesse qualcosa da recriminare -. Ridicolizzando Trump persino sulle notizie “inventate” sui migranti che “ruberebbero” gli animali domestici degli americani “per mangiarseli”. Persino sulla politica estera, in cui Trump avrebbe voluto dominare sostenendo che con lui si evita “la terza guerra mondiale”, ha dovuto invece subire la scaltrezza di Harris. Come quando la vice presidente, dopo aver rivelato che diversi ufficiali militari le avevano confidato di considerare Trump “una vergogna, una disgrazia” per la sicurezza degli USA, ha poi descritto la tendenza dell’allora presidente a “piegarsi” alle volontà dei dittatori. Qui Harris è riuscita a colpire con un siluro che potrebbe dargli la vittoria in uno degli stati in bilico: “chissà cosa ne pensano gli oltre 600 mila americani di origine polacca della Pennsylvania’, ha detto accusando Trump di voler dare il via libera alla Russia di Putin in Ucraina e poi in Europa. L’ex presidente, che nei primi minuti non aveva iniziato male, mantenendo la calma e seguendo un suo filo logico pur saltando di palo in frasca negli argomenti, ha cominciato a barcollare quando ha abboccato all’esca lanciata dall’astuta Harris. Riferendosi al pubblico che partecipa ai comizi di Trump, Kamala ha provocato il narcisismo di Donald affermando che i “suoi comizi in cui parla solo di se stesso sono così noiosi che sempre più gente va via prima della fine’. Fumava di rabbia Trump a quelle insinuazioni e per tutto il resto del dibattito ha perso la bussola.
Da quel momento il candidato repubblicano ha continuato ad abboccare alle provocazioni dell’avversaria, rispondendo ad ogni critica confusamente, tentando di replicare con l’arma della disinformazione ma che veniva puntualmente ripresa e annullata dai conduttori. Così, come se fosse tornato all’asilo, si assiste a Trump esclamare all’improvviso: “Ora vi dico un segreto, anche Biden la detesta”. Tutto questo in un’ora e mezza in cui Trump non ha mai rivolto lo sguardo verso Harris, mentre la vicepresidente lo osservava facendo espressioni col viso e chiaramente lanciando il messaggio al pubblico a casa: ma come si fa a prenderlo sul serio? “È ora di voltare pagina”, ha ripetuto Harris, col piglio avvolte da pubblico ministero nei confronti dell’imputato all’arringa finale. Harris ha descritto Trump come un servitore dei suoi interessi personali e dei miliardari e delle grandi corporation, mentre lei sarebbe stata la paladina della classe media. Trump ha dal canto suo descritto la Harris come non solo “liberal”, ma addirittura “una marxista come suo padre, un professore marxista di economia che le ha insegnato bene’. Solo alla fine Trump è riuscito a collegare la Harris all’amministrazione del poco popolare Joe Biden e nel suo discorso di chiusura, ha detto che l’avversaria non avrebbe mai realizzato quello che promette, “perché non lo ha fatto negli ultimi tre anni e mezzo che era alla Casa Bianca”. Se Trump è pur riuscito a sferrare dei colpi ad Harris sull’andamento dell’economia con Biden, riferendosi più volte ai danni provocati dall’inflazione, la vicepresidente ha replicato presentando la sua proposta di concedere 50 mila dollari di sgravi fiscali alle piccole aziende “start-up” e fino a 6 mila dollari l’anno per figlio ai genitori. Ma è stato sull’aborto che Trump ha subito l’attacco da Harris andato perfettamente a segno: ‘Non è necessario abbandonare la propria fede o convinzioni profondamente radicate per concordare che il governo – e Donald Trump, certamente – non dovrebbe dire a una donna cosa fare del suo corpo”. La sala a Filadelfia era senza pubblico e con due giornalisti della ABC a condurre le domande e aprire e chiudere i microfoni, con David Muir e Linsey Davis, a differenza di quello che accadde nel precedente dibattito condotto dalla CNN tra Trump e Biden, che sono intervenuti quando uno dei candidati (ovvero sempre il candidato repubblicano) ha detto falsità con dati inventati così evidenti che alla replica, lui non ha avuto il coraggio di insistere. ‘Non esiste uno stato in questo paese in cui sia legale uccidere un bambino dopo la nascita’, la giornalista Davis stizzita ha richiamato ad un certo punto Trump dopo che quest’ultimo aveva continuato ad affermare che i democratici in certi stati permettevano l”esecuzione’ dei neonati.
Ma il gran colpo della serata per la campagna elettorale di Harris-Walz è arrivato quando il dibattito contro Trump era già finito da pochi minuti e i network televisivi e i siti dei giornali americani hanno diffuso la “breaking news”: la pop star Taylor Swift aveva appena annunciato con un post sui social il suo appoggio per il ticket democratico della vicepresidente Kamala Harris e del governatore del Minnesota Tim Walz. Rivolgendosi ai suoi quasi 300 milioni di follower su Instagram, Swift ha firmato il suo post ‘gattara senza figli’, in riferimento ai commenti dispregiativi sulle donne senza figli fatti da JD Vance, il senatore dell’Ohio scelto da Trump nel ticket repubblicano. Nel post scriveva perché sosteneva Harris-Walz, mettendo l’accento nel diritto della donna alla libertà di scegliere sul proprio corpo. Concludiamo avvertendo che la prestazione convincente di Harris nel dibattito non potrà servire a portar via dei voti da quel 50% di elettori repubblicani e MAGA e che finora nei sondaggi hanno indicato costantemente che voteranno Trump il 5 novembre nei sette stati chiave per vincere le elezioni (oltre alla Pennsylvania, il Michigan, Wisconsin, Georgia, North Carolina, Nevada e Arizona). Invece il dibattito potrebbe avvantaggiare Harris se ha convinto – la conferma l’avremo nei poll post dibattito- una maggioranza di elettori ancora indecisi nei 7 stati “dondolanti”, che sono ormai pochissimi ma che nella corsa tra candidati “testa a testa”, il loro voto sarà determinante. L’appoggio di Taylor Swift potrà far la differenza per Harris? L’appello della cantante più popolare d’America e del mondo, potrebbe avere certi prevedibili effetti sulle decine e decine di migliaia di giovanissime che ancora non si erano mai interessate alla politica. In quel caso vedremo le “swifties” correre per la prima volta al seggio elettorale per votare Kamala. Alla fine del dibattito di Filadelfia (intanto la campagna di Harris sfida subito quella di Trump ad organizzarne un altro in ottobre) resta sospesa, come una spada di Damocle, la domanda che ieri nessuno ha fatto a ciascuno dei candidati: ma se vincesse Trump (considerato da Harris un tiranno pericoloso per la democrazia) cosa direbbe la vicepresidente al suo elettorato? Si può accettare la sconfitta lasciando la democrazia USA in balia del futuro dittatore? Ma se a vincere invece fosse la Harris (appena chiamata da Trump la marxista pronta a distruggere l’America) cosa potrebbe dire l’ex presidente al suo elettorato? Tutti i MAGA alla presa della Casa Bianca?

– Foto Ipa Agency –