In Ucraina continua l’offensiva nel Donbass mentre il bilancio delle vittime tra i civili si aggrava e, secondo l’Onu, i morti sfiorano quota 4 mila. In particolare, secondo i dati dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, dall’inizio del conflitto al 25 maggio, si contano 8.691 vittime civili: 3.998 morti e 4.693 feriti. L’agenzia dell’Onu, però, ritiene che “le cifre effettive siano considerevolmente più elevate, poiché la ricezione di informazioni da alcuni luoghi in cui sono in corso intense ostilità è stata ritardata e molti rapporti sono ancora in attesa di conferma”. Intanto, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, nel consueto video serale, ha dichiarato che “l’attuale offensiva degli occupanti nel Donbass può rendere la regione disabitata. Vogliono ridurre in cenere Popasna, Bakhmut, Lyman, Lysychansk e Severodonetsk. Come Volnovakha, come Mariupol”.
“Nelle città e nelle comunità più vicine al confine russo, a Donetsk e Lugansk – ha proseguito -, radunano tutti quelli che possono per riempire il posto delle persone uccise e ferite nel contingente di occupazione. Tutto questo, compresa la deportazione del nostro popolo e le uccisioni di massa di civili, è un’evidente politica di genocidio perseguita dalla Russia”. Un quadro di ciò che accade sul campo arriva anche dall’intelligence britannica. “Le forze di terra russe – afferma nell’ultimo aggiornamento diffuso dalla Difesa del Regno Unito – continuano il loro tentativo di circondare Severodonetsk e Lyschansk, catturando di recente diversi villaggi a nord-ovest di Popasna”. Per Londra, Mosca “sta facendo pressioni” nell’area di Severodonetsk “sebbene l’Ucraina mantenga il controllo di più settori difesi, negando alla Russia il pieno controllo del Donbass”. Sul piano diplomatico, invece, non si registrano ancora spiragli per un reale negoziato di pace. Lo ha confermato il presidente del Consiglio italiano, Mario Draghi, dopo che ieri ha avuto un colloquio telefonico con il presidente russo, Vladimir Putin. “Se ho visto degli spiragli per la pace? La risposta è no”, ha detto Draghi. L’attenzione del mondo, però, adesso è anche rivolta ai quintali di grano fermi nei porti ucraini. Il blocco sta causando una crisi alimentare globale, in particolare per i paesi più poveri. Ed è per questo che Draghi ha chiamato Putin. “Lo scopo della mia telefonata era chiedere se si potesse fare qualcosa per sbloccare il grano che oggi è nei depositi in Ucraina”, ha affermato il premier. “Il presidente Putin – ha aggiunto – mi ha detto che i porti sono bloccati perché sono stati minati dagli ucraini. Naturalmente sono stati minati per impedire alle navi russe di attaccare l’Ucraina. Quindi la collaborazione deve essere: da una parte quella di sminare questi porti, dall’altra quella di garantire che non avvengano attacchi durante il periodo di sminamento”. In questa prima fase del tentativo di mediazione, secondo Draghi, “c’è stata comunque effettivamente una disponibilità a procedere su questa direzione”. Adesso, però, occorre l’accordo di Kiev.
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Prosegue l’offensiva nel Donbass, da Zelensky accusa di genocidio
La Russia non molla la presa sul Donbass, Zelensky “Resistiamo”
ROMA (ITALPRESS) – “Dietro tutte queste speculazioni geopolitiche di coloro che consigliano all’Ucraina di regalare qualcosa alla Russia, i ‘grandi geopoliticì non sono sempre disposti a vedere le persone comuni, gli ucraini comuni, milioni di coloro che effettivamente vivono nel territorio che propongono di scambiare per l’illusione della pace”. Così il presidente ucraino Volodymyr Zelensky nel suo ultimo messaggio video. Nel consueto discorso agli ucraini, Zelensky ha fatto riferimento a chi dice che il suo paese dovrebbe rinunciare a parte del territorio pur di trovare un accordo di pace. Le trattative tra Mosca e Kiev, infatti, sono in stallo, con chiusure e accuse reciproche registrate nelle scorse ore.
Intanto nel paese la guerra prosegue e si contano ancora morti. Secondo le forze armate ucraine, citate dalla Bbc, le forze russe hanno attaccato più di 40 città nelle regioni di Donbass e Lugansk, cinque civili sarebbero morti e dodici sarebbero rimasti feriti mentre sarebbero distrutti o danneggiati 47 siti civili, comprese 38 case e una scuola.
“Le forze armate ucraine, la nostra intelligence e tutti coloro che difendono lo Stato stanno resistendo all’offensiva estremamente feroce delle truppe russe nell’est”, ha detto Zelensky. “In alcune aree – ha aggiunto -, il nemico è sostanzialmente superiore in termini di equipaggiamento, numero di soldati”.
Nel suo ultimo aggiornamento, lo Stato maggiore delle forze armate ucraine ha spiegato che nella direzione di Donetsk “i principali sforzi” dei russi si concentrano nel prendere il “pieno controllo del villaggio di Lyman e sul tentativo di migliorare la situazione tattica vicino a Sievierdonetsk e Avdiivka”. In generale, secondo lo Stato maggiore ucraino, le forze di Mosca “non smettono di condurre operazioni offensive nella zona operativa orientale” e continuano “a lanciare missili e attacchi aerei” su infrastrutture in Ucraina.
Si aggrava anche il bilancio delle vittime tra i bambini. In base all’ultimo bollettino dell’ufficio del procuratore generale dell’Ucraina, dall’inizio del conflitto a oggi 240 bambini sono stati uccisi e almeno 436 sono rimasti feriti.
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Tra accuse reciproche Zelensky chiude a ogni trattativa
Un’altra giornata ricca di scambi reciproci di accuse. Mosca e Kiev continuano a combattere sul campo ma anche verbalmente il conflitto non si attenua, anzi. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che nelle ultime settimane aveva lanciato qualche segnale di maggiore apertura, ha usato oggi parole dure chiudendo sostanzialmente la porta a qualsiasi trattativa: “Combatteremo – ha detto – fino a quando non riavremo indietro tutto il nostro territorio”. Il numero uno di Kiev ha parlato in collegamento con Davos sposando sostanzialmente le posizioni più intransigenti emerse fra quei paesi, Stati Uniti e Gran Bretagna in testa, che sostengono maggiormente il suo Paese dal punto di vista militare. Altrettanto drastica la risposta indiretta del Cremlino: “La richiesta del ritiro delle truppe russe dai territori conquistati dopo il 24 febbraio, come unica condizione per ritornare ai negoziati, mette in dubbio la sincerità ucraina di trovare una soluzione pacifica alla guerra”.
Il giudizio è arrivato dal viceministro degli Esteri Andrei Rudenko, secondo il quale Kiev deve iniziare ad essere più costruttiva e realista altrimenti ogni trattativa non avrà soluzione e “l’operazione speciale” continuerà ancora a lungo. Zelensky non è stato l’unico, nel suo entourage, a bocciare in queste ore ogni accordo con Mosca: “Nessuna concessione al presidente russo Vladimir Putin, poiché questa strategia è già fallita dal 2014 e ha portato agli attacchi missilistici su Kiev”. A dirlo, sempre in linea diretta con Davos, è stato il ministro degli Esteri Dmytro Kuleba, ripreso peraltro in Europa dal capo di governo slovacco Eduard Heger, secondo il quale, per opporsi a Mosca non serve più una Ue in chiave esclusivamente difensiva ma c’è bisogno di un approccio offensivo. Posizioni diverse da chi, nel vecchio continente, non ha invece rinunciato al dialogo con il Cremlino: è la strada francese ma anche Germania e Italia non vogliono chiudere del tutto le porte alla Russia. Nel frattempo, in Donbass si stringe la manovra a tenaglia su Severodonetsk anche se le notizie dal fronte sono confuse. I separatisti filorussi hanno annunciato l’accerchiamento della città diventata l’obiettivo principale di Mosca nella regione, mentre Kiev smentisce di aver perso il controllo della strada che porta verso il capoluogo e la dirimpettaia Lysychansk, dove anche oggi si è concentrato il fuoco di Mosca. “I nemici stanno avendo un successo temporaneo” in alcune aree dell’Ucraina orientale, ha spiegato Oleksandr Motuzyanyk, portavoce del ministero della Difesa, precisando però che le truppe di Kiev non si stanno ritirando ma stanno cambiando “posizione” e cercando “condizioni più favorevoli per una controffensiva”. Infine, c’è il timore che anche a nord la Russia possa riprovare l’invasione: unità militari del Cremlino sarebbero sempre in assetto da battaglia a ridosso del confine di Chernihiv e Sumy ed il rischio di nuovi attacchi da settentrione, per lo stato maggiore ucraino, è tuttora concreto.
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Mosca insiste su operazione speciale e boccia piano di pace italiano
Nessuna de-escalation all’orizzonte, anzi. Le parole pronunciate oggi dal ministro della Difesa russo non lasciano spazio alla speranza: “Continueremo l’operazione speciale – ha riferito Sergei Shoigu – e questo nonostante l’assistenza su larga scala dell’Occidente al regime di Kiev e le forti pressioni delle sanzioni nei confronti della Russia”. Mosca, quindi, non si accontenta del corridoio terrestre che collega la regione di Rostov alla Crimea e che toglie all’Ucraina uno sbocco cruciale sul mare d’Azov ma vuole occupare tutto il Donbass e poi forse fermarsi. L’esercito di Putin, finora, controlla circa il 20% del territorio ucraino: a renderlo noto è stato uno studio di Forbes, che ricorda però come al momento dell’invasione, esattamente tre mesi fa, le truppe del Cremlino di fatto avevano già occupato 43 mila metri quadrati (Crimea e Donbass meridionale) mentre oggi la superficie in mano ai russi è circa il triplo. In novanta giorni Mosca è passata dal controllo del 7% del Paese al 20% attuale, ma evidentemente è ancora poco per quelle che erano le intenzioni iniziali. Ed è proprio per accelerare gli obiettivi che Mosca ha aumentato equipaggiamenti e forze militare nelle zone orientali generando ulteriore inquietudine a Kiev. Il ministro della Difesa ucraino, Dmytro Kuleba, sostiene infatti che il suo Paese non ha ancora tutte le armi che servono. E lancia un ulteriore appello ai partner occidentali: “L’offensiva russa in Donbass è una battaglia spietata, la più grande sul suolo europeo dalla seconda guerra mondiale”, ha scritto su Twitter, dove ha invitato Europa e Stati Uniti a “velocizzare le consegna di armi e munizioni”. Il riferimento è in particolar modo a quei mezzi pesanti che potrebbero consentire a Kiev di fermare l’avanzata di Mosca nel sud-est: lanciarazzi multipli ed artiglieria a lungo raggio potrebbero fare la differenza in favore dell’Ucraina, tanto più in un conflitto nel quale l’aviazione, finora, ha fatto solo qualche breve comparsa.
Sempre in Donbass, per la cronaca dal fronte, le due città principali di Severodonetsk e Sloviansk sono state bombardate per l’intera giornata. Almeno sei civili sono rimasti uccisi mentre il capo dell’amministrazione militare del territorio denuncia l’utilizzo di bombe a grappolo contro un edificio. Diventa sempre più difficile organizzare l’evacuazione delle decine di migliaia di persone che si trovano ancora nei due capoluoghi e le stesse autorità locali invitano donne, anziani e bambini a rimanere nei rifugi evitando di uscire. E mentre l’ex presidente russo Dmitry Medvedev, fedelissimo di Putin e considerato uno dei falchi nell’entourage del Cremlino, boccia drasticamente il piano di pace italiano definendolo “slegato da ogni realtà” e basato sulle “menzogne ucraine”, in giornata è intervenuto nuovamente Erdogan sull’altro grande tema del momento, ovvero sia l’adesione di Finlandia e Svezia alla Nato. Nella trattativa ormai intrapresa fra la Turchia e l’Alleanza atlantica, Ankara avrebbe formalmente richiesto armamenti specifici per dare l’ok ad Helsinki e Stoccolma. A renderlo pubblico è stato il segretario della Nato Jens Stoltenberg durante una tavola rotonda a Davos. Una sorta di “dare-avere” che alla fine, probabilmente, farà tutti contenti.
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Zelensky “Le prossime settimane di guerra saranno difficili”
KIEV (ITALPRESS) – La guerra in Ucraina è al novantesimo giorno. Mentre viene valutato il piano di pace elaborato dall’Italia, i combattimenti nel paese continuano.
Nella direzione di Zaporizhzhia, i russi “stanno rafforzando gruppi di truppe per riprendere le operazioni offensive in direzione di Vasylivka – Kamyanske”, afferma lo Stato maggiore delle forze armate ucraine nel suo ultimo aggiornamento. Inoltre, in base al rapporto, l’esercito di Mosca starebbe esercitando “un fuoco intenso lungo l’intera linea di contatto e nelle profondità della difesa” delle truppe di Kiev nelle aree di Donetsk, Slobozhansky e Pivdennobuzhsky. “La più intensa attività nelle ostilità – aggiunge lo Stato maggiore ucraino – si osserva nel distretto operativo di Donetsk, in particolare vicino a Lysychansk e Sievierdonetsk”. Gli attacchi sono continuati a Severodonetsk, dove nei bombardamenti sarebbero morte quattro persone, secondo quanto riportato da Unian, che cita il capo dell’amministrazione militare regionale di Lugansk Sergey Gaidai.
“La Russia – afferma l’intelligence britannica – ha aumentato l’intensità delle sue operazioni nel Donbass mentre cerca di circondare Severodonetsk, Lyschansk e Rubizhne”. Per Londra c’è stata “una forte resistenza ucraina”. “La Russia, tuttavia – si legge ancora nell’ultimo aggiornamento diffuso dalla Difesa del Regno Unito -, ha ottenuto alcuni successi localizzati, in parte dovuti alla concentrazione di unità di artiglieria”. Inoltre, nel quadro presentato dall’intelligence britannica, una cattura di Severodonetsk da parte di Mosca “vedrebbe l’intera Oblast di Lugansk posta sotto l’occupazione russa”, anche se “questa operazione è solo una parte della campagna russa per impadronirsi del Donbass”.
Intanto, però, si contano ancora vittime. Secondo l’ufficio del procuratore generale dell’Ucraina, dall’inizio del conflitto nel paese 234 bambini sono morti e almeno 433 sono rimasti feriti.
“Le prossime settimane di guerra saranno difficili e dobbiamo esserne consapevoli”, ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky in un messaggio video ai suoi connazionali. Per Zelensky “la situazione di combattimento più difficile” è nel Donbass. “Bakhmut, Popasna, Severodonetsk: in questa direzione gli occupanti hanno concentrato finora la maggiore attività”, ha affermato. “Nessuno – ha aggiunto – ha distrutto il Donbass tanto quanto fa ora l’esercito russo. E sono grato a tutti i nostri guerrieri che mantengono le loro posizioni e hanno il coraggio di contrattaccare”. Il presidente ucraino è tornato sul tema dell’invio di armi da parte dei paesi partner: “Ogni volta che diciamo ai nostri partner che abbiamo bisogno di moderne armi antimissilistiche, moderni aerei da combattimento, non stiamo solo facendo una richiesta formale. Diciamo che la nostra richiesta – ha detto – è vita reale di tante persone che non sarebbero morte se avessimo ricevuto tutte le armi che chiediamo”.
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L’offensiva nel Donbass si intensifica, crescono le perdite russe
L’offensiva nel Donbass si intensifica e particolare attenzione è riservata a Severodonetsk, città dell’Est ucraino, nella regione di Lugansk, che appare essere l’obiettivo di Mosca. La guerra in Ucraina continua, ma secondo l’intelligence britannica in tre mesi di conflitto la Russia probabilmente conta un numero di vittime simile alle perdite dell’Unione Sovietica durante i nove anni di guerra in Afghanistan. Sul campo, in base all’ultimo aggiornamento dello Stato Maggiore delle forze armate ucraine, nella direzione di Donetsk, l’esercito russo “non smette di cercare di sfondare le difese delle truppe ucraine e raggiungere i confini amministrativi dell’oblast di Lugansk”. Gli sforzi russi, secondo lo Stato maggiore ucraino, sono concentrati nella direzione dell’insediamento di Siverodonetsk e il fuoco è stato aperto anche sulle infrastrutture nelle aree degli insediamenti di Lyman, Ozerne e Dibrova.
“Nei primi tre mesi della sua ‘operazione militare speciale’ – afferma l’intelligence britannica nel suo ultimo aggiornamento diffuso dalla Difesa del Regno Unito -, la Russia ha probabilmente subito un bilancio delle vittime simile a quello vissuto dall’Unione Sovietica durante i suoi nove anni di guerra in Afghanistan”. Secondo l’intelligence di Londra, quindi, c’è una combinazione di fattori, tra cui “scarse tattiche di basso livello”, copertura aerea “limitata”, “mancanza di flessibilità” e un approccio di comando che porterebbe a “rafforzare i fallimenti e ripetere gli errori”. Tali fattori avrebbero “portato a questo alto tasso di vittime, che continua ad aumentare nell’offensiva del Donbass”. “Il pubblico russo, in passato, si è dimostrato sensibile alle vittime subite durante le guerre”, si legge ancora nel rapporto dell’intelligence, secondo cui man mano che le vittime in Ucraina aumentano “l’insoddisfazione pubblica per la guerra e la volontà di darne voce potrebbero crescere”. Intanto l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) ha reso noto che, nel mondo, il numero di persone costrette a fuggire da conflitti, violenze, violazioni dei diritti umani e persecuzioni ha superato per la prima volta il record di 100 milioni. Un dato che, come spiegato dall’agenzia dell’Onu per i rifugiati, è stato spinto dalla guerra in Ucraina e da altri conflitti. “È un record che non avrebbe mai dovuto essere stabilito”, ha affermato l’alto commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Filippo Grandi. Secondo i dati dell’UNHCR, quest’anno la guerra in Ucraina ha provocato 8 milioni di sfollati all’interno del Paese e sono state registrate oltre 6 milioni di persone fuggite dall’Ucraina. “La risposta internazionale alle persone in fuga dalla guerra in Ucraina è stata in grande maggioranza positiva”, ha aggiunto Grandi, secondo cui è necessaria “una mobilitazione simile per tutte le crisi nel mondo” anche se “l’aiuto umanitario è un palliativo, non una cura” in quanto “per invertire questa tendenza l’unica risposta è la pace e la stabilità”.
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Zelensky sente Draghi “Grazie per il sostegno”. Avanti l’offensiva russa nel Donbass
KIEV (UCRAINA) (ITALPRESS) – “Ho avuto una conversazione telefonica con Mario Draghi su sua iniziativa. Abbiamo discusso della cooperazione di difesa e della necessita’ di accelerare il sesto pacchetto di sanzioni e di sbloccare i porti ucraini”. Lo ha scritto su twitter il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. “Ho ringraziato il premier italiano per l’incondizionato supporto al cammino dell’Ucraina verso l’Ue”.
Intanto Zelensky potrebbe avere aperto al negoziato, sostenendo che i russi hanno “rispettato la condizione posta e le vite dei difensori di Mariupol sono state preservate”. Parole forti e chiare, che potrebbero dare il via ad una nuova fase. Di contro, Podolyak ha prontamente ammonito: non baratteremo la nostra “sovranità né i territori e gli ucraini che vi vivono”.
Posizioni che in parte stridono, perché qualsiasi negoziato non può che prevedere una parziale concessione al nemico. Qualche attrito era già emerso in questi giorni fra lo stesso presidente, il battaglione d’Azov e l’opinione pubblica più oltranzista: la decisione di abbandonare la Azovstal e di consegnarsi all’esercito di Putin non ha trovato il pieno appoggio popolare e anche dall’acciaieria molti soldati hanno atteso a lungo prima di uscire. D’altronde, lo stesso Zelensky, un paio di settimane fa, aveva parlato di un possibile accordo con Mosca se la controparte si fosse ritirata sulle posizioni precedenti al 24 febbraio: una sorta di riconoscimento della Crimea “russa”, alla quale però era seguita la smentita immediata della Nato (e dello stesso presidente).
In attesa di capire se Putin vorrà cogliere l’apertura parziale del collega di Kiev, nella querelle sull’entrata di Svezia e Finlandia nell’Alleanza atlantica oggi Ankara ha in parte ammorbidito la propria posizione pur ribadendo che non accetterà l’adesione se i due Paesi continueranno a “collaborare col terrorismo”. Lo stesso Erdogan ha chiesto la fine del sostegno finanziario alle “organizzazioni terroristiche” ma non ha chiuso le porte a Stoccolma ed Helsinki. Il presidente finlandese, Sauli Niinisto, nel suo colloquio telefonico con l’omologo turco, ha condannato “il terrorismo in tutte le sue forme e manifestazioni”, rispondendo ai dubbi di Ankara sull’appoggio scandinavo al Pkk curdo. “In quanto alleati nella Nato, Finlandia e Turchia si impegneranno nella sicurezza reciproca e il nostro rapporto crescerà più forte”. Anche il segretario generale dell’Alleanza, Jens Stoltenberg, ha discusso oggi con Erdogan: “Ho parlato con il presidente sull’importanza della politica delle porte aperte nella Nato e sulle richieste di adesione di Finlandia e Svezia: siamo d’accordo che le preoccupazioni per la sicurezza di tutti gli alleati devono essere prese in considerazione e che i colloqui devono continuare per trovare una soluzione”. Stoltenberg ha parlato della Turchia come di un “prezioso alleato”.
Per quanto riguarda la situazione sul campo, infine, il Donbass settentrionale è stato martellato da bombe e artiglieria per tutta la giornata mentre esplosioni si sono udite anche a Kiev. Mosca ha annunciato di aver distrutto con dei missili Kalibr un rifornimento di armi occidentali nella regione di Zhytomyr, nel nord-ovest. Anche per questo, nel corso della mattinata, gli allarmi aerei sono risuonati un po’ in tutta l’Ucraina.
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Acciaieria Azovstal in mano ai russi, arresi i combattenti
La difesa dell’acciaieria Azovstal di Mariupol è terminata e lo stabilimento ora è in mano ai russi. A darne notizia il ministero della Difesa russo. L’area dello stabilimento Azovstal di Mariupol, dove era asserragliato un gruppo di combattenti ucraini, è stata “completamente liberata”, ha affermato la Difesa di Mosca. “Le strutture sotterranee dell’azienda, dove si erano nascosti i militanti – ha spiegato -, sono passate sotto il pieno controllo delle Forze armate russe”. Secondo i numeri diffusi dai russi (ma non confermati da Kiev), dal 16 maggio, “hanno deposto le armi e si sono arresi” 2.439 combattenti che si trovavano all’interno dell’impianto. Ieri è uscito dallo stabilimento anche l’ultimo gruppo, che conterebbe 531 militanti. Tra questi anche il comandante del battaglione d’Azov, che è stato allontanato a bordo di uno speciale veicolo blindato per “l’odio dei residenti di Mariupol e il desiderio dei cittadini di massacrarlo per le sue numerose atrocità”, ha aggiunto la Difesa di Mosca. Il ministro della Difesa Sergei Shoigu, infine, ha informato il presidente russo Vladimir Putin del “completamento dell’operazione e della completa liberazione della centrale e della città di Mariupol dai militanti ucraini”. Nel suo ultimo video diffuso dallo stabilimento, il comandante del battaglione d’Azov, Denis Prokopenko, ha spiegato che l’ordine di smettere di combattere è arrivato da Kiev. “Il comando militare superiore ha dato l’ordine – ha detto Prokopenko – di salvare la vita dei soldati della nostra guarnigione e di smettere di difendere la città di Mariupol”. Adesso per Kiev occorrerà trattare per giungere a un accordo di scambio dei prigionieri. L’operazione, infatti, appena partita, era stata presentata dalle autorità ucraine come una missione di evacuazione che avrebbe portato a una procedura di scambio. “L’Ucraina ha bisogno di eroi vivi, questo è il nostro principio”, aveva detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky quando a inizio settimana era stata annunciata l’operazione. Intanto, nell’ottantasettesimo giorno di guerra, i combattimenti nel paese continuano. I russi “non smettono di condurre operazioni offensive” nell’area orientale dell’Ucraina per “stabilire – afferma lo Stato maggiore delle forze armate ucraine nell’ultimo aggiornamento – il pieno controllo del territorio delle regioni di Donetsk e Lugansk e mantenere il corridoio di terra con la Crimea temporaneamente occupata”. Novità anche nei rapporti internazionali. Mentre si discute sull’ingresso di Finlandia e Svezia nella Nato, da Helsinki arriva una notizia: la fornitura di gas naturale dalla Russia alla Finlandia è stata interrotta a partire da questa mattina. Lo ha riferito la compagnia finlandese Gasum, spiegando di essere stata informata dal fornitore Gazprom nel pomeriggio di ieri. “A partire da oggi – spiega la compagnia energetica -, durante la prossima stagione estiva, Gasum fornirà ai propri clienti gas naturale da altre fonti attraverso il gasdotto Balticconnector”, che collega la Finlandia all’Estonia. (ITALPRESS).
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